F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0088/CFA pubblicata il 6 Aprile 2023 (motivazioni) – Procura federale/Sig. Luis Fernando Muriel Fruto

 

Decisione/0088/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0091/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Massimo Galli - Componente (Relatore)

Salvatore Lombardo – Componente

Mariangela Caminiti - Componente

Francesco Sclafani - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo n. 0091/CFA/2022-2023 proposto dal Procuratore federale in data 31.01.2023 avverso il proscioglimento del Sig. Luis Fernando Muriel Fruto pronunciato in esito al deferimento n. 13644/263pf22-23/GC/gb, per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale-Sezione disciplinare n.116/TFN-SD del 27/01/2023;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del 28 marzo 2023, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Massimo Galli e uditi l'Avv. Enrico Liberati per la Procura federale e l'Avv. Gian Pietro Bianchi per il Sig. Luis Fernando Muriel Fruto;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con decisione del 17.1.2023 il Tribunale federale nazionale proscioglieva il calciatore Luis Fernando Muriel Fruto della soc. Atalanta Bergamasca Calcio S.P.A., deferito per la "violazione degli artt. 4, comma 1, e 23, comma 1, del C.G.S. per aver lo stesso, al termine della gara Atalanta vs Napoli disputata in data 05.11.2022 e valevole per la 13^ giornata del Campionato di Serie A TIM della corrente stagione sportiva, espresso – per mezzo di una “storia” pubblicata sulla propria personale pagina del social network Instagram (luisfmuriel9) - un giudizio lesivo del prestigio e della reputazione propri, sia dell’arbitro che ebbe a dirigere l’incontro de quo (A.E. Sig. M. Mariani della Sez. AIA di Aprilia) sia, per l’effetto e più in generale, dell’istituzione arbitrale, nel suo complesso intesa, utilizzando le seguenti testuali parole: "Se devi arbitrare alle 18:00, non mettere la cena alle 20:00 che poi non fai in tempo ad arrivare".

Va subito precisato che prima del dibattimento, in data 13.12.2022, la Procura federale depositava presso il Tribunale una proposta di accordo ex art. 127 CGS, sottoscritta anche dal deferito, che prevedeva l’applicazione di un'ammenda pari a Euro 1.050,00 (calcolata partendo da una sanzione base di Euro 3.000,00). Alla successiva udienza del 15 dicembre 2022, il TFN riteneva non sussistenti i presupposti previsti dalla citata disposizione per la dichiarazione di efficacia dell’accordo stesso e rinviava la trattazione del procedimento all’udienza del 17 gennaio 2023, all'esito della quale, sulle richieste della Procura (che concludeva per l'irrogazione della sanzione dell'ammenda pari a euro 2.500,00) e della difesa del deferito (che invocava il proscioglimento del suo assistito ovvero, in subordine, l'applicazione di una sanzione minima), proscioglieva il Muriel, ritenendo priva di ogni rilevanza disciplinare la condotta contestata allo stesso.

Tale decisione era motivata, in sintesi, dalle seguenti considerazioni:

-"la collocazione di immagini o testi sui social network implica una possibile diffusione di tali contenuti ad un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e, quindi

- gli stessi - vanno considerati, sia pure con alcuni limiti, come siti pubblici";

- il messaggio contestato, tuttavia, "appare privo di qualsivoglia lesività", poiché espressione del "legittimo esercizio del diritto di critica", non avendo travalicato "i limiti di verità, pertinenza e continenza";

-"appare evidente che la condotta contestata al sig. Luis Fernando Muriel Fruto non sia idonea a ledere la reputazione e il prestigio del direttore di gara e della classe arbitrale", non essendo stata revocata in dubbio la professionalità e l’imparzialità dell’arbitro, nè essendo state utilizzate "espressioni infamanti, umilianti o aggressive";

- non può assumere rilievo il significato dato, alla storia pubblicata dal deferito, da alcune testate giornalistiche online, poichè i titoli e gli articoli giornalistici "sono del tutto irrilevanti al fine dell’accertamento della responsabilità disciplinare, qualora frutto di interpretazioni del tutto personali degli autori degli stessi e non rispondenti all’univoco contenuto delle parole rese" (CFA, SS.UU. 2020/2021, n. 14).

Avverso tale decisione proponeva tempestivo reclamo il Procuratore federale, deducendo due distinti motivi:

il primo, per "violazione ed erronea applicazione dell’art. 127, comma 3, del C.G.S.. Omessa ed insufficiente motivazione". Precisava il reclamante che, per il tenore letterale della disposizione cui all'art 127, comma 3 CGS, il giudice poteva "non aderire all’accordo raggiunto tra le parti solo" se gli fosse apparsa "errata la qualificazione giuridica dei fatti contestati, ovvero, .... non congrua la sanzione proposta", laddove, nella 'scarna motivazione' di cui all'ordinanza di rigetto del 15.12.2022, sembra emergere "che l’accordo ex art. 127 del C.G.S. sia stato respinto.... a motivo dell’impossibilità di attribuire rilevanza disciplinare alla condotta contestata al deferito". Consentendosi al giudice tale potere al di fuori delle specifiche ipotesi previste dalla norma citata proseguiva il Procuratore federale - "resterebbe gravemente pregiudicata la stessa finalità deflattiva propria dell’istituto in parola in quanto assai difficilmente, per non dire in nessun caso, l’ufficio di Procura concorderebbe con un soggetto deferito l’applicazione di una sanzione ridotta ex art. 127 del C.G.S. qualora quest’ultimo avesse la possibilità di essere comunque prosciolto nel merito nonostante il patto siglato sulla sanzione";

il secondo, per violazione ed erronea applicazione degli artt. 4, comma 1, e 23 comma 1 del C.G.S.. Omessa ed insufficiente motivazione. Erronea valutazione delle risultanze della indagine e degli elementi probatori acquisiti e conseguente erroneo proscioglimento dei deferiti.

In proposito si osservava che - contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice - "ciò che rileva, in tema di dichiarazioni lesive, è la portata offensiva delle parole pronunciate e non piuttosto le parole in sé, con la conseguenza che possono essere considerate lesive e ingiuriose anche espressioni di per sé nient’affatto volgari o all’evidenza finanche ironiche e spiritose". Dovendosi anche considerare che "i parametri da assumere nel valutare le responsabilità interne all’ordinamento sportivo con riguardo a fatti lesivi della reputazione altrui debbono tendere ad assicurare - come affermato dalla SS.UU. della Corte federale con decisione n.10/20212022 - "un quid pluris riconducibile (...) alla specificità e al rilievo dell’ordinamento sportivo e dei doveri facenti capo agli associati che giustificano la valenza molto più intensa dei canoni posti a presidio della reputazione degli associati e degli organi facenti parte del medesimo ordinamento sportivo".

Concludeva pertanto il reclamante che, su tale premessa, fosse chiaro il carattere lesivo delle parole utilizzate dal Sig. Muriel con le quali lo stesso volle, evidentemente, "all’interno e nell’ambito di una polemica montata al termine dell’anzidetta gara tra le fila dei sostenitori della Atalanta a causa di una asserita non corretta gestione da parte del direttore di gara del tempo di recupero assegnato allo scadere del 90^ minuto....., indurre nella platea dei destinatari delle stesse il suggestivo convincimento che l’A.E. Mariani non avesse concesso un prolungamento dei minuti di recupero assegnati al termine del tempo regolamentare della gara suddetta a motivo dell’aver lo stesso evidentemente avuto fretta di porre fine all’incontro e andar via velocemente per poter onorare propri pregressi impegni personali".

Il Procuratore federale chiedeva pertanto, in via preliminare, di riconoscere efficacia all’accordo ex art. 127 del CGS raggiunto tra le parti ovvero, nel merito, comminare la sanzione così come richiesta dal suo ufficio in primo grado o, in subordine, quella ritenuta di giustizia.

 La Difesa del Muriel - richiamando anche le considerazioni svolte con analogo atto del 9.12.2022 - depositava memoria, osservando quanto segue:

- la Procura federale non ha impugnato - né formulato riserva di gravame - il provvedimento decisorio del TFN del 15.12.2022, sicché la sua impugnazione, applicandosi analogicamente i principi del diritto processuale civile, sul punto è inammissibile;

- l’incolpato aveva chiarito che il suo messaggio satirico non era riferito al periodo di recupero concesso dall’arbitro ma al contegno assunto dopo il triplice fischio finale, allorché́ l’arbitro aveva abbandonato il terreno di giuoco sottraendosi alla c.d. prassi del terzo tempo. Tale circostanza non trova cittadinanza nell’accordo di patteggiamento e probabilmente è alla base della motivazione del TFN, laddove la stessa è stata stigmatizzata dai media;

