F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0039/CFA pubblicata il 21 Settembre 2023 (motivazioni) – Procuratore Nazionale dello Sport con funzioni di Procuratore Federale/omissis
Decisione/0039/CFA-2023-2024
Registro procedimenti n. 0026/CFA/2023-2024
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mauro Mazzoni – Componente
Vincenzo Barbieri – Componente
Giuseppe Castiglia - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul reclamo n. 0026/CFA/2023-2024 proposto dal Procuratore Nazionale dello Sport con funzioni di Procuratore Federale in data 17.08.2023; per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale - sezione disciplinare n. 0040/TFNSD dell’11.08.2023;
Visti il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 15.09.2023, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Giuseppe Castiglia e udito l’Avv. Marco Ieradi, Procuratore Nazionale dello Sport con funzioni di Procuratore Federale e l’Avv. Flavia Tortorella per il resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Dando seguito a una segnalazione della Procura generale dello sport in data 7 dicembre 2022, la Procura federale ha avviato una indagine su una vicenda che ha condotto alla condanna alla pena di sei anni di reclusione - per il reato di violenza sessuale di gruppo, consumato ai danni di una giovane donna, e di lesioni personali - del signor Omissis, calciatore all’epoca dei fatti tesserato presso la società Omissis.
All’esito di una prima fase istruttoria, la Procura federale, con nota del 2 febbraio 2023, ha comunicato alla Procura generale dello sport l’intenzione di disporre l’archiviazione del procedimento.
Con nota del successivo 7 febbraio, la Procura generale dello sport ha comunicato il proprio diverso avviso rispetto alla prospettata archiviazione e ha invitato la Procura federale a reiterare alla competente A.G. la richiesta di atti ostensibili, già formulata con esito negativo, nonché, considerata la scadenza del termine per la conclusione dell’indagine, a richiederne la proroga.
In pari data la Procura federale ha richiesto la proroga del termine, che la Procura generale dello sport ha accordato lo stesso giorno nella misura di quaranta giorni.
Nuovamente interpellato, il Tribunale di Omissis ha trasmesso copia della sentenza penale di condanna datata Omissis.
Con nota del 24 marzo 2023, la Procura federale ha disposto la chiusura dell’indagine dandone avviso al calciatore interessato.
Con nota dell’8 maggio 2023, la Procura federale, letta la memoria difensiva depositata dal difensore del soggetto avvisato, ha nuovamente comunicato alla Procura generale dello sport l’intenzione di disporre l’archiviazione del procedimento.
Con nota del 18 maggio 2023, la Procura generale dello sport ha comunicato di non condividere l’intendimento di archiviazione e ha invitato la Procura federale a procedere ai conseguenti adempimenti di competenza.
Con nota del 22 maggio 2023, la Procura federale ha comunicato alla Procura generale dello sport di non poter procedere al deferimento ritenendo scaduto il termine perentorio per l’esercizio dell’azione disciplinare, che sarebbe perciò andata incontro a una dichiarazione di improcedibilità per tardività.
Con nota del 5 giugno 2023, la Procura generale dello sport - ai sensi dell’art. 12 quater, comma 4, dello Statuto del CONI e dell’art. 51, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del CONI - ha disposto l’avocazione del procedimento e applicato a tal fine il Procuratore generale designato.
2. Con nota n. 902 del 7 giugno 2023, il Procuratore nazionale dello sport applicato ha deferito al competente Tribunale federale il calciatore per rispondere “della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., ovvero del dovere fatto a tutte le persone e gli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, in combinato disposto, giusto il coordinamento tra il Codice di Giustizia Sportiva FIGC e le norme CONI previsto dall’art. 3 co. 1 del C.G.S. (<< Il Codice è adottato in conformità a quanto disposto ... dallo Statuto del CONI e ... dal Codice CONI>>), con gli artt. 2 e 5 co.1 del Codice di Comportamento Sportivo CONI, che impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo, oltre al rispetto del principio di lealtà, di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti, per avere lo stesso la sera/notte tra il 30 e il 31 maggio 2021, in concorso con altri soggetti ma ciascuno di essi con un proprio autonomo apporto causale, dopo aver fissato un appuntamento e aver ottenuto la presenza di una giovane donna (Omissis) presso una abitazione sita in Omissis abusato sessualmente di costei inducendola con violenza a compiere e/o subire atti sessuali, nonché, nell’occasione colpito - altresì - la stessa con forza in più parti del corpo, scattando foto e riprendendola durante gli abusi esercitati”.
3. Con decisione n. 40/2023-2024 il Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
4. Con reclamo n. 26 del 17 agosto 2023, il Procuratore nazionale dello sport con funzione di Procuratore federale ha impugnato la decisione di primo grado chiedendone la riforma, con affermazione della responsabilità disciplinare del soggetto deferito e, per l’effetto, irrogazione della sanzione della squalifica per 5 anni con proposta di radiazione ovvero della diversa sanzione ritenuta di giustizia.
Il signor Omissis si è costituito in giudizio per resistere al reclamo deducendo:
(i) l’inammissibilità dell’impugnazione in relazione all’art. 101, comma 3, CGS, per la ritenuta mancata specificità delle censure proposte avverso la decisione impugnata;
(ii) la non corrispondenza delle contestazioni sollevate con l’atto di deferimento rispetto ai motivi di reclamo, con conseguente lesione del principio del doppio grado di merito;
(iii) il difetto di giurisdizione degli organi di giustizia federale, del quale chiede una declaratoria di conferma in questa sede di reclamo;
(iv) la perenzione o l’improcedibilità dell’esercizio dell’azione disciplinare per l’avvenuta decorrenza dei termini perentori previsti dal combinato disposto degli artt. 125, comma 2, e 123, comma 1, CGS;
(v) in via gradata, ove fosse riconosciuta la giurisdizione del giudice sportivo, l’esigenza di rinviare al Tribunale federale in applicazione dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo, CGS;
(vi) in via ulteriormente subordinata e nel merito, l’insussistenza dei fatti oggetto di deferimento.
All’udienza del 15 settembre 2023, svoltasi in videoconferenza, il reclamo è stato chiamato e, dopo la discussione delle parti, trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Come detto in narrativa, il calciatore deferito muove al reclamo, anzitutto, due rilievi di ordine procedurale. Nessuno di questi è fondato.
5.1. Non il primo (asserita mancata osservanza del principio di specificità delle censure, che condurrebbe all’inammissibilità del gravame), in replica al quale è sufficiente richiamare una recentissima decisione di queste Sezioni unite (n. 99/2022-2023). Questa ha definitivamente chiarito come dell’art. 101, comma 3, CGS, nella parte in cui dispone che “[i]l reclamo deve contenere le specifiche censure contro i capi della decisione impugnata”, non possa farsi una lettura formalistica, in quanto la finalità della norma è che “siano sviluppate adeguate argomentazioni critiche, corredate di puntuali ragioni di fatto e di diritto idonee a giustificare la censura e porre in risalto l’erroneità della decisione”. E“[l]’onere di detta specificazione deve ritenersi assolto qualora la parte abbia argomentato le ragioni di dissenso dalla soluzione adottata in prime cure”.
Conviene osservare, per completezza, che l’orientamento riferito è del tutto conforme agli indirizzi maturati - in relazione al quasi testualmente identico in parte qua art. 101, comma, 1, cod. proc. amm. - dalla giurisprudenza amministrativa, per la quale il principio di specificità dei motivi di impugnazione (se non consente la mera riproposizione testuale dei motivi di ricorso di primo grado, non correlati a una connessa censura alla sentenza gravata) impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata (per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2023, n. 415, Id., Sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8029; Id. Sez. V, 16 novembre 2018, n. 6464).
Poiché, nel caso di specie, il reclamo si sostanzia in un’articolata e radicale contestazione dell’intero processo argomentativo seguito dal primo giudice per addivenire alla decisione impugnata, l’eccezione non può essere accolta.
5.2. Nemmeno pare meritevole di accoglimento la seconda eccezione, perché l’Accordo collettivo 31 gennaio 2023/30 giugno 2024 tra la Lega nazionale professionisti Serie A e l’Associazione italiana calciatori - di cui si dirà anche in seguito - è evocato dal Procuratore nazionale dello sport reclamante non in quanto fonte di norme la cui inosservanza costituirebbe illecito disciplinare, ma come elemento che, insieme con altri, il Tribunale federale nazionale avrebbe dovuto correttamente considerare per non precludersi il necessario apprezzamento sistematico della normativa di settore. Si tratta, dunque, non di una contestazione nuova e diversa, ma di una più diffusa espressione delle ragioni di contesto interpretativo alla cui luce il contegno rimproverato al signor Omissis sarebbe da considerarsi illecito nell’ambito dell’ordinamento endo-federale, in coerenza con l’originario deferimento.
6. Sempre sul piano processuale, sembrerebbe invece a prima vista fondata - considerata la cronologia esposta in narrativa - l’eccezione di improcedibilità dell’azione, proposta nel quarto motivo della memoria di replica del reclamante, per superamento del termine ex artt. 125, comma 2, e 123, comma, comma 1, CGS; termine che ha natura perentoria (CFA, Sez. IV, n. 5/2022-2023; Id., Sez. I, n. 64/2020-2021; Id., Sez. I, n. 53 CFA/2020/2021; Id., SS.UU, n. 32/2020-2021).
E infatti:
- la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini è avvenuta il 24 marzo 2023;
- il termine di 15 giorni per la presentazione della memoria difensiva è scaduto il successivo 8 aprile;
- il deferimento avrebbe dovuto essere disposto entro i 30 giorni successivi, cioè entro il giorno 8 maggio (o tutt’al più il 10, come sostiene il resistente alla pag. 17 della sua memoria).
- parrebbe dunque tardivo il deferimento del 7 giugno 2023, come peraltro ha osservato anche la Procura federale nella nota del 22 maggio scorso.
Il punto non è stato discusso dalle parti in udienza.
Non occorre tuttavia approfondire questo profilo processuale poiché il reclamo è infondato nel merito.
Merito del quale si dirà ora, nei termini che seguono, insieme con la questione di giurisdizione, sollevata dal resistente nel terzo dei suoi motivi di replica, per trattarsi in realtà di due diverse prospettive della medesima problematica.
7. Viene all’esame la questione se sia assoggettabile a sanzione in ambito federale il tesserato che sia imputato di un reato grave e - sia lecito dirlo - odioso, a prima lettura non previsto e non punito dalle pertinenti disposizioni dell’ordinamento di settore.
Il punto è già stato vagliato dalla decisione n. 98/2022-2023, con la quale le Sezioni unite di questa Corte federale d’appello - in analoga vicenda - hanno respinto il reclamo proposto dalla Procura federale avverso la decisione di primo grado, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del Tribunale nazionale federale.
Questa decisione, peraltro, si colloca in una linea di continuità con la giurisprudenza endo-federale che, anche in tempi non recentissimi, ha giudicato non sanzionabili condotte pur molto deprecabili, ma poste in essere in ambito strettamente privato senza alcun rapporto con l’attività sportiva (Corte di giustizia federale, Sez. I, 2014-2015, in CU n. 248 del 28 marzo 2014, n. 3).
In estrema sintesi, le Sezioni unite hanno ritenuto che, alla luce dell’art. 1 CGS (il quale afferma che il Codice di giustizia disciplina le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare), l’accertamento della responsabilità disciplinare debba essere fondato sulle fattispecie di responsabilità previste dal CGS medesimo e dalle altre fonti indicate dall’art. 3 del Codice e che l’applicazione dell’art. 4, comma 1, CGS - nella parte in cui consente di sanzionare la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità - non possa che essere limitata, in quanto la norma lo prevede espressamente, a ogni “rapporto comunque riferibile all’attività sportiva” senza poter essere esteso, per esempio, ad ogni rapporto sociale (così la consolidata giurisprudenza sportiva endo-federale: per tutte, CFS, Sez. IV, n. 69/2021-2022; come pure quella eso-federale, per la quale si veda - con riguardo alla disciplina propria del tennis, ma con affermazioni generalizzabili - Coll. garanzia sport, Sez. IV, 22 dicembre 2020, n. 66). La chiarezza del dato testuale non consente estensioni oltre i rapporti riconducibili all’attività sportiva, sia pure intesa nel senso più ampio.
Resta comunque fermo che, se tale situazione può essere sintetizzata come difetto di giurisdizione (o di competenza) degli organi di giustizia sportiva, deve esser chiaro - nel solco della giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte: Cass. civ., SS.UU., 5 settembre 2022, n. 26038; Id., 16 gennaio 2015, n. 647) - che viene propriamente in gioco una questione di merito, in quanto il difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva dipende dalla concreta mancanza di una fattispecie disciplinare sanzionatrice e non rappresenta un ostacolo a possibili diverse scelte de iure condendo, nell’esercizio dell’autonomia propria dell’ordinamento sportivo.
8. Nel caso di specie, il Tribunale federale nazionale ha reputato che i fatti contestati si sarebbero svolti in un contesto strettamente privato senza alcun rapporto con manifestazioni o eventi sportivi di sorta e in difetto di una norma ad hoc - impregiudicata la loro oggettiva gravità - non sarebbero sanzionabili in ambito federale.
Nell’impugnare la decisione, il Procuratore nazionale dello sport ha richiamato il magistero del Pontefice circa l’esigenza di non “normalizzare” la violenza contro le donne e, nel merito, ha svolto un unico, complesso motivo di doglianza, con il quale censura la decisione di primo grado alla luce del quadro di contesto e degli orientamenti giurisprudenziali maturati in tempi recenti, cioè di aspetti di sistema di cui il Tribunale federale nazionale non avrebbe erroneamente tenuto conto.
8.1. In primo luogo, il Tribunale federale nazionale avrebbe omesso di considerare gli indirizzi assunti sia dal CONI, con la delibera approvata dalla Giunta il 16 dicembre 2021, sia dal legislatore nazionale, con l’art. 16 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, e con l’art. 33, comma 7, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36.
8.2. La ricordata delibera di Giunta ha modificato l’art. 7.4 dei Principi informatori del CONI, che ora così dispone nel suo primo periodo:
“È sancito il divieto di tesseramento anche presso Enti diversi da quello nel quale gli è stata comminata la radiazione per i soggetti nei cui confronti sia stato irrogato il provvedimento di radiazione da parte dei competenti Organi di giustizia delle Federazioni e delle Discipline associate riconosciute dal CONI, conseguente ad atti di violenza e/o molestie nei confronti delle persone e/o animali”.
La disposizione così introdotta presuppone l’esistenza presso le singole Federazioni di quella norma sanzionatrice di fatti di condotta violenta, di cui invece qui si discute. Dunque non appare risolutiva.
8.3. L’art. 16 del d. lgs. n. 39/2021, nella parte che maggiormente interessa, stabilisce:
“1. Le Federazioni sportive nazionali, le Discipline sportive associate, gli Enti di promozione sportiva e le Associazioni benemerite, sentito il parere del CONI, devono redigere, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell'attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Le linee guida vengono elaborate con validità quadriennale sulla base delle caratteristiche delle diverse Associazioni e delle Società sportive e delle persone tesserate.
…
5. I regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite devono prevedere sanzioni disciplinari a carico dei tesserati che abbiano violato i divieti di cui al capo II del titolo I, libro III del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero siano stati condannati in via definitiva per i reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 604-bis, 604-ter, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinques, 609-octies 609undecies del codice penale.
…”
A questo proposito, va osservato che:
- per i reati contemplati, il comma 5 si riferisce alle conseguenze disciplinari di condanne passate in giudicato, che non è dato riscontrare nel caso di specie;
- l’aggiunta al decreto legislativo - ad opera del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69 - dell’art. 17 bis, per effetto della quale le disposizioni del decreto legislativo medesimo si applicano a decorrere dal 31 agosto 2022, rende inapplicabile il d. lgs. n. 39/2021 ratione temporis;
- all’art. 16 non è stata data ancora attuazione nell’ordinamento della FIGC. Del che ci si deve rammaricare, ma anche trarne le debite conclusioni rispetto al diritto vigente, nel senso che hoc iure utimur e che la mancata iniziativa del legislatore federale non può essere superata con una operazione interpretativa che sarebbe eccessivamente disinvolta.
8.4. Da ultimo, non sembra pertinente l’art. 33, comma 7, del d. lgs. n. 36/2021, a detta del quale
“7. Ai minori che praticano attività sportiva si applica quanto previsto dal decreto legislativo 4 marzo 2014,n. 39, recante attuazione della direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile”.
8.5. Ancora, il Procuratore nazionale reclamante sottolinea l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ha affermato come condotte extralavorative del dipendente possano giustificare provvedimenti estintivi del rapporto da parte del datore di lavoro (licenziamento, recesso), specie quando si tratti di fatti penalmente rilevanti, anche se non definitivamente accertati, la cui gravità sia tale da far venir meno la relazione fiduciaria fra le parti e da non consentire una prosecuzione, seppur provvisoria del rapporto (Cass. civ., Sez. lav., 15 ottobre 2021, n. 28368). In particolare, tale fiducia verrebbe meno nel caso di delitti attinenti alla sfera sessuale, caratterizzati da forte disvalore sociale e morale e, quando commessi da dipendenti pubblici, tali da incidere negativamente sull’immagine di un servizio pubblico capillarmente diffuso (Cass. civ., Sez. lav., 6 agosto 2018, n. 20562; Id., 30 gennaio 2013, n. 2168).
Si tratta però di precedenti che investono aspetti non coincidenti con quelli oggetto della presente controversia, nella quale il comportamento ascritto al deferito deve essere valutato in relazione non alla legittimità di un atto estintivo del rapporto, ad opera del datore di lavoro, ma alla possibilità di sanzionarlo disciplinarmente da parte dei competenti organi di giustizia.
8.6. Per la medesima ragione, non è rilevante l’art. 10 dell’Accordo collettivo 31 gennaio 2023/30 giugno 2024 tra la Lega nazionale professionisti Serie A e l’Associazione italiana calciatori, rubricato “Istruzioni tecniche, obblighi e regole di comportamento”, il quale prevede:
“10.1 Il Calciatore deve adempiere la propria prestazione sportiva nell’ambito dell’organizzazione predisposta dalla Società e con l’osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
10.2 Il Calciatore è tenuto ad osservare strettamente il dovere di fedeltà nei confronti della Società.
10.3 Il Calciatore deve evitare comportamenti che siano tali da arrecare pregiudizio all’immagine della Società.
10.4 Le prescrizioni attinenti al comportamento di vita del Calciatore sono legittime e vincolanti, previa accettazione delle stesse da parte del calciatore, accettazione che non può essere irragionevolmente rifiutata, soltanto se giustificate da esigenze proprie dell’attività professionistica da svolgere, salvo in ogni caso il rispetto della dignità umana …”.
L’art. 1.1 dell’Accordo ne disciplina l’oggetto (“il trattamento economico e normativo dei rapporti tra calciatori professionisti … e Società sportive partecipanti ai campionati nazionali di Serie A”), e si raccorda con l’ordinamento generale: da ultimo, l’art. 27, comma 4, del d. lgs. n. 36/2021 stabilisce che, nei settori professionistici, “[i]l rapporto di lavoro si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità , tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale o dalla Disciplina Sportiva Associata, anche paralimpici, e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all'accordo collettivo stipulato”.
Appare così evidente che l’Accordo riguarda la disciplina del rapporto di lavoro e non è idoneo a porre in capo al singolo tesserato obblighi di comportamento nei confronti della FIGC.
9. In definitiva, ritiene il Collegio che i diversi profili del motivo di reclamo, pur valutati in chiave sistemica, non siano tali da consentire o indurre queste Sezioni Unite a rimeditare l’orientamento espresso nella richiamata decisione n. 98/2022-2023.
Si tratta, infatti, di riferimenti senz’altro espressivi di un intento, diffuso e del tutto condivisibile, di contrastare con la massima efficacia le molestie, la violenza di genere e le forme di discriminazione, ma di per sé non determinanti ai fini della risoluzione della presente controversia, in quanto non idonei ad ampliare il novero delle fattispecie disciplinarmente rilevanti sul piano della normativa endo-federale.
Sebbene in tema di illecito sportivo disciplinare non viga il principio penalistico della tipicità e della tassatività, nel relativo giudizio viene pur sempre in gioco la possibilità di imputare a un soggetto una condotta a titolo di illecito. Il che non può essere consentito al di là del perimetro fissato dalle norme di settore, anche se lette alla luce della massima tensione interpretativa.
Come si è detto, la norma incriminatrice non è costituita dall’art. 4, comma 1, CGS, che riguarda fatti attinenti all’attività sportiva, sia pur ampiamente intesa, neppure se letto in combinato disposto con gli artt. 2 e 5, comma 1, del Codice di comportamento sportivo del CONI. Come ha già osservato la richiamata decisione n. 98/2022-2023, il meccanismo del “combinato disposto” è certamente impiegabile per desumere una prescrizione attraverso l’integrazione coordinata del contenuto di più norme, purché, tuttavia, il risultato ottenuto non contrasti con quanto le norme combinate contemplano singolarmente. Ora, l’art. 4, comma 1, CGS, testualmente limita il proprio ambito applicativo a ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, peraltro in modo conforme a quanto previsto dall’art. 2 del Codice di comportamento sportivo CONI dedicato al “Principio di lealtà” («I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo devono comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all’attività sportiva»). Di conseguenza, il preteso combinato disposto tra l’art. 4, comma 1, CGS, e l’art. 5 del Codice di comportamento sportivo CONI, volto a estendere il campo applicativo dell’art. 4, comma 1, oltre i rapporti comunque riferibili all’attività sportiva, determinerebbe non soltanto una chiara forzatura dell’ambito applicativo dello stesso art. 4, ma anche l’invocazione dell’art. 5 Codice di comportamento sportivo per superare un limite che è affermato dallo stesso Codice all’art. 2.
Resta dunque confermato che, allo stato, l’ordinamento endo-federale non conosce una norma sanzionatrice di condotte pur assolutamente riprovevoli come quella ascritta al reclamato.
10. Dai rilievi che precedono discende che il deferimento del calciatore è infondato. Il reclamo del Procuratore nazionale dello sport, in funzione di Procuratore federale, non può dunque essere accolto, dal che segue la conferma - fatto salvo quanto richiamato al § 7 circa il carattere di merito della pronuncia - della decisione impugnata.
Occorre al tempo stesso sollecitare fortemente il legislatore sia endo che eso-federale ad adottare con estrema urgenza, in relazione all’ambito proprio di attività, le iniziative necessarie a porre rimedio a quella che ormai appare una non più tollerabile aporia del sistema, che - a fronte di un’opinione pubblica allarmata per il reiterarsi di gravissimi episodi di violenza - mette a repentaglio le stesse onorabilità e autorevolezza degli organismi sportivi. Al riguardo, sarebbero senz’altro benvenuti, anche in vista di una regolamentazione uniforme della materia, interventi diretti ed espliciti degli organi sovranazionali del calcio.
In questa prospettiva, sarà possibile contemplare anche la previsione di misure cautelari in attuazione, per quanto di rispettiva competenza, dell’art. 11 del Codice di comportamento sportivo CONI, ovvero di linee guida circa le clausole da inserire nei contratti degli atleti (cfr. decisione n. 98/2022-2023, § 5.3).
11. Occorre però aggiungere una considerazione ulteriore.
La decisione di primo grado ha rilevato che la rilevanza di un contegno all’interno dell’ordinamento sportivo si risolve “nell’esistenza di una liaison con il sistema domestico, che deve essere riflessa in una norma ad hoc compatibile con il quadro esofederale di riferimento”.
Al riguardo, queste Sezioni unite ritengono di richiamare quanto affermato nella decisione n. 98, e cioè che “indipendentemente dalla prospettiva teorica accolta circa la ricostruzione dei rapporti tra ordinamento statale e ordinamento sportivo …, l’autonomia dell’ordinamento sportivo non può comportare la limitazione del suo intervento alla «riferibilità al contesto domestico del fatto oggetto dell’addebito disciplinare»… Questo limite può discendere da una esplicita disposizione, come nel caso di specie l’art. 4, comma 1, C.G.S., [m]a non si tratta di un limite di carattere generale, cioè un limite imposto dall’ambito di autonomia dell’ordinamento sportivo e dal suo rapporto con l’autonomia dell’ordinamento statale. Non si può affermare che tale limite discende dall’ambito di autonomia dell’ordinamento sportivo e che la rilevanza di una controversia per l’ordinamento sportivo richieda la «esistenza di un legame effettivo con il sistema domestico». Non risulta essere questo il rapporto tra il principio di autonomia e il principio di rilevanza che emerge dagli artt. 1 e 2 del d.l. 19 agosto 2003 n. 220 (convertito in L. 17 ottobre 2003 n. 280) e dalla lettura che la Corte Costituzionale ne ha compiuto nei suoi due già citati interventi [sentenze 11 febbraio 2019, n. 60, e 25 giugno 2019 e n. 2011].
Piuttosto, secondo questa Corte dalle norme indicate, come lette alla luce degli interventi della Corte Costituzionale, risulta affermato il principio di autonomia quale regola generale di disciplina dei rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale. Il principio di autonomia trova però un’attenuazione quando una controversia investa posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale e, pertanto, tutelabili “anche dinanzi” alla giurisdizione statale (ferma l’osservanza del vincolo di giustizia sportiva, che dunque conferma il ruolo della “giurisdizione sportiva” anche nei casi di rilevanza della controversia per l’ordinamento statale).
Le riflessioni appena compiute non sono meramente teoriche, ma hanno un chiaro indotto pratico sia nel caso di specie, sia per le prospettive di intervento dell’ordinamento sportivo in fattispecie come quella oggetto dell’atto di deferimento che occasiona l’attuale giudizio.
Una volta affermato il significato del principio di rilevanza, risulta chiaro che l’ambito di autonomia dell’ordinamento sportivo e il connesso ambito della giustizia sportiva non richiede che la controversia presenti «un legame effettivo con il sistema domestico». Di conseguenza, questa Corte non può condividere la motivazione della decisione di primo grado nella parte in cui afferma che «L’ordinamento sportivo cede il passo a quello statale allorché́ la vicenda controversa non sia, per il primo, rilevante; risolvendosi la rilevanza nell’esistenza di un legame effettivo con il sistema domestico».
Si tratta di rilievi che meritano di essere condivisi per ribadire che non vi sono ostacoli a che il legislatore competente valuti e sanzioni disciplinarmente comportamenti quali quello che viene in questione nella presente vicenda, pure in difetto di una specifica connessione con l’ordinamento sportivo.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce