CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 14 del 03/02/2023/ SSD_Handball_Erice_e_altri-FIGH

Decisione n. 14

Anno 2023

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

composta da

Vito Branca - Presidente

Marcello de Luca Tamajo - Relatore Angelo Maietta

Giuseppe Musacchio  Manuela Sinigoi - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 71/2022, presentato congiuntamente, in data 15 novembre 2022, dalla S.S.D. Handball Erice a r.l. e dalla A.S.D. Ariosto Pallamano Ferrara, rappresentate e difese dagli avv.ti Gabriele Nicolella e Matteo Annunziata,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Handball (FIGH), rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Fontana,

per l’annullamento e/o la riforma della sentenza emessa dalla Corte Federale di Appello della FIGH, all'esito del Proc. n. 1/2022 R.G. CAF, depositata in data 17 ottobre 2022 e pubblicata il successivo 18 ottobre 2022, con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, è stata dichiarata l'inammissibilità, "per difetto di legittimazione attiva ai sensi dell'art. 55 comma 2 del R.G.D.", del ricorso promosso dalle suddette ricorrenti avverso la decisione del Tribunale Federale della FIGH, emessa all'esito del Proc. n. 3/2022 R.G. Trib. e pubblicata in data 28 giugno 2022, che aveva dichiarato inammissibili, per mancanza di interesse, i ricorsi delle medesime ricorrenti per l'annullamento della delibera del Consiglio Federale del 10 aprile 2022, resa nota con Circolare n. 13/2022 del 14 aprile 2022, con la quale sono state approvate determinazioni inerenti all’attività agonistica s.s. 2022/2023, medio tempore trasposte all’interno del Vademecum 2022/23, con riguardo alle c.d. “DISPOSIZIONI PARTICOLARI SERIE A1 FEMMINILE”, nonché di tutti gli altri atti ad essa presupposti, coordinati, connessi e/o consequenziali, pregiudizievoli per gli interessi delle società ricorrenti, ivi compresi - per quanto occorrer possa - la delibera del Consiglio Federale del 5 giugno 2021, con la quale è stato approvato il Vademecum 2021/2022, con riguardo alle “DISPOSIZIONI PARTICOLARI SERIE A1 FEMMINILE” e l’art. 55, comma 6, del Regolamento Organico, se interpretato in contrasto con le disposizioni ed i principi richiamati in narrativa.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 19 gennaio 2023, i difensori delle parti ricorrenti - S.S.D. Handball Erice a

r.l. e A.S.D. Ariosto Pallamano Ferrara - avv.ti Gabriele Nicolella e Matteo Annunziata; l’avv. Giovanni Fontana, per la resistente FIGH, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Antonino Ilacqua, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Marcello de Luca Tamajo.

Fatto

1.         Con ricorso, presentato congiuntamente, del 15 novembre 2022, la SSD Handball Erice e la ASD Ariosto Pallamano Ferrara hanno adito il Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendo l’annullamento della decisione della Corte Federale di Appello della FIGH, all’esito del Proc. n. 1/2022 R.G. CAF, depositata in data 17 ottobre 2022 e pubblicata il successivo 18 ottobre 2022, con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, è stata dichiarata l'inammissibilità,

«per difetto di legittimazione attiva ai sensi dell’art. 55 comma 2 del R.G.D.», del ricorso promosso dalle suddette ricorrenti avverso la decisione del Tribunale Federale della FIGH, emessa all'esito del Proc. n. 3/2022 R.G. Trib. e pubblicata in data 28 giugno 2022, che aveva dichiarato inammissibili, per mancanza di interesse, i ricorsi delle medesime ricorrenti per l’annullamento della delibera del Consiglio Federale del 10 aprile 2022, resa nota con Circolare n. 13/2022 del 14 aprile 2022.

Oggetto dell’odierno procedimento è l’impugnazione della ora citata deliberazione del Consiglio Federale della FIGH, con la quale sono state approvate determinazioni inerenti all’attività agonistica s.s. 2022/2023, medio tempore trasposte all’interno del Vademecum 2022/23, con riguardo alle c.d. “DISPOSIZIONI PARTICOLARI SERIE A1 FEMMINILE”.

