F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0060/CFA pubblicata il 10 Gennaio 2023 (motivazioni) – ASD Città di Gallipoli/Procura Federale Interregionale
Decisione/0060/CFA-2022-2023
Registro procedimenti n. 0074/CFA/2022-2023
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Angelo De Zotti - Componente (Relatore)
Ida Raiola - Componente
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul reclamo numero 0074/CFA/2022-2023 proposto dalla società A.S.D. Città di Gallipoli
contro
Procura Federale Interregionale
per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato regionale Puglia n. 76 del 13 Dicembre 2022;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 03.01.2023, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Angelo De Zotti e uditi gli avv. ti Antonio Luceri per delega dell'Avv. Giovanni Gabellone per la reclamante ed Enrico Liberati per la Procura Federale Interregionale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
In data 05.10.2022, la Procura federale della FIGC deferiva al Tribunale federale territoriale la società A.S.D. Città di Gallipoli, per rispondere a titolo di responsabilità ai sensi degli artt. 25, comma 3 e 28 commi 1 e 4 del Codice di 2 giustizia sportiva “per avere i propri sostenitori, nel corso della gara Città di Gallipoli – Parmhaclub Spartan Legend del 20.02.2022 valevole per il girone B del Campionato di Promozione del Comitato Regionale Puglia, scandito ripetutamente il coro del seguente tenore, rivolto alla sig.ra Paola Vella copresidente della società F. Gallipoli 1909 s.r.l. SSD “quella donna là fa la pornostar….. puttana…. puttana…“; gli stessi sostenitori, inoltre, esponevano sulle gradinate dell’impianto sportivo nel quale si svolgeva la predetta gara e durante lo svolgimento della stessa, uno striscione del seguente tenore: “Vella lavati la bocca”.
In data 13.10.2022, veniva fissata l’udienza del Tribunale per la trattazione del deferimento, il quale emetteva l’ordinanza con cui, ai sensi dell’art. 50, comma 3, C.G.S., richiedeva alla Questura di Lecce – divisione anticrimine, la trasmissione di copia degli atti relativi al procedimento amministrativo conclusosi con la sottoposizione a DASPO di n. 8 tifosi della A.S.D. Città di Gallipoli, provvedimento emesso nello stesso mese di ottobre e pertanto rinviava la discussione all’udienza del 5.12.2022 per l’esame della documentazione.
S tale udienza, l’odierna difesa eccepiva l’infondatezza e l’insussistenza delle accuse mosse dalla Procura federale, non essendo provato il contenuto sessista dello striscione affisso dai tifosi nel corso della gara (che, presuntivamente, si sarebbe riferito a precedenti dichiarazioni della sig.ra Vella nei confronti dei tifosi della A.S.D. Città di Gallipoli).
Con il Comunicato Ufficiale N° 76 del 13 dicembre 2022, il Tribunale federale territoriale Puglia ha irrogato, ai sensi dell’art. 28, comma 4, C.G.S., la squalifica del campo di gioco dell’A.S.D. Città di Gallipoli per n. 3 giornate, disponendo che gli incontri vengano disputati in campo neutro ed a porte chiuse nonché l’ammenda di € 1.000,00.
La suddetta decisione viene impugnata per i seguenti motivi:
1) Mancanza di prova in merito ai presunti cori ritenuti sessisti. Insussistenza della contestazione inerente il presunto riferimento sessista dello striscione oggetto di contestazione.