- nella proposta di “patteggiamento” rigettata è stata forse ritenuta non congrua anche la sanzione, in quanto la stessa è stata individuata in Euro 3.000,00 di ammenda - pena base -, in luogo dei 2.500,00 Euro previsti - come minimo - nella cornice edittale di riferimento di cui all’art. 23, comma 3 C.G.S.;

- il contegno del calciatore deve portare alla conferma dell’assoluzione del deferito in quanto conforme al “legittimo esercizio di critica e diritto di satira”;

- la storia in questione è stata pubblicata per soli pochi minuti e ciò, nelle denegata ipotesi che si reputi sussistere una fattispecie disciplinarmente rilevante, dev'essere tenuto in considerazione ai fini dell'applicabilità dell'attenuante di cui all’art. 13, lettera d), CGS e, più in generale, ai fini di un’equa quantificazione della pena.

In data 24 marzo 2023, infine, la difesa del Muriel depositava un'ultima memoria con la quale si riportava alle proprie precedenti conclusioni depositate e sopra sintetizzate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminare ad ogni valutazione del merito della decisione è la disamina del primo motivo di reclamo della Procura federale, concernente l'accordo presentato dalle parti al giudice dopo il deferimento del Muriel, ex art. 127 CGS.

Il Procuratore federale ne chiede invero il riconoscimento di piena efficacia, atteso che il TFN, in violazione del disposto della norma richiamata, lo ha respinto "non già, perché la sanzione proposta è stata ritenuta incongrua, ovvero in ragione della non corretta qualificazione giuridica del fatto contestato, quanto, piuttosto, a motivo dell’impossibilità di attribuire rilevanza disciplinare alla condotta contestata al deferito".

A prescindere dunque sul se il provvedimento del Tribunale sia stato o meno assunto nei termini indicati dal reclamante, ed impregiudicato il giudizio sul se l'impossibilità di "attribuire rilevanza disciplinare alla condotta contestata" contenga o meno in sé la negativa verifica sulla corretta qualificazione dei fatti, pur potendosi eventualmente ricorrere al principio della ragione più liquida (come si dirà), è opportuno esaminare funditus la problematica sollevata dalla Procura, poiché la questione involge principi di diritto che vanno chiariti da queste SSUU.

1. La norma di cui all'art. 127 CGS reca testualmente al suo terzo comma: " Nel caso in cui l’organo giudicante reputi corretta la qualificazione dei fatti operata dalle parti e congrui la sanzione o gli impegni indicati, ne dichiara l’efficacia con apposita decisione".

Trattasi delle regole attinenti al patteggiamento dopo il deferimento, che divergono da quelle concernenti l'altro tipo di patteggiamento, pre-deferimento, dove non è previsto alcun intervento del giudice.

La questione è dunque incentrata sul chiarire se le ipotesi previste quali condizioni del rigetto della congiunta proposta delle parti, siano quelle - ed esclusivamente quelle - indicate dalla norma.

2. Un primo argomento utile a condurre l'interprete proviene proprio dal distinguo prima citato, che il legislatore sportivo ha ancorato al momento in cui interviene tale richiesta: per quella antecedente al deferimento, è prevista la sola informazione al Procuratore generale dello Sport per le sue eventuali osservazioni, in assenza delle quali "la proposta di accordo diviene definitiva e l'accordo viene pubblicato con Comunicato ufficiale ed acquista efficacia" (art. 126 co.5 CGS); per quella successiva al deferimento, invece, occorre la dichiarazione del giudice, che ne sancisce l’efficacia con apposita decisione.

2.1 Le conseguenze di tale distinguo non sono di poco momento, evidentemente, perché se il patteggiamento pre-deferimento rimane, per così dire, nell'alveo stesso della fase delle indagini e vede quale interlocutore dell'indagato solo la sua controparte 'requirente', il previsto intervento 'ratificatore' dell'autorità giudicante, nella seconda ipotesi, muta radicalmente l'ambito di verifica dell'accordo, portandolo sul piano contenzioso-giustiziale.

Se così è, il momento di verifica, in questo caso, non può essere considerato comunque svincolato dal presidio di legalità sempre demandato al giudice, cui è inscindibilmente connesso il dovere di costante controllo del rispetto dei principi del diritto di difesa e del giusto processo (art. 44 CGS) che, tra gli altri, animano il processo sportivo insieme ai principi generali di diritto, al medesimo ordinamento sportivo applicabili. Tant'è che proprio alla sua dichiarazione di efficacia è da molti attribuita natura di 'decisione' vera e propria, così come nel processo penale l'accoglimento del richiesto patteggiamento è parificabile ad una sentenza di condanna.

