F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0021/CFA pubblicata il 11 Agosto 2023 (motivazioni) – sig. Giuseppe Fonisto/Procura Federale

Decisione/0021/CFA-2023-2024

Registro procedimenti n. 0004/CFA/2023-2024

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello - Presidente

Salvatore Lombardo - Componente

Mauro Mazzoni - Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

Tommaso Mauceri - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 0004/CFA/2023-2024 proposto dal sig. Giuseppe Fonisto, per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale n. 1 del 3 luglio 2023;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 3 agosto 2023 tenutasi in videoconferenza, il Cons. Tommaso Mauceri e uditi l'Avv. Giampaolo Bacicchi per il reclamante, l’Avv. Angelo Montesardi per sé medesimo e l’Avv. Enrico Liberati per la Procura federale, con la presenza altresì del Sig. Avv. Giuseppe Fonisto;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Il 15 dicembre 2022 la Procura federale iscriveva nell’apposito registro, a carico dell’odierno reclamante, il procedimento disciplinare n. 393pf 2022-23, avente a oggetto “Accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti per la nomina e l’esercizio delle funzioni di Presidente della Commissione Disciplina AIA Sig. Giuseppe Fonisto, già Presidente della Sez. AIA di Napoli”. Con nota del successivo 9 febbraio 2023, a prot. 18561/393pf22-23/GC/gb, la Procura federale comunicava all’Avv. Fonisto la conclusione delle indagini “… e che, allo stato, non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare. Pertanto, con provvedimento a parte e previa condivisione con la Procura Generale dello Sport, è stata disposta l’archiviazione del procedimento de quo”.

In seguito, l’Avv. Fonisto, con PEC del 31 marzo 2023 indirizzata alla Presidenza federale e alla Procura federale, rappresentando di essere stato oggetto di una campagna denigratoria a mezzo stampa che aveva sollevato dubbi sui requisiti per la sua nomina a Presidente della Commissione di Disciplina dell’AIA, chiedeva che gli fosse consentita la visione e l’estrazione di copia della documentazione contenuta nel fascicolo della Procura federale. Fondava la sua richiesta, tra l’altro, sulla necessità di utilizzare la documentazione richiesta nell’ambito di alcuni procedimenti, penali e civili, intrapresi nei confronti delle testate giornalistiche che lo avevano denigrato. Trascorsi oltre trenta giorni dalla richiesta, non essendo pervenuta risposta dalla FIGC o dalla Procura federale, l’Avv. Fonisto ha presentato ricorso ex art. 79 del CGS, notificato il 29 maggio 2023 alla Presidenza della FIGC, alla Segreteria, alla Procura federale e, come controinteressato, all’arbitro benemerito Angelo Montesardi, chiedendo al Tribunale federale nazionale di accertare l’illegittimità del diniego tacito tenuto dalla F.I.G.C. In particolare il Fonisto ha dedotto “Violazione degli artt. 2, 24 e 97 Cost.; Violazione degli artt. 22 e 23 l. 241/90 in relazione agli artt. 9 e 10 DPR 184/2006; Eccesso di potere; Carenza dei presupposti e Difetto di Istruttoria”. Affermato in premessa che la natura privatistica della FIGC non osta al riconoscimento della rilevanza pubblicistica dell’attività della stessa e che, quindi, trova applicazione la legge sulla trasparenza dell’azione amministrativa e sul diritto di accesso degli interessati, il ricorrente deduceva che un proprio interesse ad accedere agli atti della procura era configurabile, in re ipsa, nell’oggetto e nella natura del procedimento poi archiviato e che, in concreto e nello specifico, tale interesse risultava particolarmente connotato dall’esigenza di tutelare la propria immagine personale e professionale nei giudizi, di natura in parte civile e in parte penale, avviati a seguito degli articoli di stampa denigratori.

Il Tribunale federale, con la sentenza oggi reclamata, ha respinto il ricorso reputando di poter decidere la controversia (in forza del principio della «ragione più liquida») limitandosi a verificare la sussistenza del requisito della «strumentalità» dell’istanza di accesso rispetto a un interesse «diretto, concreto e attuale» (art. 22 della l. 241/90) e ritenendo che tale requisito non fosse sussistente sotto il profilo della c.d. «strumentalità» per la ragione che, nei summenzionati giudizi a seguito della subìta diffamazione, non incombeva su di lui l’onere di dimostrare la correttezza del suo operato bensì incombeva eventualmente sui convenuti l’onere di dimostrare il contrario. Avverso tale pronuncia di rigetto ha proposto reclamo il Fonisto deducendo che il Tribunale federale ha erroneamente ricostruito in senso incongruamente restrittivo il significato del requisito della strumentalità, in tal modo, attribuendo agli organi federali competenti a vagliare il diritto di accesso alla documentazione raccolta, compiti decisori che spettano esclusivamente ai giudici dei processi eventualmente collegati ai documenti richiesti. Sul piano del merito del ragionamento condotto dal Tribunale federale, poi, il reclamante deduce che esso ha erroneamente ritenuto che la natura diffamatoria di un articolo di cronaca lesivo della personalità altrui sarebbe presunta e l’attore procedente per il risarcimento (o addirittura anche il querelante) non avrebbe interesse a dimostrare la forma incivile dell’esposizione attraverso la ricostruzione e la prova dei fatti realmente accaduti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La decisione di primo grado è imperniata sulla insussistenza del requisito della «strumentalità» dei documenti richiesti in quanto “gli atti di cui si chiede l’ostensione non possono ritenersi “necessari” all’esperimento di azioni giudiziarie a tutela della persona e dell’onorabilità …. in quanto la loro eventuale produzione nell’ambito dei giudizi civili e penali avrebbe una marginale, se non inesistente, rilevanza sotto il profilo probatorio incombendo sull’offendente, e non sul diffamato, l’onere di dimostrare la veridicità, eventualmente anche putativa, della notizia.”.

Al riguardo, ritiene il Collegio che, sul piano dei principi, vanno condivise le osservazioni del reclamante secondo le quali è incongrua una ricostruzione del requisito della «strumentalità» nel senso che i documenti di cui si richiede l’accesso dovrebbero avere natura necessariamente decisoria in un eventuale giudizio correlato per il quale vengano richiesti.

1.1 Sul punto deve essere richiamato l’orientamento del giudice amministrativo (Adunanza plenaria n. 4/2021 e n.19 e n. 20/2020) secondo cui: a) non occorre svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione; b) tuttavia occorre accertare l’ammissibilità della domanda di accesso nel caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti.

Orbene appare indubbio che, quanto al requisito sub a), la decisione impugnata in questa sede si pone al di là dei limiti imposti (all’amministrazione e al giudice) in termini valutazione di ammissibilità, influenza e decisività del documento richiesto: al giudice, difatti, non appartiene alcuna valutazione della prova che compete, invece, a chi decide il giudizio principale.

E quanto al requisito sub b), non pare rinvenirsi un esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo ma sussiste, prima facie, un nesso di strumentalità tra l’accesso e il giudizio principale.

Ad ogni modo, anche ponendosi sul piano, più concreto, del ragionamento condotto dal giudice di primo grado rispetto al caso sottoposto, occorre porre in evidenza le seguenti incongruenze: a) stando ai rilievi riguardanti la ripartizione degli oneri probatori in un giudizio di responsabilità per diffamazione, se ne dovrebbe trarre la conseguenza che il convenuto (diffamante) avrebbe accesso ai documenti a differenza dell’attore (diffamato), con una conseguente asimmetria nei rispettivi poteri difensivi in netto contrasto con i principi del giusto processo e, più in radice, con elementari esigenze di civiltà giuridica; b) ammesso che i rilievi imperniati sull’art. 2697 c.c. fossero fondati nei processi che vedono coinvolto il reclamante davanti a giudici civili, non altrettanto potrebbe comunque dirsi per i dedotti procedimenti penali, rispetto ai quali non si potrebbe trascurare il rischio di un’eventuale controquerela per calunnia o di un successivo giudizio civile risarcitorio su ciò fondato in cui si profilerebbe un ribaltamento degli oneri probatori; c) i casi di diffamazione/illecito per mancato rispetto del decalogo del giornalista non costituiscono una fattispecie monistica potendo dubitarsi a volte della verità dei fatti (effettiva o putativa), altre volte della forma civile dell’esposizione (c.d. continenza), altre volte ancora dell’interesse della collettività a essere informati (c.d. pertinenza), con la conseguenza che i fatti da accertare non costituiscono un tema fisso di prova da ricondurre sbrigativamente al criterio di riparto dell’art. 2697 c.c., che peraltro va in ogni caso integrato col criterio c.d. del «chi muove le acque» e col criterio della c.d. «vicinanza»; d) il ragionamento trascura la rilevanza della eventuale lesione di situazioni giuridiche connesse con l’ordinamento sportivo – specificamente salvaguardata dall’art. 2, l. 280/2003 – della quale l’interessato possa venire a conoscenza soltanto a seguito dell’ostensione dei documenti (si pensi ad esempio a un abusivo utilizzo di dati sensibili non pertinenti con l’oggetto del procedimento – e v. infra).