Segnatamente, veniva disposto che «Nella serie A1 (Campionato e Coppa Italia): a) ciascuna Società deve iscrivere a referto obbligatoriamente minimo 12 atlete (massimo 16) nelle gare interne, in trasferta e nelle fasi di Coppa Italia; b) ciascuna Società deve iscrivere a referto un numero minimo di 10 atlete  in possesso dei requisiti per essere  convocate nelle  squadre nazionali; c) ciascuna Società può iscrivere a referto fino ad un massimo di 6 atlete, tra quelle: - non in possesso dei requisiti per essere convocate nelle squadre nazionali comunitarie ed extracomunitarie (max 4 per queste tipologie, con la precisazione che le comunitarie ed extracomunitarie non possono essere comunque più di 3); - “Minori residenti in Italia”; - di “cittadinanza sportiva italiana” […] La violazione delle disposizioni di cui alla lettera c) comporta la sanzione della perdita dell’incontro con il risultato di 5-0 (o miglior risultato conseguito sul campo dalla squadra avversaria) e l’applicazione di una sanzione amministrativa […] La violazione delle altre disposizioni comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa».

2.         Assumendo di essere state lese dalla disciplina in parola, le ricorrenti adivano il Tribunale Federale con ricorso ex art. 35, co. 2, R.G.D., eccependo la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 del Regolamento Organico FIGH, in relazione alle delibere del Consiglio Nazionale CONI nn. 1267 del 15 luglio 2004 e 474 del 3 novembre 2005; l’eccesso e/o lo sviamento di potere per violazione dei limiti da esso imposti; la manifesta irragionevolezza ed illogicità nella sua applicazione; nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 Cost., 18, 21 e 165 TFUE, 3, 1° comma, del D.lgs. n. 216/2003 e 25 del D.lgs. n. 36/2021.

Il Tribunale dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

Il TFN, infatti, pur respingendo l’eccezione di improcedibilità in ragione del fatto che, ex art. 36, c. 2, R.G.D., il provvedimento impugnato risulterebbe censurabile esclusivamente su iniziativa d’un componente assente o dissenziente del Consiglio Federale ovvero dal Collegio dei Revisori dei conti (secondo il Tribunale, a mente della giurisprudenza del Collegio di Garanzia, «i provvedimenti regolamentari e i conseguenti atti applicativi,  ritenuti eventualmente lesivi di situazioni giuridiche soggettive riconosciute e tutelate nel contesto dell’ordinamento sportivo, devono ritenersi sempre impugnabili; le relative doglianze, inoltre, vanno proposte, in prima istanza, innanzi ai Tribunali Federali»), dichiarava l’inammissibilità del ricorso sotto altro punto di vista.

In particolare, a giudizio del giudice di prime cure, pur ravvisando l’esistenza d’un interesse astratto a ricorrere in capo alle ricorrenti, in quanto soggetti inquadrabili nell’ordinamento sportivo, rimanevano carenti, nella  causa petendi del ricorso, gli ulteriori -  imprescindibili -  requisiti dell’attualità e della concretezza: «L’obiettivo dei ricorsi in parola sarebbe dato, infatti, dalla rimozione delle limitazioni all’impiego, nelle gare del campionato nazionale femminile di Serie A Beretta, delle atlete comunitarie prive dei requisiti necessari alla convocazione nelle squadre nazionali italiane, senonché: • la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato come le norme impositive di limitazioni al libero impiego degli atleti da parte delle federazioni sportive nazionali non integrino di per sé, ove discendano da ragionevoli necessità inerenti alla sua organizzazione, delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi vietate dall'art. 49 (allora art.

59) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; • nessuna atleta (tesserata o potenzialmente tesserabile presso la F.I.G.H.) ha prospettato, in proprio, alcuna doglianza in proposito; • le società ricorrenti non forniscono alcuna indicazione relativa ai potenziali soggetti controinteressati che, ove fosse stato effettivamente prospettato, a fondamento dei ricorsi, un interesse concreto e attuale, avrebbero dovuto identificarsi - a pena d’inammissibilità ex art. 35, 4° comma, lett. a) - nelle altre società iscritte al campionato femminile di Serie A Beretta per l’anno 2022/23».

3.         Decidendo sul gravame interposto, la Corte Federale di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo respingeva, rilevandone anch’essa l’inammissibilità, ma per difetto di legittimazione attiva: «Il provvedimento che le reclamanti hanno  impugnato, infatti, è certamente un atto normativo che promana dal Consiglio Federale, alla cui impugnazione per ottenerne l’annullamento il R.G.D. dedica, appunto, l’espressa previsione di cui all’art. 55 comma 2 che testualmente cita: “le deliberazioni del Consiglio Federale contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di un componente, assente o dissenziente, del Consiglio Federale, o del Collegio dei revisori dei Conti”. La previsione regolamentare è chiara e non diversamente interpretabile, a maggior ragione se letta in combinazione con il comma 1 del medesimo articolo 55, laddove si specifica, invece, che “le deliberazioni dell’Assemblea - e non del Consiglio federale, quale è, invece, la deliberazione impugnata dalle odierne reclamanti - contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e a principi fondamentali del CONI, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di organi della Federazione, del Procuratore federale e di tesserati o affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto e immediato dalle deliberazioni”. Né può ritenersi applicabile, in punto di legittimazione attiva, l’art. 54 comma 1 del R.G.D. attualmente in vigore (art. 35 comma 2 del R.G.D. in vigore al tempo del proposto ricorso innanzi al Tribunale Federale invocato dalle odierne reclamanti) in quanto, per il principio di specialità che permea il sistema normativo dell’ordinamento giuridico italiano, la norma speciale, quale deve considerarsi il successivo art. 55 comma 2 del R.G.D. rispetto al citato art. 54 comma 1 R.G.D. invocato dalle reclamanti, prevale sulla norma di carattere generale. Il difetto di legittimazione attiva integra una causa di rigetto del proposto ricorso, la cui declaratoria assorbe - e, di conseguenza, impedisce

- l’esame, nel merito, da parte di questa Corte Federale, di ogni ulteriore motivo di doglianza enunciato dalle società reclamanti e di ogni eventuale altra questione implicata o ad esso sottesa».

4.         Con il ricorso in epigrafe, le ricorrenti hanno sottoposto al Collegio di Garanzia i seguenti motivi di diritto.

I.          “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 54 (ex art. 35 co. 2), 1, 28 e 51 del Regolamento di Giustizia e Disciplina FIGH: sussistenza della legittimazione attiva della società ricorrente”.

In sintesi, le ricorrenti, sulla base dei precedenti giurisprudenziali citati (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., decisioni n. 32/2018 e n. 62/2018; Collegio di Garanzia dello Sport Paralimpico, Sez. I, decisione n. 2/2021), nonché dalla lettura degli artt. 1, c. 2, e 54, c. 1, RGD, deducono il menzionato vizio contenuto nella decisione impugnata, ribadendo la propria legittimazione attiva, trattandosi di società affiliate alla FIGH e partecipanti al campionato di Serie A Beretta: status, questo, dal quale deriva la sussistenza di una posizione qualificata delle società, che le contraddistinguono dal quisque de populo rispetto alla facoltà di impugnare atti di provenienza federale direttamente lesivi dei propri diritti ed interessi tutelabili in ambito sportivo.

Inoltre, secondo la prospettazione delle ricorrenti, sulla questione riguardante la legittimazione attiva si era formato giudicato, atteso che la reclamata FIGH, in sede di appello, non ha spiegato alcun reclamo incidentale avverso la pronuncia resa dal Tribunale Federale sul punto.

II.        “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 54 (ex art. 35 co. 2), 1, 28 e 51 del Regolamento di Giustizia e Disciplina FIGH e omessa e/o insufficiente pronuncia: insanabile contrasto tra dispositivo e motivazioni della decisione gravata”.

Si rileva l’illegittimità della decisione impugnata nella parte in cui non ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado per contrasto tra il suo dispositivo e motivazione.

4.1 Le ricorrenti, nell’eventualità di un giudizio di annullamento senza rinvio, ribadiscono i motivi

di illegittimità della delibera impugnata per come esposti in primo grado e ribaditi in appello.

Le ricorrenti prospettano, in estrema sintesi, le loro doglianze ipotizzando, sotto due diversi profili, che la delibera impugnata, ovvero gli atti ad essa presupposti, connessi e/o consequenziali, producano una sostanziale discriminazione nei confronti delle atlete comunitarie aventi cittadinanza estera (rectius: di quelle prive dei requisiti per essere convocate nelle squadre nazionali), che ne limiterebbe in maniera arbitraria e irragionevole l’impiego nell’ambito del campionato nazionale di Serie A Beretta, ponendosi, così, in contrasto con l’art. 55 del Regolamento Organico della FIGH, nella parte in cui impone al Consiglio Federale di provvedere

«sulla base delle disposizioni emanate dal C.O.N.I.» e, in particolare, alle delibere del Consiglio

Nazionale n. 1276 del 15 luglio 2004 e n. 474 del 3 novembre 2005, nonché con il diritto di pari dignità sociale e uguaglianza (art. 3 Cost.) e con le disposizioni normative poste a tutela della parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro in ambito sportivo (artt. 18, 21 e 165 del TFUE.; 3, c. 1, D.lgs. n. 216/2003 e 25 D.lgs. n. 36/2021).

A parere delle ricorrenti, dette  delibere se, per un verso, consentirebbero -  allo scopo  di promuovere la formazione dei giovani sportivi di talento nelle condizioni adeguate - alle singole federazioni di dettare limitazioni all’impiego di determinate categorie di atleti nelle competizioni da esse gestite, imporrebbero, d’altro canto, rigorosi vincoli di proporzionalità e di ragionevolezza rispetto all’obiettivo legittimamente perseguito, che risulterebbero rispettati nella sola ipotesi in cui le predette limitazioni risultassero incentrate sulla nazionalità di formazione degli atleti e non, come nel caso di specie, esclusivamente sulla loro cittadinanza (implicitamente richiamata quale requisito per la convocazione nelle squadre nazionali).

Le limitazioni imposte con la delibera impugnata entrerebbero, inoltre, in conflitto potenziale con le disposizioni dettate dal Trattato sulla libera circolazione delle persone (e, in specie, sulla libertà di svolgere la prestazione di lavoro) proprio perché volte a determinare discriminazioni essenzialmente basate sulla nazionalità ovvero sulla cittadinanza.

Affermano, poi, l’irrilevanza, a tal fine, della distinzione fra limitazioni al tesseramento (non previste nella delibera impugnata) e all’impiego, richiamando la decisione n. 2/2011, prot. n. 41 del 7 febbraio, dep. l’11 febbraio 2011, con la quale l’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI aveva ammesso che i c.d. limiti di utilizzazione potessero implicare «effetti discriminatori, seppure indiretti, tali da impedire di fatto  la pratica  agonistica» in danno degli atleti che, pertanto, travalicherebbero l’autonomia tecnico-organizzativa delle Federazioni, assumendo, così, una «immediata rilevanza pubblicistica ai sensi dell’art. 23, comma 1, dello Statuto del C.O.N.I.».

Quali conseguenze della delibera impugnata, vengono dunque prospettate una serie di potenziali pregiudizi che - per esplicita affermazione delle stesse ricorrenti - verrebbero a incidere in maniera diretta e/o mediata sui diritti delle persone fisiche e, in particolare, delle atlete tesserate vittime della postulata discriminazione.

5.         Si è costituita in giudizio la FIGH. La Federazione ha eccepito, nell’ordine: i) l’inammissibilità del ricorso in quanto, sin dal primo grado, non sono state chiamate in giudizio tutte le compagini controinteressate alla, eventuale, modifica delle regole del Campionato di A1; ii) l’insussistenza dell’interesse a ricorrere, non essendo mai stato prospettato alcun danno concreto e attuale; iii) la mancanza di legittimazione ad agire in base all’art. 36, c. 2, RGD; iv) la decorrenza del termine per impugnare, in quanto le norme censurate erano preesistenti ed in vigore da oltre un anno (le ricorrenti ammettono che erano diverse solo nella stagione 20/21); la irrilevanza, in punto di asserito contrasto tra dispositivo e motivazione, della citazione nel dispositivo della sola mancanza di legittimazione, non essendo tale divergenza inficiante. Nel merito, la Federazione resistente ribadisce la piena conformità della delibera impugnata in primo grado con le disposizioni di legge e regolamentari citate dalle ricorrenti.

Considerato in diritto

I. Vale preliminarmente soffermarsi sul secondo motivo di ricorso, ove si censura la decisione di secondo grado nella misura in cui non ha rilevato un contrasto tra il dispositivo e la motivazione del Tribunale Federale: «dalla lettura del dispositivo adottato dal Tribunale Federale all’esito dell’udienza del 16 giugno 2022 … risulta che il ricorso è stato dichiarato inammissibile “per difetto di legittimazione attiva…” Le  motivazioni pubblicate il successivo 28 giugno, invece, sono integralmente incentrate sulla declaratoria di inammissibilità “per mancanza di interesse…”, rigettando espressamente, peraltro, l’eccezione di carenza di legittimazione attiva formulata dalla Federazione resistente» (p. 11 del Ricorso).

La censura è infondata.

Sul punto, le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia hanno affermato che «Considerato il rinvio operato dall’art. 2, c. 6, CGS CONI alle norme generali ed ai principi del processo civile, il contrasto tra motivazione e dispositivo, che dà luogo alla nullità della sentenza, si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui detto contrasto sia chiaramente riconducibile a un semplice errore materiale che è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza».

Le Sezioni Unite hanno richiamato, a ragione, Cass. Pen., n. 160/2020, per cui «in tema di contrasto tra motivazione e dispositivo, se la divergenza è causata da un evidente errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, il contrasto deve ritenersi solo apparente ed è legittimo il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata del dispositivo”. Insomma, sempre secondo il Collegio, il “contrasto insanabile” è solo quello che, per essere sanato, richiederebbe una ulteriore attività decisoria (Cassazione civile, sez. VI, 15 gennaio 2019).

Ebbene, nel caso di specie, non solo il giudizio di prevalenza non poteva che risolversi nel senso di una netta prevalenza della motivazione sul dispositivo e ritenersi che la divergenza dipendesse da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile, ma altresì può riconoscersi che il tenore della motivazione di primo grado non consente alcun dubbio circa i contenuti della decisione e, se non possono esservi dubbi sulla portata precettiva della stessa, nemmeno potrà dirsi “insanabile” l’eventuale contrasto tra la motivazione ed il dispositivo.

II. Può ora esaminarsi il primo motivo di ricorso.

La ricorrente si duole della declaratoria di inammissibilità per carenza di legittimazione attiva contenuta nella decisione impugnata, in virtù dell’art. 55, comma 2, del Regolamento di giustizia della Federazione (art. 31, comma 2, CGS CONI), che testualmente recita: “le deliberazioni del Consiglio Federale contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e ai regolamenti della Federazione possono essere annullate su ricorso di un componente, assente o dissenziente, del Consiglio Federale, o del Collegio dei revisori dei Conti”. Tale disposizione è stata interpretata dalla Giurisprudenza del Collegio di Garanzia ritendo che la stessa «disciplina il regime ordinario di impugnazione degli atti consiliari aventi funzione amministrativo-gestionale, riservando la legittimazione attiva ad impugnare le deliberazioni ai soli componenti assenti o dissenzienti dello stesso Consiglio e del Collegio dei Revisori dei Conti.

Diversamente, se l’atto emanato dal Consiglio Federale ha natura formalmente amministrativa, ma è privo dei contenuti organizzativi ovvero ordinamentali, e assume, nei confronti dell’interessato, il valore di un provvedimento afflittivo, esso va ricollocato nell’area delle decisioni normalmente rimesse alla competenza degli organi di giustizia federali, per cui ne è consentita senz’altro la impugnazione innanzi al Tribunale Federale dal Tesserato che assuma di averne patito gli effetti lesivi» (Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 24 aprile 2018, n. 22).

Tuttavia, nel caso di specie, il contenuto della delibera del Consiglio Federale, pur trattandosi di atto avente natura amministrativa con contenuti organizzativi e ordinamentali, è, non di meno, un atto certamente impugnabile da qualsiasi tesserato/affiliato della FIGH che si dolga della lesività del portato ivi contenuto, e nonostante - a voler seguire detta interpretazione - non avendo valore di provvedimento immediatamente afflittivo; e ciò per la seguente ragione.

A ben osservare, la delibera del Consiglio Federale del 10 aprile 2022, resa nota con Circolare n. 13/2022 del 14 aprile 2022, contiene disposizioni riguardanti l’attività agonistica della stagione sportiva 2022/2023. Tali disposizioni, organizzative ed ordinamentali, sono state trasfuse all’interno del “Vademecum 2022/23”, il quale, dunque, assume le caratteristiche di atto regolamentare della Federazione.

Così correttamente ricondotto nell’alveo dei regolamenti federali, con riferimento all’impugnabilità degli stessi, non può che farsi riferimento alla giurisprudenza delle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia che, con le decisioni n. 32/2018 e n. 62/2018 (correttamente richiamate dal Tribunale Federale in primo grado), hanno affermato che «il Regolamento federale è un atto proprio della Federazione Sportiva, con la conseguenza che l’eventuale impugnazione di una sua disposizione

deve essere fatta davanti alla stessa Federazione e quindi davanti agli Organi della Giustizia Sportiva federale…». Così ragionando, dunque, i provvedimenti regolamentari e i conseguenti atti applicativi, ritenuti eventualmente lesivi di situazioni giuridiche soggettive riconosciute e tutelate nel contesto dell’ordinamento sportivo, devono ritenersi sempre impugnabili ai sensi degli artt. 25 CGS CONI - 49 RGD FIGH - (“Il Tribunale Federale giudica in primo grado su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi ai Giudici sportivi nazionali o territoriali”) e 30 CGS CONI - 54 RGD FIGH- (“Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale Federale”); e ciò, in virtù della disposizione generale del CGS CONI (art. 6) per cui “Spetta ai tesserati, agli affiliati e agli altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione il diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’ordinamento sportivo. L’azione è esercitata soltanto dal titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale”.

II.I Incidentalmente, è rilevabile nella fattispecie, altresì, l’interesse ad agire delle ricorrenti, attesa la prospettazione di una lesione diretta, concreta ed attuale derivante dalla normativa impugnata, limitando (direttamente) la possibilità di impiego e (indirettamente) quella di tesseramento di determinate categorie di atlete. Si rammenta, a tal proposito, che «L’interesse ad agire - la cui carenza è rilevabile ex officio in ogni stato e grado del giudizio - è definibile quale condizione dell’azione - e quindi relativa ad ogni tipo di azione o impugnazione - diretta al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio non ottenibile senza l’imprescindibile intervento di un Giudice, nello specifico mediante rimozione o modifica del provvedimento impugnato, al quale viene rivolta la richiesta di tutela. Sono rinvenibili tre caratteristiche fondamentali di tale requisito: i) la natura personale dell’interesse, nel senso che l’ipotetico risultato deve essere vantaggioso per colui che propone il ricorso; ii) l’attualità dell’interesse, ossia che tale condizione debba preesistere alla proposizione del gravame, o quantomeno essere contestuale allo stesso; iii) la concretezza dello stesso, identificabile mediante una valutazione che faccia riferimento ad un pregiudizio concreto verificatosi ai danni del soggetto che esercita l’azione» (Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 74/2021).

III. La dichiarata sussistenza della legittimazione a ricorrere travolge irrimediabilmente la decisione della CFA impugnata, la quale non è andata oltre alla cennata pronuncia in rito; e dai medesimi esiti è colpita, altresì, la decisione di primo grado, la quale, pur se con diversa angolatura, e al netto della divergenza tra il dispositivo e la motivazione di cui già si è detto, si è anch’essa arrestata alla pregiudiziale di rito riguardante l’interesse  ad agire,  al contrario da ritenersi sussistente.

È evidente, pertanto, che mai sino ad ora sia stato scandagliato il merito della questione per come proposto dalle ricorrenti sia in primo che in secondo grado.

È,  dunque,  compito  del  Collegio  di  Garanzia,  e  pienamente  nelle  sue  prerogative  in considerazione del tenore delle censure, giudicare sulle seguenti addotte violazioni:

i)         “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 Regolamento Organico FIGH, in relazione alla delibera del Consiglio Nazionale CONI del 15 luglio 2004, n. 1276, richiamata in quella successiva del 3 novembre 2005, n. 474. Eccesso di potere per violazione degli autolimiti imposti dall’art. 55 Regolamento Organico FIGH, manifesta irragionevolezza ed illogicità, sviamento”;

III.I

ii)        “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 Cost., degli artt. 18, 21 e 165 TFUE, dell’art. 3 co. 1 D.Lgs. 216/2003 e dell’art. 25 del D.Lgs. 36/2021”;

iii)       “Eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, parità di trattamento, proporzionalità, per manifesta illogicità e/o irragionevolezza, carenza di istruttoria e di motivazione, sviamento. Abuso del diritto”.

È preliminarmente d’obbligo osservare che le censure delle ricorrenti alla citata delibera, e dunque al predetto “Vademecum”, si risolvono in una inammissibile richiesta al Collegio di Garanzia di adozione di criteri alternativi, più favorevoli alla ricorrente. Si ribadisce, in tal senso, che «l’analisi della ragionevolezza e della proporzionalità dei provvedimenti deve, infatti, essere valutata in coerenza con l’assetto sistematico di cui non è il giudice, ma la Federazione ad essere protagonista. Non è, infatti, il giudice che governa l’assetto sportivo»; la pretesa delle ricorrenti, in altri termini, di spiegare la irragionevolezza delle scelte, e finanche di chiedere che il Collegio ordini l’adozione di criteri alternativi, muove dalla propria (comprensibile, ma non perciò trasformabile in parametro condiviso) posizione di ambizione, interessi o comunque vantaggio preteso. Ma mai può trasformarsi «quale parametro per il giudizio la “irragionevolezza soggettiva” in irragionevolezza tout court» (cfr., Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione n. 28/2020; Collegio di Garanzia, Sez. I, decisioni n. 26/2022, n. 62/2022 e n. 64/2022).

Ed invero, la FIGH ha ritenuto opportuno imporre un determinato numero di atlete “schierabili in nazionale” da iscrivere a referto (neanche da mandare in campo). Siffatta  determinazione rappresenta l’espressione della volontà del Consiglio Federale,  assunta, mediante libera  e corretta votazione, attraverso i quorum deliberativi previsti dalle norme regolamentari. Ne discende che la stessa non risulta affetta da alcuna violazione di legge e costituisce l’espressione del potere discrezionale esercitato dalla FIGH quale organo sovrano della volontà delle compagini ivi rappresentate secondo una libera valutazione.

La scelta discrezionale compiuta risulta insindacabile in questa sede giustiziale, non potendo il Collegio interferire nella valutazione del merito, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata), manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza del suo operato (in argomento, Cons. Stato, sez. V^, 30 dicembre 2019, n. 8909 e Id., 26 novembre 2018, n. 6689). Tale sindacato rimane, pertanto, limitato ai soli casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi (in argomento, Collegio di Garanzia, Sez. Un., decisione, n. 118/2021).

Ma tali vulnera non sono rinvenibili nel caso di specie.

Invero, l’art. 55 R.O. recita “Il Consiglio Federale, sulla base delle disposizioni emanate dal C.O.N.I., determina annualmente il numero di atleti italiani, italiani non schierabili in nazionale, comunitari, extracomunitari, che possono essere iscritti a referto per ciascun incontro e per ciascun campionato di serie o categoria”; da tanto è facilmente evincibile come la Federazione abbia agito in applicazione di tale disposizione e non anche in suo contrasto. Inoltre, è errato il richiamo alle delibere del Consiglio Nazionale del CONI, atteso che la norma dedotta in giudizio riguarda solo la massima serie maschile e femminile e quindi due Campionati (A1 maschile e femminile) e non gli altri Campionati (senior e giovanili) della FIGH e, soprattutto, quindi, non riguarda i vivai.

Neppure di discriminazione potrebbe argomentarsi, considerato che la norma in parola non ha limitato il tesseramento di atleti non italiani, ma ha imposto un determinato numero di atlete “schierabili in nazionale” da iscrivere a referto (non da mandare in campo); dunque, nel caso di specie, non vi è alcuna differenziazione basata sulla nazionalità, ma il criterio assunto a base della Delibera impugnata prescinde dalla nazionalità ed adotta un criterio diverso, stabilito dalla Federazione Internazionale, ovvero quello della schierabilità in Nazionale. Né la norma  in questione si pone in contrasto con le norme europee, non limita la circolazione delle atlete, non limita la possibilità per le stesse di “lavorare” come atlete e non limita la possibilità per le società sportive di tesserare e contrattualizzare qualunque atleta.

IV. Le censure alla richiamata regolamentazione della FIGH risultano, dunque, infondate e, pertanto, il ricorso deve conclusivamente essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

Rigetta il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 2.500,00, oltre accessori di legge, a carico di ciascuna parte ricorrente in favore della resistente FIGH.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 gennaio 2023.

Il Presidente                                                              Il Relatore

F.to Vito Branca                                           F.to Marcello de Luca Tamajo

Depositato in Roma, in data 3 febbraio 2023.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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