2.2 Non a caso si è ritenuto che debbano rimanere esclusi dalla pubblicità prevista dall'art. 11, comma 4, CGS CONI, gli accordi di applicazione della sanzione di cui all’art. 48 stesso codice, "sia per la loro diversa natura negoziale e non autoritativa, sia per essere una delle parti, la Procura federale, ufficio interno di ogni federazione e non già organo di giustizia sportiva" (cfr. Collegio di garanzia dello Sport, Sez. Consultiva, parere 5 aprile 2018 n. 1).

3. Il richiamo finale di cui sub 2.1 pone la necessità di una conseguente riflessione sul tema.

I principi generali che regolano l'istituto della richiesta dell'applicazione di pena demandata alla 'decisione di efficacia' da parte di un giudice, non si potrebbero mai conciliare con un provvedimento di quest'ultimo del tutto svincolato dalla astratta possibilità di un accertamento della responsabilità del deferito, poiché è questo il rischio che l'istante cerca di evitare, proponendo una pena che assume inferiore a quella che potrebbe essergli inflitta, così come l'altra parte, evita il rischio di un proscioglimento del soggetto da lui inquisito e deferito, accettando di proporre una pena minore a quella che riterrebbe equo richiedere (ed irrogare).

Ma il corollario di tale affermazione improntato ai richiamati principi, è che - di contro - in ipotesi di assoluta assenza di elementi di prova del fatto addebitato, si pone come necessaria una pronuncia di proscioglimento anche per chi ha raggiunto un accordo sulla sanzione (cfr. sul tema Cass.. Pen., Sez. 3, Sentenza n. 36221 del 06/06/2019).

3.1 Queste Sezioni Unite avevano del resto già precisato (sia pure in relazione alla precedente disciplina del patteggiamento sportivo) come "l’utilizzo dello schema negoziale circa l’accordo sulla pena non implica per l’ordinamento federale la rinuncia da parte degli organi di giustizia domestica di una delibazione minima che è prerogativa del Giudice in ragione del modello prescelto di stampo giurisdizionale. L’accordo tra le parti che caratterizza il procedimento in questione non si configura come un negozio di diritto privato che cristallizza la normativa applicabile, ma appare chiaramente rivolto all’organo della giustizia sportiva quale presupposto per accedere ad un procedimento alternativo. Ne è riprova il fatto che il termine di trenta giorni, recentemente introdotto per l’esecuzione del pagamento dell’ammenda, decorre non già dall’accordo tra le parti ma dalla decisione del giudice" (C.F.A. – Sezioni Unite, Comunicato ufficiale n. 120-130/CFA del 10/20 maggio 2016, con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 027/CFA del 11 agosto 2016).

4. Alla luce di tali considerazioni, le contrarie argomentazioni del Procuratore federale, ancorate ad un'interpretazione meramente letterale dell'art. 127, comma 3 CGS, impongono anche un ricorso alla giurisprudenza di legittimità del giudice penale, indipendentemente dalla obiettiva esistenza, tra le norme processual-penalistiche, di quella di cui all'art. 129 c.p.p., poiché ciò che rileva non è l'assenza di una disposizione, a questa analoga, nell'ordinamento sportivo - cosa che costituisce l'in sé della questione quanto le ragioni che rendono o meno il suo dettato del tutto inscindibile o meno dalla previsione di un'applicazione di pena richiesta delle parti.

4.1 Non è affatto eccezionale, del resto, il richiamo a norme e principi del processo penale al fine di colmare eventuali lacune che la giustizia sportiva può evidenziare, e ciò sul rilievo della natura afflittiva delle sanzioni disciplinari e dell'impossibilità di applicazione alla questione in esame, del diritto processuale civile, come prevista dall'art. 6, comma 2, CGS CONI. Esistono istituti, proprio come il patteggiamento, infatti, che nel codice di procedura penale appaiono del tutto speculari a quelli previsti dall'ordinamento sportivo.

Al riguardo è stato considerato che “Se è pacifico tale richiamo [n.d.r.: del codice di procedura civile] per i giudizi di reclamo avanti gli organi di giustizia sportiva, tale conclusione è meno scontata con riferimento ai giudizi sportivi disciplinari attivati su deferimenti della Procura federale. Il procedimento disciplinare sportivo è caratterizzato da una finalità tipicamente punitiva, in quanto ha la funzione di colpire con sanzioni coloro che contravvengono alle regole che vigono nell’associazione, fino al limite estremo dell’esclusione dell’associato. Tale finalità si traduce in una giurisdizione di carattere oggettivo, affine alla giurisdizione del giudice penale, tesa all’accertamento della colpevolezza del soggetto. Tale giurisdizione si distingue profondamente da quella carattere soggettivo, che invece informa l’ordinario processo sportivo da ricorso, attivabile dai tesserati o dalle società interessate (art. 49 del CGS), più affine alla giurisdizione del giudice civile e amministrativo. Tale differenza spiega perché l’azione disciplinare è riservata, in via esclusiva, al Procuratore Federale (art. 118, CGS) che, ove ritenga di dover confermare la propria intenzione di procedere all’esercizio dell’azione disciplinare, formula l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (art. 125, CGS). Da quanto rilevato, il Collegio ritiene che per i giudizi disciplinari sportivi avanti gli organi di giustizia sportiva sembrano più pertinenti, in caso di lacuna normativa del Codice di Giustizia, i principi e le disposizioni del codice di procedura penale in relazione alla struttura del relativo procedimento”.  (Corte federale d’appello, Sezione consultiva, 18 febbraio 2020).

5. Si rivelano allora ancor più chiarificatori gli arresti giurisprudenziali più recenti, elaborati all'indomani della modifica legislativa di cui alla legge 23 giugno 2017, n.103, che, con il comma 2-bis dell'art. 448 c.p.p., ha limitato l'impugnabilità della pronuncia ex art. 129 stesso codice ai soli motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza.

5.1 Tali decisioni (di seguito richiamate) prendono invero le mosse da premesse analoghe a quelle del Procuratore reclamante, evidenziando che la suddetta riforma, nell'escludere tra i motivi di possibile impugnazione l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza di patteggiamento, ha considerato la richiesta di applicazione della pena come ammissione del fatto, "rinunciando così l'imputato a contestare le premesse storiche dell'accusa". Cionondimeno in esse si coglie sempre il rilievo del perdurante principio secondo il quale resta il dovere del giudice di rilevare l'evidenza di elementi che impongano di superare tale 'presunzione di colpevolezza', quando ricorrano ipotesi di "erronea qualificazione giuridica del fatto operata in sentenza, per essere il fatto stesso penalmente irrilevante, ovvero riconducibile a diversa fattispecie incriminatrice" (Cass. Pen. Sez. 1, Sentenza n. 33725 del 05/05/2021 Cc.  Rv. 281890 - 01). Motivazioni queste – solo - per le quali il Supremo Collegio ha così dichiarato infondata l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 448, comma 2 bis, cpp "in relazione tra l'altro alla tutela del diritto di difesa e ai principi del giusto processo, in quanto la limitazione della facoltà di ricorso per cassazione alle sole ipotesi ivi espressamente previste, trova ragionevole giustificazione, nell'ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell'esigenza di limitare il controllo di legittimità alle sole decisioni che contrastano con la volontà espressa dalle parti o che costituiscono disapplicazione dell'assetto normativo disciplinante l'illecito penale oggetto di cognizione" (Cass.. Pen. Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, Rìcciardi, Rv. 281182-01).

6. Si coglie dunque stretta analogia tra il patteggiamento del diritto sportivo e quello processuale penale. E l'omessa indicazione specifica di un dovere di proscioglimento nel merito (evidente) di cui all'art. 127 CGS assume natura di mera lacuna, giustificata dalla sua stessa lettera, in cui l'ipotesi di errata qualificazione del fatto può ritenersi assorba in sé quella di fatto evidentemente irrilevante, così come il TFN ha ritenuto poi nella sua decisione, o inesistente o non commesso dal deferito.

Se così non fosse, resta comunque il rilievo esaustivo secondo il quale mai la decisione del giudice potrebbe essere svincolata dal suo dovere di intervenire a favore del deferito – prosciogliendolo - ove ritenga palesemente superata la richiamata presunzione di colpevolezza, all'esito del suo controllo sul patto sulla sanzione dallo stesso sottoscritto. Così come è nel potere del giudicante addivenire ad una condanna del deferito riformando in pejus la richiesta del Procuratore federale, per la ritenuta incongruità della pena.

7. Resta conclusivamente da precisarsi che, nello specifico, avendo il TFN prosciolto poi nel merito il Muriel, la questione sollevata dal Procuratore reclamante è di fatto superata. Di qui l'iniziale riflessione sul principio giurisprudenziale della “ragione più liquida” citato in premessa e che, nel caso in esame, poteva essere richiamato con tale rilievo.

