F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2023/2024 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0124/CFA pubblicata il 27 Maggio 2024 (motivazioni) – Presidente Federale/Omissis

Decisione n. 0124/CFA/2023-2024      

Registro procedimenti n. 0124/CFA/2023-2024

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri

Mario Luigi Torsello – Presidente

Vincenzo Barbieri – Componente

Roberto Caponigro – Componente

Luca De Gennaro - Componente

Antonella Trentini - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero n. 0124/CFA/2023-2024, proposto dal Presidente federale in data

22.04.2024,

per la riforma della decisione del Giudice sportivo territoriale presso il Comitato regionale Calabria - Delegazione provinciale di Vibo Valentia, pubblicata sul C.U. n. 37 del  22.02.2024;

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza del 17.05.2024, tenutasi in videoconferenza, la Cons. Antonella Trentini e uditi l’Avv. Nicola Galloro e l’Avv. Alberto Galloro per le controparti; nessuno è comparso per il reclamante.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con reclamo del 22-04-2024, notificato a mezzo PEC in pari data, il Presidente pro tempore della Federazione italiana giuoco calcio ha impugnato, ai sensi dell’art. 102 del Codice di giustizia sportiva (d’ora in avanti CGS), la decisione del Giudice sportivo territoriale presso il Comitato regionale Calabria, pubblicata sul C.U. n. 37 del 22-022024, ed in specie la misura della sanzione irrogata ai tesserati omissis, omissis e omissis.

1.1. Il Presidente della FIGC ha rappresentato nel reclamo quanto segue.

In data 17 febbraio 2024 nel corso della gara “omissis”, valevole per il Campionato U17 Provinciali C11 maschile del Comitato regionale Calabria - Delegazione provinciale di Vibo Valentia, Stagione sportiva 2023/2024, la gara veniva definitivamente sospesa dal Direttore di gara al 37’ minuto del 2° tempo, sul risultato di 1-2 in favore della squadra ospite, a causa di fatti violenti, così riassunti:

- al 36’ minuto del tempo regolamentare il calciatore omissis dalla panchina lanciava due bottigliette di plastica piene d’acqua che colpivano entrambe il direttore di gara alla nuca;

- faceva seguito l’espulsione del precitato tesserato, il quale, a seguito della sospensione della gara, si alzava dalla panchina e raggiungeva l’arbitro, colpendolo con un calcio alla spalla sinistra, provocandogli forte dolore;

- l’arbitro tentava di raggiungere lo spogliatoio per mettersi al riparo ma alcuni tesserati della società omissis gli impedivano di rientrare negli spogliatoi; nello specifico il direttore di gara riconosceva alcuni calciatori, fra cui omissis e omissis, che pure gli usavano violenza. In specie, omissis lo strattonava dalla maglia e lo colpiva con un pugno alla spalla destra, provocandogli forte dolore, rivolgendogli nel contempo frasi offensive ed ingiuriose; mentre omissis lo colpiva con un violento schiaffo sulla guancia destra, provocandogli anch’egli un forte dolore;

- solo l’intervento delle forze dell’ordine consentiva all’arbitro di raggiungere gli spogliatoi e la propria autovettura fino all’uscita del paese;

- a causa del dolore persistente, l’arbitro decideva di recarsi al Pronto soccorso di Vibo Valentia, dove venivano svolti accertamenti sanitari con prognosi di 4 giorni.

Tutto ciò emerge nel referto del Direttore di gara e nel supplemento di referto.

1.2. Il Giudice sportivo territoriale presso il Comitato regionale Calabria, acquisiti gli atti arbitrali ufficiali, decideva di infliggere ai tesserati sopra citati l’identica sanzione della squalifica fino a tutto il 30-06-2026, ritenendo di configurare condotte violente nel comportamento dei calciatori suddetti nei confronti di un ufficiale di gara, rientranti tra quelle previste dall’art. 35 CGS, attesi gli atti intenzionali diretti a produrre una lesione personale, concretizzatisi in azioni impetuose ed incontrollate, connotate da volontaria aggressività, secondo la definizione del legislatore federale.

1.3. La Corte sportiva d’appello territoriale del Comitato regionale Calabria, frattanto adita dalla omissis avverso il deliberato n. 37/2024 del Giudice sportivo presso la Delegazione provinciale di Vibo Valentia - (limitatamente a: squalifica fino al 30-06-2026 dei succitati calciatori e all’ammenda di € 200,00 e penalizzazione di 6 (sei) punti in classifica a carico della Società omissis nel Campionato Under 17 Provinciale) - preso atto dei comportamenti dei tesserati e delle motivazioni addotte dalla Società nel reclamo, riteneva congrue ed adeguate le sanzioni inflitte ai calciatori all'entità dei fatti contestati ed accertati, considerate le lesioni personali subite dal direttore di gara, attestate da referto medico rilasciato da una struttura sanitaria pubblica; deliberava invece la riduzione della penalizzazione a carico della Società, in considerazione della circostanza ritenuta attenuante e ravvisata nel fatto che i dirigenti dell’omissis erano prontamente intervenuti per limitare le conseguenze delle aggressioni, per come riferito dal direttore di gara.

1.4. La F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, ha proposto reclamo ai sensi dell’art. 102 CGS avverso la decisione del Giudice sportivo territoriale n. 37 del 22-02-2024.

Lamenta la Federazione la sproporzione tra la gravità dei fatti violenti in danno dell’arbitro e la sanzione inflitta dal Giudice sportivo territoriale ai tesserati summenzionati, della squalifica fino al 30-06-2026, vale a dire per un totale di 28 mesi dall’accadimento (i.e. 2 anni e 4 mesi), ritenuta errata in quanto inferiore al minimo edittale previsto dal comma 4, dell’art. 35 CGS, nel testo vigente dal 19-4-2023, che fissa la misura minima della sanzione in anni 4.

1.5. Si sono costituiti il 13-05-2024 i calciatori suddetti e la Società omissis, contestando preliminarmente l’inammissibilità del reclamo per essere diretto avverso la decisione del Giudice sportivo territoriale del 22-02-2024 anziché contro la decisione della Corte sportiva di appello territoriale dell’11-03-2024, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n°131 del 12 marzo 2024, decisione quest’ultima che sarebbe così divenuta definitiva.

In data 17 maggio 2024 si teneva l’udienza dinanzi alle Sezioni unite, all’esito della quale il Collegio pronunciava il dispositivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare va valutata l’eccezione formulata dai reclamati di inammissibilità del gravame “per definitività del provvedimento costituito dalla decisione della Corte sportiva di appello territoriale di Catanzaro del 11.03.2024”.

Secondo tale eccezione come sopra detto - la FIGC ha impugnato la decisione del Tribunale sportivo territoriale presso il Comitato regionale Calabria in luogo di quella della Corte sportiva di appello territoriale, adita dalla Società omissis, che aveva accolto parzialmente il reclamo, confermando la pronuncia del primo giudice con riguardo alle squalifiche irrogate ai calciatori e riformando, invece, la parte sanzionatoria a carico della Società, riducendone la penalizzazione. Tale ultima decisione risulterebbe, quindi, non impugnata ed avrebbe perciò acquisito autorità di cosa giudicata.

L’eccezione è fondata.

In termini generali, il Collegio osserva che la sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado (cfr. Cass. Civ., Sez. III, sent. 13-112018, n. 29021; Cass. Civ., sez. III, sent. 14-11-2022, n. 33443; Cass. Civ. 25-5-1998, n. 5212), salvo nei casi di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell'appello. Per quanto riguarda in particolare - il processo sportivo, possono applicarsi anche al giudizio che si svolge innanzi alla Corte sportiva d’appello gli esiti interpretativi cui si è giunti con riguardo al giudizio d’appello proprio di questa Corte federale: si tratta di un rimedio rivolto a provocare un riesame della causa nel merito, non limitato necessariamente al controllo di vizi specifici (rimedio a critica libera), caratterizzato da un effetto devolutivo che si produce nei limiti dell’impugnazione proposta («tantum devolutum quantum appellatum»), di carattere “prevalentemente” cassatorio o impugnatorio (revisio prioris instantiae), all’esito del quale – per quanto soprattutto rileva in questa sede - si produce un effetto sostitutivo della decisione del giudice di appello a quella impugnata.

Nel caso sottoposto all’esame di questa Corte, tra l’altro, la decisione del giudice sportivo d’appello ha riformato la pronuncia del giudice sportivo di primo grado, accogliendo parzialmente il reclamo.

La decisione da gravare, pertanto, non era la decisione del Giudice sportivo in primo grado del 22 febbraio 2024 ma quella della Corte sportiva di appello territoriale dell’11 marzo 2024, pubblicata sul Comunicato Ufficiale n°131 del 12 marzo 2024.

A diversa conclusione non si perviene ricorrendo al principio secondo cui l'individuazione degli atti impugnati deve essere operata non già con riferimento alla sola epigrafe, bensì in relazione all'effettiva volontà del ricorrente, quale desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure dedotte.

Difatti, nel caso di specie, dal corpo e dalle conclusioni del reclamo emerge la piena conoscenza della decisione di appello (cfr. pag. 5 del reclamo) e in tale gravame sono ripetutamente contestate le statuizioni della decisione di primo grado quale oggetto d’impugnazione, tanto nell’incipit del reclamo, quanto nelle conclusioni, ove è testualmente ritenuta errata la decisione del Giudice sportivo territoriale di “squalificare fino al 30-06-2024 i tesserati de quibus”, chiedendo, nelle conclusioni, “che la decisione del Giudice sportivo territoriale presso il Comitato Regionale Calabria – Delegazione Provinciale di Vibo Valentia pubblicata con C.U. n. 37 del 22-02-2024 debba essere riformata (..)”.

Questa Corte, pertanto, non può che dichiarare inammissibile il reclamo proposto ex art. 102 C.G.S. poiché rivolto avverso una decisione di primo grado che è stata sostituita integralmente dalla decisione d’appello; quest’ultima, non essendo stata impugnata, continua a dispiegare effetti nell’ordinamento.

2. Resta, tuttavia, da esaminare il contenuto dell’atto difensivo dei reclamati sotto un diverso profilo.

In proposito questa Corte non può esimersi dal rilevare come detta memoria di costituzione contenga talune espressioni sconvenienti od offensive che, peraltro, esulano dall’oggetto della causa.

Esse, pertanto, devono essere fortemente biasimate dal Collegio.

L’art. 89 c.p.c. dispone espressamente che negli scritti presentati (e nei discorsi pronunciati) davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive, potendo il giudice, in ogni stato dell'istruzione, disporne la cancellazione. Tale disposizione, peraltro, richiama il comportamento preso in considerazione anche dal Codice deontologico forense, il cui art. 52 prevede espressamente che l’avvocato, nella redazione degli atti in giudizio e, comunque, nell’esercizio dell’attività professionale, deve evitare di utilizzare espressioni offensive o sconvenienti nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi.

La ratio delle citate norme è quella di assicurare che l'esercizio del diritto di critica e/o della funzione difensiva non ecceda le esigenze richieste dalla garanzia del contraddittorio e non vulneri il prestigio e il decoro dei soggetti del processo. E’ noto, al riguardo, che i rapporti tra le parti processuali e tra le parti e l’Autorità giudiziaria devono sempre essere improntati ai canoni della correttezza e della lealtà (art. 88 c.p.c.).

Dunque, a norma dell’art. 89 c.p.c., le espressioni contenute negli scritti difensivi non debbono, nella forma e nel contenuto, eccedere i limiti di un civile esercizio del diritto di difesa e di critica, sicché le manifestazioni passionali ed incomposte, caratterizzate dall’intento di offendere le controparti o il Giudice, costituiscono abuso di quel diritto, anche se le frasi abbiano attinenza con l’oggetto della lite.

Vieppiù quando tale attinenza manchi.

Recentemente questa Corte (CFA, SS.UU. n. 118/2023-2024) ha avuto modo di rilevare, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. VI, n. 22376/2022) che, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p. - secondo cui “Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo- è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta, quand'anche non necessarie o decisive (tra tante, Sez. 5, n. 8421 del 23/01/2019, Rv. 275620). L'espressione oggettivamente ingiuriosa non deve essere quindi gratuita, ma deve essere funzionale all'esercizio del diritto di difesa, non potendo costituire il mero richiamo ad esigenze difensive il pretesto per svillaneggiare impunemente le parti processuali. Come ha evidenziato la Corte costituzionale, la tutela della libertà della difesa, che potrebbe non essere efficiente se non fosse libera dalla preoccupazione di possibili incriminazioni per offese all'altrui onore e decoro, non attribuisce infatti una singolare facoltà di offendere (sent. n. 380 del 1999), Sul tema dell'abuso delle facoltà difensive, si è già da tempo pronunciata la giurisprudenza di legittimità, ponendo in risalto anche i pronunciamenti delle istanze giudiziarie sovranazionali sul tema (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251496). Il diritto di difesa trova invero il suo limite quando trasmodi "in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale" (Sez. U. civ., n. 23726 del 15/11/2007, Rv. 599316) o si esprima in condotte "manifestamente contrarie alla finalità per la quale il diritto è riconosciuto" e che ostacoli il buon funzionamento dell'autorità giudicante e il buono svolgimento del procedimento dinanzi ad essa (Corte EDU, Molubovs e altri c. Lettonia, p.p. 62 e 65; Corte EDU, 18/11/2011, Petrovic c. Serbia) o per far valere un diritto che confligge con gli scopi di questo (Corte U.E., 20/09/2007, Tum e Dari, p. 64; 21/02/2006, Halifax e a., e ivi citate, p. 68). Muovendo dagli arresti della giurisprudenza delle Sezioni Unite civili, della Corte di Strasburgo e della Corte di Lussemburgo, la Suprema Corte nella sentenza Rossi ha enucleato la nozione di abuso del processo, quale vizio, per sviamento, della funzione, che si concreta quando l'imputato realizza uno "sviamento" della funzione dei diritti o delle facoltà che l'ordinamento processuale astrattamente gli riconosce, esercitandoli per scopi diversi da quelli per i quali gli sono riconosciuti.

Le espressioni utilizzate nella memoria di costituzione si appalesano ancora più offensive o quantomeno sconvenienti - allorché si evidenzi che, poiché delle offese contenute negli scritti difensivi risponde sempre la parte anche quando provengano dal difensore (Cass. civ., Sez. III, n. 3274/2016; Cass. Civ. Sez. III, n. 11063/2002), tali espressioni collidono frontalmente con quanto previsto dall’art. 4 CGS, secondo cui “I soggetti di cui all'art. 2 … osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.”.

E’ noto, difatti, che l’adesione all’ordinamento sportivo ed alle federazioni sportive nazionali comporta, oltre che l’accettazione delle sue norme, la condivisione di una serie di principi etici, che rendono ben più alta l’asticella della condotta del tesserato, che non può limitarsi ad un generico comportamento conforme ai principi del buon padre di famiglia, ma gli impone un più alto livello di attenzione e rispetto nei confronti degli altri tesserati e del sistema cui intende partecipare (da ultimo, CFA, SS.UU. n. 118/2023-2024). E tale principio deve permeare anche il comportamento processuale delle parti.

Pertanto, in quanto sconvenienti od offensive, si dispone la cancellazione delle espressioni di seguito riportate contenute nella memoria di costituzione (pag. 4):

(i) «Su tutti il Presidente, che si rivolge a Corti formate con il Suo stesso concorso, cui contrapporre inermi ed indifesi ragazzi imbrigliati in coacervi normativi solo per questi ultimi inappellabilmente, implacabilmente ed inflessibilmente attuati. »;

(ii) «Nel quale Giudici e P.M. siedono, come Uffici, sopra e sotto nello stesso Palazzo.».

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il reclamo in epigrafe.

Dispone la cancellazione delle frasi sconvenienti od offensive ai sensi dell'art. 89 c.p.c..

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L’ESTENSORE                                                              IL PRESIDENTE

Antonella Trentini                                                             Mario Luigi Torsello 

 

Depositato 

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

 

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