2. Una volta rimosso il giudizio fondato sulla ritenuta assenza di un interesse immediato, diretto e concreto, si ripropongono le complesse questioni che il Tribunale federale ha ritenuto di poter trascurare in forza del principio della ragione più liquida, prima fra tutte quella riguardante l’applicabilità, in generale, dei principi in materia di accesso di cui alla legge n. 241/1990 e, immediatamente collegato, il tema dell’estensione e dei limiti di tale applicabilità.

In generale, è da condividere la prospettiva secondo la quale « in base al principio pluralistico, ammessa la coesistenza tra ordinamenti a fini generali e ordinamenti a fini settoriali, si deve ritenere l’asimmetria del rapporto tra i sistemi ordinamentali (i primi riconoscono i secondi) tale che il carattere dell’autonomia non assorbe anche quello dell’autosufficienza, con la conseguenza che l’ordinamento sportivo (settoriale) si debba trovare necessariamente in rapporto di collegamento con il corrispondente ordinamento giuridico esprimente interessi generali» (CFA, Sezioni Unite, n. 97/CFA/2019-2020 del 29 luglio 2020 e già Collegio di Garanzia n. 74/2017).

Alla stregua di tale premessa, questa Corte ha ritenuto che « secondo questa matrice relazionale è inquadrabile la progressiva rilevanza del diritto di accesso nell’ordinamento a fini generali (cui corrisponde l’elevazione del concetto di trasparenza quale condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, che integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino) rispetto all’ordinamento sportivo: poiché il ribaltamento di prospettiva sull’esercizio del diritto di accesso (prima confinato ai soli documenti amministrativi, poi limitato a quelli oggetto di pubblicazione, ed oggi esteso a tutte le informazioni detenute da un pubblico potere) impone di considerare la trasparenza come regola generale “mentre la riservatezza e il segreto solo delle eccezioni, e ciò in coerenza ed in analogia con gli ordinamenti in cui vige il c.d. Freedom of Information Act (FOIA)”, tanto che l’ordinamento italiano riconosce e tutela la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni quale “diritto fondamentale”, il principio di trasparenza “ben può e deve essere trasferibile...agli organi amministrativi dello sport” (CFA, Sezioni Unite, n. 97/CFA/2019-2020 del 29 luglio 2020 e già Collegio di Garanzia n. 74/2017)).

Le superiori considerazioni consentono quindi di ritenere che l’ordinamento sportivo – in via generale - è permeabile ai principi in materia di accesso che connotano l’ordinamento statale.

2.1 L’ulteriore questione che, tuttavia, pone il caso in esame dipende dalla circostanza che si tratta di un procedimento effettuato, in autonomia e nel massimo riserbo, dalla Procura federale. Tale questione si traduce, innanzitutto, nel quesito se l’applicazione della normativa sull’accesso debba operare con i medesimi limiti, in questa previsti, quando si tratti di atti di indagine della Procura coperti dal segreto istruttorio e sotto vari profili sottratti al diritto di accesso in generale previsto dall’art. 22, l. n. 241/1990 (art. 329, primo comma, c.p.p. in combinato, specialmente, all’art. 408, comma terzo e 411, comma 1 bis del medesimo codice).

Al di là delle incertezze applicative della deroga da ultimo accennata, va in primo luogo sottolineato che secondo gli orientamenti maggioritari si tratta di norme di stretta interpretazione, ovvero non estensibili analogicamente, visto che l’art. 22, comma 2, l. n. 241/1990 prevede che «l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza» e pare in tal modo configurare le deroghe come norme eccezionali non estensibili analogicamente (art. 14, preleggi). In tal senso fa propendere anche l’art. 22, comma 3, in combinato disposto con l’art. 24, specialmente comma 1, lettera a), ove si prevede la deroga per i casi di segreto o di divieto di divulgazione «espressamente previsti dalla legge».

Sul piano del requisito della somiglianza, poi, se per un verso è innegabile che anche nel caso delle indagini della Procura federale si riscontrano peculiari esigenze di libertà e autonomia nella conduzione delle stesse, nonché di tutela della privacy di soggetti terzi eventualmente coinvolti, per altro verso, tuttavia, non può trascurarsi il rischio che un’eventuale applicazione analogica del limite in esame finirebbe per attribuire la medesima valenza del potere pubblico di indagine previsto in capo a organi burocratici strutturati dello Stato a presidio di interessi generali alla sicurezza e alla pacifica convivenza, all’esercizio di un potere di natura eminentemente privata, attribuito mediante cariche onorifiche, e che si svolge in forme giuridiche di natura privatistica con il compito di assicurare il buon andamento dell’associazionismo sportivo e il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive.

3. È noto, peraltro, che secondo un orientamento (TAR Lazio-Roma, Sez. III quater, n. 9848/2012; TAR Calabria-Reggio Calabria, Sez. II, n. 984/2006 e ancor prima TAR Toscana, Sez. I, n. 411/1998), il diritto di accesso potrebbe essere esercitato in relazione agli atti assunti dalle Federazioni nell’esercizio di una funzione pubblicistica e non di quelli di natura privatistica.

Tale impostazione sembrerebbe confortata dall’art. 23 dello Statuto del CONI che individua le attività delle Federazioni che assumono carattere pubblicistico (“Ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici.”).

E in questo senso il successivo art. 23, comma 1-bis prevede che «La valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse»

3.1 Senonché appaiono evidenti – al di là delle questioni teoriche di cui si dirà – le difficoltà pratiche dell’applicazione di tale criterio – che, si ripete, distingue tra attività privatistiche e pubblicistiche - in relazione alla genericità di alcune delle tipologie di attività individuate dalla disposizione.

A ciò si aggiunga che il diritto di accesso costituisce una situazione giuridica che, più che fornire utilità finali, risulta caratterizzata per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 6/2006) e quindi, in qualche modo, prescinde dalla qualificazione (privatistica o pubblicistica) dell’attività medesima.

Non solo. Ma è da dubitare che l’istituto dell’accesso - soprattutto, come si vedrà, cd. difensivo -  in sè considerato – quindi a prescindere dall’attività posta in essere dalla Federazione - possa assumere caratteri privatistici in senso proprio.

3.2 Difatti, vale la pena di notare – utilizzando l’iter logico-giuridico seguito dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 21/2020 – che nel caso di specie non si fa questione del cd. accesso partecipativo ma del cd. accesso difensivo.

E tale ultima forma di accesso è costruita come una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi.

In sostanza, sul piano della logica ‘difensiva’ il legislatore inserisce all’interno di una norma di natura sostanziale uno strumento di valenza tipicamente processuale, fornendo ‘azione’ alla ‘pretesa’, anche in senso derogatorio in concreto rispetto ai classici casi di esclusione procedimentale (cfr. art. 24, comma 7: «Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici»).

Il diritto d’accesso di cui all’art. 24, comma 7, L. n. 241/1990, quindi, risponde ad un’esigenza difensiva del privato che si traduce in un’accessibilità dei documenti “rafforzata” per esigenze di tutela.

Al riguardo, vale la pena rammentare che – secondo la dottrina più avveduta - la formulazione testuale della disposizione avvalora un’interpretazione lata del bisogno di protezione, per tale intendendosi certamente, ma non esclusivamente, la tutela giurisdizionale, potendo rientrare anche forme di tutela pre-giurisdizionali o para-giurisdizionali, come nel caso di specie.

3.3 Ma al di là di tali considerazioni, occorre porsi la questione se, pur restando all’interno dell’approccio privatistico e prescindendo, quindi, dalla rilevanza pubblicistica dell’azione degli organi federali, si configuri un diritto di accesso del tesserato nei confronti della Federazione procedente con i suoi procuratori e ausiliari.

La questione, in effetti, tocca i temi - di grande interesse dogmatico - della libertà dell’associazione privata e della protezione dei diritti del singolo all’interno della stessa.

Peraltro da tempo si è posto in evidenza che la realizzazione degli interessi di un gruppo sociale può ben esigere il sacrificio delle aspettative meramente individuali purché non vengano lesi i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona umana (Cass. SS.UU. n. 12149/2021).

E in questo senso il diritto di agire in giudizio di cui all’art. 24 Cost. – cui è connesso l’accesso difensivo, anche rivolto ad un soggetto privato - può ben essere considerato un principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale, rappresentando la garanzia per una completa tutela giurisdizionale a favore del cittadino.

E ciò all’esito del bilanciamento necessario dei principi di autonomia dell’ordinamento sportivo con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo (Corte costituzionale n. 160/2019).

3.4 D’altro canto, in senso affermativo alla configurabilità iure privatorum di un diritto di accesso agli atti del procedimento militano ulteriori principi di carattere generale.

Ci si riferisce al diritto all’identità personale e, oggi, più precisamente, al diritto alla trasparenza e correttezza del trattamento sui propri dati personali. Perché si configuri la fattispecie «trattamento dei dati personali» sottoposta a controllo dall’ordinamento non è più necessario che vi sia un procedimento automatizzato ma è sufficiente che i dati siano trattati in un qualsiasi modo (Reg. UE n. 2016/679, art. 4, comma secondo) e, essendo espressamente posto il principio di correttezza e trasparenza nel trattamento (art. 5) si riconosce alla persona i cui dati siano oggetto del trattamento un generico diritto di accesso (art. 15) che, oltre che al fine di ottenere un’eventuale rettificazione di dati raccolti erroneamente (art. 16), potrebbe essere strumentale a una successiva richiesta di cancellazione (essendo altresì riconosciuto il c.d. diritto di oblio – art. 17).

Sul punto basti segnalare l’interpretazione assai pregnante che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi in fase pregiudiziale, proprio con riferimento al significato da attribuire al diritto di accesso apprestato dall’art. 15 del Regolamento, ha di recente fornito, sancendo in particolare che «tale diritto di accesso è necessario affinché l'interessato possa esercitare, se del caso, il suo diritto di rettifica, il suo diritto alla cancellazione ("diritto all'oblio") e il suo diritto di limitazione di trattamento, diritti questi che gli sono riconosciuti, rispettivamente, dagli articoli 16, 17 e 18 del RGPD, il suo diritto di opposizione al trattamento dei suoi dati personali, previsto all'articolo 21 del RGPD, nonché il suo diritto di agire in giudizio nel caso in cui subisca un danno, previsto agli articoli 79 e 82 del RGPD» (Corte giustizia Unione Europea, Sez. I, Sent. del 04/05/2023, reg. n. 487/21). La Corte ha altresì precisato che «in caso di conflitto tra, da un lato, l'esercizio del diritto di accesso pieno e completo ai dati personali e, dall'altro, i diritti o le libertà altrui, occorre effettuare un bilanciamento tra i diritti e le libertà in questione. Ove possibile, si devono scegliere modalità di comunicazione di dati personali che non ledano i diritti o le libertà altrui, tenendo conto del fatto che tali considerazioni non devono "condurre a un diniego a fornire all'interessato tutte le informazioni", come risulta dal considerando 63 del RGPD» (ivi).

Con le considerazioni svolte non si vuole negare la peculiarità e la delicatezza della questione oggetto del presente procedimento, ma al contempo non si può disconoscere all’interno del nostro ordinamento la presenza di rilevanti istituti sia di diritto pubblico che di diritto privato in forza dei quali il diritto di accesso ai documenti riguardanti le proprie situazioni giuridiche, soprattutto se di natura personale, deve essere tendenzialmente riconosciuto e a tali logiche non può restare estraneo l’ordinamento sportivo, al di là dell’assenza, all’interno di esso, di una puntuale, compiuta regolamentazione (in particolare, nell’art. 122, CGS).

Per quanto riguarda quest’ultimo profilo, del resto, non va trascurato come l’art. 123, comma 2, CGS dia in qualche modo per presupposto il diritto della persona sottoposta a procedimento disciplinare ad avere accesso ai documenti dell’indagine e si limiti a prevedere che di ciò si debba dare contezza nell’avviso sulla chiusura delle indagini. Vero è che si tratta del caso in cui la Procura intenda (non già archiviare) bensì procedere e nel quale, dunque, si configura nella sua pienezza l’interesse a difendersi nei confronti di un annunciato deferimento, ma ciò non significa che, nel caso dell’archiviazione, non si configuri alcun interesse, ma se mai che quest’ultimo vada diversamente contemperato con eventuali ulteriori diversi diritti in conflitto e, segnatamente, con quello di terzi a restare nell’anonimato o comunque a essere tutelati nella loro riservatezza.

4. Conclusivamente si deve ritenere che, a fronte di un procedimento disciplinare avviato dalla Procura federale e esitato nell’archiviazione, in applicazione dei principi di cd. accesso difensivo, di trasparenza nel procedimento, di trasparenza e correttezza nel trattamento dei dati personali e più in generale, di trasparenza e democraticità della vita associativa, si configura un diritto dell’interessato ad avere accesso ai documenti relativi al procedimento poi archiviato nei limiti in cui la sua domanda non entri in conflitto con interessi di terzi specificamente presidiati dall’ordinamento generale quali, ad esempio, il diritto alla riservatezza e/o alla segretezza e alla libertà nella corrispondenza.

P.Q.M.

Accoglie il reclamo in epigrafe e, per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, dispone l'ostensione dei documenti richiesti nei limiti di interesse e nel rispetto della normativa in materia di tutela della riservatezza dei dati personali e della corrispondenza, con riferimento ad altri soggetti eventualmente coinvolti.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Tommaso Mauceri                                                  Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

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