T.A.R. LAZIO SEDE DI ROMA – SEZIONE PRIMA – SENTENZA DEL 27/03/2023 N. 5270

Pubblicato il 27/03/2023

N. 05270/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01255/2019 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1255 del 2019, proposto da U.S. Vibonese Calcio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cesare Di Cintio, Federica Ferrari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Cacciotti in Roma, via del Mascherino 72;

contro

- Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pierluigi Matera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; - F.I.G.C.-Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli, Luigi Medugno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Po n. 9; - Lega Italiana Calcio Professionistico - Lega Pro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini 17; - Fallimento Associazioni Calcio Riunite Messina S.r.l. in Liquidazione, Procura Generale dello Sport, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del dispositivo prot. 00881 del 19 novembre 2018 comunicato in data 20 novembre 2018 e della decisione n. 76, prot. n. 00898/18 del 28 novembre 2018 emessa dalla Prima Sezione del Collegio di Garanzia per lo Sport del C.O.N.I.;

- nonché di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per la società ricorrente, ancorché dalla medesima non conosciuto,

e per la condanna al risarcimento del danno subito in conseguenza dei provvedimenti impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, della F.I.G.C.-Federazione Italiana Giuoco Calcio e della Lega Italiana Calcio Professionistico - Lega Pro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2023 il Cons. Daniele Dongiovanni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in esame, l’istante ha impugnato, per l’annullamento, con conseguente richiesta di risarcimento del danno, la decisione del 19/28 novembre 2018 con cui il Collegio di Garanzia del CONI ha annullato la pronuncia del 20 agosto 2018 della Corte Federale di Appello della FIGC che ricollocava l’ACR Messina all’ultimo posto della classifica del campionato di Lega Pro, girone C, nella stagione sportiva 2016/2017 (con ciò determinando il ripescaggio e la conseguente ammissione della società ricorrente al campionato di Lega Pro per la stagione 2017/2018).

Si riportano, di seguito ed in estrema sintesi, le tappe della vicenda di che trattasi:

- la società ricorrente (retrocessa nel campionato di serie D all’esito dei play out disputati al termine della stagione sportiva 2016/2017), avendo interesse ad essere reintegrata in serie C (Lega Pro) per effetto dell’estromissione della società ACR Messina, la quale era stata sanzionata dalla Corte Federale d’Appello (C.U. n. 138 del 17 giugno 2017) con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017 per non avere regolarizzato le garanzie obbligatorie nel termine assegnato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito anche “FIGC”), adiva, con ricorso ex art. 30 del codice di giustizia sportiva del CONI in data 18 luglio 2017, il Tribunale Federale Nazionale, chiedendo di essere ammessa in serie C per la stagione 2017/2018, con assegnazione di un termine per gli incombenti relativi all’iscrizione, previa esclusione, in via disciplinare, dell’ACR Messina dal campionato già concluso;

- con comunicato ufficiale n. 7 del 28.7.2017, il Tribunale Federale nazionale dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di contraddittorio, non avendo la ricorrente evocato in giudizio le parti resistenti necessarie ovvero la Lega Italiana Calcio Professionistico e la F.I.G.C., nonché per violazione del principio del ne bis in idem in quanto, per i medesimi fatti, era stata già proposta dal Procuratore federale l’azione disciplinare conclusasi con l’irrogazione all’ACR Messina di due punti di penalizzazione in classifica;

- avverso la decisione del Tribunale Federale nazionale che dichiarava inammissibile il ricorso, la società Vibonese, in data 8 agosto 2017, presentava reclamo alla Corte Federale d’Appello la quale, con decisione comunicata il 30 agosto 2017, accoglieva il ricorso e, essendo stato ormai interamente disputato il campionato in questione (con conseguente impossibilità di escludere la società che vi aveva partecipato), disponeva il posizionamento della ACR Messina all’ultimo posto in classifica del campionato di Lega Pro, Girone C, nella stagione sportiva 2016/2017; nel contempo, la CFA riteneva però di non potersi pronunciare sulla richiesta della Vibonese di essere reintegrata nell’organico di serie C per il campionato 2017/2018, in quanto a ciò avrebbe dovuto provvedere la Lega Pro, quale conseguenza automatica della retrocessione della ACR Messina e dell’avvenuta modifica della graduatoria del precedente campionato 2016/2017;

- in data 4 settembre 2017, la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Lega Italiana Calcio Professionistico impugnavano la decisione della Corte Federale d’Appello del 30 agosto 2017, chiedendone l’annullamento, innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI che, con decisione n. 78 del settembre 2017 (le cui motivazioni sono state pubblicate in data 19 ottobre 2017), in accoglimento del ricorso congiuntamente presentato, annullava la decisione della CFA, con rinvio al Tribunale Federale Nazionale di primo grado (TFN) della FIGC; avverso tale decisione, la società ricorrente presentava ricorso al TAR Lazio il quale, con sentenza n. 7937/2021, confermata poi dal Consiglio di Stato con decisione n. 10606/2022, lo dichiarava inammissibile per la sussistenza della c.d. “pregiudiziale sportiva”, non essendo ancora esauriti i gradi della giustizia sportiva;

