F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0121/CFA pubblicata il 16 Giugno 2023 (motivazioni) – Procura Federale Interregionale/sig. Loris Micoli-A.S.D. Zaule Rabuiese)

Decisione/0121/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0142/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Maria Luisa Garatti – Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

Alfredo Vitale - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul reclamo numero 0142/CFA/2022-2023 proposto dalla Procura Federale Interregionale in data 10.05.2023,

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale Friuli-Venezia Giulia pubblicata con Comunicato n. 111 del 4.05.2023;

Visti il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza del 07.06.2023, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Alfredo Vitale e uditi gli Avv.ti Enrico Liberati per la Procura Federale Interregionale e Paolo Furlan per il sig. Loris Micoli e per la società A.S.D. Zaule Rabuiese; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con atto del 22 marzo 2023, la Procura Federale ha deferito innanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Friuli-Venezia Giulia il Sig. Loris Micoli e la società A.S.D. Zaule Rabuiese contestando a ciascuno le seguenti condotte:

- quanto al sig. Micoli, all’epoca calciatore della A.S.D. Zaule Rabuiese, della violazione degli artt. 4, comma 1, e 28, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva per avere lo stesso, al termine della gara C.S.D. Zarja – A.S.D. Zaule Rabuiese del 16 ottobre 2022 valevole per il girone A del Campionato Provinciale Under 15, pronunciato nei confronti dei calciatori schierati dalla società C.S.D. Zarja A.S.DF. le seguenti espressioni: “Non dovete parlare in Sloveno” e “Sciavi di m…”;

- quanto alla società A.S.D. Zaule Rabuiese a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva per gli atti ed i comportamenti posti in essere dal sig. Micoli, come precedentemente descritti.

Innanzi al Tribunale Federale Territoriale, la Procura Federale concludeva chiedendo l’irrogazione nei confronti del Sig. Micoli della sanzione di 10 giornate di squalifica da scontarsi nel campionato di competenza e di euro 800,00 di ammenda nei confronti della società per la quale questi era all’epoca dei fatti tesserato.

La difesa del Sig. Micoli insisteva, invece, per il proscioglimento.

Il Tribunale Federale Regionale accoglieva la tesi difensiva e si determinava pertanto per il rigetto del deferimento, ritenendo non provati i fatti.

Avverso tale decisione proponeva rituale reclamo la Procura Federale, concludendo per l’accoglimento del deferimento e la conseguente irrogazione delle sanzioni (nei confronti del Sig. Micoli e della A.S.D. Zaule Rabuiese) siccome già formulate nell’ambito del giudizio di primo grado.

All’esito dell’udienza del 7 giugno 2023, la causa veniva assunta in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il reclamo è infondato e va pertanto respinto per le ragioni di seguito indicate.

Come accennato in fatto, la vicenda oggetto del presente giudizio trae origine dalla segnalazione alla Procura Federale (per il tramite del Comitato Regionale Friuli Venezia-Giulia) di quanto riportato nel referto arbitrale relativo all’incontro tra le compagini dello Zarja e dello Zaule Rabuiese del 16 ottobre 2022, valevole per il campionato maschile provinciale under 15. Come emerge dal supplemento di rapporto accluso al referto arbitrale, “Nella partita [di] cui si fa riferimento nel rapporto, si è verificato un caso di discriminazione verbale riguardo i giocatori dello Zarja che a loro detta sono stati chiamati con la terminologia “sciavi” dagli avversari dello Zaule Rabuiese. Tutto ciò è accaduto fuori dal campo di udito del sottoscritto che altrimenti ne avrebbe preso i più ovvi e appropriati provvedimenti”.

In conseguenza di tale accadimento e della sopra menzionata comunicazione alla Procura Federale, quest’ultima compiva attività di indagine, essenzialmente consistente nell’audizione di calciatori di entrambe le compagini, tecnici e dirigenti delle due squadre nonché dell’arbitro.

All’esito di tali attività di indagine, la Procura Federale riteneva di individuare il responsabile della condotta descritta, consistente in insulti verbali con chiara connotazione razzista (“non dovete parlare in sloveno”; “sciavi di m…”) rivolti verso i componenti della squadra dello Zarja, in Loris Micoli, calciatore della Zaule Rabuiese. In particolare, come si evince dall’analisi dell’atto di deferimento, la Procura Federale è pervenuta a tale conclusione essenzialmente sulla scorta degli esiti delle audizioni del Sig. Igor Stopar, dirigente dello Zarja, e di Matjaz Stopar, giocatore della medesima squadra, che identificano l’autore della condotta nel Sig. Micoli in quanto indossava la maglia n. 8 (numero realmente corrispondente, sulla base di quanto emerge dalla distinta di gara, al predetto atleta).

Orbene, ritiene il Collegio che la disamina del materiale probatorio acquisito dalla Procura Federale Interregionale in seguito alla avvenuta segnalazione della presunta condotta discriminatoria e ritualmente versato in atti, permetta di affermare, sulla base del criterio del “più probabile che non”, che effettivamente un accadimento assimilabile nella sua connotazione oggettiva a quello individuato con l’atto di deferimento si sia verificato.

Come è noto tale criterio costituisce il parametro normativo alla cui stregua il Giudice sportivo è tenuto a conformarsi nella valutazione delle condotte sottoposte al suo scrutinio, come da ultimo ribadito da Corte Federale d’Appello, Sez. I, n. 117/CFA/2022-2023/C, secondo cui “Le affinità tra il giudizio disciplinare e quello penale non possono spingersi fino a costruire un meccanismo probatorio così rigoroso, nel primo caso, da dover concludere, nel dubbio, in favore del reo, ovverosia del soggetto nei cui confronti è richiesta l’applicazione di misure di carattere disciplinare. La diversa connotazione dell’ordinamento sportivo consente margini più ampi alla valutazione dei mezzi di prova e al libero convincimento del giudice, nei limiti, per quest’ultimo, della coerenza e ragionevolezza argomentative e dell’adeguata aderenza ai fatti. Se ne desume che possono essere fatti valere, nel processo sportivo, elementi specifici a fini probatori, assimilabili alla logica – fatta propria dal processo civile e da quello amministrativo – del “più probabile che non”, rispetto a cui il giudizio può essere integrato da dati di comune esperienza. Infatti, i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari, presenti in altri processi, non possono essere tout court utilizzati nel processo sportivo, stante l’autonomia degli organi di giustizia sportiva e del relativo strumento processuale rispetto agli organi giurisdizionali civili, penali e amministrativi (cfr. C.F.A., Sez. Un., 105/CFA/2020-2021)”.

Ciò il Collegio ritiene di poter desumere in primis da quanto riferito in sede di audizione dal commissario di gara, che, in risposta alla richiesta di descrivere eventuali episodi degni di essere segnalati e verificatisi durante la gara, ha affermato che “effettivamente durante la gara in una circostanza di interruzione di gioco per aver decretato un fallo in nome della squadra dello Zarja mi veniva riferito da un calciatore di quest’ultima squadra, di cui non ricordo il nome né il numero di maglia che indossava, che un calciatore della squadra avversaria, non identificato, aveva pronunciato il termine “SCIAVI”. Tale episodio è avvenuto nel secondo tempo nella trequarti del terreno di gioco in direzione della porta dello Zaule Rabuiese. Ricordo dopo alcuni minuti, circa 10, sempre a seguito di un’interruzione di gioco, il dirigente accompagnatore dello Zarja, veniva invitato da me ad entrare in campo per soccorrere un loro calciatore. In tale circostanza lo stesso mi riferiva: “Arbitro facciamo attenzione al linguaggio dei ragazzi. Sciavi no”. Immediatamente provvedevo ad informare i due capitani che se avessi udito il termine sopra citato, senza esitare avrei preso i provvedimenti adeguati. Aggiungo inoltre che lo stesso dirigente mi invitava a segnalare quanto accaduto nel referto di gara, cosa che rientrava già nelle mie intenzioni”.

Inoltre, ad ulteriore dimostrazione del più che probabile acclarato accadimento di un episodio avente connotazione discriminatoria, il Collegio ritiene di poter dare opportuna rilevanza a quanto riferito dal Sig. Volpi Alessio, dirigente della Zaule Rabuiese.

Escusso dalla Procura Federale Interregionale, il teste in questione aggiunge ulteriori particolari in merito agli accadimenti occorsi durante la predetta gara riferendo che “[…] nel secondo tempo della gara dopo l’assegnazione di un calcio di rigore a favore della mia squadra (n.d.r. la Zaule Rabuiese), un calciatore della squadra avversaria di cui non so indicare il suo numero di maglia, portandosi verso la propria panchina piangendo riferiva al proprio dirigente di essere stato offeso con la seguente frase: “SCIAVO DI M…”. Immediatamente sia io che il dirigente abbiamo chiesto al calciatore chi fosse l’autore di tale affermazione. In merito non forniva alcuna risposta e di corsa si allontanava riprendendo la sua attività di gioco”. Il medesimo teste aggiunge inoltre, quale ulteriore particolare significativo, che “Al primo allenamento dopo la gara, il nostro allenatore ha chiesto a tutti i componenti della squadra se avessero avuto qualcosa da riferire in ordine al presente episodio di offese razzista nei confronti del calciatore dello Zarja. Tutti hanno negato il presunto episodio e nella circostanza l’allenatore Calligari Lorenzo evidenziava l’importanza che tali situazioni non dovevano assolutamente verificarsi. Al termine dell’allenamento si è presentato anche il presidente Giani Luigi per rimarcare le prerogative imposte dalla società ai propri giovani tesserati in ordine all’educazione ed al rispetto dell’avversario”.

Orbene, proprio la circostanza (peraltro confermata anche da ulteriori testimonianze, quali, ad esempio, quella del Sig. Lorenzo Calligaris, tecnico dello Zaule Rabuiese) che successivamente alla gara in questione l’allenatore della squadra in cui militava il presunto autore della condotta illecita abbia avvertito l’esigenza di chiarire tale aspetto con tutti i giocatori che avevano preso parte al predetto match, costituisce secondo il Collegio circostanza sufficiente a ritenere che, come già evidenziato, una condotta discriminatoria possa essersi ragionevolmente verificata.

Fermo quanto precede, il Collegio non può tuttavia esimersi dal constatare, in adesione alla ricostruzione operata dal Giudice di prime cure, che l’attività d’indagine compiuta non abbia consentito di identificare con ragionevole certezza né i concreti contenuti della predetta condotta discriminatoria (basti al riguardo considerare che i testi escussi non concordano neanche sul contenuto della frase discriminatoria proferita né sul momento temporale di verificazione della stessa, se durante la partita o dopo la conclusione della stessa); né, soprattutto, si ritiene che la Procura Federale Interregionale abbia raccolto materiale probatorio atto a far emergere elementi sufficientemente chiari, precisi e concordanti nel senso di consentire una effettiva riferibilità della predetta condotta discriminatoria al Sig. Lorenzo Micoli, che invece è stato, appunto, individuato dall’organo inquirente quale effettivo ed esclusivo autore delle frasi discriminatorie e pertanto fatto oggetto di deferimento.

Come infatti la decisione impugnata ha avuto cura di evidenziare, con motivazione che il proposto reclamo da parte della Procura non è in grado di scalfire, l’individuazione del Sig. Micoli quale responsabile della predetta condotta è avvenuta solo successivamente alla gara e ad opera del Sig. Igor Stopar, dirigente dello Zarja. Orbene, non può non rilevarsi, al riguardo, che tale teste – che costituisce essenzialmente il principale teste sulle cui dichiarazioni si fonda l’assunto accusatorio -  in un primo momento riferisce (cfr. audizione del 15 dicembre 2022) che “A fine gara mentre tutti i giocatori delle due squadre si apprestavano a lasciare il terreno di gioco con direzione verso gli spogliatoi, l’atleta dello Zaule Rabuiese, che indossava la maglia numero 8, tale Micoli Loris, così come indicato nella distinta di gara, senza alcun motivo, pronunciava a voce alta la seguente frase “SCIAVI DI M…”. Immediatamente chiedevo all’arbitro, che si trovava nei pressi ad una distanza di circa 5 metri dal ragazzo autore di tale frase, e lo stesso mi riferiva di non aver udito nulla. Detta frase di natura razzista è stata pronunciata una sola volta”; al contempo, egli riferisce anche che “[…] nel secondo tempo sempre il giocatore che indossava la maglia nr. 8 della squadra avversaria, rivolgendosi ai giocatori dello Zarja profferiva la seguente frase: “Non dovete parlare in sloveno””.

Quindi, e tale aspetto è sintomatico della non reale attendibilità di tale testimone con riferimento allo specifico profilo della identificazione del soggetto autore della predetta condotta offensiva, il medesimo testimone, escusso nuovamente in data 4 gennaio 2023, a fronte della richiesta rivoltagli dall’organo inquirente sul “Perché nella segnalazione che a fine gara ha fatto all’arbitro non ha indicato il calciatore numero 8 della società A.S.D. Zaule Rabuiese quale autore della frase di discriminazione razziale indirizzata ai suoi giocatori”, ha risposto “Non lo so”. Inoltre, a fronte della domanda “Lei ha dichiarato che la frase razzista “Sciavi di m…” è stata pronunciata ad alta voce dal giocatore che indossava la maglia numero 8 della squadra avversaria, come fa ad esserne certo?”, il Sig. Igor Stopar prima afferma di esserne “[…] certo perché mi trovavo ad una distanza di circa due/tre metri dal calciatore resosi responsabile dell’offesa”, precisando altresì che “Oltre a rilevare il suo numero di maglia ho avuto la possibilità di vedere il suo volto”. Tuttavia, poi, richiesto di “descrivere le caratteristiche fisiche somatiche del calciatore numero 8 tale Micoli Loris”, afferma che “In considerazione del lungo periodo trascorso non sono in grado di fare una descrizione”.

Orbene, come correttamente rilevato dalla difesa dell’incolpato, appare in primis intimamente ed insuperabilmente contraddittorio che, a fronte della certezza dell’identificazione dell’autore della condotta con il calciatore che indossava la maglia n. 8 (che è quella effettivamente indossata in quella gara dal Sig. Micoli) poi il teste non riesca a fornirne una seppur sommaria e generica descrizione somatica; ciò in quanto evidentemente l’accadimento da esso riferito deve aver avuto un impatto (quantomeno) emotivo sullo stesso sufficiente ad imprimere nella memoria dello stesso una qualche forma di ricordo dell’autore di quell’accadimento tale da consentirne una perlomeno generica descrizione somatica. Né a giustificazione di tale incapacità può essere addotta la circostanza, pure evidenziata dal teste Igor Stopar durante la seconda audizione, del lasso temporale tra il momento dell’escussione ed i fatti rilevanti, dal momento che lo iato temporale assomma in tal caso a poco più di un mese.

Sulla scorta di tutto quanto precede, il Collegio, pur deprecando e stigmatizzando massimamente le frasi a sfondo razzista che (come si è detto, del tutto verosimilmente) sono state pronunciate nel contesto agonistico in questione, è tenuto a non pretermettere, stante la valenza di cardine dell’ordinamento sanzionatorio calcistico-sportivo, il principio generale della personalità della responsabilità desumibile dall’art. 5, comma 1, Codice Giustizia Sportiva, secondo cui “1. Le persone fisiche soggette all’ordinamento federale, salvo diversa disposizione, sono responsabili delle violazioni, commesse a titolo di dolo o di colpa, delle norme loro applicabili.”.

Invero, pur a fronte di condotte connotate da un intrinseco, insuperabile disvalore (quali sono per definizione i comportamenti discriminatori tratteggiati dall’art. 28 Codice Giustizia Sportiva, non a caso caratterizzati da un trattamento sanzionatorio peculiarmente rigoroso) che, peraltro, nel caso di specie è vieppiù accentuato dal fatto di tradursi in offese perpetrate a danno di minoranza linguistica espressamente riconosciuta e tutelata dalla Repubblica Italiana (ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, a norma degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante approvazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento ed ai princìpi proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nelle convenzioni internazionali e nei trattati sottoscritti dal Governo italiano), deve in ogni caso ritenersi prevalente l’esigenza di preservare l’obbligo a carico dell’organo inquirente di provare che le condotte astrattamente foriere di generare responsabilità perché violative dei precetti dell’ordinamento sportivo-calcistico siano realmente ascrivibili al suo autore almeno a titolo di colpa, non potendo trascendersi (al netto delle puntuali ipotesi di responsabilità oggettiva specificamente normate nel sistema della giustizia sportiva) verso la configurazione di ipotesi di responsabilità per fatto altrui perché appunto contrarie ai precetti che informano (anche) l’ordinamento giuridico-sportivo.

Onere probatorio che nel caso di specie non può ritenersi essere stato assolto per effetto della mera individuazione postuma (da parte del Sig. Igor Stopar) del Sig. Micoli come autore della condotta discriminatoria, come detto non accompagnata da alcun ulteriore benché minimo barlume di prova a sostegno di quanto da questi soltanto asseritamente percepito e riferito.

In questa prospettiva, il Collegio ritiene che l’apparato probatorio raccolto dalla Procura Federale Interregionale non consenta di identificare il Sig. Micoli (e di riflesso la società calcistica di appartenenza dello stesso) quale responsabile delle condotte ad esso ascritte, poiché esprimente intrinsechi profili di contraddittorietà e genericità inidonei a raggiungere quel grado di sufficiente certezza che si rende necessario applicare nel caso di specie.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alla parte con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Alfredo Vitale                                                        Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

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