Invero, in fattispecie analoga, in cui il soggetto deferito aveva richiesto l'applicazione della sanzione in accordo con il Procuratore federale, ed il TFN aveva respinto l'accordo per poi prosciogliere l'incolpato, il Collegio di Garanzia, investito dall'impugnazione avverso la successiva decisione di totale riforma del giudizio di primo grado da parte della Corte di appello federale, così precisava: "Con riferimento al primo motivo, la ricorrente rileva.......che pur non essendovi stata specifica impugnazione del rigetto del patteggiamento, tuttavia la Procura Federale ne ha proposto l’applicazione alla Corte di Appello nel proprio reclamo in maniera del tutto irrituale e senza che fosse intervenuto un nuovo imprescindibile accordo con la ricorrente......- poi concludendo - sulla correttezza della decisione non può incidere la questione preliminare sollevata riguardante le valutazioni fatte dalla CAF sulla questione del patteggiamento, che è risultato precluso per effetto della decisione di assoluzione in primo grado, come ha evidenziato anche la CAF" (cfr Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 41/2021).

7.1 E' dunque il proscioglimento nel merito a determinare la preclusione di ogni questione sul patteggiamento 'respinto'. Principio del tutto condivisibile che, a ben vedere, presuppone proprio la possibilità per il giudice, al cui giudizio è stato sottoposto il negozio tra le parti, di addivenire a tanto dopo avere respinto la richiesta dichiarazione di efficacia del patteggiamento. Semmai resta da rilevare che tale preclusione non si sarebbe invece verificata nell'ipotesi in cui lo stesso giudice fosse pervenuto ad una affermazione di responsabilità del deferito, ipotesi questa che lo avrebbe dovuto condurre ad irrogare la sanzione che fu oggetto di quel patteggiamento, salva però - come prima sottolineato - esplicita motivazione sulla ritenuta incongruità della pena inizialmente richiesta.

7.2 In tali considerazioni restano dunque assorbite le altre deduzioni della Difesa, intese ad evocare l'inammissibilità del reclamo sul punto - del Procuratore federale.

In ogni caso, con riguardo alla censura secondo cui Procura federale non avrebbe impugnato il provvedimento decisorio del TFN, sicché la sua impugnazione sarebbe inammissibile applicandosi analogicamente i principi del diritto processuale civile, è appena il caso di rilevare che  il provvedimento del TFN del 15.12.22, non ha definito, neppure parzialmente, il giudizio, sicché proprio il sollecitato richiamo ai principi del codice di procedura civile conduce a ritenere che tale provvedimento assume natura di ordinanza ex art. 279 c.p.c.. Ma questa, comunque motivata, non potendo pregiudicare la decisione, è impugnabile solo con la sentenza, sempre che sulla stessa abbia inciso. Nè pare ipotizzabile un dovere di riserva di impugnazione a pena di inammissibilità, essendo, anche la riserva, ex art 361 cpc, collegata pur sempre ad una sentenza, sia pur parziale, emessa ex art 278 codice citato.

8. Quanto al merito, si ritiene condivisibile la decisione impugnata, le cui motivazioni appaiono logiche e sorrette da puntuali riferimenti giurisprudenziali da intendersi qui riportati.

Tuttavia la contestazione di cui all'art 23 CGS comporta talune preliminari considerazioni, anche alla luce delle argomentazioni svolte dal reclamante nonché dalla difesa del Muriel.

8.1 L'esame dell'illecito in parola presuppone infatti il richiamo ai principi generali in materia di libertà di manifestazione del pensiero, considerandosi come lo stesso Giudice delle leggi abbia definito tale diritto come "il più alto forse dei diritti fondamentali" sanciti dalla Costituzione (Corte Cost. n.138/1985).

Tale richiamo tuttavia deve essere operato - per quel che qui rileva - con riferimento al dettato di cui all'art. 23 CGS FIGC, e, in particolare, in relazione ai dubbi sollevati sulle 'compressioni della libertà di manifestazione del pensiero' che possono evidenziarsi nella lettera della norma citata, e in riferimento a quei lavoratori subordinati che offrono, dietro corrispettivo, le loro prestazioni in favore delle società di calcio.

8.2 Ed allora va subito rilevato che la dottrina ha condivisibilmente precisato che il fondamento della legittimità delle norme federali che limitano la libertà di espressione risiede nel consenso manifestato dai singoli con l'atto di adesione alla Federazione stessa, nel senso che quella evidente compressione della libera manifestazione del proprio pensiero, "accettata da chi chiede di tesserarsi presso una Federazione sportiva nazionale, è giustificata dall'interesse del soggetto stesso a partecipare alle attività che si svolgono in una formazione sociale all'interno della quale egli ritiene che possa ricevere pieno sviluppo la propria personalità".

8.3 Del resto la citata disposizione normativa si inserisce perfettamente nel quadro di autonomia dell'ordinamento sportivo, che può liberamente scegliere i propri obiettivi e fini, correlativamente prevedendo quali condotte siano da ritenersi incompatibili con "l'appartenenza soggettiva ad esso" e quali sanzioni applicare a tutela dell'ordinamento stesso, con un quadro normativo " che reagisca alla rottura delle regole interne" (cfr. Corte di giustizia federale 2.8.2012 n. 19/CGF).

8.4 La stessa Corte di Cassazione, allorché si è occupata del diritto di libera manifestazione del pensiero dei lavoratori subordinati, affrontando la vexata quaestio sul diritto di critica del lavoratore all'interno dei concorrenti 'obblighi di fedeltà' e 'dovere di verità', ha sottolineato come il diritto di critica del lavoratore debba sempre rispettare continenza sostanziale e formale, intendendosi, con la prima, la verità dei fatti narrati (peraltro non assoluta, trattandosi pur sempre di opinione), e, con la seconda, un dovere di esposizione misurata, anche se astrattamente offensiva (Cass.. Sez. Lav. 17.1.2017 n.996).

Dunque un parallelo pur possibile tra la norma penale di cui all'art. 595 c.p. e quella sportiva contestata al Muriel vive comunque di questi preliminari distinguo che, al contempo, rendono condivisibile il principio, costantemente richiamato dalla giurisprudenza sportiva - e comunque richiamato anche dal Tribunale federale - secondo cui i canoni della continenza, pertinenza e veridicità (del fatto cui il giudizio critico si riferisce) - i quali valgono a tracciare, nell’ordinamento generale, il confine di liceità della critica – assumono, con tutta evidenza, una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati e, primi tra questi, a quei soggetti che, rappresentando le associazioni e le società sportive, ne costituiscono istituzionalmente l’immagine e la voce nei rapporti esterni e, nell’ambito di questi, con gli organi di informazione (ex multis: Corte federale d’appello, SS.UU., n. 62/2021-2022 e n.82/CFA-2022-2023).

8.5 Ciò chiarito, tuttavia, non può certo escludersi in toto, anche nel diritto sportivo, cittadinanza al diritto di critica. Ed in tali sensi e con le precisazioni prima esposte, deve rilevarsi che il primo giudice ha fatto puntuale applicazione dei principi dettati in materia di 'diffamazione', ancora aggiungendosi che le sue conclusioni potrebbero significare la verifica negativa sulla correttezza stessa della qualificazione giuridica al fatto, poiché non può considerarsi lesiva della dignità e dell'onore dell'arbitro l'ironico invito rivoltogli a non dirigere partite fissate con inizio alle ore 18 se "ha fissato la cena per le ore 20:00". La solo intuibile critica all'operato del direttore di gara quanto al tempo effettivo della partita da lui ritenuto congruo, non travalica alcuno dei parametri in proposito indicati dalla giurisprudenza del giudice penale per il richiamato reato di cui all'art. 595 c.p., del tutto analogo a quello previsto dall'art. 23 CGS, sia pure -lo si ripete- assumendo il maggior rigore critico dovuto nell'esame della 'fattispecie sportiva'.

Se essa invero contiene una critica, la stessa è palesemente portata con ironia, senza alcuna connotazione offensiva od addirittura volgare o aggressiva. Se si consente - e si deve consentire - il diritto di critica, pur nei ristretti ambiti riferibili alla specificità e al rilievo dell’ordinamento sportivo e dei doveri facenti capo agli associati, come indicato dal Procuratore reclamante, non può non convenirsi che, nel caso in esame, questo e solo questo è stato esercitato dal deferito, che, invece di palesare esplicitamente il suo dissenso, lo ha esposto ironicamente ipotizzando un pressante impegno dell'arbitro a giustificazione del suo operato.

8.6 Del tutto fuorviante appare inseguire le motivazioni di tale condotta quali offerte dalla stampa ovvero dallo stesso comportamento del direttore di gara dopo la partita (quest'ultimo da considerarsi solo per la verifica della continenza 'sostanziale'), poiché qui si tratta esclusivamente di verificare se la 'minima' denuncia - peraltro implicita - di un errato computo del tempo effettivo della partita da parte dell'arbitro, possa essere espressa o meno.

Null'altro.

8.7 E se la conclusione è affermativa, occorre verificare con quale veste tale denuncia è stata costruita e se la stessa abbia travalicato i limiti della continenza e della correttezza. E se ciò avviene tramite satira o frase ironica, paradossalmente, maggiore è la fantasia dell'iperbole utilizzata - sempre che non sia volgare o aggressiva - minore, se non nullo, è l'effetto offensivo gratuito: nel caso di specie nessuno può porre in dubbio che non fosse (nemmeno) verosimile che il Muriel sapesse di un particolare impegno dell'arbitro (tanto meno per una cena fissata alle ore 20:00), né il reclamante indica prove in tal senso, sicché questa ipotizzata e palesemente fantasiosa motivazione di cui al 'post' su Instagram, finisce con il dimostrare da sola il suo carattere di battuta scherzosa, pur dettata ed originata dall'intento di muovere una critica.

8.8 Cadono così le argomentazioni di cui al reclamo, che pongono l'accento invece sull'offensività insita nell'attribuzione all'arbitro di un comportamento motivato da privati impegni che lo avrebbero indotto a non rispettare gli effettivi tempi da considerare per lo svolgimento della gara. Non a caso è lo stesso Procuratore federale a considerare, questa, sostanzialmente una 'deduzione', allorché precisa che il Muriel ha indotto nella platea degli utenti del social "il convincimento che l'A.E. Mariani non avesse concesso un prolungamento dei minuti di recupero assegnati al termine del tempo regolamentare della gara suddetta a motivo dell’aver lo stesso evidentemente avuto fretta di porre fine all’incontro e andar via velocemente per poter onorare propri pregressi impegni personali". L'avverbio utilizzato, palesemente disvela una presunzione, a conferma logica che, senza l'idea della verità di un impegno privato dell'arbitro, niente confermerebbe la natura lesiva dell'onore e della reputazione dell'arbitro.

Ma questa 'presunzione', come detto, dimostra proprio, da un lato, l'inesistenza della rilevanza del fatto, per l'assenza di prove concrete dell'impegno post gara del Mariani, e, dall'altro, la vera natura ironica della frase.

8.9 Tutte le suesposte considerazioni, infine, non appaiono peraltro disgiunte da altri rilievi che ridimensionano comunque la vicenda tutta, ove si consideri, ad esempio, che la frase non è stata rivolta all'arbitro in campo (il Muriel del resto non ha partecipato alla partita) bensì dopo la fine della gara. La stessa, dopo essere stata postata sul social network con l'apposizione anche di due emoticon (quasi a sottolinearne il tono scherzoso) fu prontamente rimossa, e con memoria difensiva del 9.12.2022 si è evidenziato (e documentato) che anche la stampa sportiva aveva stigmatizzato la fretta con la quale l'arbitro si era poi allontanato dal campo dopo la fine della partita (rendendo dunque veridica la circostanza riferita dal deferito e relativa alla fretta palesata dal direttore di gara -ma non certo alla cena delle ore 20:00!).

Sono elementi questi che inducono, tra l'altro, a rilevare anche un'assenza di prova sull'effettiva coscienza e volontà del Muriel di voler ledere la reputazione dell'arbitro o, peggio ancora, dell'intera classe arbitrale, non avendo egli posto in discussione nè l'imparzialità del direttore di gara nè la sua professionalità.

Si tratta pertanto di una vicenda del tutto minimale per molteplici aspetti, tanto da renderla quasi un unicum nel panorama dei precedenti per fatti concernenti la violazione dell'art. 23 CGS FIGC.

8.10 Tutte le suesposte considerazioni coinvolgono anche la 'residua' contestazione di cui all'art 4 CGS, poiché le valutazioni operate portano ad escludere in radice la rilevanza disciplinare del fatto stesso, anche sul mero piano dell'osservanza dei principi della lealtà della correttezza e della probità.Appare pertanto conforme a giustizia respingere il reclamo, confermando per l'effetto il proscioglimento del Muriel.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe e, per l'effetto, conferma la decisione di primo grado.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                                IL PRESIDENTE

Massimo Galli                                                                 Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

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