Espone la società che: in data 24/08/2022, la Procura federale della FIGC, notificava alla società A.S.D. Città di Gallipoli, la comunicazione di conclusione delle indagini inerenti gli “accertamenti in merito agli insulti di natura sessista rivolti alla sig.ra Paola Vella, in occasione della gara Città di Gallipoli – Parmhaclub Spartan Legend del 20.02.2022; che la cittadina di Gallipoli, in provincia di Lecce, vanta due squadre in Eccellenza pugliese ed una in Seconda Categoria nonché una tifoseria calorosa che si è sempre contraddistinta nella partecipazione negli stadi e nell’essere rispettosa sia delle istituzioni che degli avversari; che a seguito di quanto accaduto il 2° febbraio 2022 la Procura federale contestava alla A.S.D Città di Gallipoli la condotta tipica della responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 25, comma 3 e art. 28, commi 1 e 4 del Codice di giustizia sportiva, cagionata dall’esposizione di uno striscione, ritenuto sessista, e dal presunto coro anch’esso ritenuto sessista riferito alla vicepresidente della seconda squadra di Gallipoli, sig.ra Vella Paola; che dagli atti indiziari e dalla presunte prove presenti nel fascicolo di cui è causa, si evince che dal referto di gara compilato dall’arbitro sig. Mauro Fusco emerge annotato il regolare svolgimento della gara, alcuna nota in merito al pubblico o agli incidenti, nonché alcuna segnalazione sia da parte del primo assistente arbitrale, sig. Pierpaolo Tanis, sia del secondo assistente arbitrale sig. Giuseppe Fumarola; che in data 16.06.2022, veniva ascoltato dalla Procura federale il sig. Vito Iacovino, nella sua qualità di dirigente della società Parmhaclub Spartan Legend, che in quella occasione sedeva in panchina poiché sostituiva l’allenatore sig. Passarelli Vito squalificato, il quale dichiarava di non aver né sentito alcun coro né visto alcuno striscione; che veniva ascoltato, dalla Procura federale, anche l’allenatore del A.S.D. Parmhaclub Spartan Legend tale Vito Passarelli, che ha fornito ulteriori utili indizi in merito al presunto coro, il quale riferisce di “non aver sentito alcun coro sessista nei confronti di chicchessia” e di aver appreso la notizia solo il giorno seguente dai social network; che tutte le dichiarazioni dei soggetti terzi sono univoche e tali da far presupporre l’archiviazione delle indagini; che di diverso tenore sono, invece, le sole dichiarazioni della interessata sig.ra Vella Paola, copresidente della società F. Gallipoli 1909 s.r.l. SSD, la quale riferisce che in data 20.02.2022 non era allo stadio di Gallipoli, ma si trovava allo stadio “Tursi” di Martina Franca poiché assisteva alla partita della squadra della quale ricopre il ruolo di vicepresidente e di essere stata notiziata da tal Marco Bianco (soggetto mai identificato né ascoltato nel presente giudizio) che durante la partita Città di Gallipoli – Parmhaclub Spartan Legend, i tifosi del Gallipoli avrebbero intitolato un coro nei suoi confronti e che avrebbero anche esposto uno striscione che conteneva il suo nome. Ne consegue che con il motivo si esclude che i fatti rappresentati dalla parte offesa corrispondano a verità e che il deferimento della società abbia motivo di essere.
2) Insussistenza della contestazione inerente presunto riferimento sessista dello striscione oggetto di contestazione.
Si sostiene che in merito allo striscione esposto durante la partita del 20.02.2022, tra la squadra Città di Gallipoli e il Parmhaclub Spartan Legend, recante la dicitura “Vella, lavati la bocca”, che in esso non vi è alcun riferimento sessista, non viene discriminata nessuna donna, né si sostiene alcuna inferiorità del genere femminile; che lo striscione è presumibilmente frutto dell’astio e del dissidio in essere tra la sig.ra Vella e alcuni tifosi della squadra Città di Gallipoli; che l’episodio in questione risulta essere il risultato di una importante esposizione mediatica, poiché alcuni politici locali e alcune testate giornalistiche, hanno dato risalto alla notizia senza aver mai ascoltato un audio del presunto coro e senza aver mai avuto la minima prova, se non la foto dello striscione, non conoscendo altresì le ragioni che hanno motivato i tifosi ad esporre il suddetto striscione; che la società della squadra Città di Gallipoli non può essere incolpata di responsabilità oggettiva per le motivazioni addotte in precedenza, anche perché vi è differenza tra criticare un comportamento e pertanto chiedere che non venga ripetuto, oggetto dello striscione, e ipotetiche offese, denigrazioni, espressioni oltraggiose e sessiste, specie sul presunto coro definito sessista; che non sussiste alcuna prova del fatto che esso fosse riferito alla sig.ra Vella e che solo quest’ultima ha riferito che quel coro era diretto a lei, cavalcando l’onda dei media per dare risonanza alla notizia, effettivamente mai verificata in toto.
La Procura federale non ha prodotto memorie ma unicamente tutti gli atti del giudizio di prime cure del quale ha chiesto la conferma.
Nel corso dell’udienza, tenutasi in parte in presenza in parte via web in data 3 gennaio 2023, la parte appellante ha ribadito i motivi di ricorso e ha richiesto ulteriori acquisizioni istruttorie.
La Procura ha preliminarmente eccepito l’omessa notifica del ricorso e ne ha prospettato l’inammissibilità, deducendo comunque l’infondatezza del reclamo del quale ha chiesto la reiezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Si può prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Procura federale – opposta, peraltro, solo nel corso della costituzione in udienza - essendo il reclamo palesemente infondato nel merito e dunque meritevole di reiezione per le ragioni che verranno esposte nel seguito.
2. Con il primo e con il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente perché ineriscono alla medesima condotta sanzionata, la società A.S.D. Città di Gallipoli deduce la mancanza di prova in merito ai presunti cori ritenuti sessisti, nonché la connotazione sessista attribuita allo striscione esposto dai tifosi che conteneva a loro dire un frase neutra “Vella lavati la bocca” indirizzata alla signora Paola Vella, copresidente dell’altra squadra di Gallipoli “Gallipoli F. 1909 srl SSD”.
2.1 Sostiene in sintesi parte reclamante: che alla società è stata contestata la condotta tipica della responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 25, comma 3 e art. 28, commi 1 e 4 del Codice di giustizia sportiva, ricondotta alla esposizione di uno striscione, ritenuto sessista, e ad un presunto coro anch’esso ritenuto sessista indirizzato alla copresidente della seconda squadra di Gallipoli, sig.ra Vella Paola; che tuttavia dall’analisi delle presunte prove presenti nel fascicolo, nulla di quanto contestato sarebbe provato, né di quei fatti si fa cenno vuoi nel referto di gara compilato dall’arbitro sig. Mauro Fusco che nelle dichiarazioni del primo assistente arbitrale, sig. Pierpaolo Tanis, o dal secondo assistente arbitrale sig. Giuseppe Fumarola. Inoltre, anche dalle testimonianze rese alla Procura federale dal sig. Vito Iacovino, nella sua qualità di dirigente della società Parmhaclub Spartan Legend - che in quella occasione sedeva in panchina poiché sostituiva l’allenatore Vito Passarelli, squalificato - sarebbe emerso che la partita è stata condotta in un clima sereno, avendo lo stesso teste dichiarato di non aver sentito alcun coro e di non aver visto alcuno striscione; che il presunto coro sessista, che non viene nemmeno inquadrato in un preciso arco temporale della partita, sarebbe stato smentito anche dall’allenatore della A.S.D. Parmhaclub Spartan Legend, Vito Passarelli che ha riferito di aver assistito alla partita nella tribuna riservata agli ospiti dello stadio gallipolino e tuttavia di “non aver sentito alcun coro sessista nei confronti di chicchessia” e di aver appreso la notizia solo il giorno seguente dai social network; che di diverso tenore sono le sole dichiarazioni dell’interessata sig.ra Vella Paola, copresidente della società F. Gallipoli 1909 s.r.l. SSD, la quale riferisce che in data 20.02.2022 non era allo stadio di Gallipoli, e di essere stata notiziata da tal Marco Bianco (soggetto mai identificato né ascoltato nel presente giudizio) che durante la partita i tifosi del Gallipoli avrebbero intitolato un coro e esposto uno striscione che conteneva un riferimento offensivo nei suoi confronti.
3. Ciò premesso, ritiene la Corte che in realtà tale narrazione - che esclude ovvero minimizza i gravi fatti occorsi durante e a margine della partita - è inverosimile perché smentita dalla documentazione presente in atti e presa in esame dal giudice di prime cure che ha ampiamente e correttamente motivato in ordine al verificarsi dei fatti contestati e al grave disvalore delle frasi pronunciate dai tifosi della società A.S.D. Città di Gallipoli.
Ed in effetti tali fatti sono espressione di becero, incivile, spregevole e offensivo comportamento sessista nei confronti di una dirigente sportiva, peraltro non presente allo stadio.
3.1 Ma ancor più grave, come sottolineato in sentenza, è l’effetto dovuto alla diffusa risonanza pubblica – peraltro ampiamente prevedibile - che quei fatti - riportati dai media nella loro volgare crudezza - hanno prodotto sulla dirigente Paola Vella in quanto lesivi dell’onore e della dignità della persona che li ha subiti. Non solo quindi i fatti sussistono e sono gravi - e presumibilmente sussumibili nel reato di diffamazione aggravata previsto dall’art. 595 del codice penale - ma alla loro intrinseca gravità si accompagna la gratuità e la volgarità del gesto, evidentemente premeditato.
3.2 Né valgono a giustificare ovvero a minimizzare i fatti accaduti i riferimenti alle vicende intercorse tra la sig.ra Vella e la tifoseria della società A.S.D. Città di Gallipoli, perché una cosa è la passione e l’animosità che l’agonismo sportivo può giustificare, ancorché nel mondo virtuale dei social, e altra e diversa cosa è l’ingiuria grave e il disprezzo rivolto alla persona con modalità che, come nella specie, presumibilmente integrano condotte penalmente rilevanti.
3.3 D’altra parte, se è pur vero che la terna arbitrale non ha rilevato quanto accadeva in tribuna, a riprova dei gravi fatti accaduti, sussiste il rapporto dell’assistente capo della Questura di Gallipoli, Piero Martella che ha dichiarato di aver ascoltato i cori sessisti e di aver visto esporre lo striscione dai tifosi della A.S.D. Città di Gallipoli.
Al riguardo, è appena il caso di rammentare che il referto arbitrale non può assurgere a prova legale anche del quod non, posto che l’attenzione del direttore di gara e degli assistenti può essere assorbita dallo svolgimento dell’incontro e non essere in grado di percepire ogni fatto verificatosi sul terreno di gioco. Ne consegue che il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 76/2021-2022; Corte federale d’appello, Sez. I, n. 92/2021-2022; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 25/2022-2023; Corte federale d’appello, SS.UU., n. 28/2022-2023; Corte federale d’appello, Sez. I, n. 52/2022-2023).
E ad ulteriore conferma dei fatti attestati nella veste di pubblico ufficiale dall’assistente di Polizia si inseriscono gli otto provvedimenti di DASPO inflitti a altrettanti sedicenti tifosi individuati attraverso le riprese fotografiche e foto segnaletiche relative al momento dell’esposizione dello striscione, e che riportano con ampia e dettagliata motivazione tutte le fasi della manifestazione antisportiva dai medesimi posta in essere.
4. Quanto all’istanza formulata in udienza, volta ad acquisire ulteriori prove sul coro sessista, il Collegio trova tale richiesta temeraria, in quanto oltre a suggerire l’idea che nel rapporto di polizia sia stato riferito il falso, la richiesta sembra ispirata dalla convinzione che la vittima del coro sessista non sia la persona che ha subito i gravi reati denunciati in sede penale ma una mitomane che si sarebbe auto attribuita le frasi volgari e offensive trascritte negli atti di deferimento per attuare una forma originale quanto autolesionistica, di promozione professionale.
Condotta processuale, quest’ultima, che aggrava la responsabilità della A.S.D. Città di Gallipoli e della quale il Collegio terrà conto in prosieguo, in sede di determinazione delle sanzioni da irrogare alla società.
4.1 Quanto alle ulteriori critiche mosse con il reclamo alla decisione appellata, questa Corte altro non può fare se non riportare di seguito - con senso di assoluta, ancorché parziale, condivisione - il contenuto motivatorio della decisione di prime cure.
“La vasta attività istruttoria della Procura federale e della Questura di Lecce evidenziano l’effettivo verificarsi di entrambi gli episodi contestati.
Sulla base di tali evidenze, ed ai fini della quantificazione della sanzione irrogata, il Tribunale si è soffermato su due ulteriori profili attinenti all’intera vicenda: da un lato, la percezione effettiva dei cori all’interno dell’impianto sportivo e la conseguente risonanza mediatica di tale episodio; dall’altro, la totale inerzia e l’assenza di collaborazione della società deferita rispetto ai fatti contestati.
Ed invero, sebbene nel referto arbitrale non si sia fatta menzione alcuna dell’episodio e dall’audizione personale dei dirigenti della A.S.D. Parmhaclub Spartan Legend non siano emersi riferimenti ai fatti contestati - il che indurrebbe a ritenere che i cori non siano stati diffusamente uditi nel corso della gara -, non può, tuttavia, negarsi che la vicenda, nel suo complesso, abbia ugualmente integrato i requisiti dell’effettiva dimensione e percezione del fenomeno del quale è prova l’ampia diramazione della notizia sui media locali e regionali. D’altro verso, per i predetti fatti, emerge, altrettanto incontrovertibilmente, una condotta di assoluto disinteresse e indifferenza da parte della dirigenza della A.S.D. Città di Gallipoli, la quale non solo ha omesso di adottare le misure atte a prevenire o reprimere l’evento discriminatorio, così come prescritto dalle norme di settore, ma non ha mai preso posizione sull’episodio, anche in un momento successivo, dissociandosi dallo stesso, né, ancora, ha mai espresso solidarietà alla sig.ra Paola Vella.
Anche per tali ragioni, il Tribunale adito ravvisa la necessità di condannare, da un lato, l’atteggiamento della società rispetto al verificarsi dei gravissimi eventi di cui si è resa protagonista la propria tifoseria e, dall’altro, di contrastare e punire severamente le condotte che comportino insulto, offesa o denigrazione, a qualsiasi titolo o ragione, e siano idonee, come nel caso che ci occupa, a ledere i diritti fondamentali della persona e violare gli obblighi di lealtà, correttezza, probità, non violenza e non discriminazione, posti a base dell’ordinamento sportivo, il cui mancato rispetto si traduce, inevitabilmente, nella negazione stessa dell’attività sportiva.”
5. Tuttavia, dopo questa descrizione dei fatti oggetto di deferimento, il Tribunale, con decisione in parte qua censurabile, non ha tratto conclusioni coerenti, riducendo, anziché incrementare, la misura delle sanzioni proposte dalla Procura federale; sanzioni che, da quattro giornate di squalifica del campo sportivo e 1500 euro di ammenda, sono state ridotte a tre giornate e a 1000 euro di ammenda.
Inoltre, aldilà della severa stigmatizzazione della condotta mantenuta dai dirigenti della società deferita, il Tribunale non ha previsto alcuna conseguenza, latamente sanzionatoria, per i predetti dirigenti e ciò pur in presenza di condotte che, a giudizio di questa Corte, possono assumere una rilevanza commissiva e omissiva altrettanto, se non più grave, di quella riconosciuta e sanzionata nei confronti della tifoseria.
Ciò stante, avuto riguardo al comportamento della dirigenza della A.S.D. Città di Gallipoli e segnatamente al fatto - evidenziato anche dal giudice di prime cure - che in alcun momento i dirigenti della società hanno ritenuto di doversi pubblicamente dissociare dal comportamento della propria tifoseria e che non siano intervenuti in alcun modo per impedire che i fatti gravi fossero commessi o rimossi, il Collegio giudica tale condotta, mantenuta e amplificata anche in questa sede processuale, altrettanto, se non più grave, di quella imputata ai tifosi.
5.1 Il fatto che i dirigenti non abbiano percepito la gravità della vicenda - né a suo tempo e neppure dopo la decisione del Tribunale di prime cure - e non abbiano avvertito l’esigenza di dissociarsi dal comportamento della propria tifoseria che, al contrario, surrettiziamente giustificano, dimostra che i suddetti dirigenti ignorano i principi di lealtà, di correttezza e di probità per come declinati all’art. 4 del CGS e costituiscono un pessimo esempio per quelle frange di tifoseria che inquinano il mondo sportivo con la pratica incivile della violenza sia fisica che verbale, spesso favoriti o addirittura incoraggiati da chi nella veste di dirigente della società non è idoneo a svolgere con lealtà, probità e onore quella importante funzione.
Per tutto quanto precede la Corte giudica immotivata e incoerente la decisione di ridurre le sanzioni richieste con l’atto di deferimento che vanno quindi rideterminate nella misura di cui al dispositivo.
6. Quanto alla condotta dei dirigenti della A.S.D. Città di Gallipoli, come sopra descritta e stigmatizzata, la Corte dispone la trasmissione della presente decisione alla Procura federale perché valuti se il comportamento mantenuto dai dirigenti della società postuli una rinnovata valutazione, ai fini sanzionatori, sia per quanto di commissivo e omissivo sia riscontrabile nella condotta mantenuta nel corso della vicenda che ha comportato il deferimento della società, sia per quanto riscontrabile di altrettanto riprovevole nella fase successiva, ivi compresa la condotta processuale mantenuta in ambedue i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe e, in riforma parziale della decisione impugnata, irroga alla società A.S.D. Città di Gallipoli la sanzione della squalifica del campo per 4 (quattro) giornate, disponendo che gli incontri vengano disputati in campo neutro e a porte chiuse, nonchè l'ammenda di € 1.500,00 (millecinquecento/00).
Dispone che gli atti vengano trasmessi alla Procura federale per quanto di competenza.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Angelo De Zotti Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce