F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0037/CFA pubblicata il 18 Ottobre 2022 (motivazioni) – Procura Federale/Sig. Nicola Le Mura

Decisione/0037/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0035/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Gaetano Caputi - Componente (Relatore)

Salvatore Mezzacapo – Componente

Mauro Mazzoni - Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo n. 35/CFA/2022-2023 proposto dalla Procura Federale,

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - n. 0040/TFN-SD 2022/2023 in data 21.9.2022;

Visti il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 17.10.2022 il Dott. Gaetano Caputi e udito il dr. Luca Scarpa per la Procura Federale; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La presente vicenda origina dal deferimento innanzi al Tribunale Federale Nazionale di Le Mura Nicola, nella qualità di amministratore unico e rappresentante legale della società Calcio Catania s.p.a.

Nei confronti del Le Mura Nicola, la Procura federale contestava la violazione dei doveri di cui all’art. 4, comma 1, CGS e all’art. 44, comma 1, NOIF nonché delle Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione della stagione sportiva 2021/2022 del 1.7.2021 e del C.U. 36/A del 28.7.2021 per mancata osservanza dei protocolli sanitari dettati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica Covid-19.

In particolare, il Le Mura era chiamato a rispondere della violazione contestata per non avere provveduto a far rispettare o comunque per non avere vigilato sul rispetto delle norme predette con particolare riferimento alla mancata sottoposizione, prima dell’avvio degli allenamenti collettivi, a tampone per tre tesserati e alla mancata sottoposizione agli screening da eseguire ad inizio stagione per un altro tesserato, tutti indicati in atti.

Per gli stessi fatti venivano configurate le corrispondenti violazioni in capo al responsabile sanitario del sodalizio sportivo, che prima del deferimento concordava con la Procura federale l’applicazione della sanzione ai sensi dell’art. 126 CGS. Quanto alla società Catania Calcio s.p.a., nelle more del procedimento interveniva il fallimento di quest’ultima e la revoca dell’affiliazione; in ragione di tanto la Procura federale procedeva all’archiviazione della relativa posizione con atto prot. n. 3399 del 25.7.2022.

Con la decisione oggetto del presente reclamo, il Tribunale Federale Nazionale, nel procedimento così limitato alla posizione del legale rappresentante e amministratore unico della società sportiva Catania Calcio s.p.a., ha prosciolto l’interessato, non ravvisando nella condotta denunciata alcuna violazione di regole esigibili di comportamento.

Avverso tale decisione ha proposto reclamo la Procura federale lamentando l’asserito errore di giudizio dei primi giudici per non avere rilevato che la violazione contestata nel caso di specie, per il suo contenuto specifico, deve considerarsi da connettere ad una condotta effettivamente esigibile da parte del legale rappresentante della società sportiva, senza potersi in contrario adombrare pretesi contenuti tecnici tali da reclamare una specifica competenza.

Nessuno si è costituito per il Le Mura.

All’udienza in data 17.10.2022 è comparso per la Procura federale il dr. Luca Scarpa, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del reclamo e la riforma della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reclamo proposto non è fondato.

2. Nel caso specifico oggetto del presente procedimento è stata contestata da parte della Procura federale la mancata osservanza di disposizioni finalizzate a garantire la tutela delle condizioni di salute dei partecipanti alle competizioni sportive: come precisato in atti, in un caso si tratta della mancata sottoposizione agli screening richiesti all’inizio dell’attività, e per altri tre tesserati della mancata sottoposizione ai test richiesti al fine del monitoraggio e del contenimento degli effetti della epidemia Covid-19. Il tutto nonostante l’avvio degli stessi tesserati ad allenamenti collettivi.

Emerge, pertanto, una condotta oggettivamente inequivoca e non contestata nel suo contenuto materiale, stante la pacifica mancanza degli accertamenti e dei test sanitari richiesti.

A fronte della suddetta oggettiva mancanza, la valutazione operata dal Tribunale federale ha condotto alla decisione con cui è stata esclusa la responsabilità del deferito, nella qualità di rappresentante legale della società, in quanto è stato ritenuto che l’omissione contestata fosse caratterizzata da un contenuto tecnico non esigibile dal soggetto investito solo della rappresentanza legale dell’ente, tenuto conto altresì della nomina di un responsabile sanitario e di un medico sociale.

3. Con il reclamo in oggetto la Procura lamenta l’asserito errore di diritto in quanto, anche sulla scorta di precedenti decisioni degli organi di giustizia sportiva puntualmente citate, occorrerebbe distinguere in ragione del contenuto particolare ravvisabile negli obblighi di cui si lamenta la violazione, oltre che tenendo conto dei potenziali pericoli di esposizione a rischi sanitari per altri soggetti. Così, si precisa, le violazioni delle disposizioni in tema di accesso al luogo di lavoro devono considerarsi di competenza del Presidente legale rappresentante “in quanto la specifica attività di controllo della certificazione verde per l’accesso ai luoghi di lavoro è di stretta competenza organizzativa del datore di lavoro che, nel caso di specie, in assenza di specifica delega in atti, non può che essere individuato nel Presidente legale rappresentante”.

A ciò si aggiunga, prosegue la Procura federale, che questa condotta avrebbe esposto al rischio di contagio da Covid-19 tutti i componenti del gruppo squadra nonché coloro che frequentavano il medesimo impianto sportivo sia pur occasionalmente.

4. In via preliminare non sembra emergere in maniera univoca la integrale coincidenza tra contenuto specifico della condotta contestata e corrispondente prescrizione invocata in funzione della relativa contestazione esplicitata.

Infatti, va evidenziato che è stata contestata la violazione dei doveri di controllo e vigilanza in cui si dovrebbe compendiare, per quanto di ragione, la funzione organizzativa in considerazione della non esecuzione di taluni test sanitari. Le argomentazioni spese nel reclamo, però, proiettano direttamente tale condotta su un piano differente ed ulteriore, in termini di violazione delle disposizioni in tema di accesso ai luoghi di lavoro. È vero che non si deve pretendere una puntuale corrispondenza ove rilevi l’esigenza di corretta qualificazione giuridica o sistematica della condotta. Tuttavia, va adeguatamente considerato se ed in che misura tale eventuale operazione di corretta ermeneutica sia suscettibile di incidere sulla concreta attività difensiva dell’interessato, ove si finisca per prospettare una condotta ulteriore e differente rispetto a quella espressamente cristallizzata nella contestazione, con uno specifico apparato regolatorio di riferimento.

La rilevanza di quanto detto si coglie con specifico riferimento al tema oggetto del presente procedimento anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali in argomento.

Infatti, è vero che con decisione del Collegio di garanzia (decisione n. 85/2021), citata nella decisione impugnata, è stata affermata la non imputabilità del rappresentante legale per omissioni dei controlli richiesti dalla regolamentazione volta a prevenire la diffusione epidemiologica Covid-19, ma resta altresì fermo che tale affermazione va in ogni caso coordinata con quanto più puntualmente precisato ove la condotta contestata risultasse non tanto e non solo la mera omessa somministrazione di test sanitari, bensì l’accesso a luoghi di espletamento della pratica sportiva o del lavoro senza le dovute cautele imposte dalla regolamentazione sanitaria (CFA sez. I, n. 79/2021-2022).

Senonché, la configurazione predetta richiede una adeguata e puntuale conformazione già della contestazione elevata, per evidenti esigenze difensive che devono potersi cogliere sempre nella correlazione costante rispetto all’oggetto del giudizio e al contenuto della decisione.

Nel caso di specie, i connotati della contestazione per cui si procede sono concentrati esclusivamente sulla pretesa omissione delle attività di vigilanza rispetto alla mera somministrazione dei test e degli altri accertamenti sanitari compiutamente indicati, ma senza la univoca correlazione di tale condotta rispetto alle conseguenze prospettabili in termini di accesso ai luoghi di lavoro.

Tale rilievo, in disparte ogni considerazione in termini di adeguato assolvimento dell’onere probatorio specifico, riveste certamente rilevanza ai fini della disamina puntuale del contenuto della condotta imputabile al rappresentante legale, come sopra precisato. Ma non risulta colmata la distanza rinvenibile tra contorni della contestazione esplicitata e contenuti effettivi della condotta (omissiva o commissiva) nella quale si asserisce radicata la violazione.

Inoltre, anche oltre la puntuale disamina in ordine alla circostanza per la quale la concreta articolazione della contestazione non tiene conto dei rilevanti profili evidenziati - in realtà ulteriori e riflessi rispetto alla condotta richiamata direttamente, ma senza puntuale contestazione alle parti - emergono altresì altre considerazioni nel merito della vicenda.

5. Le conclusioni a sostegno della invocata richiesta di riforma della decisione del Tribunale federale sembrano riposare su un assioma fin troppo rigido ed automatico. E cioè, che ogni prescrizione dettata dai protocolli sanitari in tema di Covid-19 sarebbe connotata da una valenza organizzativa, tale per cui la relativa violazione dovrebbe manifestare una insufficiente o non adeguata capacità di organizzazione e controllo della struttura di riferimento. Con la conclusione per cui tale carenza o inadeguatezza dovrebbe sempre essere riconducibile al vertice della medesima struttura, cioè all’organo di gestione a capo dell’organizzazione stessa.

Tuttavia, tale automatismo pare difficilmente condivisibile ove si pretenda di desumerlo da una pretesa, e in verità non rinvenibile, regola di carattere generale. Anzi, con riferimento a quanto più direttamente riguarda il presente procedimento, gli aspetti di seguito messi in evidenza possono dirsi militare in senso diverso.

Peraltro, in termini complessivi, è evidente che una generalizzazione del tenore prospettato appare suscettibile di generare effetti difficilmente gestibili nel concreto da qualunque realtà organizzativa complessa se non ipotizzando di onerare i relativi organi gestori di incombenze, e responsabilità, che invece devono più propriamente riconnettersi alle diverse articolazioni e connesse posizioni funzionali nell’assetto organizzativo. Ma non può pretendersi che ogni violazione di qualsivoglia previsione contenuta nei protocolli sanitari dettati per contenere i rischi di diffusione epidemiologica da Covid-19 sia per ciò solo imputabile al vertice societario, senza dover anche ammettere che, in questo modo, ne verrebbe irrimediabilmente resa pressoché indeterminata la effettiva funzionalità relativa.

Occorre, invece, una più articolata e meno meccanica opera di analisi della singola violazione per poterne comprendere la effettiva imputabilità ai diversi soggetti operanti all’intero di una realtà organizzativa complessa - quale una società sportiva professionistica - pur riconoscendo il ruolo di garanzia complessiva ai fini dell’impianto e del funzionamento del relativo vertice.

Analogamente, ripercorrendo le argomentazioni spese nel reclamo, pare non condivisibile sostenere che tutte le “ questioni legate alla normativa in tema di accesso nei luoghi di lavoro sono di competenza del Presidente legale rappresentante”. Per lo meno con riferimento alle ipotesi in cui non vengano in rilievo scelte strategiche o di definizione dell’assetto organizzativo corrispondente.

6. In altri termini, è doveroso rimarcare la differenza tra l’avere omesso di adottare il dovuto assetto organizzativo e la singola violazione accertata. Anzi, si può affermare che proprio l’accertamento di singoli e puntuali episodi di violazione delle disposizioni organizzative testimoniano quanto meno l’esistenza di un apparato a tal fine predisposto dall’organo competente.

Proiettando tale considerazione in tema di obblighi di adozione di presidi volti a prevenire taluni rischi che possono derivare dallo svolgimento dell’attività tipica dell’organizzazione, può fondatamente prospettarsi una lacuna organizzativa già a monte, imputabile all’organo amministrativo in tal senso onerato, solo nelle eventualità di assenza dei presidi dovuti, ovvero di radicale inadeguatezza degli stessi per genericità, mancata corrispondenza con le esigenze dettate da una analisi di rischio concreta e attuale, applicazione solo apparente e formale delle prescrizioni regolatorie; ovvero ancora nei casi di disapplicazione reiterata e sistematica dei presidi adottati, per ciò stesso resi evidenti nella loro inadeguatezza per effetto di una capacità di aggiramento che si riveli seriale o indeterminata.

Ma ove mai le violazioni, per quanto numerose, siano colte come inadempimento puntuale o come espressione di manipolazione fraudolenta specifica, ferme le conseguenze per gli autori materiali dei singoli fatti, le eventuali responsabilità per omessa adozione dei presidi e delle cautele occorrenti non possono essere automaticamente ricondotte al vertice della struttura. Potranno, semmai, valutarsi le condotte dei singoli incaricati nell’assetto organizzativo in funzione di espressa delega ovvero, come nel caso di specie, del ruolo specifico in ragione della competenza tecnico specialistica, cui corrisponde una tipica funzione riconosciuta dall’ordinamento di riferimento.

Così per quanto attiene alle figure delle quali l’ordinamento sportivo prescrive la presenza nell’assetto organizzativo del medico sportivo e del responsabile sanitario, ai quali evidentemente competono le incombenze in materia sanitaria anche senza autonoma delega dal vertice societario, proprio in funzione della specifica funzione che, una volta istituita nell’assetto organizzativo e dotata dei poteri funzionali a garantire il ruolo suddetto, siano chiamati ad assolvere.

Basterebbe al riguardo rammentare le puntuali disposizioni di cui alla Parte II, Titolo II delle Norme Organizzative interne della FIGC. È vero che, come si evince dalla stessa contestazione, ai sensi dell’art. 44, comma 1, “Le società devono provvedere a sottoporre i calciatori, gli allenatori, i direttori tecnici ed i preparatori atletici professionisti agli accertamenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalle presenti disposizioni”, da cui pare potersi desumere la responsabilizzazione dell’ente nel suo complesso per il rispetto delle misure a tutela della salute dei tesserati; ma è più puntualmente precisato, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, che il Medico sociale “assume la responsabilità della tutela della salute dei professionisti di cui al comma 1, ed assicura l'assolvimento degli adempimenti sanitari previsti dalle leggi, dai regolamenti e dalla normativa federale”.

Piuttosto, ove mai si intendesse che ogni volta che la mancata sottoposizione di un tesserato agli screening sanitari prescritti a inizio stagione sia da imputare (anche) al legale rappresentante della società sportiva, per ciò solo e anche quando un responsabile sanitario e un medico sportivo siano stati regolarmente nominati e messi in condizioni di operare, si rischierebbe di introdurre una responsabilità di posizione in capo al legale rappresentante solo in virtù della citata qualità e a prescindere da ogni effettiva valutazione sulla concreta esigibilità della condotta alternativa, sulla specifica competenza tecnica eventualmente occorrente (si pensi, a mero titolo di esempio, alla necessità di preventiva adeguata analisi dello stato di salute dell’interessato in quel contesto prima di disporre taluni screening), sulla effettiva capacità di valutare e padroneggiare le singole modalità esecutive occorrenti.

7. Con riferimento specifico alla vicenda in esame, a dispetto della numerosità degli accertamenti sanitari prescritti ed eseguiti, risultano le violazioni di cui si è detto in premessa: mancata sottoposizione, prima dell’avvio degli allenamenti collettivi, a tampone per tre tesserati e mancata sottoposizione agli screening da eseguire ad inizio stagione per un altro tesserato. Ma proprio le caratteristiche isolate e puntuali delle stesse rispetto alla mole complessiva degli adempimenti pare impedire la possibilità di assumerle come sintomatiche di una pretesa assenza di adeguati presidi cautelari.

Né è stata fornita in tal senso contezza effettiva delle caratteristiche dei presidi adottati in concreto per garantire il corretto accesso ai luoghi di lavoro, da vagliare in maniera da potere semmai contestare un eventuale deficit organizzativo imputabile al vertice aziendale, in tal senso scontandosi ulteriormente gli effetti di quella non puntuale articolazione della contestazione rispetto all’oggetto del giudizio di cui si è detto sub 4.

8. Valutando più in concreto le condotte oggetto del presente procedimento alla luce degli specifici parametri normativi di riferimento, si deve rilevare come questa valutazione ripiegata su distinti piani di riferimento corrisponde alla stessa configurazione delle “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione della Stagione sportiva 2021/2022”, in data 30 marzo 2022, delle quali pure si contesta la violazione. In tale documento, infatti, si rinviene rappresentata la differenza tra prescrizioni di carattere tecnico-sanitario e le misure a contenuto più schiettamente organizzativo e gestionale, rispettivamente articolate nei paragrafi “1. Requisiti medici e disposizioni igienico-sanitarie”, “2. Requisiti per la configurazione dell’impianto” e “3. Requisiti per la gestione dei processi organizzativi”.

Rientrano specificamente nell’ultimo contesto le misure organizzative preordinate a garantire l’accesso agli impianti in condizioni di sicurezza. All’organo con funzioni di gestione, proprio in attuazione dei compiti che alla stessa figura pertengono, si richiede di costituire un Comitato per la revisione della documentazione Covid-19 con la partecipazione necessaria del Delegato Gestione Evento, (ove previsto o persona delegata dall’organizzatore), del RSPP aziendale e del medico competente; al Comitato spetta, tra l’altro, “monitorare le misure igieniche di base (…), controllare le norme igieniche in loco (…), intervenire in caso di violazioni delle norme da parte di un soggetto in loco”.

Ancora più plasticamente nelle stesse Indicazioni generali si prevede espressamente che spetta all’organizzatore dell’evento “disciplinare l’accesso all’impianto dei vari target e controllarne il possesso della Certificazione verde Covid-19 richiesta”; spetta invece al Delegato Gestione Evento (o persona delegata dall’organizzatore se non previso) “il controllo sull’adozione delle specifiche misure all’interno dello Stadio, anche con particolare riguardo al rispetto delle misure di mitigazione e prevenzione nelle diverse zone dell’impianto, al fine di assicurare la costante salvaguardia delle persone che prevedono l’eventuale presenza di soggetti appartenenti ai Gruppi 1 e 2”.

Con riferimento poi alla fase di allenamento – alla quale parrebbe alludere il contenuto della contestazione elevata – si prescrive come necessario che tutte le persone che prestano attività lavorative durante il soggiorno devono essere in possesso della Certificazione verde Covid-19, cd “Green Pass base”. Ma è distinta – sebbene consequenziale sul piano logico – la previsione di un autonomo obbligo di “verifica delle misure igieniche e di sanificazione dei locali interessati” anche con “arrivo” prima della partecipazione del personale direttamente interessato agli allenamenti “di personale addetto al controllo delle condizioni igieniche e all’implementazione del Protocollo”.

Nella concreta articolazione delle disposizioni igienico-sanitarie delle citate “Indicazioni generali per la pianificazione, organizzazione e gestione della Stagione sportiva 2021/2022”, in data 30 marzo 2022, coerentemente, si ha modo di precisare che “Sarà ad ogni modo cura del Medico Responsabile/Sociale adottare la strategia più consona alle caratteristiche del Gruppo Squadra e alla condizione dei singoli componenti. Al Responsabile Sanitario/Medico Sociale/Medico di Squadra e al Medico Competente (per i soggetti del Gruppo che non sono in possesso di scheda sanitaria FIGC) è in ogni caso affidato il compito di monitorare il Gruppo, sottoponendo ad una costante valutazione clinica e, se necessario, a test di laboratorio”. Emerge una serie di incombenze specifiche – anche in termini di controllo e monitoraggio - costantemente riportate al ruolo particolare del Responsabile sanitario o del Medico sociale, in ragione del rispettivo ruolo nella organizzazione complessiva.

Pertanto, il complesso delle prescrizioni e misure concrete dettate non contraddice la ovvia distinzione tra obbligo di adozione delle fondamentali misure organizzative, da un lato, e concreta attuazione con riferimento a casi specifici, dall’altro. Il primo, certamente proprio dell’organo con funzioni di gestione; l’altro, invece, che non può non competere ai diversi soggetti incaricati in concreto delle attività esecutive e tecniche, ivi incluse quelle con finalità di verifica. Dall’organo di amministrazione e gestione deve potersi pretendere l’adozione dell’assetto organizzativo prescritto, improntato ad assicurare l’esecuzione dei protocolli e dei comportamenti specifici richiesti in maniera puntuale, integrale, non apparente; ma è dagli altri soggetti della filiera che dovrà pretendersi il corretto funzionamento anche attraverso l’esecuzione delle condotte puntuali e la verifica dell’esatto adempimento di quanto prescritto ai singoli.

9. Con riferimento alla mera partecipazione agli eventi agonistici – fattispecie direttamente estranea al presente contesto - ai sensi del C.U. n. 42/A del 30.7.2021, è prescritto espressamente che “tutti i tesserati appartenenti alle società professionistiche e alle società di Serie A Femminile, ai fini della partecipazione agli eventi e alle competizioni di livello agonistico, devono essere muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19 di cui all’art. 9, comma 2, del Decreto Legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021, n. 87 e come modificato dal Decreto Legge 23 luglio 2021, n. 105”. Ma l’eventuale violazione di tale previsione comporta la responsabilità dello stesso tesserato, a seconda della gravità, con le sanzioni di cui all’art. 9, comma ,1 lett. e), f), g) ed h) del C.G.S., nonché delle società i cui tesserati si sono resi responsabili delle predette violazioni ovvero che abbiano posto in essere l’alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, delle certificazioni verdi Covid-19, a seconda della gravità, con una o più̀ delle sanzioni di cui all’art. 8, comma 1), b), c), g), h), i), l), m) ed n) del C.G.S., nonché́ di quelle previste dall’art. 10, comma 1, C.G.S.

Non emerge, invece, una diretta imputazione anche a carico dei vertici societari investiti delle funzioni gestorie per l’inadempimento imputabile al tesserato di possesso della predetta certificazione verde Covid-19.

10. In considerazione di quanto sopra, tenuto conto della specificità delle vicende segnalate, il reclamo non può essere accolto.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori con PEC.

 

L'ESTENSORE

Gaetano Caputi

 

 IL PRESIDENTE

Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it