- in sede di rinvio, il TFN, in ragione della originaria mancata notifica alla FIGC ed alla Lega Pro, con decisione n. 29 del 27 novembre 2017, dichiarava nuovamente inammissibile l’originario ricorso della U.S. Vibonese;

- in ragione di ciò, la società ricorrente impugnava nuovamente detta decisione avanti alla CFA presso la FIGC, sostenendo che sarebbe stato onere del TFN comunicare la fissazione dell’udienza di discussione alla FIGC ed alla Lega Pro, pur in assenza delle notifiche del ricorso originario da parte della Vibonese;

- la CFA rimetteva, nuovamente, gli atti al TFN affinché provvedesse all’integrazione del contraddittorio in luogo della ricorrente (decisione n. 79 del 22 gennaio 2018);

- a sua volta, il TFN, con decisione n. 51 del 22 marzo 2018, ritenendo di conformarsi ai principi di diritto sanciti dal Collegio di Garanzia (con decisione n. 78/2017), dichiarava il ricorso infondato ed inammissibile, sostenendo che “l’avvenuto intervento in udienza della Lega Pro e della FIGC non appare idoneo a sanare il vizio originario del ricorso formulato dall’U.S. Vibonese che avrebbe dovuto essere proposto non già nei confronti del solo Messina bensì, nei confronti dei resistenti naturali, vale a dire FIGC e Lega Pro”;

- la Vibonese, quindi, impugnava la suddetta decisione avanti alla CFA che, con decisione n. 20 del 20 agosto 2018, ricollocava ancora una volta l’ACR Messina “all’ultimo posto in classifica del Campionato di Lega Pro, Girone C, nella stagione sportiva 2016/2017”;

- la Lega Italiana Calcio Professionistico e la Federazione Italiana Giuoco Calcio impugnavano quindi la suddetta decisione della CFA dinanzi al Collegio di Garanzia del CONI il quale, con decisione n. 76 del 19 novembre 2018 (con motivazioni pubblicate il 28 novembre 2018), ha accolto i ricorsi con conseguente annullamento della predetta pronuncia della Corte federale di appello.

Avverso tale decisione del Collegio di Garanzia del CONI del novembre 2018, la società ricorrente ha proposto i seguenti motivi:

1) inammissibilità dei ricorsi promossi da FIGC e Lega Pro avanti il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI.

I ricorsi promossi dalla FIGC e dalla Lega Pro dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI avrebbero dovuto essere dichiarati inammissibili in quanto non sono stati notificati all’indirizzo PEC del Fallimento della società Messina - ovvero al suo curatore - ma a quello ordinario della società stessa;

2) nullità/annullamento del provvedimento per violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.

La decisione del Collegio di Garanzia è stata assunta senza che il difensore della Vibonese fosse sentito in udienza, sebbene lo stesso avesse avvertito anche a mezzo PEC di un contrattempo che non gli consentiva di arrivare in tempo alla seduta.

Ciò nonostante, il predetto Collegio non ha ritenuto di concedere un breve rinvio temporale (di pochi minuti) per consentire al difensore di intervenire all’udienza.

Ciò determina una violazione del diritto di difesa che non può non determinare l’invalidità della deliberazione assunta dal Collegio di Garanzia;

3) eccesso di potere per omessa pronuncia, carente motivazione, erronea prospettazione e contraddittorietà.

La decisione del Collegio di Garanzia impugnata (n. 76/2018) è stata adottata sul presupposto che la Corte Federale di appello non si sarebbe adeguata ai principi di diritto sanciti dalla precedente decisione dello stesso Collegio n. 78/2017; ed invero, quella decisione si limitava a rimettere l’affare al TFN perché non erano stati evocati in giudizio la FIGC e la Lega Pro.

Pertanto, tutte le valutazioni espresse nella decisione n. 78/2017 erano obiter dicta, senza alcun valore di giudicato e, pertanto, la nuova decisione non poteva limitarsi a richiamare la precedente deliberazione del Collegio di garanzia ma avrebbe dovuto esprimersi nel merito dell’intera vicenda.

In ogni caso, anche a voler ritenere valide le statuizioni del Collegio di Garanzia n. 78/2017, non può ritenersi incompetente il TFN in quanto la ricorrente non ha chiesto di essere ammessa al campionato di Lega pro per l’anno 2017/2018 bensì di sanzionare l’ACR Messina con l’esclusione dal predetto campionato per l’anno 2016/2017, il che avrebbe determinato automaticamente l’integrazione del campionato stesso con la società Vibonese.

Da ciò deriva, quindi, la competenza del TFN e della CFA, ai sensi dell’art. 30 del CGS della FIGC, a trattare tale tipo di controversia.

Allo stesso modo inconferente è quella parte di decisione che ha ritenuto inammissibile il ricorso della ricorrente dinanzi agli organi di giustizia endofederali, riprendendo la decisione n. 78/2017 del Collegio di Garanzia nella parte in cui ha ritenuto che la società ricorrente avrebbe omesso la notifica del ricorso stesso alla FIGC e alla Lega Pro; ed invero, una volta rinviato il giudizio al TFN, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di integrare il contraddittorio con la FIGC e la Lega Pro ma, ciò nonostante, si è determinato per l’inammissibilità, nonostante la stessa CFA avesse rinviato l’affare nuovamente all’organismo di primo grado, ordinando di procedere all’integrazione del contraddittorio.

In ogni caso, la ricorrente insiste sul fatto che la FIGC e la Lega Pro non erano parti necessarie del procedimento in quanto la richiesta della Vibonese non aveva ad oggetto questioni organizzative riguardanti l’ammissione al campionato di Lega Pro per l’anno 2017/2018 bensì l’esclusione, in via sanzionatoria, dell’ACR Messina dal campionato 2016/2017.

Sul punto, il Collegio di garanzia ha ritenuto che non vi fossero norme specifiche per sanzionare l’ACR Messina per la condotta a questa ascritta (ovvero per non aver presentato una fideiussione valida, neanche dopo il termine concesso dalla FIGC per la sua integrazione); nei casi della specie, la FIGC avrebbe dovuto fare applicazione dell’istituto dell’applicazione analogica di norme ed, in particolare, dell’art. 8 del CGS della FIGC che non consente l’iscrizione al campionato delle società che commettono attività illecite o elusive.

La società ricorrente, con il ricorso introduttivo, ha chiesto anche la sospensione del giudizio in attesa della definizione del ricorso proposto al TAR Lazio (RG n. 8704/2017) avverso la prima decisione del Collegio di garanzia n. 78/2017; tuttavia, si segnala sin d’ora che il predetto giudizio si è definito – come detto - con la sentenza del TAR Lazio di inammissibilità per pregiudizialità sportiva n. 7937/2021, confermata dal Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 10606/2022.

Si sono costituiti in giudizio la FIGC, il CONI e la Lega Pro per resistere al ricorso; in particolare, il CONI ha dapprima eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto si tratterebbe di materia riservata alla giustizia sportiva, riguardando la violazione di norme regolamentari e organizzative dei campionati; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità della domanda risarcitoria in quanto l’allegazione delle voci di danno e la loro effettiva quantificazione sarebbero state svolte dalla ricorrente attraverso una memoria non notificata alle altre parti del processo.

Nel merito, tutte le controparti hanno chiesto il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.

Con ordinanza n. 289/2022, è stata chiesta l’acquisizione delle decisioni del Tribunale Federale nazionale n. 86/TFN del 15 maggio 2017 e della Corte Federale di Appello (CU 138/CFA) del 7 giugno 2017 con cui la società Messina Calcio è stata sanzionata con due punti di penalizzazione nella classifica di riferimento (in ragione della vicenda relativa alla perdita di validità della garanzia fideiussoria dalla stessa presentata, a suo tempo, per partecipare al campionato) nonché di copia dell’atto di deferimento della Procura Federale con cui era stata avviata la procedura sanzionatoria che ha portato all’adozione, nei confronti del Messina calcio, della penalizzazione di due punti nella classifica del campionato 2016/2017 di Lega Pro.

La FIGC ha adempiuto al predetto incombente istruttorio.

In prossimità della trattazione del merito, le parti (tranne la Lega Pro) hanno depositato memoria, anche di replica, insistendo nelle loro rispettive posizioni.

Alla pubblica udienza del 14 marzo 2023, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Va, anzitutto, esaminata l’eccezione con cui il CONI ha ritenuto sussistente il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto si tratterebbe di vicenda avente ad oggetto una materia riservata alla giustizia sportiva, ovvero la violazione di norme regolamentari e organizzative dei campionati.

L’eccezione, per come formulata, non risulta condivisibile.

Come, invero, ribadito dalla società ricorrente in questa sede e come si ricava dalle iniziative dalla stessa assunte dinanzi agli organi della giustizia federale, la US Vibonese ha inteso attivare un’azione di natura disciplinare/sanzionatoria nei confronti dell’ACR Messina per non aver presentato una fideiussione valida, neanche dopo il termine concesso dalla FIGC per la sua integrazione.

Ed invero, come ricostruito nella parte in fatto, la società ACR Messina era stata sanzionata dalla Corte Federale d’Appello (C.U. n. 138 del 17 giugno 2017), su deferimento della Procura Federale della FIGC del 28 aprile 2017, con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017, ciò per non avere regolarizzato le garanzie obbligatorie nel termine assegnato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio con C.U. del 13 dicembre 2016 (ovvero entro il 31 gennaio 2017), dopo cioè che la polizza fideiussoria presentata per l’iscrizione a quel campionato era risultata, come per altre società partecipanti, inefficace e priva di copertura per il fallimento della compagnia assicurativa stipulante Gable Insurance.

Una ricostruzione più analitica dei fatti relativi alla penalizzazione subita dall’ACR Messina si reputa necessaria, ai fini non solo della decisione sull’eccezione di difetto di giurisdizione ma anche sul merito stesso della controversia in esame:

- la vicenda trae origine dall’avvenuta liquidazione coatta della società Gable Insurance

AG che ha determinato la cessazione di efficacia delle fideiussioni depositate da diverse società

professionistiche al fine dell'ammissione ai campionati professionistici di Serie B e Lega Pro, tra cui l’ACR Messina per il campionato di Lega Pro 2016/2017;

- conseguentemente, con comunicato ufficiale n.27/A del 13 dicembre 2016, la FIGC dettava disposizioni alle medesime società di versare entro il termine del 31.1.2017 una nuova garanzia fideiussoria e sanzionava l’inosservanza di tale disposizione, qualificandola illecito disciplinare, con la penalizzazione di due punti da scontarsi nello stesso campionato 2016/2017;

- la Procura Federale della FIGC, pur riconoscendo l’avvenuto tempestivo deposito da parte dell’ACR Messina della nuova fideiussione rilasciata dalla Argo Group SE (dalla medesima confermata in data 1 febbraio 2017), ne evidenziava tuttavia la sopravvenuta inefficacia per mancato pagamento del premio (come espressamente previsto dal par. 3 della polizza fideiussoria), circostanza dedotta dalla segnalazione fatta in tal senso in data 21.2.2017 da European Brokers S.r.l, alla Lega Pro e da questa trasmessa alla CO.VISO.C.;

- in ragione di ciò, la Procura Federale, in data 28 aprile 2017, deferiva l’ACR Messina agli organismi federali della FIGC;

- la Corte Federale d’Appello, con C.U. n. 138 del 17 giugno 2017, sanzionava quindi l’ACR Messina con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017, ciò per non avere regolarizzato le garanzie obbligatorie nel termine assegnato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio con C.U. del 13 dicembre 2016; in particolare, con la predetta decisione, la CFA ha altresì avuto modo di evidenziare come “l’illecito de quo ha carattere speciale, in quanto conseguente alla violazione non già di una norma generale contenuta nelle disposizioni emanate dalla FIGC (Statuto, NOIF e CGS) bensì delle disposizioni introdotte, con norma costituente lex specialis, dal Comunicato ufficiale n.27/A, atto originato dalla necessita di porre rimedio ad una situazione di difficolta specifica e contingente conseguente all’avvenuta liquidazione amministrativa della società assicurativa con la quale diverse società calcistiche avevano stipulato le proprie polizze fideiussorie”.

Ciò nonostante, la società Vibonese sostiene che la CFA ha sanzionato l’ACR Messina solo per la violazione del termine indicato dalla FIGC per procedere alla regolarizzazione della garanzia fideiussoria e non per l’assenza, anche dopo il termine di regolarizzazione, di una polizza comunque valida; in altre parole, la ricorrente sostiene che l’ACR Messina non abbia subito alcuna sanzione per aver disputato il campionato di Lega Pro in carenza di una polizza fideiussoria valida, necessaria per partecipare alla competizione.

Tale convinzione ha portato la società Vibonese a proporre reclamo direttamente al Tribunale Federale nazionale per chiedere l’applicazione della sanzione dell’esclusione dell’ACR Messina dal campionato di Lega pro 2016/2017, a ciò invocando l’applicazione analogica dell’art. 8, comma 4, del CGS della FIGC che non consentirebbe l’iscrizione al campionato delle società sportive che commettono attività illecite o elusive.

Rimane chiaro che la conseguenza automatica di tale iniziativa, se fosse stata accolta, sarebbe stata il “ripescaggio” della ricorrente nel campionato di Lega Pro dell’anno 2017/2018, ciò per effetto dello scorrimento derivante dalla retrocessione dell’ACR Messina dal campionato precedente.

Risulta, quindi, indubbio che la società ricorrente abbia sollecitato gli organi di giustizia sportiva ad esercitare un potere di natura disciplinare in relazione al quale, come sancito da due sentenze della Corte Costituzionale (n. 49/2011 e n. 160/2019), è inibita da parte del giudice statale, per esigenze di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, la tutela caducatoria, essendo invece ammessa, per ossequio al principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, quella meramente risarcitoria laddove siano lese situazioni giuridiche soggettive aventi consistenza di interesse legittimo.

Come noto, la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del citato art. 2, comma 1, lett. b), del decreto legge n. 220 del 2003 (che, come detto, riserva all’ordinamento sportivo le questioni aventi ad oggetto, tra l’altro, “...i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”), ha ritenuto compatibile con la Carta fondamentale quell’assetto di tutele, conformato dal diritto vivente, secondo cui, nelle controversie aventi per oggetto sanzioni disciplinari sportive non tecniche incidenti su situazioni soggettive rilevanti per l’ordinamento statale, è possibile proporre la sola domanda di risarcimento del danno dinanzi al giudice amministrativo in regime di giurisdizione esclusiva, mentre resta sottratta alla sua giurisdizione la tutela di annullamento (così Corte Costituzionale nn. 49/2011, poi confermata con la sentenza n. 160/2019).

Ed invero, con la sentenza da ultimo citata (n. 160/2019), il giudice delle leggi ha richiamato quanto già precisato con la precedente pronuncia n. 49/2011 che ha escluso “che delle menzionate disposizioni costituzionali vi sia stata lesione, dal momento che la normativa contestata, nell’interpretazione offerta dal diritto vivente e fatta propria da questa Corte, tiene ferma la possibilità, per chi ritenga di essere stato leso nei suoi diritti o interessi legittimi da atti di irrogazione di sanzioni disciplinari, di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno e che questa forma di tutela per equivalente, per quanto diversa rispetto a quella di annullamento in via generale assegnata al giudice amministrativo, risulta in ogni caso idonea, nella fattispecie, a corrispondere al vincolo costituzionale di necessaria protezione giurisdizionale dell’interesse legittimo. La scelta legislativa che la esprime è frutto infatti del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il menzionato principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – che trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost. – «bilanciamento che lo ha indotto [...] ad escludere la possibilità dell’intervento giurisdizionale maggiormente incidente» su tale autonomia, mantenendo invece ferma la tutela per equivalente”.

Ora, non è revocabile in dubbio che la fattispecie in esame abbia ad oggetto la (mancata) irrogazione di sanzioni disciplinari sportive in quanto, come precisato nella parte in fatto, non è stata accolta la richiesta (irrituale) della società ricorrente di sanzione l’ACR Messina con l’esclusione dal campionato di Lega Pro 2016/2017, con conseguente automatico “ripescaggio” della ricorrente.

Da ciò si ricava che gli organi di giustizia sportiva aditi dalla Vibonese si sono “mossi” nell’ambito delle prerogative previste dal citato art. 2, comma 1, lett. b), del decreto legge n. 220 del 2003 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 280 del 2003) che, tuttavia, come detto, ammettono la sola tutela risarcitoria, seguendo quanto sancito dalla Corte Costituzionale.

Ciò posto, non può, quindi, ritenersi, come eccepito dal CONI, che il caso sottoposto all’esame del Collegio costituisca un’ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per il fatto che la vicenda rientrerebbe nell’ambito dell’organizzazione dei campionati di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), del citato decreto legge n. 220 del 2003 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 280 del 2003).

Sul punto, ritiene il Collegio che la circostanza per cui la vicenda in esame avrebbe potuto avere effetti sull’organizzazione dei campionati costituisce la mera conseguenza di un procedimento comunque “nato” nell’ambito dell’esercizio dei poteri disciplinari riconosciuti in capo agli organi di giustizia sportiva.

Ora, che l’eventuale applicazione della sanzione richiesta dalla Vibonese nei confronti dell’ACR Messina avrebbe potuto avere effetti sull’organizzazione del campionato costituisce, invero, un effetto indiretto della auspicata decisione di natura disciplinare degli organi di giustizia sportiva ma ciò non comporta una “conversione” dei poteri da questi esercitati, mutandone la natura da disciplinare a organizzativa.

Né può ritenersi che la vicenda rientri nelle controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società sportive (rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prima dal decreto legge n. 115 del 2018, non convertito, e poi dall'art. 1, comma 649, lett. b), della legge 30 dicembre 2018, n. 145), per le quali è ammessa anche la tutela costitutiva tipica di tipo caducatorio.

Al riguardo, vale quanto esposto al punto precedente, precisando che l’eventuale “ripescaggio” della Vibonese nel campionato di Lega Pro 2017/2018 sarebbe stato un effetto automatico ma indiretto della eventuale sanzione disciplinare irrogata all’ACR Messina su richiesta della società ricorrente, il che - come detto - non comporta una “conversione” dei poteri esercitati dagli organi di giustizia sportiva.

Pertanto, concludendo sul punto, sebbene non risulti fondata l’eccezione di difetto assoluto di giurisdizione sollevata dal CONI (non costituendo l’oggetto della controversia la violazione di norme regolamentari e organizzative dei campionati), va comunque ribadito che, alla luce della ricostruzione operata nei punti precedenti, non potrebbe comunque essere concessa la tutela caducatoria con riferimento alla decisione impugnata, trattandosi come detto di questione avente natura disciplinare, residuando alla parte ricorrente la tutela risarcitoria, pure richiesta con il ricorso in esame, per la mancata partecipazione al campionato di Lega Pro 2017/2018 in ragione della mancata irrogazione all’ACR Messina da parte degli organi di giustizia sportiva della sanzione dell’esclusione dallo stesso campionato, anche se dell’anno precedente (2016/2017).

2. Ciò posto, si tratta, quindi, di verificare la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 2043 c.c. in tema di responsabilità extracontrattuale (ovvero ingiustizia del danno, nesso di causalità ed elemento soggettivo; cfr, anche di recente, Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 7/2021), indagando quindi sul c.d. “rapporto sottostante”; occorre cioè verificare, sulla base delle censure dedotte con il ricorso in esame, la legittimità della decisione assunta dal Collegio di Garanzia del CONI (n. 76/2018), ciò al fine di accertare la presenza di un comportamento contra ius (ingiusto) fonte di danno.

2.1 Preliminarmente, tuttavia, ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità della domanda risarcitoria sollevata dal CONI in quanto, come si avrà di dire nel prosieguo, tale richiesta risulta comunque infondata nel merito.

2.2 Con il primo motivo, la società ricorrente sostiene che i ricorsi promossi dalla FIGC e dalla Lega Pro dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI avrebbero dovuto essere dichiarati inammissibili in quanto non sono stati notificati all’indirizzo PEC del Fallimento della società Messina ovvero al suo curatore ma a quello “ordinario” della società stessa.

La censura è infondata.

Al riguardo, va anzitutto evidenziato che non risulta smentito che i predetti ricorsi siano stati inviati all’indirizzo “acrmessina@pec.it” risultante dai pubblici registri INIPEC ovvero alla PEC dell’ACR Messina srl in liquidazione che è subentrata alla società Messina in seguito alla dichiarazione di fallimento disposta con sentenza del Tribunale di Messina n. 27 del 30 maggio 2018.

Tuttavia, il Collegio non ignora che, sul punto, si contendono il campo due orientamenti giurisprudenziali in cui il primo ritiene che sia sufficiente la notifica all’indirizzo della società fallita mentre il secondo è dell’avviso che la notifica debba essere necessariamente indirizzata al curatore del fallimento.

Pur tuttavia, nel caso di specie, ciò non si rivela dirimente per la soluzione della questione in quanto l’art. 59 del codice di giustizia sportiva del CONI prevede che “Il ricorso è proposto mediante deposito al Collegio di Garanzia dello Sport entro trenta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata. Copia del ricorso è trasmessa alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio ovvero alle stesse parti personalmente”.

Ora, risulta dalla decisione della Corte federale di appello del 20 agosto 2018 (che aveva accolto il ricorso proposto dalla Vibonese, posizionando l’ACR Messina all’ultimo posto della classifica del campionato di Lega Pro 2016/2017) che l’ACR Messina, sebbene evocata in giudizio, non risulta costituita in quel giudizio e, pertanto, non può considerarsi “presente” ai sensi del citato art. 59, tanto da imporre la trasmissione di copia del ricorso proposto dalla FIGC e dalla Lega Pro.

A ciò si aggiunga che, in effetti, il Fallimento Messina ricopriva una posizione omogenea a quella della FIGC e della Lega Pro, dal che deriva che non sussiste un obbligo di notifica delle parti soccombenti nei confronti di coloro che rivestono una analoga posizione processuale.

La doglianza va, quindi, respinta.

2.3 Con il secondo motivo, la società ricorrente sostiene che sia stato violato il diritto di difesa da parte del Collegio di Garanzia in quanto la decisione impugnata è stata assunta senza che il difensore della Vibonese fosse sentito in udienza, sebbene avesse avvertito anche a mezzo PEC di un contrattempo che non gli consentiva di arrivare in tempo alla seduta.

Al riguardo, non può non osservarsi, in prima battuta, che il difensore della parte è investito dell’onere di presenziare all’udienza all’orario prefissato e il rispetto del tempo di convocazione costituisce il corollario del principio di autoresponsabilità che deve caratterizzare l’attività di patrocinio difensivo.

Nel caso di specie, non può, invero, ritenersi un fatto eccezionale e non prevedibile il ritardo del mezzo di trasporto scelto dal difensore della società Vibonese, il che avrebbe dovuto suggerire la scelta di una soluzione che neutralizzasse quel rischio.

Pertanto, il fatto che il Collegio di garanzia non abbia concesso un rinvio, anche breve, della trattazione della controversia non può assurgere ad una violazione del diritto di difesa in quanto il motivo del ritardo non può essere paragonata ad una causa di legittimo impedimento.

Ciò posto, la ricorrente sostiene poi che la mancata partecipazione alla seduta del Collegio di Garanzia in cui è stata poi adottata la decisione (19 novembre 2018) non gli avrebbe consentito di sollevare l’eccezione di cui al primo motivo del ricorso in esame (ovvero l’errata notifica del ricorso da parte della FIGC e della Lega Pro all’indirizzo “ordinario” dell’ACR Messina e non a quello – corretto - del curatore del Fallimento della società Messina).

Sul punto, in disparte il fatto che una tale eccezione è stata ritenuta non fondata sulla base delle argomentazioni svolte nel punto precedente, non può non rilevarsi anche la condotta della società ricorrente che, nei termini di cui all’art. 60 del codice di giustizia sportiva del CONI, non risulta che abbia mai sollevato una tale obiezione, omissione che quindi, unita al ritardo non giustificato alla seduta del Collegio di garanzia, non può essere addossata al predetto organo collegiale, “etichettandola” come violazione del diritto di difesa.

La censura va, quindi, dichiarata infondata.

2.4 Con il terzo motivo, la società Vibonese deduce l’erroneità della decisione impugnata (n. 76/2018) nella parte in cui ha ritenuto che la CFA, con la decisione del 20 agosto 2018, non si sarebbe attenuta ai principi di diritto enunciati nella prima decisione del Collegio di garanzia n. 78/2017 che, secondo la ricorrente, si sarebbe limitata a rimettere l’affare al TFN perché non erano stati evocati in giudizio la FIGC e la Lega Pro.

Il motivo è infondato in quanto, ad una piana lettura della prima decisione n. 78/2017, il Collegio di garanzia ha espresso una serie di considerazioni che hanno costituito il thema decidendum della pronuncia che ha portato a rimettere l’affare al TFN per la mancata evocazione in giudizio della FIGC e della Lega Pro.

Ora, prescindendo dai numerosi profili indicati nella predetta decisione n. 78/2017 del Collegio di garanzia del CONI, due sono gli elementi che, ad avviso della Sezione, risultano dirimenti nel caso in esame e, in particolare:

- il profilo relativo all’irritualità della iniziativa adottata dalla società ricorrente di adire, ai sensi dell’art. 30 del codice di giustizia sportiva del CONI, il Tribunale federale nazionale della FIGC per sanzionare l’ACR Messina con l’esclusione dal campionato di Lega Pro 2016/2017 e, di conseguenza, “ripescare” la ricorrente per poter partecipare a quella competizione nell’anno successivo;

- l’erroneità della pronuncia della CFA del 20 agosto 2018 che ha comminato la sanzione dell’esclusione dell’ACR Messina dal campionato di Lega Pro 2016/2017, senza che una tale fattispecie fosse prevista e disciplinata da una previsione specifica nell’ambito dell’ordinamento della FIGC.

Ed invero, come si è avuto modo di precisare al precedente punto 1., la società Vibonese, con l’originario reclamo proposto ai sensi dell’art. 30 del codice di giustizia sportiva del CONI, ha inteso attivare un’azione di natura disciplinare/sanzionatoria nei confronti dell’ACR Messina per non aver presentato una fideiussione valida, neanche dopo il termine concesso dalla FIGC per la sua integrazione.

Ora, trattandosi dell’avvio di un’azione disciplinare, deve trovare applicazione la disciplina dettata dal codice di giustizia sportiva della FIGC laddove prevede (art. 118) che è il Procuratore federale che esercita, in via esclusiva, l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione.

Pertanto, la società Vibonese avrebbe dovuto investire della questione la Procura Federale della FIGC e interloquire con questa e, solo all’esito delle valutazioni svolte da quell’organismo, assumere le iniziative del caso consentite dall’ordinamento settoriale.

Al contrario, la società ricorrente ha adito direttamente gli organi di giustizia sportiva, assumendo un’iniziativa in contrasto con la richiamata disciplina federale che rimette al Procuratore federale, in via esclusiva, l’esercizio dell’azione disciplinare.

Altrettanto dirimente è l’altro profilo riguardante l’assenza di una previsione specifica nell’ambito dell’ordinamento della FIGC che sanzionasse con l’esclusione il mancato possesso, nel corso della stagione sportiva, delle garanzie necessarie per poter partecipare al campionato.

Come esposto nella parte in fatto, la vicenda trae origine dall’avvenuta liquidazione coatta della società Gable Insurance AG che ha determinato l’inefficacia delle fideiussioni depositate da diverse società professionistiche al fine dell'ammissione ai campionati professionistici di Serie B e Lega Pro, tra cui l’ACR Messina per il campionato di Lega Pro 2016/2017.

In ragione di ciò, non sussistendo una fattispecie sanzionatoria specifica idonea a regolare il caso di specie, con comunicato ufficiale n.27/A del 13 dicembre 2016, la FIGC dettava disposizioni alle medesime società di versare entro il termine del 31.1.2017 una nuova garanzia fideiussoria e sanzionava l’inosservanza di tale disposizione, qualificandola illecito disciplinare, con la penalizzazione di due punti da scontarsi nello stesso campionato 2016/2017.

Nel caso di specie, la FIGC ha quindi fatto corretta applicazione del noto principio di tassatività degli illeciti disciplinari e delle relative sanzioni nel senso che, per essere sottoposto ad una sanzione afflittiva, la condotta illecita – siccome la sanzione - deve essere previamente e chiaramente individuata dall’ordinamento, nel caso di specie settoriale come quello sportivo.

Al riguardo, il ricorrente invoca l’applicazione analogica dell’art. 8, comma 4, del CGS FIGC che, in disparte la genericità della previsione, non è tuttavia consentita trattandosi di materia sanzionatoria per la quale vige apposito divieto, come ritenuto univocamente dalla giurisprudenza (cfr Cons. Stato, sez. V, n. 5883/2018, seppure in tema di sanzioni amministrative ex legge n. 689 del 1981, ma espressivo di un principio basilare dell’ordinamento imposto dal principio di legalità).

Peraltro, da una attenta lettura dell’atto di deferimento del 28 aprile 2017 nei confronti dell’ACR Messina, risulta che la Procura Federale della FIGC, pur riconoscendo l’avvenuto tempestivo deposito da parte dell’ACR Messina della nuova fideiussione rilasciata dalla Argo Group SE (dalla medesima confermata in data 1 febbraio 2017), ne evidenziava altresì la sopravvenuta inefficacia per mancato pagamento del premio (circostanza dedotta dalla segnalazione fatta in tal senso in data 21.2.2017 da European Brokers S.r.l, alla Lega Pro e da questa trasmessa alla CO.VISO.C.).

A sua volta, la Corte Federale d’Appello, con C.U. n. 138 del 17 giugno 2017, pur sanzionando l’ACR Messina con la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione 2016/2017, ciò per non avere regolarizzato le garanzie obbligatorie nel termine assegnato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio con C.U. del 13 dicembre 2016, ha invero avuto modo di evidenziare come “l’illecito de quo ha carattere speciale, in quanto conseguente alla violazione non già di una norma generale contenuta nelle disposizioni emanate dalla FIGC (Statuto, NOIF e CGS) bensì delle disposizioni introdotte, con norma costituente lex specialis, dal Comunicato ufficiale n.27/A, atto originato dalla necessita di porre rimedio ad una situazione di difficolta specifica e contingente conseguente all’avvenuta liquidazione amministrativa della società assicurativa con la quale diverse società calcistiche avevano stipulato le proprie polizze fideiussorie”.

Ora, sebbene la società Vibonese sostenga che la CFA ha sanzionato l’ACR Messina solo per la violazione del termine indicato dalla FIGC per procedere alla regolarizzazione della garanzia fideiussoria, ciò non corrisponde pienamente a quanto si ricava dalla predetta decisione in cui era chiaro che, anche dopo il termine di regolarizzazione, l’ACR Messina non aveva comunque prodotto una nuova polizza in corso di validità.

Da ciò deriva che la sanzione di due punti in classifica applicata all’ACR Messina è stata irrogata nella consapevolezza che la stessa, anche dopo il termine di regolarizzazione, non aveva comunque prodotto una nuova polizza in corso di validità e, a prescindere dalla correttezza o meno di una tale decisione da parte della CFA, essa costituisce una pronuncia che ha comunque preso in considerazione anche tale aspetto, determinandosi per una sanzione che ha ora assunto i caratteri della definitività, tanto che una sua eventuale riedizione avrebbe potuto comportare una violazione del principio del ne bis in idem.

Ciò posto, anche il terzo motivo va respinto.

3. In ragione di quanto sopra esposto, non sussistendo un profilo di ingiustizia del danno, la richiesta risarcitoria proposta dalla società ricorrente va quindi respinta.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con riferimento alla domanda di annullamento della decisione impugnata mentre va respinto per quanto riguarda la richiesta risarcitoria.

5. Le spese del giudizio, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e, per il resto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna delle parti costituite, per un totale di euro 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Daniele Dongiovanni, Consigliere, Estensore

Anna Maria Verlengia, Consigliere

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