F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0118/CFA pubblicata il 17 Maggio 2024 (motivazioni) – A.S.D. Zaule Rabuiese-sig. Luigi Giani/Procura Federale Interregionale
Decisione/0118/CFA-2023-2024
Registro procedimenti n. 0116/CFA/2023-2024
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Domenico Giordano – Componente
Vincenzo Barbieri - Componente
Marco Baliva - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo n. 0116/CFA/2023-2024 proposto dalla società A.S.D. Zaule Rabuiese e dal sig. Luigi Giani in data 09.04.2024,
per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale c/o Comitato Regionale Friuli Venezia Giulia n. 93/TFT del 05.04.2024;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza del 07.05.2024, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Marco Baliva e uditi l’Avv. Paolo Furlan per i reclamanti e l’Avv. Alessandro D’Oria per la Procura federale interregionale.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Innanzi alla Corte d’appello territoriale veniva chiamata la controversia tra la ASD Zaule Rabuiese e la ASD Murgia Fortitudo, avente ad oggetto la posizione di un calciatore squalificato. La ASD Murgia Fortitudo contestava che il reclamo della società ASD Zaule Rabuiese risultasse non notificato alla pec della reclamata all’indirizzo asdmugliafortitudo.lnd@pec.it.
La società ASD Zaule Rabuiese, al fine di dimostrare che la notifica via PEC sarebbe stata regolare e che, ove fosse stato errato l’indirizzo utilizzato, il messaggio sarebbe tornato al mittente come rifiutato dal sistema, provvedeva a depositare una pec da essa inviata all’indirizzo minchiasticazzipippo@pec.it, evidentemente inesistente, e come tale rifiutata al sistema.
In quel giudizio la società ASD Zaule Rabuiese otteneva ragione ma il collegio testualmente sul punto così disponeva.
“La richiesta di condanna alle spese da porsi a carico della ASD Murgia Fortitudo formulata dalla ASD Zaule Rabuiese ex art 55 I c CGS FIGC non può essere accolta, in ragione del comportamento processuale tenuto da quest’ultima che, quale proprio allegato3, un documento (inoltro a indirizzo PEC di Fantasia minchiasticazzipippo@pec.it per dimostrare che il tenore della mancata consegna della PEC che avrebbe ottenuto se l’indirizzo fosse stato inattivo ) dalla formulazione oggettivamente sconveniente e non consona al rispetto che si deve tanto alla propria controparte e agli organi di giustizia sportiva cui ci si rivolge.
L’allegato n.3 alla memoria della ASD Zaule Rabuiese va pertanto espunto dagli atti del procedimento ai sensi dell’art 89II c.p.c., provvedendone l’inoltro alla Procura federale assieme alla memoria cui è allegata, perché valuti se l’utilizzo di un documento contenente un indirizzo di fantasia. avente quello specifico tenore prodotto davanti all’organo di giustizia sportiva scambiati con la controparte costituisca violazione dell’art 4 comma 1 CGS che richiede ai soggetti di cui all’art 2 comma 1 e dunque anche alle società e a chi le rappresenti di rispettare i principi di lealtà correttezza e probità in ogni rapporto riferibile alla attività sportiva di cui all’art 44 CGS.”.
La Procura federale provvedeva quindi ad aprire un procedimento disciplinare nei confronti del sig. Luigi Giani e della sua società ASD Zaule Rabuiese, con conseguente loro deferimento innanzi al Tribunale territoriale federale, per le seguenti ragioni:
“1.- il sig. Luigi Giani, all’epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società A.S.D. Zaule Rabuiese:
- della violazione degli artt. 4, comma 1, e 44, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per avere lo stesso, nel corso del procedimento pendente dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello Territoriale del Comitato Regionale Friuli Venezia Giulia instaurato a seguito del reclamo della società A.S.D. Muglia Fortitudo avverso la decisione del Giudice Sportivo Territoriale della delegazione distrettuale di Trieste pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 23 del 5.10.2023 all’esito della gara A.S.D. Zaule Rabuiese – A.S.D. Muglia Fortitudo, depositato una “ricevuta di mancata consegna pec” relativa ad un messaggio di posta elettronica certificata che sarebbe stato inviato all’indirizzo inesistente denominato “minchiasticazzipippo@pec.it”, contenente vocaboli palesemente volgari e sconvenienti;
2.- la società A.S.D. Zaule Rabuiese a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva per gli atti ed i comportamenti posti in essere dal sig. Luigi Giani, così come descritti nel precedente capo di incolpazione”.
All’esito del giudizio, il Collegio di I° grado irrogava a Luigi Giani l’inibizione di 3 mesi e alla società l’ammenda di € 600,00.
Proponevano reclamo avverso la decisione del Tribunale sia il sig. Luigi Giani che la società ASD Zaule Rabuiese, formulando 3 motivi di doglianza, assumendo il vizio di motivazione della decisione per illogicità ed erroneità e per violazione dell’art 44, comma 1, CGS FIGC nonché per erroneità e/o falsa applicazione degli art. 589 e 51 c.p., nonché per erroneità e/o falsa applicazione dell’art 98 c.p.c. per sussistenza del ne bis in idem, nonché per contraddittorietà della motivazione; ed infine censurando la decisione per omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo a sostegno della difesa.
Insistevano per la riforma integrale della decisione con proscioglimento del sig. Giani e della ASD Zaule Rabuiese e, in subordine, chiedevano di ridurre la sanzione stessa nella misura ritenuta di giustizia, trovando applicazione le circostanze attenuanti di cui al comma 1, lettera b), ed al comma 2 dell'art. 13 CGS FIGC.
Si costituiva con memoria la Procura federale, che preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del reclamo per non essere stato comunicato all’ufficio, il quale sarebbe venuto alla sua conoscenza soltanto con la fissazione della udienza. Nel merito contestava il reclamo stesso, e, senza rinunciare alla eccezione preliminare, ne chiedeva il rigetto.
La vicenda veniva chiamata alla udienza del 7.5.2024, tenutasi in videoconferenza, e in quella sede la difesa dei reclamanti prendeva atto della eccezione preliminare della Procura ed insisteva per l’accoglimento del secondo motivo ritenuto rilevabile d’ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente la Corte rileva come il reclamo è inammissibile per non essere stato comunicato alla Procura federale, come peraltro eccepito dalla stessa.
Infatti l’art 101, comma 2, CGS prescrive che: “Il reclamo deve essere depositato…. presso la segreteria della Corte federale di appello e trasmesso alla controparte …..”.
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte confermato l’inammissibilità del reclamo ove comunicato al solo organo che ha deciso, omettendo di comunicarlo alla Procura federale (Commissione d’appello federale, n. 18/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 22/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 40/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 51/2006-2007; Corte di giustizia federale, Sez. III, n. 191/2009-2010; Corte di giustizia federale, Sez. I, n. 227/2008-2009; Corte di giustizia federale, Sez. III, n. 275/2008-2009; Corte federale d’appello, Sez. III, n. 32/2018-2019; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 19/2019-2020; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 61/2019-2020).
Gli stessi reclamanti, del resto, all’udienza hanno riconosciuto tale omissione, sollecitando, peraltro, la rilevabilità d’ufficio del secondo motivo del proprio ricorso.
Ma anche a voler affrontare, per completezza, il merito della vicenda, il gravame è comunque infondato.
Con il primo motivo i reclamanti censurano la decisione di I° grado assumendo l’applicazione della causa di non punibilità contenuta nell’art. 598 c.p., secondo cui “Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.”.
Ebbene, al di là della circostanza che tale disposizione non appare applicabile al di fuori dei giudizi penali – e tanto meno in un giudizio affatto peculiare quale quello sportivo - il motivo è comunque infondato.
Ciò che ha correttamente censurato il Giudice di prime cure non è l’utilizzazione dell’indirizzo di posta elettronica fittizio, asseritamente funzionale a dimostrare una tesi meramente difensiva, ma l’utilizzo assolutamente non pertinente e offensivo di quell’indirizzo, creato ad arte dagli stessi reclamanti.
Sull’interpretazione dell’art. 598 c.p. ha avuto modo, recentemente, di pronunciarsi la Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. VI, n. 22376/2022), che ha così ritenuto:
- secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p. è necessario che le espressioni ingiuriose siano adoperate in scritti o discorsi dinanzi all'autorità giudiziaria e concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta, quand'anche non necessarie o decisive (tra tante, Sez. 5, n. 8421 del 23/01/2019, Rv. 275620). L'espressione oggettivamente ingiuriosa non deve essere quindi gratuita, ma deve essere funzionale all'esercizio del diritto di difesa, non potendo costituire il mero richiamo ad esigenze difensive il pretesto per svillaneggiare impunemente le parti processuali. Come ha evidenziato la Corte costituzionale, la tutela della libertà della difesa, che potrebbe non essere efficiente se non fosse libera dalla preoccupazione di possibili incriminazioni per offese all'altrui onore e decoro, non attribuisce infatti una singolare facoltà di offendere (sent. n. 380 del 1999);
- sul tema dell'abuso delle facoltà difensive, si è già da tempo pronunciata la giurisprudenza di legittimità, ponendo in risalto anche i pronunciamenti delle istanze giudiziarie sovranazionali sul tema (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251496). Il diritto di difesa trova invero il suo limite quando trasmodi "in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale" (Sez. U. civ., n. 23726 del 15/11/2007, Rv. 599316) o si esprima in condotte "manifestamente contrarie alla finalità per la quale il diritto è riconosciuto" e che ostacoli il buon funzionamento dell'autorità giudicante e il buono svolgimento del procedimento dinanzi ad essa (Corte EDU, Molubovs e altri c. Lettonia, p.p. 62 e 65; Corte EDU, 18/11/2011, Petrovic c. Serbia) o per far valere un diritto che confligge con gli scopi di questo (Corte U.E., 20/09/2007, Tum e Dari, p. 64; 21/02/2006, Halifax e a., e ivi citate, p. 68). Muovendo dagli arresti della giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, della Corte di Strasburgo e della Corte di Lussemburgo, la Suprema Corte nella sentenza Rossi ha enucleato la nozione di abuso del processo, quale vizio, per sviamento, della funzione, che si concreta quando l'imputato realizza uno "sviamento" della funzione dei diritti o delle facoltà che l'ordinamento processuale astrattamente gli riconosce, esercitandoli per scopi diversi da quelli per i quali gli sono riconosciuti.
Orbene, nella fattispecie in esame manca il riferimento diretto ed immediato all’oggetto della controversia della espressione offensiva, che nulla apporta e nulla toglie alla tesi dei reclamanti in quella sede esposta, se non ritagliandosi un effetto strettamente riprovevole.
In altre parole, la stessa tesi difensiva poteva ben essere portata in evidenza, utilizzando qualsivoglia altro indirizzo di fantasia, e mai quell’indirizzo così volgare e offensivo nei confronti dell’organo giudicante e dell’intera giustizia sportiva.
Il Collegio di I° grado ha compiutamente richiamato anche l’art 4, comma 1, del CGS, declinando tutti i suoi elementi con ragionamento che questa Corte condivide in pieno.
Infatti val la pena di ricordare che l’adesione all’ordinamento sportivo ed alle federazioni sportive nazionali comporta, oltre che l’accettazione delle sue norme, la condivisione di una serie di principi etici, che rendono ben più alta l’asticella della condotta del tesserato, che non può limitarsi ad un generico comportamento conforme ai principi del buon padre di famiglia, ma gli impone un più alto livello di attenzione e rispetto nei confronti degli altri tesserati e del sistema cui intende partecipare.
Pertanto la decisione impugnata è immune da vizi e pienamente condivisa da questa Corte.
Del pari è infondato il secondo motivo, in base al quale i reclamanti contestano la violazione del ne bis in idem, assumendo che la espunzione dell’intitolazione della mail, pronunciata dalla Corte d’appello sportiva territoriale ex art. 89 c.p.c., rappresenti una pronuncia destinata a formare giudicato sul punto.
Occorre al riguardo osservare che l’art 89 c.p.c. – secondo cui il giudice può disporre che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive - rappresenta l’applicazione di una sanzione strettamente processuale, applicabile con la cancellazione della frase incriminata.
Tanto è vero che, per giurisprudenza costante, l'eventuale istanza di cancellazione presentata dalla parte, non costituisce una domanda giudiziale ma una semplice sollecitazione all'esercizio di questo potere officioso del giudice, di guisa che l'omesso esame di essa, o il provvedimento che la rigetta, non possono essere oggetto di impugnazione (Cass. Civ., Sez. III., n. 22186/2009)
Peraltro, in questa sede, l’utilizzazione di frase offensiva, più che meramente sconveniente, rappresenta di per sé una violazione disciplinare dell’art 4, comma 1, CGS, ben diversa dalla mera sanzione processuale della cancellazione.
Tant’è che la Corte territoriale, dopo aver espunto il richiamo offensivo ex art 89 c.p.c, ha rimesso gli atti alla Procura federale per la valutazione, sotto diverso e più grave profilo, di tale comportamento, anche ai sensi dell’art 4, comma 1, CGS.
Viene in rilievo, pertanto, ancora una volta l’art 4 CGS quale principio cardine dell’organismo sportivo e del suo ordinamento, che impone, a tutti e sempre, l’applicazione di un determinato comportamento, e il superamento del limite della norma stessa rappresenta di per sé violazione disciplinare; e ciò a prescindere dalla valutazione meramente processuale della sua espunzione del giudizio.
Quanto al terzo motivo, i reclamanti ne censurano l’omessa motivazione in quanto il Giudice di prime cure avrebbe omesso di motivare le ragioni a sostegno del proscioglimento degli odierni reclamanti contenute al “punto 8” della memoria difensiva.
Al riguardo occorre preliminarmente considerare che "la motivazione è apparente quando sussistono anomalie argomentative di gravità tale da porre la motivazione al di sotto del <<minimo costituzionale>> che si ricava dall'art. 111, comma 5, Cost. (<<Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati>>). Pertanto, dà luogo a nullità della sentenza solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé. Esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di <<sufficienza>> della motivazione, tale anomalia si identifica, oltre che nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva, tautologica, apodittica, oppure obiettivamente incomprensibile (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11/2018).
Tali condizioni all’evidenzia non si ravvisano nella decisione oggetto d’impugnazione.
In ogni caso il motivo è infondato in quanto il Giudice di I^ cure ha dettagliatamente e puntualmente risposto al motivo di difesa proposto anche in I° grado, specificando la sussistenza del rapporto professionale di mandato tra la parte ed il suo avvocato, e, conseguentemente, l’automatica riferibilità alla parte di quelle violazioni commesse all’interno del processo dal suo legale, peraltro professionalmente responsabile anche dell’inammissibilità del reclamo. Da lì discende l’immediata imputazione alla parte della violazione delle norme del CGS e la evidente volontarietà di tale violazione.
Il gravame proposto non incide sul passaggio del giudice di I^ cure, limitandosi a lamentarne l’omissione di motivazione, laddove la motivazione è pertinente ed articolata; la digressione sulla asserita mancanza di colpevolezza della parte per essere la violazione proposta a mero titolo di esempio e di scuola, è infondata e non intacca la correttezza della riflessione del I° grado, che sottolinea, in realtà, la consapevolezza dell’inserimento in atti del documento e del suo indirizzo, la oggettiva valutazione di volgarità e l’assoluta impertinenza di tale inserimento innanzi ad un organo di giustizia e ad una controparte.
Il reclamo, pertanto, va rigettato.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Baliva Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce