CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 11 del 01/02/2023 – ASD Ecocity Futsal Genzano / Società ASD Lazio Calcio a 5
Decisione n. 11
Anno 2023
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente Angelo Maietta - Relatore Giuseppe Andreotta Giuseppe Musacchio Manuela Sinigoi - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 73/2022, presentato, in data 2 dicembre 2022, dalla ASD Ecocity Futsal Genzano, rappresentata e difesa dall’avv. Flavia Tortorella,
contro
la Società ASD Lazio Calcio a 5, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Cozzone,
nonché contro
la Divisione Calcio a 5 FIGC-LND, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Casarola, prof. Enrico Lubrano e prof. Filippo Lubrano,
e
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,
con notifica effettuata anche
alla Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio,
e
alla Procura Generale dello Sport presso il CONI,
per l’annullamento e/o la riforma
della decisione assunta dalla Corte Sportiva d'Appello della FIGC, pubblicata e notificata con C.U.
n. 032/CSA del 4 novembre 2022, che ha respinto il reclamo della suddetta ricorrente, nonché della decisione assunta dal Giudice Sportivo Nazionale presso la Divisione Calcio a 5, pubblicata con C.U. n. 099/DIV del 6 ottobre 2022, con le quali è stato respinto il ricorso della predetta società, con omologazione del risultato della gara S.S. Lazio – Ecocity Futsal Genzano del 24 settembre 2022, valevole per il Campionato Maschile di Serie A2.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 19 gennaio 2023, anche mediante la piattaforma telematica Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - ASD Ecocity Futsal Genzano - avv. Flavia Tortorella; l’avv. Enrico Lubrano, per la resistente Divisione Calcio a 5; l’avv. Giancarlo Viglione, assistito dall’avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC; l’avv. Michele Cozzone, per la resistente ASD Lazio Calcio a 5; il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Antonino Ilacqua, per la Procura
Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. prof. Angelo Maietta.
Fatto
1. Con ricorso del 2 dicembre 2022, la ASD Ecocity Futsal Genzano (d’ora in avanti anche solo Genzano) ha adito il Collegio di Garanzia domandando l’annullamento della decisione della Corte Sportiva d'Appello della FIGC, pubblicata e notificata con C.U. n. 032/CSA del 4 novembre 2022, e della decisione assunta dal Giudice Sportivo Nazionale presso la Divisione Calcio a 5, pubblicata con C.U. n. 099/DIV del 6 ottobre 2022, con le quali è stato rigettato il ricorso promosso dall’odierna ricorrente, concernente la regolarità della gara S.S. Lazio - Ecocity Futsal Genzano del 24 settembre 2022, valevole per il Campionato Maschile di Serie A2.
I fatti di causa prendono le mosse dal predetto match del Campionato Nazionale Maschile Serie
A2 della Divisione Calcio A 5, disputatosi lo scorso 24 settembre tra la Lazio e il Genzano e terminata con il risultato di 4-4.
Seguiva il giorno successivo la trasmissione di preannuncio di reclamo al Giudice Sportivo, integrato con motivi il successivo 27 settembre, da parte del Genzano, ove veniva contestata la regolarità della gara per la posizione irregolare del calciatore Chilleli, schierato in campo dalla Lazio, su cui residuava dal precedente campionato una giornata di squalifica da scontare, in tesi, esclusivamente con la prima squadra nella prima partita utile del Campionato 2022/2023.
Per contro, si eccepiva che tale squalifica fosse stata scontata dal calciatore della Lazio nella gara di “Coppa della Divisione” tra United Pomezia e Lazio, svoltasi in data 17 settembre 2022, la quale, ai sensi dei CC.UU. n. 1 del 19 luglio 2022, n. 14 del 12 agosto 2022, n. 18 del 24 agosto 2022, sarebbe da considerarsi una “attività ufficiale della divisione”.
2. Il Giudice Sportivo della Divisione, con la menzionata decisione, respingeva il reclamo, omologando detto risultato maturato sul campo, confermando che «la squalifica residua va scontata nella prima gara di una competizione ufficiale diversa dalla Coppa Italia (o dalla Coppa Regioni), sia essa il campionato o anche altra manifestazione ufficiale quale ad esempio la Coppa della Divisione.
… il calciatore Tiziano Chilleli, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, ha potuto validamente scontare la giornata di squalifica pregressa nella prima gara di una manifestazione
ufficiale diversa dalla Coppa Italia, ossia sia nella gara di Coppa della Divisione disputata il 17/09/2022 (gara United Pomezia C5 – S.S. Lazio C5), circostanza effettivamente avvenuta come da accertamenti effettuati, con la conseguenza che lo stesso ha preso parte al successivo incontro del 24/09/2022 in posizione regolare».
3. Decidendo sul gravame proposto dal Genzano, la Corte Sportiva di Appello, con la decisone impugnata, lo rigettava. La Corte, ragionando sull’art. 19, commi 4 e 6, e sull’art. 21, comma 6, del CGS FIGC, evidenziava, sul tema, il «principio di separazione delle competizioni o di c.d. “omogeneità”, in virtù del quale “si tende, ove è possibile, a far in modo che la squalifica venga scontata nella categoria e competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato”; solo ove ciò non sia possibile trova applicazione il (diverso e sussidiario) principio della c.d. effettività (i.e. afflittività) della sanzione irrogata, “il quale impone che la sanzione debba, comunque, essere scontata e non affidata al mero potere discrezionale della società di appartenenza”… Tanto premesso, va considerato nella specie che con Comunicato Ufficiale n. 1 LND – Divisione calcio a 5 del 19 luglio 2022, nella perimetrazione della “Attività ufficiale della Divisione”, è stata espressamente inclusa la “Coppa della Divisione Maschile”. Con successivi Comunicati Ufficiali n. 14 del 12 agosto 2022 e n. 18 del 24 agosto 2022 è stato adottato anche il Regolamento di tale Coppa, il quale peraltro, proprio in relazione ai provvedimenti disciplinari (cfr. art. 16, rubricato “Cartellini gialli e rossi”) stabilisce che “La Coppa della Divisione è una competizione ufficiale”, regolando subito dopo il regime di cumulo delle ammonizioni ed esecuzione delle squalifiche.
Dal che emerge chiaramente come la Coppa della Divisione costituisca una competizione ufficiale del calcio a 5, non rilevando in senso contrario il sol fatto che l’art. 30 del Regolamento della LND non la contempli espressamente: al di là della considerazione che siffatta disposizione non preclude l’istituzione di altre competizioni ufficiali, e che l’attività federale può ben esplicarsi al riguardo (anche) attraverso Comunicati Ufficiali, è dirimente in merito il richiamo all’art. 48 N.o.i.f., in forza del quale “attività non ufficiale” è quella “relativa a tornei e gare amichevoli organizzate dalle società nonché le manifestazioni per l’attività ricreativa ed ogni altra attività” (comma 2), mentre “Attività ufficiale è quella relativa ai Campionati e ad ogni altra manifestazione la cui organizzazione è demandata secondo lo Statuto alle Leghe, alle Divisioni, al Settore per l'Attività Giovanile e Scolastica ed ai Comitati” (comma 1; in coerenza, cfr. anche il suddetto Comunicato
n. 1, sub punto III.1: “L’attività ufficiale è quella relativa ai Campionati ed ogni altra manifestazione la cui organizzazione è demandata alla Divisione calcio a 5”).
Del resto la dedotta non ufficialità della Coppa della Divisione risulterebbe a sua volta inconciliabile con la disciplina positiva stabilita (pro futuro: cfr. infra) dal menzionato Comunicato Ufficiale n. 18, che pone un regime di cumulo e omogeneità nel corso delle competizioni rispetto alla Coppa Italia, manifestazione avente senz’altro natura ufficiale (cfr. Regolamento Coppa Divisione, sub art. 16.01 e 16.04).
Chiarita la natura di competizione ufficiale ascrivibile alla Coppa della Divisione va compreso ora quale sia il regime di esecuzione delle sanzioni che le è riferibile e, in particolare, come la stessa si collochi nel quadro regolatorio stabilito dall’art. 19, comma 4 e 6, C.G.S.
Una precisa indicazione al riguardo proviene dal citato Comunicato n. 18, il quale chiarisce che “Le squalifiche per una o più giornate di gara si scontano sempre nella/e gare/e immediatamente successiva/e della Coppa Italia e/o della Coppa della Divisione in corso di svolgimento. Le squalifiche inflitte nell’ambito della Coppa Italia o della Coppa della Divisione che non possono essere scontate, in tutto o in parte, nella stagione in corso, devono essere scontate, anche per il solo residuo, nel Campionato di competenza della stagione successiva” (art. 16.4 …).
Tali regole, che istituiscono un regime di omogeneità in corso di competizione fra la Coppa della Divisione e la Coppa Italia (salva la disciplina del futuro residuo di squalifica, di cui all’ultima parte della disposizione) valgono nondimeno pro futuro: il Comunicato è chiaro nell’affermare che “Le presenti disposizioni [i.e., quelle dell’art. 16, appunto] hanno validità a partire dalla prima gara della Coppa della Divisione Stagione sportiva 2022/2023”; al contrario “I residui di squalifica precedentemente irrogati devono essere scontati in relazione alla normativa vigente al momento della irrogazione delle stesse”.
Il regime transitorio così stabilito conduce quindi a escludere che, nella bipartizione tra le categorie di competizioni …ai fini dell’esecuzione delle sanzioni (i.e., da un lato le “gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni”, ex art. 19, comma 4, C.G.S., dall’altro le “gare diverse da quelle di Coppa Italia e delle Coppe Regioni”, di cui all’art. 19, comma 6, C.G.S.), la Coppa della Divisione possa essere assimilata per il passato alla Coppa Italia, valendo tale assimilazione solo pro futuro
….
Per tali ragioni le gare di Coppa della Divisione, non consentendo di scontare sanzioni residuate da pregresse stagioni di Coppa Italia o Coppe Regioni, non potranno che essere utili all’esecuzione di sanzioni inflitte “in relazione a gare diverse da quelle di Coppa Italia e delle Coppe Regioni”, ai sensi dell’art. 19, comma 6, C.G.S.: diversamente si perverrebbe peraltro all’irragionevole conclusione per cui una competizione, benché ufficiale, non consenta (né imponga) l’esecuzione di pregresse sanzioni a norma dell’art. 19 C.G.S., in un contesto regolatorio che rimanda invece alla “normativa” vigente (non già alle competizioni in essere) al momento della irrogazione delle stesse (cfr. Com. Uff., n. 18, cit).
Né vale a condurre a diversa conclusione il richiamo alla circolare n. 7 del 12 agosto 2022 – peraltro anteriore al suddetto Comunicato Ufficiale n. 18 – la quale, al di là del valore informativo che la caratterizza, va letta (laddove afferma che “Le Squalifiche che residuano dal Campionato scorso devono essere scontate nelle gare ufficiali della stagione 2022/2023 in Campionato”) a mente dell’art. 19 C.G.S., espressamente menzionato, di talché la regola applicabile rimane quella per cui le sanzioni inflitte in relazione “a gare diverse da quelle di Coppa Italia e delle Coppe Regioni” (in primis in campionato, dunque) si scontano “nelle gare dell’attività ufficiale diversa dalla Coppa Italia e dalle Coppe Regioni”.
Alla luce di ciò, dunque, nel suesposto quadro regolatorio – peraltro piuttosto articolato e non sempre di agevole lettura, quanto meno in relazione al passaggio all’attuale sistema delle competizioni ufficiali del calcio a 5 - non possono ritenersi integrati i presupposti per l’inflizione della sanzione della perdita della gara di cui all’art. 10, comma 6, C.G.S. a carico di una società che, come la reclamata, abbia ritenuto di far scontare nella prima gara della Coppa della Divisione la squalifica residuata dal precedente Campionato a carico di un proprio calciatore».
4. Ha proposto, dunque, ricorso al Collegio il Genzano, articolando i seguenti motivi di diritto.
I. “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 20 CGS - FIGC; violazione e/o falsa applicazione dei principi di diritto sportivo enunciati dal collegio di garanzia dello sport; abuso del diritto”.
La ricorrente ribadisce che la residua squalifica del calciatore della Lazio dovesse scontarsi in Campionato e non nella Coppa Divisione (torneo introdotto in questa stagione sportiva mediante il C.U. n. 18 del 24 agosto 2022, quindi successivamente alla irrogazione della sanzione della squalifica dal campo). Secondo il Genzano, infatti, la premessa normativa operata dalla CSA sarebbe erronea in quanto la regola generale in materia di esecuzione delle sanzioni di squalifica dal campo è rappresentata dal principio di omogeneità di cui al diverso articolo 21, c. 2, CGS FIGC (si richiama, Collegio di Garanzia dello Sport, I Sez., decisione n. 20 del 24 marzo 2020, Corte Federale, C.U. n. 12/Cf del 12 gennaio 2004 e Corte Federale, C.U. n. 13/Cf del 23 maggio 2003) e dal principio della perpetuatio sanzionatoria, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 21, comma 6, del CGS FIGC, a mente del quale il calciatore deve sempre scontare la sanzione, anche laddove siano intervenuti fatti che hanno modificato il suo status e che rendano di fatto impossibile l’applicazione del principio di omogeneità (art. 21, comma 7, CGS).
Nel caso di specie, residuando sul calciatore una giornata di squalifica rimediata in Campionato, e non essendosi verificate le condizioni per l’applicazione della disciplina derogatoria (il calciatore non ha cambiato società o disciplina o categoria di appartenenza), tale squalifica doveva essere scontata in Campionato.
Da qui, a giudizio della ricorrente, si scorgerebbe la violazione di legge operata dalla Corte di Appello, la quale “mediante un’inammissibile operazione di chirurgia giuridica, ha ritenuto che la regola di carattere generale non fosse quella della omogeneità di cui all’art. 21, comma 2, bensì quella di cui all’art. 19, commi 4 e 6, così da poter cedere il passo alla opportunità per la società resistente di far scontare la suddetta squalifica nel diverso Torneo denominato “Coppa della Divisione” ed introdotto dalla stessa Divisione per la Stagione Sportiva 2022/2023” (p. 10 del Ricorso).
Sarebbe, pertanto, del tutto errata la statuizione della CSA ove si legge che «le gare di Coppa
della Divisione, non consentendo di scontare sanzioni residuate da pregresse stagioni di Coppa Italia o Coppe Regioni”, non potranno che essere utili all’esecuzione di sanzioni inflitte “in relazione a gare diverse da quella di Coppa Italia e delle Coppe Regioni”, ai sensi dell’art. 19, comma 6, CGS»; invero, secondo la prospettazione della ricorrente, l’art. 19 si limita a prevedere che le squalifiche afferenti alla Coppa Italia e alla Coppa Regioni debbono essere scontate esclusivamente in tali manifestazioni, mentre tutte le altre squalifiche, rimediate in competizioni diverse, non possono essere scontate in Coppa Italia o nella Coppa Regioni. La disposizione non prevede, dunque, una deroga al principio di omogeneità o che le sanzioni rimediate in gare diverse possano essere scontate indistintamente in tutte le altre attività purché ufficiali, essendovi già la norma di carattere generale di cui all’art. 21, comma 2, CGS; la disposizione si limita ad affermare che quelle rimediate altrove non possano mai essere scontate in Coppa Italia o in Coppa Regioni.
I. “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 NOIF; manifesta irragionevolezza ed
illogicità della motivazione; violazione del principio della parità competitiva; abuso del diritto; eccesso di delega”
Secondo la ricorrente, quand’anche si volesse ritenere che la regola generale dell’omogeneità dovesse subire una deroga, la conclusione cui perviene la sentenza gravata risulta ugualmente erronea, illogica ed irragionevole, posto che la Coppa della Divisione non può considerarsi una competizione ufficiale utile a far scontare le sanzioni di squalifica inflitte in Campionato nella stagione sportiva pregressa.
Si censura, dunque, l’argomentazione della CSA per cui «va considerato nella specie che con
Comunicato Ufficiale n. 1 LND – Divisione calcio a 5 del 19 luglio 2022, nella perimetrazione della “Attività ufficiale della Divisione”, è stata espressamente inclusa la “Coppa della Divisione Maschile”.
Con successivi Comunicati Ufficiali n. 14 del 12 agosto 2022 e n. 18 del 24 agosto 2022 è stato adottato anche il Regolamento di tale Coppa, il quale peraltro, proprio in relazione ai provvedimenti disciplinari (cfr. art. 16, rubricato “Cartellini gialli e rossi”) stabilisce che “La Coppa della Divisione è una competizione ufficiale”, regolando subito dopo il regime di cumulo delle ammonizioni ed esecuzione delle squalifiche. Dal che emerge chiaramente come la Coppa della Divisione costituisca una competizione ufficiale del calcio a 5, non rilevando in senso contrario il sol fatto che l’art. 30 del Regolamento della LND non la contempli espressamente: al di là della considerazione che siffatta disposizione non preclude l’istituzione di altre competizioni ufficiali, e che l’attività federale può ben esplicarsi al riguardo (anche) attraverso Comunicati Ufficiali, è dirimente in merito il richiamo all’art. 48 N.o.i.f., in forza del quale “attività non ufficiale” è quella “relativa a tornei e gare amichevoli organizzate dalle società nonché le manifestazioni per l’attività ricreativa ed ogni altra attività” (comma 2), mentre “Attività ufficiale è quella relativa ai Campionati e ad ogni altra manifestazione la cui organizzazione è demandata secondo lo Statuto alle Leghe, alle Divisioni, al Settore per l'Attività Giovanile e Scolastica ed ai Comitati” (comma 1; in coerenza, cfr. anche il suddetto Comunicato n. 1, sub punto III.1: “L’attività ufficiale è quella relativa ai Campionati ed ogni altra manifestazione la cui organizzazione è demandata alla Divisione calcio a 5”)».
In ossequio, pertanto, al principio di gerarchia delle fonti (si cita Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione n. 35/2017), la Divisione Calcio a 5 non potrebbe mai derogare a quanto espressamente previsto dalle NOIF all’art. 30, laddove il Legislatore sportivo ha declinato le Competizioni Ufficiali da intendersi tali “ad ogni effetto” e, dunque, anche agli effetti dell’esecuzione delle sanzioni di gara ai sensi dell’art. 21 CGS.
5. Si è costituita in giudizio la Divisione Calcio a 5, concludendo per la improcedibilità del ricorso (in quanto l’art. 30 dello Statuto FIGC esclude la competenza del Collegio sulle questioni relative all’omologazione delle gare interne alla FIGC; nonché in quanto l’attività posta in essere dalla CSA e dal Giudice Sportivo costituisce esercizio della c.d. discrezionalità tecnica e, quindi, contestabile solo per manifesta irrazionalità, irragionevolezza o travisamento dei presupposti di fatto, anche in considerazione del principio di “sacralità del risultato sportivo”) ed in ogni caso per la sua infondatezza.
Nel merito, la Divisione ribadisce che la Coppa di Divisione rientra nelle competizioni ufficiali ai sensi dell’art. 48 NOIF e 30 del Regolamento della LND e che, pertanto, il principio di omogeneità è stato rispettato in quanto il giocatore ha scontato la squalifica nel settore di competenza, ovvero nel “primo binario” costituito dalla c.d. attività ufficiale, comprensiva di “campionato” e di “Coppa della divisione”.
Correttamente, inoltre, la CSA avrebbe sottolineato che l’assimilazione della Coppa di Divisione alla Coppa Italia non potesse avere effetto retroattivo, ma solo pro futuro per la stagione 2022/2023, a mente dell’art. 16 del C.U. n. 18 della Divisione.
6. Anche la FIGC, costituitasi in giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso, argomentando nel senso espresso dalle decisioni di merito, ovverosia dando rilevanza alla emissione, da parte della Divisione calcio a 5, del C.U. n. 1 del 19 luglio 2022 (ove si fa rientrare la competizione di cui si discute nell’ambito della “attività Ufficiale della Divisione”); cosi discorrendo, dunque, la CSA, ed il Giudice Sportivo, avrebbero correttamente ritenuto rispondente all’art. 19, commi 4 e 6, e all’art. 21, commi 6 e 7, CGS FIGC l’aver fatto scontare la giornata di squalifica nella gara valevole per la Coppa della Divisione. Né a diversa conclusione può portare la lettura del C.U. n. 18 del 23 agosto 2022, da cui emergerebbe evidente come l’art. 16.4 equipari la Coppa della Divisione alla Coppa Italia, ma solo pro futuro e come “i residui di squalifica precedentemente irrogati devono essere scontati in relazione alla normativa vigente al momento della irrogazione delle stesse”.
7. Si è costituita in giudizio la S.S. Lazio Calcio a 5. La società resistente ha concluso anch’essa per il rigetto del ricorso rilevando che, a mente dei principi di effettività delle sanzioni e di omogeneità delle competizioni, la vicenda sanzionatoria del calciatore si colloca nell’ambito, descritto dal comma 6 dell’art. 19 CGS FIGC, delle gare ufficiali differenti dalla Coppa Italia e dalle Coppe Regioni. Ne consegue, in tesi, che se la squalifica del giocatore si riferiva (e si riferisce) ad una competizione diversa dalla Coppa Italia o dalle Coppe Regioni, la stessa non poteva (e non può) che essere scontata in una competizione del genere, sia essa Campionato o Coppa della Divisione: in concreto, quest'ultima, essendo la prima in programma nella nuova annata agonistica.
8. Il contraddittorio processuale si è ulteriormente articolato mediante il deposito, da parte della
ricorrente, di memoria ex art. 60, c. 4, CGS CONI.
All’udienza del 19 gennaio 2023 le parti hanno ribadito le rassegnate conclusioni; la Procura Generale dello Sport, intervenuta in quella sede, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Diritto
I. In virtù del principio della ragione più liquida - secondo il quale, come è noto, una domanda o un ricorso possono (e in alcuni ordinamenti debbono) essere respinti o accolti sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata (e, quindi, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto, per esempio, nel diritto processuale dell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana dagli artt. 276 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.) - si ritiene di prescindere dall’analisi delle questioni preliminari sollevate dalla resistente Divisione Calcio a 5 e di dichiarare il ricorso meritevole di accoglimento, con la conseguente irrogazione, a carico della SS Lazio C 5, della punizione della perdita della gara per cui è causa con il punteggio di 0 - 6, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC, così come richiesto dalla ricorrente sin dal reclamo al Giudice Sportivo.
Tuttavia, prima di addentrarsi nell’analisi della violazione che i giudici di merito hanno perpetrato degli artt. 19 e 20 CGS FIGC, è doveroso rimarcare l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità del ricorso in quanto l’art. 30, c. 3, dello Statuto FIGC escluderebbe la competenza del Collegio di Garanzia sulle questioni relative all’omologazione delle gare interne alla FIGC.
È necessario ribadire invero che detta disposizione non può superare la disciplina dell’art. 54, comma 1, CGS CONI, vista la prevalenza della stessa sui diversi Statuti e Regolamenti di Giustizia adottati dalle Federazioni. Non è revocabile in dubbio, infatti, come l’ambito della giurisdizione, desumibile dalla lettura della norma appena citata, prevede che tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale, emesse dai relativi Organi di giustizia, sono di competenza del Collegio di Garanzia dello Sport (in argomento Collegio di Garanzia, decisioni n. 20/2020 e n. 35/2017). Diversamente opinando, si verrebbe a creare un inammissibile vuoto di tutela avverso delle situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela su tre gradi di giudizio, il terzo dei quali rappresentato dal Collegio di Garanzia dello Sport, chiamato, in questo caso, a valutare la corretta applicazione dei principi di diritto in materia di esecuzione delle sanzioni avverso la regolarità della gara (per posizione irregolare di un calciatore che non avrebbe avuto titolo a prendervi parte); nella specie, dunque, l’eventuale sanzione della perdita della gara e la conseguente omologazione è un effetto normativamente previsto conseguente alla violazione delle norme, su cui il Collegio è certamente competente, poste a presidio del principio della regolarità delle competizioni sportive.
Expressis verbis, erra la difesa resistente laddove inquadra la domanda della ricorrente come contestazione sulla omologazione della gara; invero, la omologazione della gara diventa una contestazione c.d. a cascata o ad effetto domino perché derivante dalla violazione di un principio diverso (che costituisce il petitum processuale nel caso di scrutinio), che concerne la inesatta esecuzione di una sanzione già irrogata, la quale si pone come antecedente logico al risultato sportivo di poi omologato. Posto che in sede civile (il richiamo nell’ordinamento sportivo è ammissibile ex art. 2, comma 6, CGS CONI): a) il nesso causale è regolato dal principio della regolarità causale, integrato, se del caso, da quelli dell'aumento del rischio e dello scopo della norma violata, ferma restando sul piano funzionale della causalità specifica la diversità del regime probatorio rispetto alla sede penale; b) la verifica della causalità tra condotta omissiva e fatto dannoso in base ad una indagine controfattuale non è ancorata alla determinazione quantitativa statistica delle frequenze di classi di eventi, ma deve essere effettuata riconducendo il grado di fondatezza nell'ambito degli elementi di conferma e nel contempo di esclusione di altri possibili e alternativi; c) tale indagine deve essere svolta secondo i criteri della prevalenza relativa e del «più probabile che non», dando prevalenza, rispettivamente, all'enunciato rispetto al fatto che ha ricevuto il maggior grado di conferma relativa e scegliendo, in assenza di altri fatti positivi, l'ipotesi fattuale che riceva un grado di conferma maggiormente probabile rispetto all'ipotesi negativa (cfr. Cass. Civ., sez. III, 7 marzo 2022, n. 7355), non v’è chi non veda come, nel caso che ci occupa, la ricostruzione ex ante della catena causale deve estendersi ulteriormente all'indagine circa la probabilità che laddove fosse stata correttamente interpretata la norma e, quindi, dichiarata la inesatta esecuzione della sanzione per posizione irregolare di un calciatore che non avrebbe avuto titolo a prendere parte alla gara, quest’ultima avrebbe avuto un risultato diverso, ovvero lo 0-6 a tavolino che, successivamente, sarebbe stato omologato. In buona sostanza, il sillogismo tecnico giuridico da porre in rilievo è: premesso che la sanzione irrogata al calciatore non è stata correttamente eseguita (c.d. premessa maggiore); essendo la posizione del calciatore irregolare (c.d. premessa minore); la partita doveva essere conclusa con il risultato dello 0-6 a tavolino (c.d. conseguenza).
Ma non solo; giova anche precisare come anche la giurisprudenza amministrativa, nel confermare la sovranità dell’ordinamento sportivo in determinati casi, all’uopo affermando che “La controversia sull’omologazione del risultato di una gara è del tutto estranea alla giurisdizione del Giudice dello Stato, poiché riguarda l’applicazione di regole tecniche e sportive di gioco e non provvedimenti che incidono su diritti/interessi delle parti, così rientrando senz’altro nell’ambito di previsione dell’art. 2 comma 1 lettera a) del Decreto-Legge n. 220/2003, a norma del quale è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive: si verte infatti su questione che appartiene al regime di “totale autonomia” dell’ordinamento sportivo, assolutamente insindacabilità da parte di qualsiasi giudice statale, con la sola eccezione dell’art. 218 Decreto-legge 34/2020, il quale prevede interventi per la definizione dei campionati in presenza di COVID e la competenza in unico grado del Collegio di Garanzia del CONI, senza tuttavia alterare il delicato, ma netto, equilibrio delineato dal sistema di riparto di cui al Decreto- legge 220/2003” (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 ottobre 2022 n. 8743), ha cristallizzato un profilo che deve essere, come già in precedenza affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport e in particolare da Questa sezione, di gerarchia delle fonti tipico di ogni ordinamento settoriale. Non possono essere, dunque, ritenuti conferenti i precedenti del Collegio di Garanzia citati dalla resistente nella propria memoria di costituzione (Sez. IV, decisioni n. 42/2022 e 64/2022), trattandosi di materia completamente differente rispetto alla presente (nel caso delibato dalla Sez. Quarta, a fronte del silenzio del legislatore CONI in ordine alla perentorietà/ordinatorietà del termine per disporre il deferimento, si è fatta applicazione del regolamento federale che, al contrario, si pronunciava sulla qualificazione di detti termini); né può assumere rilievo l’invito ivi contenuto, in quanto trattasi, oltre che di fattispecie neppur lontanamente paragonabile alla presente, di un semplice obiter al fine di “spronare” il legislatore sportivo a legiferare sul punto. Ben altra cosa è il mancato adeguamento della FIGC al Codice della Giustizia Sportiva, o meglio (anzi peggio) l’aver previsto una norma, quale quella in parola, che vi si pone in aperto contrasto. Apertis verbis, costituisce, come ben noto, obbligo delle Federazione di adeguare i propri Statuti e regolamenti alle norme dettate dal CONI in materia, non solo, di giustizia; e la rilevata antinomia può essere facilmente risolta in questa sede giustiziale mediante il ricorso al principio di gerarchia delle fonti. D’altronde, «il codice della giustizia sportiva, emanato dal CONI, costituisce invero un atto fonte, gerarchicamente sovraordinato e vincolante nei confronti delle norme federali. È oltremodo evidente che le Federazioni Sportive Nazionali devono esercitare l’autonomia normativa di cui sono dotate nel rispetto dei principi fondamentali emanati dal CONI. La circostanza per cui i principi generali sono dettati dall’ente esponenziale dello sport italiano, al fine di armonizzare ed uniformare l’attività delle Federazioni Sportive Nazionali, degli Enti di Promozione Sportiva e delle Discipline Sportive Associate, evidenzia chiaramente la natura vincolante di simili prescrizioni, che non possono essere pertanto disattese. L’obbligo per le Federazioni di adeguarsi ai principi dettati dal CONI è, del resto, disposto dal CONI stesso attraverso la Deliberazione n. 1510-1511 del Consiglio Nazionale 11 giugno 2014, con cui sono stati posti i Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate (l’art. 15 enuncia espressamente il dovere per le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate di adeguare i propri statuti e regolamenti ai Principi di Giustizia Sportiva emanati dal Consiglio Nazionale del CONI)» (Collegio di Garanzia, Sez. Consultiva, parere n. 4/2016) (in generale, sul principio di gerarchia delle fonti nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ex multiis, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione 24 giugno 2019, n. 48; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione 28 novembre 2018, n. 75; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione 4 giugno 2018, n. 34; Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, decisione 14 maggio 2018, n. 25; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione
Consultiva, parere 19 settembre 2017, n. 6). Corollario dei principi enunciati è che le norme delle federazioni sportive, sia sostanziali che giustiziali, che si pongono in contrasto con i principi stabiliti dal CONI, vanno disapplicate in favore delle previsioni del Codice di Giustizia del CONI, che, come ricordato innanzi, costituisce invero un atto fonte, gerarchicamente sovraordinato e vincolante nei confronti delle norme federali.
Dunque, l’ermeneutica complessiva sull’art. 30, c. 3, dello Statuto FIGC, non può che derivare dal raffronto con le previsioni contenute nel Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il quale, secondo quanto previsto dall’art. 64, commi 2 e 4, pone un obbligo di adeguamento ad esso degli Statuti e dei Regolamenti di Giustizia federali, presidiato dalla sanzione, in caso di mancato adeguamento, della revocabilità delle pronunce endofederali rese in violazione dei principi inderogabili sull’ordinamento o sullo svolgimento del giudizio posti nelle fonti CONI. Tale principio si traduce, dunque, in fase di impugnativa innanzi al Collegio di Garanzia, nell’obbligo di uno scrutinio anticipato di conformità al CGS CONI delle singole previsioni dei Regolamenti di Giustizia endofederali di volta in volta in rilievo, dovendo in ultima analisi spiegarsi l’effetto conformativo del Codice nei termini di una precisa rima interpretativa, idonea a garantire a monte l’unità dell’intero sistema di Giustizia Sportiva (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, decisione 24 giugno 2019, n. 48). Considerando, altresì, che lo stesso articolo 30, comma 6, dello Statuto FIGC dispone che “In ogni caso, devono essere osservati i Principi di Giustizia Sportiva emanati dal Consiglio Nazionale del CONI e le norme statutarie e regolamentari federali di loro attuazione”.
La questione interpretativa deve, pertanto, essere risolta nel senso della piena giustiziabilità dinanzi al Collegio di Garanzia delle controversie relative ad omologazioni di risultati sportivi (nella specie viziate da inesatte esecuzioni di sanzioni sportive) le quali, a mente della giurisprudenza di questo Collegio, sono state già in passato ritenute pienamente conoscibili dallo stesso: «non costituiscono questioni di carattere bagatellare – escluse, a mente della prima parte del comma 1, dell’art. 54 CGS del CONI, dall’ambito cognitivo del Collegio di Garanzia – l’attribuzione di tre punti in classifica, e la corrispondente decurtazione, allorquando si discuta di comminare la cosiddetta “sconfitta a tavolino”. Si tratta, infatti, di controversie rilevanti poiché incidono su interessi primari che ciascuna compagine persegue partecipando ad un campionato, in alcuni casi atti a determinare la permanenza o meno nelle categorie, se non, addirittura, la vittoria del torneo» (Sezione I, decisione 22 maggio 2019, n. 38).
II. Venendo al merito, come cennato, il ricorso è meritevole di accoglimento e ciò in quanto il calciatore Chilleli, avendo rimediato una squalifica nel Campionato precedente, avrebbe dovuto scontarla in questo Campionato e non anche nella citata Coppa Divisione (torneo introdotto in questa stagione dal C.U. n. 18 del 24 agosto 2022), contrariamente a quanto sostenuto dai giudici federali, i quali hanno erroneamente ricondotto la fattispecie controversa nell’ambito dell’art. 19, commi 4 e 6, e dell’art. 21, commi 6 e 7, CGS FIGC.
Costituisce, infatti, regola generale in materia di esecuzione delle sanzioni di squalifica dal campo, più volte ribadita da questo Collegio (decisioni nn. 35/2017, 20/2020 e 21/2020), quella del principio di omogeneità rinvenibile nell’art. 21, comma 2, CGS FIGC, a mente del quale: “Il calciatore sanzionato con la squalifica per una o più giornate di gara deve scontare la sanzione nelle gare ufficiali della squadra nella quale militava quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento, salvo quanto previsto ai commi 6 e 7”. L’altro principio regolatore della materia è quello della perpetuatio sanzionatoria, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 21, comma 6, CGS FIGC, secondo cui il calciatore deve sempre scontare la sanzione, anche laddove siano intervenuti fatti che hanno modificato il suo status (i.e. cambio società o disciplina o categoria di appartenenza) e che rendano di fatto impossibile l’applicazione del principio di omogeneità (art. 21, comma 7, CGS FIGC).
Ebbene, la concorrenza di tali principi è stata risolta nel senso di ritenere il principio di afflittività sussidiario rispetto a quello di omogeneità che deve sempre prevalere, se non quando sia oggettivamente o soggettivamente impossibile rispettarlo, tant’è che questa stessa Sezione ha non di meno affermato che “i principi fondamentali, in tema di esecuzione della sanzione, sono il principio dell’effettività, che impone che quest’ultima sia scontata, ed il principio della omogeneità, per il quale la squalifica deve essere scontata nella categoria e competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato” (dec. n. 20/2020).
Nella specie, non essendosi verificate le condizioni per l’applicazione della disciplina derogatoria, non vi erano elementi ostativi alla corretta applicazione della menzionata regola generale.
Il ragionamento svolto dalla Corte Sportiva D’Appello, in ordine all’art. 19, commi 4 e 6, così da poter cedere il passo alla opportunità per la società resistente di far scontare la suddetta squalifica nel diverso Torneo “Coppa della Divisione” ed introdotto dalla stessa Divisione per la Stagione Sportiva 2022/2023, è dunque privo di fondamento e profondamente errato. L’elusione del principio di omogeneità viene sostanzialmente legittimata dalle sentenze impugnate mediante il richiamo alla norma di cui all’art. 19, commi 4 e 6, a mente della quale: “4. Le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), e), inflitte dagli organi di giustizia sportiva in relazione a gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni organizzate dai Comitati Regionali, si scontano nelle relative competizioni. … 6. Le medesime sanzioni inflitte in relazione a gare diverse da quelle di Coppa Italia e delle Coppe Regioni si scontano nelle gare dell’attività ufficiale diversa dalla Coppa Italia e dalle Coppe Regioni”.
Ma la norma non prevede che le sanzioni rimediate in gare diverse possono essere scontate indistintamente in tutte le altre attività, purché ufficiali, né la stessa deroga al principio dell’omogeneità.
A ragionare in linea con le decisioni di primo e di secondo grado si arriverebbe al paradosso di avallare una lettura del predetto articolo tale da consentire che le squalifiche rimediate altrove possono essere scontate in qualunque altra manifestazione (nonostante vi sia già la norma di carattere generale di cui all’art. 21, comma 2, CGS), quando in realtà la stessa si limita ad affermare, a ragione, che quelle rimediate altrove non possano mai essere scontate in Coppa Italia o in Coppa Regioni.
Del resto, “il principio di “distinzione” costituisce … una logica declinazione dei fondamentali canoni di “effettività”, “proporzionalità” e “ragionevolezza” delle sanzioni, che ne impongono la commisurazione alla reale rilevanza della gara nella quale è stato commesso l’illecito sportivo, al fine di garantire che la sanzione della squalifica venga scontata con riferimento a una gara di rilevanza analoga a quella in cui è stato commesso l’illecito in relazione al quale la sanzione è comminata. In sintesi, una sanzione, affinché possa dirsi adeguata, deve conformarsi ai canoni di effettività, proporzionalità e ragionevolezza, tenendo altresì conto del principio di buona fede nell’esecuzione della sanzione, quale dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, che impone a ciascuno, quale autonomo dovere giuridico, di preservare gli interessi altrui” (Collegio di Garanzia, Sez. I. decisione n. 25/2018).
Non può neppure tacersi che, a ragionare come la Corte Sportiva (secondo cui “le gare di Coppa
della Divisione, non consentendo di scontare sanzioni residuate da pregresse stagioni di Coppa Italia o Coppe Regioni, non potranno che essere utili all’esecuzione di sanzioni inflitte “in relazione a gare diverse da quelle di Coppa Italia e delle Coppe Regioni”, ai sensi dell’art. 19, comma 6, C.G.S”), si giungerebbe all’ulteriore paradosso per cui le società che partecipino alle gare di Coppa della Divisione prima di quelle di Campionato avrebbero la possibilità di “ripulire” i calciatori squalificati, mentre quelle che dovessero affrontare prima l’impegno in Campionato si vedrebbero ingiustamente private della medesima prerogativa, con evidenti ricadute in termini di parità competitiva.
Appare evidente, in questo senso, che il Codice della FIGC contempli esclusivamente la Coppa Italia e la Coppa delle Regioni, con la conseguenza che la Coppa Divisione non è ad esse equiparabile nello spettro della eccezione prevista dal predetto art. 19 CGS, che, in quanto tale, dovrebbe essere nettamente tipizzata; né può la Corte Federale introdurre per via giurisprudenziale una previsione regolamentare che allo stato non esiste, come neppure la Divisione Calcio a 5 può legiferare sul Codice Generale della FIGC (in argomento, già citata decisione n. 35/2017: “non v’è dubbio che, anche in materia di diritto sportivo, si debba far governo della cosiddetta gerarchia delle fonti, sicché – come già altrove deciso dal Collegio di Garanzia dello Sport – la circolare non possa prevalere sul Codice di Giustizia Sportiva della Federazione. È vero, infatti, che lo stesso Statuto della FIGC, come innanzi richiamato, delega (cfr. art. 9, comma 6) alle Leghe talune funzioni anche di tipo regolamentare, ma ciò non può legittimare una interpretazione di detti regolamenti, ovvero una loro applicazione che risulti contraria al Codice di Giustizia Sportiva del delegante. In altre parole, … detta regolamentazione non potrà spiegare alcun effetto (se non eventualmente ai fini – che qui verranno valorizzati – di una buona fede atta ad incidere sul regolamento delle spese di lite) se contrario alle disposizioni primarie contenute nel Codice di Giustizia Sportiva della Federazione”). Argomentare in senso diverso condurrebbe inevitabilmente a ribaltare il primato della legge (sportiva) in favore della giurisprudenza (sportiva), il cui merito è sicuramente quello di trovare nei principi generali delle chiavi utili ad aprire le porte dei diritti domandati, ma, per contro, apre uno squarcio delicato nell’equilibrio dei poteri: da soggetti applicativi dei diritti a soggetti “costruttori” di diritti. Apertis verbis, si arriverebbe al punto di attribuire alla giurisprudenza - la cui funzione di “giustizia sulla fattispecie” si trasformerebbe in quella di “costruzione di una fattispecie” - una azione di governo dell’organizzazione sociale (e sportiva nel caso che ci occupa), che sfugge a qualsivoglia giudice. E, dunque, in questa sede non può che ribadirsi quanto affermato in precedenza dalla stessa Corte Federale della FIGC: “La sanzione della squalifica per una o più giornate non può, in omaggio al principio di separatezza delle competizioni e di quello speculare della necessaria inerenza della sanzione stessa alla competizione in cui ha avuto origine la condotta punibile, che essere espiata nelle gare disputate dalla squadra in cui il calciatore squalificato militava al momento dell’infrazione ed all’interno della competizione o del torneo in cui la condotta si è manifestata. Del resto è anche la logica ad avvalorare questa interpretazione, che si rivela l’unica in grado di evitare l’elusione degli effetti concretamente penalizzanti della squalifica attraverso il comodo espediente – incoerente con l’inderogabile principio di lealtà sportiva – della sua espiazione in una competizione di rango minore o, comunque, di interesse o rilievo inferiore per il calciatore squalificato o per la squadra di sua appartenenza al momento dell’infrazione. Né l’interpretazione qui effettuata potrebbe essere messa in crisi dall’altra che ritenesse che l’ambito di espiazione della squalifica debba estraniarsi dal riferimento alla competizione o al torneo di realizzazione della condotta illecita e identificarsi piuttosto nell’ambito delle gare ufficiali della società di appartenenza del calciatore, individuandole a prescindere dal campionato o torneo e, quindi, in forma eterogenea e globale. Si tratta, infatti, di una costruzione non solo priva del necessario avallo testuale che legittimi l’ipostasi tra il termine “squadra” adoperato dalla norma ed il diverso termine “società” che non può essere utilizzato in sede sportiva in senso patrimonial- imprenditoriale, ma del tutto contraddittoria rispetto alla fondamentale esigenza di continenza della sanzione al contesto agonistico della sua maturazione. Ed allora alla locuzione gare ufficiali della squadra nella quale militava di cui al comma 3 in esame non può che attribuirsi il senso fatto palese dalle parole usate, e cioè che il precetto si riferisca soltanto alle gare ufficiali disputate dalla squadra di appartenenza del calciatore nell’ambito della manifestazione in cui si svolse la condotta punita” (Corte Federale, C.U. n. 13/Cf del 23 maggio 2003).
E che nella specie il calciatore della società resistente avrebbe dovuto scontare la squalifica “nelle gare disputate dalla squadra in cui il calciatore squalificato militava al momento dell’infrazione ed all’interno della competizione o del torneo in cui la condotta si è manifestata” (dunque, nel Campionato successivo) è confermata dalla stessa Divisione Calcio a 5.
Invero, la speciale normativa dettata dall’art. 16 del Regolamento della Coppa della Divisione, pubblicato col C.U. n.18 del 24 agosto 2022 (e, dunque, successivamente alla irrogazione della sanzione per cui è causa), ha confermato che pro futuro la Coppa Divisione sarà assimilabile alla Coppa Italia (e, dunque, non si comprende perché debba essere oggi assimilata al Campionato), nonché che “I residui di squalifica precedentemente irrogati devono essere scontati in relazione alla normativa vigente al momento della irrogazione delle stesse”. Tale ultima notazione conferma quanto aveva stabilito la stessa Divisione Calcio a 5 con la circolare n. 7 del 12 agosto 2022 “ai soli fini di memoria, salvo errori ed omissioni”, e cioè che “Le Squalifiche che residuano dal Campionato scorso devono essere scontate nelle gare ufficiali della stagione 2022/2023 in Campionato”.
Ne consegue, l’accertamento della posizione irregolare del calciatore Chilleli e, dunque, l’accoglimento del ricorso proposto dalla Ecocity Futsal Genzano, con l’effetto di comminare alla
S.S. Lazio la punizione sportiva della perdita della gara del 24 settembre 2022, valevole per il Campionato Maschile di Serie A2 con il punteggio di 0 – 6, così come richiesto dalla ricorrente ed il consequenziale obbligo, derivante dall’accoglimento del ricorso di rideterminare, in capo agli organi competenti, la classifica del campionato.
Le spese, in corretta applicazione del principio della soccombenza, vengono liquidate in favore della ricorrente come in dispositivo, tenendo conto della cristallizzazione dei principi enunciati anche e soprattutto nei precedenti di Sezione.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge, a carico di ciascuna parte resistente costituita in favore della parte ricorrente.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 gennaio 2023.
Il Presidente Il Relatore
F.to Vito Branca F.to Angelo Maietta
Depositato in Roma, in data 1° febbraio 2023.
Il Segretario
F.to Alvio La Face