F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0100/CFA pubblicata il 22 Marzo 2024 (motivazioni) – Procura nazionale dello sport / omissis
Decisione n. 0100/CFA/2023-2024
Registro procedimenti n. 0099/CFA/2023-2024
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Marco Lipari – Presidente
Elio Toscano – Componente
Maria Barbara Cavallo – Componente
Marco Stigliano Messuti - Componente
Ida Raiola - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul rinvio disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport CONI con decisione n.10 del 19/02/2024;
visti la decisione e gli atti del procedimento di rinvio;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza del 13.03.2024, tenutasi in parte in videoconferenza, il Cons. Ida
Raiola e uditi l'Avv. Marco Ieradi per la Procura Nazionale dello Sport e l'Avv. Flavia Tortorella per omissis;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Con nota n. 902 del 7 giugno 2023, il Procuratore nazionale dello sport applicato deferiva al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare (d’ora in poi TFN – SD) il calciatore omissis per rispondere “della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S. [Codice della Giustizia Sportiva, d’ora in poi anche CGS], ovvero del dovere fatto a tutte le persone e gli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, in combinato disposto, giusto il coordinamento tra il Codice di Giustizia Sportiva FIGC e le norme CONI previsto dall’art. 3 co. 1 del C.G.S. (<< Il Codice è adottato in conformità a quanto disposto ... dallo Statuto del CONI e ... dal Codice CONI>>), con gli artt. 2 e 5 co.1 del Codice di Comportamento Sportivo CONI, che impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo, oltre al rispetto del principio di lealtà, di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti, per avere lo stesso omissis, in concorso con altri soggetti ma ciascuno di essi con un proprio autonomo apporto causale, dopo aver fissato un appuntamento e aver ottenuto la presenza di una giovane donna (omissis) presso una abitazione sita in omissis abusato sessualmente di costei inducendola con violenza a compiere e/o subire atti sessuali, nonché, nell’occasione colpito - altresì - la stessa con forza in più parti del corpo, scattando foto e riprendendola durante gli abusi esercitati”.
1.1. Il deferimento da parte del Procuratore nazionale dello Sport faceva seguito all’avocazione disposta dalla Procura generale dello sport in data 5 giugno 2023 ai sensi dell’art. 12 quater, comma 4, dello Statuto del CONI e dell’art. 51, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del CONI dopo che il Procuratore Federale FIGC aveva comunicato, con nota del 22 maggio 2023, alla Procura generale dello sport di non poter procedere al deferimento per essere scaduto il termine perentorio per l’esercizio dell’azione disciplinare.
1.2. Con decisione n.40/2023-2024 il TFN- SD, ritenuta assorbita ogni altra questione, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.
1.3. Avverso la decisione del TFN- SD proponeva reclamo il Procuratore Nazionale dello Sport con funzione di Procuratore federale, chiedendone la riforma con affermazione della responsabilità disciplinare del soggetto deferito e, per l’effetto, l’irrogazione della sanzione della squalifica per 5 anni con proposta di radiazione ovvero della diversa sanzione ritenuta di giustizia.
1.4. Le Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello, con la decisione n. 39/CFA-20232024, respingevano il reclamo sul rilievo della insussistenza, allo stato, nell’ordinamento endo-federale di una “norma sanzionatrice di condotte pur assolutamente riprovevoli come quella ascritta al reclamato”.
1.5. Il Procuratore Nazionale dello Sport ricorreva, quindi, al Collegio di Garanzia dello Sport, il quale, a Sezioni Unite, disattese alcune questioni preliminari poste dalla reclamante Procura Nazionale (in punto di possibile irrogazione, da parte del Collegio di Garanzia, della sanzione disciplinare richiesta) e dalla difesa del calciatore deferito (in ordine alla asserita carenza di specificità dei motivi del reclamo), individuava il punto centrale dell’odierna controversia nei rapporti tra ordinamento sportivo e statale, nella possibilità o meno di accreditare nel contesto sportivo la fattispecie disciplinare oggetto dell’addebito mosso a carico del tesserato omissis e, dunque, nel verificare se i fatti a fondamento di tale addebito, pur non riferibili strictu sensu alla sfera sportiva del tesserato, potessero essere conosciuti dalla giustizia sportiva in termini di illecito disciplinare, ovvero se ricorresse, nella specie, un difetto assoluto di potestà giurisdizionale in capo agli organi della giustizia domestica.
1.6. Il Collegio di Garanzia dello Sport, a Sezioni Unite, dopo aver proceduto ad una articolata disamina dei principi di lealtà, correttezza e probità che informano l’agire dei soggetti dell’ordinamento sportivo ed ai quali i medesimi sono tenuti alla constante osservanza, evidenziava che:
-“siffatti precetti hanno contenuto volutamente ampio e generale, mirando a garantire che ogni tesserato sia tenuto ad osservare una condotta «conforme ai princìpi della lealtà, della rettitudine e della correttezza anche morale in tutti i rapporti riguardanti l’attività federale e nell’ambito più generale dei rapporti sociali ed economici» (Sezioni Unite, decisione n. 35 del 2015)”;
-“nell’ordinamento sportivo, accanto ad illeciti disciplinari tipizzati, vi sono fattispecie disciplinari di carattere generale, come quelle che si fanno rientrare nella violazione del principio di lealtà e correttezza o probità, quali canoni valutativi, assoluti ed imprescindibili del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuate e specificate ab origine, ma devono essere di volta in volta rielaborate alla stregua delle specifiche circostanze ed evidenze del caso concreto (cfr. Collegio di Garanzia, Sez. IV, decisione 13 ottobre 2017, n. 76)”;
- “la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità - nella vicenda sottoposta allo scrutinio del Collegio, il rispetto degli elementari doveri di probità è imposto dall’art. 4 del CGS della FIGC - deve esser parametrata alla c.d. riferibilità sportiva, tanto che il Codice della FICG, come ogni codice di giustizia federale, non può non condurre - nell’accezione più ampia e più coerente - ad «ogni rapporto riferibile all’attività sportiva», facendo eco al Codice di Comportamento Sportivo del CONI, ove si ritrova, all’art. 2, la seguente, inequivocabile, definizione del principio di lealtà: «I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo devono comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all’attività sportiva»”;
-“analogamente a quanto accade per l’ordinamento statale - dove il richiamo ai doveri inderogabili di lealtà, correttezza e integrità acquista una caratteristica connotazione giuridica, che affiora proprio dalla necessità di porre limiti a situazioni giuridiche soggettive, alla luce dei valori costituzionali che ispirano l’ordinamento - nel caso dell’ordinamento sportivo gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza e non discriminazione appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dell’attività sportiva”;
-“non può consentirsi… l’esistenza di “zone franche” in cui, dismessi i panni dell’atleta, i richiamati canoni generali ed i principi di comportamento sportivo cessino di costituire obblighi e doveri assoluti e permanenti per un soggetto tesserato, peraltro anche come “professionista”. L’inderogabilità che è propria delle clausole generali sottintende un complesso processo di concretizzazione che deve essere operato dall’interprete chiamato a verificare il rispetto dei doveri di lealtà, correttezza e buona fede e nel caso dell’ordinamento sportivo il tema (addirittura) si semplifica. Invero, la normativa di correttezza e probità - proprio in considerazione della peculiarità del sistema - non può che trovare collocazione nei principi di solidarietà e di affidamento reciproco, la cui violazione determina sanzioni giuridiche”;
-“il quadro normativo di riferimento è qui rappresentato non solo dal Codice di Comportamento CONI, ma anche, in maniera parimenti significativa, dai precisi richiami alla Carta Olimpica del CIO, fonte di ispirazione normativa di rango gerarchico superiore, contenuti nell’art. 1 dello Statuto del CONI, sia nel testo al 2 ottobre 2019 (Deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1647) che nel testo al 21 novembre 2023 (Deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1745). Per connessione logica ed ontologica tra fonti e clausole generali, i principi contenuti nella Carta Olimpica del CIO (nella versione in vigore) affermano le coordinate cui deve ispirarsi la condotta fra consociati all’interno dell’universo sportivo, a mente del comma 1 dei "Fundamental Principles of Olympism": "Olympism is a philosophy of life, exalting and combining in a balanced whole the qualities of body, will and mind. Blending sport with culture and education, Olympism seeks to create a way of life based on the joy of effort, the educational value of good example, social responsibility and respect for internationally recognised human rights and universal fundamental ethical principles within the remit of the Olympic Movement””;
-“con riferimento alla fattispecie portata all’esame dell’odierno Collegio, la condotta del omissis, già valutata anche dalla Procura Federale come connotata da particolare e significativa gravità, ha determinato una compromissione di quei valori e doveri di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale cui si ispira l’ordinamento sportivo, codificati nel sopra citato art. 4 del CGS FIGC, e dei quali il giudice sportivo è sempre tenuto a verificarne il rispetto ad opera di tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento federale. Il tutto, non trascurando le conseguenze pregiudizievoli occorse all’immagine della FIGC a seguito del risalto mediatico suscitato dalla vicenda in esame, in uno con il richiamo al disposto di cui all’art. 5, comma 1, del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, avuto riguardo, in particolare, a quel dovere di correttezza, rettitudine morale e rifiuto di adottare comportamenti violenti che integra e completa il grado di diligenza che le persone (e gli organismi) soggette all’osservanza delle norme federali e dei doveri previsti e sanzionati dal Codice di Comportamento Sportivo devono mantenere in ogni rapporto anche di natura sociale. La citata giurisprudenza ha, infatti, costantemente sancito il principio secondo cui il citato art. 4, comma 1, del C.G.S. rappresenta un canone generale di comportamento, in sé specifico e permanente, tale da costituire, in ipotesi di violazione, fattispecie disciplinarmente rilevante in via autonoma, configurabile in tutti quei casi nei quali soggetti appartenenti all’ordinamento federale pongano in essere comportamenti che, come nella fattispecie in esame, violino i principi di lealtà, probità e correttezza posti - si ripete - a fondamento dell’ordinamento sportivo (in tale senso, ex multis, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione n. 66/2020; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione n. 121/2021).
1.7. Le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport rinviavano, quindi, il giudizio alla Corte Federale FIGC, invitandola ad accertare e valutare “i fatti, in sé, ascritti al tesserato omissis, avendo quale parametro valutativo quanto espresso nella presente decisione ai punti II.I e II.II; ferma restando la necessità, da parte della CFA, di procedere allo scrutinio sopra declinato, nonché facendo applicazione del seguente principio di diritto: “L’art. 4, comma 1, del CGS FIGC, in combinato disposto con gli artt. 3, co. 1, del CGS FIGC, 13 bis, co. 3, dello Statuto del CONI, 2, 5, co. 1, 12 e Allegato A del Codice di Comportamento Sportivo CONI, considerato che i principi ivi esposti (lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco) investono non solo il corretto esercizio di una posizione soggettiva, estendendosi necessariamente anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, deve essere interpretato nel senso che, nel momento in cui la condotta implichi (per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito) una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva, è fatto obbligo a tutti i soggetti, e agli organismi, sottoposti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale, in ogni rapporto non solo di natura agonistica, ma anche economico e/o sociale, nonché di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti”.
1.8. Instaurato il giudizio di rinvio, la difesa del deferito depositava memoria difensiva in data 08/03/2023, con la quale chiedeva di : a) sospendere il presente giudizio disciplinare in forza di quanto rilevato in via pregiudiziale nelle proprie difese; b) dichiarare la fattispecie contestata non sussumibile in nessuna delle norme previste dai Codici, dai Regolamenti e dagli Statuti sportivi; c) accertare l’assenza nel caso di specie degli elementi tipici della fattispecie e/o l’assenza degli elementi di prova a sostegno della contestazione disciplinare; d) prosciogliere nel merito il Sig. omissis.
1.9. All’udienza del giorno 13 marzo 2024, tenutasi in modalità mista (essendo in presenza i componenti della Corte Federale e il difensore del soggetto deferito e, invece, collegato da remoto il rappresentante della Procura Nazionale dello Sport), l’avv. Marco Ierardi, per la Procura Nazionale dello Sport, insisteva per l’irrogazione della sanzione disciplinare richiesta con il deferimento, mentre l’Avv. Flavia Tortorella, procuratrice del reclamato, chiedeva la sospensione del procedimento e, in ogni caso, il proscioglimento del proprio assistito.
1.10. All’esito della discussione, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.Torna all’esame della Corte Federale, a seguito del rinvio disposto dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, la vicenda riguardante il calciatore omissis, deferito dalla Procura Nazionale dello Sport per rispondere “della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., ovvero del dovere fatto a tutte le persone e gli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, in combinato disposto, giusto il coordinamento tra il Codice di Giustizia Sportiva FIGC e le norme CONI previsto dall’art. 3 co. 1 del C.G.S. (<< Il Codice è adottato in conformità a quanto disposto ... dallo Statuto del CONI e ... dal Codice CONI>>), con gli artt. 2 e 5 co.1 del Codice di Comportamento Sportivo CONI, che impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo, oltre al rispetto del principio di lealtà, di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti, per avere lo stesso la sera/notte tra il omissis, in concorso con altri soggetti ma ciascuno di essi con un proprio autonomo apporto causale, dopo aver fissato un appuntamento e aver ottenuto la presenza di una giovane donna (omissis) presso una abitazione sita in omissis abusato sessualmente di costei inducendola con violenza a compiere e/o subire atti sessuali, nonché, nell’occasione colpito - altresì - la stessa con forza in più parti del corpo, scattando foto e riprendendola durante gli abusi esercitati”.
2.1. Il rinvio è stato disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport affinché questa Corte Federale faccia applicazione, nel giudicare la vicenda de qua, del principio di diritto innanzi riportato quale parametro valutativo della condotta in contestazione, dopo aver previamente accertato e valutato fatti (cfr. incipit del paragrafo II.III della decisione de Collegio di Garanzia: “Il ricorso della Procura Generale merita, pertanto, accoglimento in parte qua, con rinvio alla Corte Federale che dovrà, dunque, accertare e valutare i fatti, in sé, ascritti al tesserato omissis...”).
2.2. Ora è noto che, secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, “il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento” (Cass. civ., sez. II; 02/02/2024, n. 3150) e che “la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso, nel quale, da un lato, è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove (eccetto il giuramento decisorio), nonché conclusioni diverse, salvo che queste siano rese necessarie da statuizioni della sentenza dì cassazione, e, dall'altro, al giudice di rinvio competono gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata. Nel caso in cui la sentenza sia stata cassata per violazione di legge e per vizi di motivazione, il giudice del rinvio conserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento alla luce del principio affermato, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati” (Cass. civ., sez. II, 14/11/2017, n.26894).
2.3. Questa Corte deve, dunque, in ossequio alla regula juris enucleata dal Collegio di Garanzia dello Sport, accertare e valutare se la condotta ascritta al tesserato omissis in occasione di quanto accaduto nella notte tra il omissis - attualmente costituente oggetto di un procedimento penale, conclusosi in primo grado con la condanna del predetto tesserato e in attesa dell’esito del giudizio di appello - pur se non tenuta nello svolgimento, a causa o in occasione di attività sportiva (c.d. attività extra-funzionale), abbia determinato “per il modo in cui la persona si è comportata e per il contesto in cui ha agito” la “compromissione di quei valori e doveri di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale cui si ispira l’ordinamento sportivo, codificati nel sopra citato art.4 del CGS FIGC, e dei quali il giudice sportivo è sempre tenuto a verificare il rispetto ad opera di tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento federale” (cfr. motivazione della decisione del Collegio di Garanzia, par. II.II, p.18).
2.4. E’, altresì, noto che il legislatore nazionale, con il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39, recante “Semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi”, emanato in attuazione della legge delega n.86/2019 ed entrato in vigore il 31 agosto 2022, all’art.16 “Fattori di rischio e contrasto alla violenza di genere nello sport”, ha fatto obbligo alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate, agli enti di promozione sportiva e alle associazioni benemerite di redigere, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del detto decreto, “le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell'attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Le linee guida vengono elaborate con validità quadriennale sulla base delle caratteristiche delle diverse Associazioni e delle Società sportive e delle persone tesserate.” (comma 1) e che il comma 5 del richiamato art.16 prevede, inoltre, che “I regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite devono prevedere sanzioni disciplinari a carico dei tesserati che abbiano violato i divieti di cui al capo II del titolo I, libro III del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero siano stati condannati in via definitiva per i reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 604-bis, 604-ter, 609bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinques, 609-octies, 609-undecies del codice penale”. In tal modo, il legislatore ha selezionato una serie di condotte penalmente rilevanti, di particolare gravità, per le quali gli ordinamenti sportivi federali devono approntare una normativa interna per sancirne il rilievo in sede disciplinare; il legislatore federale ha provveduto ad adottare in data 31 agosto 2023 le Linee guida di cui innanzi (v. Comunicato Ufficiale n.87/A del 31 Agosto 2023), ma non risulta, allo stato, che vi sia stata l’integrazione regolamentare, prescritta dal richiamato comma 5 dell’art.16, in punto di previsione di specifiche sanzioni disciplinari in relazione alle condotte sussumibili nelle suindicate fattispecie di reato
2.5. Precisato il thema decidendum del presente giudizio di rinvio, delineato il quadro normativo di riferimento e focalizzato, in virtù del principio di diritto enucleato dal Collegio di Garanzia dello Sport, il precetto normativo della cui violazione, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, il calciatore omissis deve essere chiamato a rispondere in via disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva, la Corte osserva - in disparte dai limiti che, in via generale, naturalmente incontra l’esercizio dei poteri istruttori degli organi inquirenti federali rispetto a condotte non riconducibili in via immediata allo svolgimento dell’attività sportiva (non costituendo questa né causa, né motivo, né occasione della condotta in contestazione) quanto, piuttosto, alla sfera privata del soggetto tesserato (cd. attività extrafuzionale) – che, in primo luogo, nel caso di specie, né la Procura Federale né la Procura Nazionale dello Sport hanno svolto autonomi atti di indagine, pur con i limiti appena accennati, per accertare i fatti (sebbene, nel caso della Procura Nazionale dello Sport quest’ultima avesse disposto l’avocazione del procedimento in danno della Procura
Federale FIGC, ravvisando “l’esigenza di procedere ad ulteriori attività di indagine relativamente al procedimento”, cfr. premessa dell’atto di deferimento); in secondo luogo, che neppure è stato possibile acquisire gli atti del procedimento penale avviato a seguito della notitia criminis per aver denegato il GUP presso il Tribunale di omissis l’accesso agli atti del procedimento ai sensi dell’art.116 c.p.p., sul rilievo dell’insussistenza di un interesse, riservandosi solo la successiva trasmissione della sentenza, una volta redatta la relativa motivazione.
2.6. Ne consegue che, allo stato degli atti, fermi restando il principio di autonomia sancito dall’art.3, comma 3, CGS FIGC e la disciplina dettata dall’art.39 CGS CONI in punto di efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari, questa Corte non può accertare né valutare i fatti al lume del parametro normativo individuato dal Collegio di Garanzia dello Sport, non avendo di tali fatti piena cognizione ed essendo gli stessi ancora sub judice nell’ambito di un procedimento penale tuttora in corso.
2.7. Si impone, pertanto, la sospensione dei termini di conclusione del giudizio disciplinare ai sensi dell’art.38, comma 5, CGS CONI, in forza del richiamo operato dall’art.3, comma 2, CGS FIGC, e dell’art.110, comma 5, CGS FIGC sino alla definizione del giudicato in sede penale (irrevocabilità della sentenza di condanna, definitività della decisione di proscioglimento o della sentenza di assoluzione).
2.8. Per la riattivazione del giudizio disciplinare è fatto onere alle parti, secondo il rispettivo interesse e in forza del combinato disposto dell’art.2, comma 6, CGS CONI e dell’art.297 c.p.c., di assumere la relativa iniziativa nel termine di tre (3) mesi dalla formazione del giudicato nei termini come innanzi precisati.
P.Q.M.
Dichiara la sospensione dei termini di conclusione del presente giudizio disciplinare, ai sensi dell'art. 38, comma 5, lettera a), del CGS CONI, dell'art. 3, comma 2, e dell'art. 110, comma 5, del CGS FIGC, sino alla formazione del giudicato in sede penale.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ida Raiola Marco Lipari
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce