F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0078/CFA pubblicata il 7 Marzo 2023 (motivazioni) – Sig. Giuseppe Capozzoli – US Viterbese 1918 Srl/Procura Federale
Decisione/0078/CFA-2022-2023
Registro procedimenti n. 0095/CFA/2022-2023
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Vincenzo Barbieri – Componente
Salvatore Lombardo – Componente
Domenico Giordano – Componente
Tommaso Mauceri - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0095/CFA/2022-2023, proposto dal Dr. Giuseppe Capozzoli e dalla Società US Viterbese 1918 Srl in persona del suo legale rapp.te p.t. Sig.ra Fabrizia Gigli, elettivamente domiciliati in Roma, Via Cola di Rienzo n. 28 presso lo studio dell'avvocato Paolo Rodella (Pec: paolorodella@ordineavvocatiroma.org; email: studiorodella@gmail.com), che li rappresenta e difende per delega rilasciata in calce all’atto di reclamo notificato in data 20.01.2023;
contro
la Procura Federale della FIGC;
per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale n. 117/2022-2023 del 27 gennaio 2023;
visto il reclamo e i relativi allegati; visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 1° marzo 2023 tenutasi per alcuni partecipanti in videoconferenza, il Cons. Tommaso Mauceri e uditi l’Avv. Paolo Rodella per i reclamanti e il dott. Luca Scarpa per la Procura Federale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Tra il 16 aprile 2018 ed il 31 dicembre 2021, la società reclamante ha ricevuto la notifica di n. 4 cartelle esattoriali da parte dell' Agenzia delle Entrate-Riscossione, aventi ad oggetto il mancato pagamento di vari contributi e, segnatamente, INPS per un importo a ruolo totale di euro 511.840,96 (cinquecentoundicimila-ottocentoquaranta,96), IVA per un importo a ruolo totale di euro 3.451,41 (tremila-quattrocentocinquantuno,41), contravvenzioni stradali per un importo di 900,56 (novecento, 56), TARI per un importo di 294,56. Stralciata quest’ultima posta, per le altre tre cartelle, il 7 febbraio 2022 la società reclamante ha ottenuto dall’Agenzia delle Entrate in esito a una propria precisa istanza in tal senso (del 14 gennaio precedente), una rateizzazione in settantadue rate ciascuna di importo pari mediamente a euro 7.890, da versare a far tempo dal 26 marzo 2022 fino al 26 gennaio 2028.
Pagate regolarmente le rate relative alle prime cinque scadenze (periodo febbraio-giugno 2022), la società ha omesso invece il pagamento delle successive due rate (relative al periodo luglio-agosto 2022); inadempimento che è stato poi accertato dalla Co.Vi.Co.C. che, il 15.11.22, ha quindi trasmesso una nota alla Procura federale segnalando che «nella riunione del 14 novembre 2022 ha riscontrato, all’esito delle verifiche effettuate dall’Ufficio federale preposto al supporto delle attività degli organi di controllo (….), che la società US Viterbese 1908 Srl non ha provveduto, entro il termine del 17 ottobre 2022, al versamento delle rate in scadenza nel periodo luglio-agosto 2022 inerenti alla rateizzazione dei contributi Inps in essere con Agenzia delle Entrate».
Nel frattempo la Co.Vi.So.C. ha avvisato anche la società Viterbese che, a seguito delle interlocuzioni di quei giorni, ha provveduto, in data 18 novembre 2022, al pagamento delle rate fino a quel momento inevase.
Con nota Prot. 15245/296pf22-23/GC/blp del 23 dicembre 2022, il Procuratore Federale, ha deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, il sig. Giuseppe Capozzoli, all’epoca dei fatti Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore della società US Viterbese 1908 Srl, per violazione dei doveri di cui agli artt. 4, comma 1, del CGS e 33, comma 4, del CGS, in relazione all’art. 85 delle NOIF, lett. C) par. V), per non aver versato, entro il termine del 17 ottobre 2022, le rate in scadenza nel periodo luglio-agosto 2022 inerenti alla rateizzazione in corso dei contributi Inps, e comunque per non aver documentato alla Co.Vi.So.C., entro lo stesso termine, l’avvenuto pagamento dei contributi Inps sopra indicati, ed ha altresì deferito la Società US Viterbese 1908 Srl per rispondere a titolo di responsabilità diretta della violazione dell’art. 6, comma 1, del CGS vigente, per il comportamento posto in essere dall’Amministratore Unico e per rispondere a titolo di responsabilità propria della violazione dell’art. 33, comma 4, del CGS.
Dopo una breve fase istruttoria nel corso della quale venivano definitivamente accertati i fatti sopra richiamati, seguiva una fase dibattimentale in esito alla quale il Tribunale Federale, con la decisione oggi reclamata, ha ritenuto responsabili sia la Società Viterbese che il suo Amministratore Unico ai sensi dell’artt. 33, comma 4, del CGS, dell’art. 8, comma 1, lett. g) del CGS, dell’art. 85, lett. C), par. V delle NOIF e ha, quindi, irrogato la sanzione, al sig. Giuseppe Capozzoli, di mesi tre di inibizione e, alla società US Viterbese 1908 Srl, di punti due di penalizzazione in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deducono i reclamanti che il Tribunale avrebbe riconosciuto a loro carico una responsabilità nonostante che essi si sarebbero comportati nel rispetto della normativa riguardante la rateizzazione con l’ente esattore e nonostante che, nell’ordinamento federale, con riferimento alla peculiarità del caso in esame, vi sarebbe un vuoto normativo ovvero una tecnica di disciplina attraverso il silenzio per cui l’omesso pagamento in favore dell’ente esattore Agenzia delle Entrate per un numero di rate inferiore a quello previsto per la decadenza dal beneficio della rateizzazione non costituirebbe alcuna infrazione disciplinare.
Deducono altresì i reclamanti che anche ad accogliere una diversa ricostruzione dell’ordinamento federale per gli adempimenti dei contributi INPS, a loro discolpa varrebbe comunque la circostanza che l’omesso pagamento contestato non riguarda esclusivamente contributi INPS ma anche altri tributi, non rilevanti per l’ordinamento sportivo (IVA e contravvenzioni) dai quali sarebbe stato impossibile scorporare i primi; da tale impossibilità dovrebbe discendere la conclusione che il pagamento dei soli contributi INPS, nel caso de quo, non sarebbe stato esigibile.
I reclamanti, inoltre, rilevano la modestia dell’infrazione loro addebitata e, anche per tale ragione, chiedono la rimozione della sanzione, da loro ritenuta in contrasto con il principio di proporzionatezza e ragionevolezza.
Il reclamo è in larga parte infondato per le seguenti ragioni.
1) Sulla asserita assenza di una fattispecie di responsabilità nell’ordinamento sportivo per la condotta contestata.
Nel primo motivo di reclamo si deduce che la fattispecie «rateizzazione con l’ente esattore Agenzia delle Entrate relativa a pregressi contributi INPS» non sarebbe prevista nell’ordinamento sportivo, che piuttosto, con l’aver invece disciplinato il caso della rateizzazione con l’ente impositore (art. 85, lett.C, par. 5, comma terzo), avrebbe per il primo caso apprestato una tecnica di disciplina attraverso il silenzio (“ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”) per cui rispetto a rate già scadute in un piano di rateizzazione con l’ente esattore, tanto più se ricomprensive anche di oneri ulteriori ai contributi INPS, nell’ordinamento sportivo non vi sarebbe alcuna scadenza né alcun obbligo di documentazione, comprovazione e allegazione alla Federazione.
Tale tesi non risulta convincente per molteplici ragioni.
In primo luogo non è chiara quale sarebbe la portata di una simile regola ricavata dal silenzio dell’ordinamento sportivo e, in particolare, se detta immunità dovrebbe valere per tutto l’importo rateizzato o se invece si dovrebbe delimitare in base ad altri statuti normativi.
Nel caso si accogliesse la prima soluzione (che invero neanche la difesa dei reclamanti mostra di caldeggiare) ci si troverebbe di fronte a un privilegio del tutto abnorme e irrazionale nei confronti di chi si è già ritrovato in una situazione di morosità, in palese contraddizione con i principi vuoi del diritto comune vuoi del diritto sportivo con riguardo ai controlli sulla gestione economica finanziaria delle società professionistiche (Noif, titolo VI, art. 77 ss.).
Nel senso della seconda soluzione, invece, i reclamanti fanno leva sulle discipline (e le prassi contrattuali) che richiedono l’inadempimento di almeno cinque rate per la decadenza dal beneficio della rateizzazione, ma questa Corte rileva come non si possa automaticamente estendere questa soluzione, che per l’appunto riguarda specificamente la salvaguardia dell’interesse a mantenere il beneficio alla rateizzazione, al tema del «controllo sull’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistico e sul rispetto dei principi di corretta gestione» che è rimesso alla Co.vi.so.c e alla procura dalle normative federali (in partic. art. 80, comma 1, NOIF).
Una volta che si dovesse ritenere di fare riferimento all’ordinamento statale, non si comprende poi perché si dovrebbe guardare esclusivamente a una regola che concerne un aspetto specifico (la decadenza o meno dal beneficio della rateizzazione) e trascurare invece tutti gli altri principi e regole generali che riguardano la mora del debitore e le tutele del creditore per la perdita di fiducia nella regolarità dell’adempimento. Si pensi, ad esempio, all’art. 1219 c.c. e alla particolare ipotesi della mora automatica con conseguente nascita dell’obbligazione risarcitoria (oltre che nell’ipotesi sussistente nel caso de quo del debitore che alla scadenza del termine non abbia pagato presso il domicilio del creditore come avrebbe dovuto) nel caso in cui il debitore dichiari per iscritto di non voler adempiere, all’art. 1462, all’art. 1479, all’art. 1662, secondo comma.
In secondo luogo, e si dà qui ingresso a un profilo assorbente, la tesi del silenzio-tecnica di disciplina non convince per la ragione che sussiste, all’interno delle norme NOIF, una fattispecie a carattere generale e omnicomprensivo, volutamente congegnata in tal modo, alla quale può essere tranquillamente ricondotto il caso in esame. Né, dalle prospettazioni dei reclamanti (e già dall’attività svolta in primo grado) emerge alcun argomento per il quale si debba negare la sussumibilità del caso concreto nell’accennata fattispecie.
Prima di procedere a indicarla precisamente e a individuarne la logica nel contesto regolatorio delle normative federali, occorre sgombrare il campo da un equivoco nel quale è caduta la difesa dei reclamanti nella lettura della decisione di primo grado.
Richiamando la motivazione della decisione del Tribunale federale i reclamanti affermano: «in ultimo - ma non per ultimo – [il Tribunale federale] ha pure ammesso che "nell'ordinamento sportivo" si rinviene "l'assenza", testuale "di una specifica norma impositiva del pagamento, entro il 17 ottobre, delle scadenze di luglio ed agosto di una rateazione......".» (pag. 6, righe 19-22 del reclamo). In realtà, nel brano richiamato dai reclamanti, il Tribunale si è limitato a ritrascrivere le deduzioni difensive di primo grado degli incolpati senza minimamente farle proprie, ma anzi subito dopo facendo leva sulla fattispecie che ci si accinge ad esaminare: «Non appare, infine condivisibile la tesi della difesa secondo la quale l’assenza nell’ordinamento sportivo di una specifica norma impositiva del pagamento, entro il 17 ottobre, delle scadenze di luglio e agosto oggetto di una rateazione impedirebbe … (omissis) Non può, allora, dubitarsi che gli artt. 33, comma 4, del CGS e 85 delle NOIF, lett. C), par. V trovino applicazione anche nell’ipotesi di una rateazione in corso» (pag. 2 in fine e pag. 3, decisione reclamata).
Invero, proprio come ritenuto dal Tribunale federale, l’art. 85, lett. c), par. V, comma 1 prevede che a ogni scadenza bimestrale le società devono comunicare alla FIGC non soltanto l’avvenuto pagamento delle «ritenute irpef, dei contributi INPS e del fondo di fine carriera» relativi al bimestre precedente ma anche «quelle precedenti ove non assolte prima». Sussiste cioè una norma a contenuto generico e omnicomprensivo in forza della quale a ciascuna scadenza bimestrale la federazione deve essere messa in condizione di accertare l’avvenuto pagamento di eventuali debenze relative a ritenute irpef e contributi Inps già liquide e esigibili e in forza della quale, quindi, tali pagamenti devono necessariamente essere già stati eseguiti, ai fini dell’ordinamento sportivo entro la prima scadenza bimestrale utile.
La ricostruzione del significato di tale norma in senso omnicomprensivo come riferentesi a tutte le obbligazioni scadute relative a contributi INPS è conforme non soltanto al tenore letterale dell’art. 85, lett. c), par. 5, comma 1 (ove il riferimento anche a «quelle precedenti ove non assolte prima» viene enfaticamente ribadito per ciascuna scadenza bimestrale), ma anche a tutto il contesto regolamentare nel quale la disposizione è inserita, con la centralità del perseguimento dell’obiettivo di un attento controllo sull’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche a garanzia del regolare svolgimento dei campionati. Ci si troverebbe dinanzi a un controllo inadeguato e inefficiente se alla Federazione e alla Co.Vi.So.C. potessero tranquillamente occultarsi le vicende relative a eventuali rateizzazioni con l’Agenzia delle Entrate, sia pure fino al momento in cui si arrivi a una decadenza dal beneficio.
Sull’importanza, piuttosto, di un controllo rigoroso e attento va richiamato il consolidato orientamento in tal senso della Corte Federale e, in particolare, la decisione a Sezioni unite, n. 46/CFA/2020-2021 secondo la quale «il mancato pagamento degli emolumenti nei confronti dei dipendenti e collaboratori è assunto dall’ordinamento sportivo a indicatore della stabilità economica e finanziaria delle società sportive, tanto da presidiarne il regolare adempimento con l’indicazione di precisi termini di adempimento e obblighi di comunicazione all’autorità federale di controllo (Co.Vi.So.C.). La ragione di tale interesse, anche con riferimento all’adempimento di prestazioni pur formalmente rientranti nel novero dei rapporti privati con terzi, risiede nella esigenza di garantire la stabilità economica e finanziaria dei partecipanti ai campionati nazionali come parametro fondamentale da monitorare e verificare nel continuo, attraverso l’informativa periodica, nonché come precondizione per l’ottenimento del titolo idoneo all’iscrizione al campionato successivo».
Dentro il quadro regolamentare così ricostruito, si evidenzia agevolmente che l’art. 85, lett. c), par. 5, comma 3, nel disciplinare l’ipotesi delle «rateazioni e/o transazioni concesse dagli enti impositori…», ha il compito non già di fondare l’obbligo di adempimento e allegazione (già discendente dal comma 1) bensì di delimitare gli importi dovuti che si sottraggono all’enunciato dal tenore generico e omnicomprensivo «quelle precedenti ove non assolte prima» per la quale l’art. 85, lett. c), par. 5, comma 1 impone che si accerti il già avvenuto pagamento.
In altri termini, il comma terzo vale a fare salve le rate oggetto di rateizzazione non ancora scadute e alcuni tipi di contenziosi ancora aperti e visto, dunque, che racchiude una logica (non già afflittiva bensì) derogatoria, a vantaggio del debitore, può ben essere applicata analogicamente anche al caso che la rateizzazione sia stata concessa dall’ente esattore per determinare le rate sottratte al dovere generale di cui al comma primo: problema che, tuttavia, nel presente caso non si è mai posto visto che è stata sin da subito pacifica la situazione relativa alle rate già scadute e non adempiute e a quelle invece regolarmente adempiute ovvero ancora a scadere.
2) Sulla asserita impossibilità per i reclamanti di adempiere i contributi INPS non versati.
La riconduzione del caso in esame alla fattispecie ampia e omnicomprensiva riferita a qualsiasi forma di tributo INPS ove non assolto prima di cui all’art. 85, lett. c), par. 5, comma 1, rende irrilevante la circostanza che la mora della società reclamante riguardava rate incorporanti anche altri tributi. Perché si configuri l’infrazione disciplinare e scattino le relative sanzioni è sufficiente il mancato pagamento del tributo nel termine previsto che sia poi accertato alla prima scadenza bimestrale utile ai controlli federali (nel nostro caso al 17 ottobre 2022), a prescindere che l’omissione sia avvenuta contestualmente ad altre poste debitorie.
Del resto, va anche rimarcato quanto già osservato dal Tribunale federale e cioè che il carattere promiscuo delle rate dovute all’Agenzia delle Entrate è frutto di una precisa scelta assunta in autonomia dalla società sportiva reclamante all’insaputa (e comunque senza alcuna interferenza da parte) della Federazione sicché è la società sportiva, in nome del principio di autoresponsabilità, a doversene assumere le correlate conseguenze senza che siano in alcun modo invocabili principi di impossibilità o inesigibilità che sono costitutivamente correlati a eventi estranei all’iniziativa di chi li invochi e sottratti alla di lui sfera di controllo. Del resto, il ritardo nel pagamento di oneri diversi da quelli previsti nell’art. 85, lett. c), par. 5, comma 1, seppure non rilevi specificamente ai fini della sanzione prevista nell’ordinamento sportivo, non costituisce di certo un diritto che possa essere invocato per far sospendere l’efficacia dei primi. Sul principio di autoresponsabilità connesso alla libertà delle strategie aziendali ricordiamo, sia pure con riferimento a un caso in parte diverso, CFA, Sez. un., 17 febbraio 2020, n. 0052/2019 – 2020.
Ad abundantiam, e tenuto fermo quanto affermato sopra, va altresì rilevato che anche se, in via di principio, si potesse invocare il carattere promiscuo di una rata non pagata all’Agenzia delle Entrate per porre in dubbio la puntuale applicabilità dell’art. 85, lett.
c), par. 5, comma 1, nel caso concreto avrebbe costituito un abuso del diritto e sarebbe stata certamente contraria a buona fede e correttezza l’invocazione di tale circostanza visto che la componente relativa agli oneri diversi da quelli INPS ammonta a meno dell’uno per cento delle rate insolute, il cui importo non era certo elevato e si deve quindi ritenere che l’impossibilità di stralciarle dalla rata non avrebbe comportato alcun apprezzabile sacrificio (artt. 833, 1175 e 1375 c.c., come espressione dei più generali principi richiamati).
3) Sulla sproporzionatezza delle sanzioni irrogate.
I reclamanti hanno insistito sulla modestia dell’ammontare delle rate non pagate e sulla tempestività del loro ravvedimento consistito nel pagare prontamente le rate scadute una volta che l’addebito è stato loro contestato traendone la conseguenza che la decisione del Tribunale federale sarebbe incongrua anche sotto tale profilo in quanto contraria al principio di ragionevolezza e proporzionatezza.
Sul punto va ripresa la motivazione del Tribunale federale che, rifacendosi alla consolidata giurisprudenza di questa Corte federale, pur dando atto che l’importo delle rate pagate tardivamente non fosse particolarmente rilevante e pur considerando, inoltre, che la società, non appena venuta a conoscenza dell’addebito contestato, ha provveduto al pagamento delle rate stesse, ha ritenuto di non poter derogare alla norma sanzionatoria che prevede espressamente che «il mancato pagamento [......] comporta l’applicazione a carico della società responsabile della sanzione di cui all’art. 8 comma 1 lett. g) a partire da almeno due punti di penalizzazione in classifica».
Come evidenziato dalla Corte Federale d’Appello a sezioni unite, decisione n. 89/CFA/2019-2020 (e in senso conforme anche la n. 88/CFA/2019-2020/B) esiste «una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione general preventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione.
Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. La ragione è quella cui si è fatto prima cenno: la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere – più o meno – avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali».
Pertanto questa Corte ritiene congrua una riduzione della squalifica del Presidente della società sportiva, Sig. Capozzoli, da tre mesi a un mese di inibizione, laddove conferma alla società US Viterbese 1908 Srl, la sanzione di punti due di penalizzazione in classifica, da scontarsi nel corso della corrente stagione sportiva.
In conclusione, il reclamo deve essere deciso alla stregua dei seguenti principi.
In caso di rateazione con l’ente esattore Agenzie delle Entrate, eventuali rate scadute e non pagate ricomprendenti contributi INPS vanno ricondotte all’art. 85, lett. c), par. 5, comma 1, nella parte in cui prevede genericamente e in modo omnicomprensivo che a ogni scadenza bimestrale deve essere avvenuto e documentato il versamento (oltre che delle ritenute Irpef, dei contributi INPS e del Fondo di fine carriera relativi alle mensilità del precedente bimestre) anche di «quelle precedenti ove non assolte prima», senza che rilevi se il mancato pagamento debba far decadere dal beneficio della rateizzazione e senza che rilevi se, per scelta del contribuente, la rateazione ricomprenda anche ulteriori voci.
Anche qualora il mancato pagamento di ratei INPS scaduti abbia un ammontare di modesta entità e siano comunque rinvenibili circostanze attenuanti, il Giudice federale non può comunque comminare una penalizzazione per la società sportiva inferiore al minimo stabilito dall’art. 8 comma 1 lett. g) C.G.S., ma può se del caso tenerne conto con riferimento alla sanzione da infliggere alla persona del rappresentante legale della società.
P.Q.M.
Accoglie in parte il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, in parziale riforma della decisione impugnata, irroga la sanzione della inibizione di mesi 1 (uno) al Sig. Giuseppe Capozzoli; conferma per il resto.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Tommaso Mauceri Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce