C.R. LOMBARDIA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2022/2023 – crlombardia.it – atto non ufficiale – CU N. 56 del 23/03/2023 – Delibera – Reclamo della società A.S.D. POLISPORTIVA CELADINA – Camp. Allievi Provinciali U17 – Gir. B GARA del 26.2.2023 – U.S. PIANICO ASD – A.S.D. POLISPORTIVA CELADINA C.U. n. 28 della Delegazione Provinciale di Bergamo datato 02.03.2023

Reclamo della società A.S.D. POLISPORTIVA CELADINA – Camp. Allievi Provinciali U17 – Gir. B GARA del 26.2.2023 – U.S. PIANICO ASD – A.S.D. POLISPORTIVA CELADINA C.U. n. 28 della Delegazione Provinciale di Bergamo datato 02.03.2023

La società A.S.D. POLISPORTIVA CELADINA ha proposto reclamo avverso la decisione del G.S. di 1°Grado presso la Delegazione Provinciale di Bergamo che, sulla base delle risultanze del referto di gara, aveva inflitto al calciatore Jacopo De Simone la squalifica per dieci giornate perché al termine della gara si rivolgeva ad un avversario con un’espressione di carattere discriminatorio a sfondo razziale. Nel reclamo la Società evidenzia che il proprio calciatore Jacopo De Simone, che pure viene riconosciuto responsabile di avere proferito una frase volgare provocatoriamente rivolta ad un avversario, non sarebbe viceversa l’autore del grave insulto razziale per il quale la sanzione era stata comminata. Con memoria difensiva depositata il 13.3.2023 la Società reclamante allegava anche una dichiarazione, asseritamente attribuibile al calciatore vittima dell’insulto discriminatorio, ove si attestava che questo non era stato proferito dal giocatore Jacopo De Simone, ma da altro compagno di squadra di quest’ultimo. Nel proprio supplemento di rapporto, richiesto da questa Corte, l’arbitro della gara confermava con assoluta certezza che la frase oggetto di sanzione disciplinare era stata pronunciata, a breve distanza dalla posizione dell’Arbitro, proprio dal giocatore De Simone. Quest’ultimo, comparso personalmente avanti a questa Corte, ribadiva di non essere il responsabile della frase discriminatoria, che peraltro riferiva di avere nitidamente percepito. Ammetteva viceversa la propria responsabilità per la differente frase provocatoria ed offensiva, rivolta peraltro a persona differente. Tanto premesso, esaminati gli atti questa Corte

OSSERVA

Ai sensi dell’art. 61 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva il rapporto dell’Arbitro ed il suo supplemento costituiscono fonte di prova privilegiata, soggetti quindi a rigida disciplina ai fini del raggiungimento di una prova contraria. Nel caso concreto sottoposto al vaglio di questa Corte, certo non è sufficiente una dichiarazione scritta - apparentemente attribuibile al soggetto passivo dell’insulto razziale- a contrastare l’efficacia probatoria attribuita dalla norma al referto arbitrale, nel corpo del quale, si osserva, l’Arbitro si esprime in termini di certezza “al 100%” circa l’individuazione del responsabile. Di nessun ausilio, nella direzione di acquisizione di elementi di prova che potessero suffragare la dedotta ipotesi di un errore di persona da parte del Direttore di Gara, è stata l’audizione del calciatore Jacopo De Simone che, con atteggiamento palesemente reticente, ha dichiarato di avere nitidamente sentito un proprio compagno pronunciare -anzi urlare- quella frase e di avere percepito la reazione dell’offeso, dal momento che egli si trovava nel recinto di gioco nei pressi della propria panchina. Ripetutamente invitato a dichiarare quale fosse quindi il proprio compagno responsabile dell’insulto così percettibilmente gridato, il Sig. Jacopo De Simone ha più volte, poco credibilmente, negato di poterlo individuare. Naturalmente, se in luogo di tale reticente atteggiamento, il Sig. De Simone avesse indicato quale responsabile lo stesso nominativo che compare nella dichiarazione scritta versata in atti ed apparentemente attribuibile all’offeso, ne avrebbe in qualche modo suffragato l’attendibilità, così da poter apportare elementi di approfondimento istruttorio in ordine al lamentato errore di persona da parte dell’Arbitro, il cui rapporto, al contrario, non è minimamente scalfitto nel suo valore di prova privilegiata. Ne consegue che la sanzione inflitta deve essere confermata. Non può infatti nemmeno convenirsi con il motivo di doglianza che riposi su una pretesa eccessività della stessa, posto che questa corrisponde al minimo edittale previsto dall’art. 28 comma 2 del Codice di Giustizia Sportiva. Gli atti devono invece essere rimessi alla Procura Federale per le valutazioni di sua ritenuta competenza in ordine agli accertamenti relativi: - all’autenticità della dichiarazione versata in atti, apparentemente riferibile al calciatore che sarebbe rimasto vittima dell’insulto discriminatorio razziale; - alla responsabilità o meno del calciatore che in detta dichiarazione viene indicato come colui che avrebbe pronunciato l’insulto razziale; - alla veridicità o meno delle dichiarazioni rese dal Sig. Jacopo De Simone a questa Corte Sportiva d’Appello in ordine alla sua mancata individuazione del suo compagno di squadra, asseritamente autore dell’insulto (evidenziandosi che, vertendosi in tema di responsabilità che la stessa tesi difensiva attribuiva a terzi, non può ritenersi sussistente un diritto a tacere o a negare il fatto; diritto che deve essere riconosciuto come inviolabile solamente quando si tratti di negazione di responsabilità propria). Tanto premesso e ritenuto questa Corte Sportiva di Appello Territoriale

RIGETTA

il ricorso e dispone l’addebito della relativa tassa se versata. Dispone la trasmissione degli atti alla Procura Federale per le valutazioni di sua ritenuta competenza in ordine agli accertamenti relativi: 1) all’autenticità della dichiarazione versata in atti, apparentemente riferibile al calciatore che sarebbe rimasto vittima dell’insulto discriminatorio razziale; 2) alla responsabilità o meno del calciatore che in detta dichiarazione viene indicato come colui che avrebbe pronunciato l’insulto razziale; 3) alla veridicità o meno delle dichiarazioni rese dal Sig. Jacopo De Simone a questa Corte Sportiva d’Appello in ordine alla sua mancata individuazione del suo compagno di squadra, asseritamente autore dell’insulto.

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