F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0023/CFA pubblicata il 4 Settembre 2024 (motivazioni) – Giudizio di rinvio CONI/Sigg.ri omissis e omissis
Decisione n. 0023/CFA/2023-2024
Registro procedimenti n. 0012/CFA/2023-2024
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Marco Lipari – Presidente
Antonella Trentini – Componente
Salvatore Lombardo – Componente
Antonino Anastasi – Componente
Claudio Tucciarelli - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul rinvio disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport CONI, Seconda Sezione, con decisione n. 40 del 16 maggio/30 luglio 2024, concernente la decisione della Corte Federale d'Appello, Sezioni Unite, n. 0065/CFA/2023-2024, del 12 dicembre 2023, sul reclamo proposto dalla Procura Nazionale dello Sport;
visti la decisione e gli atti del procedimento di rinvio;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza del 27.8.2024, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Claudio Tucciarelli e uditi l'Avv. Federico Vecchio per la Procura Nazionale dello Sport e gli Avv. Andrea Scalco e Federico Bronzato per omissis e omissis.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Il presente giudizio origina dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Seconda Sezione, n. 40 del 2024 di annullamento con rinvio della decisione n.
0065/CFA/2023-2024 della Corte Federale di Appello della Federazione Italiana Giuoco
Calcio (CFA), Sezioni Unite, del 12 dicembre 2023, con cui era stato respinto il reclamo della Procura Generale dello Sport nei confronti dei sigg. omissis e omissis, calciatori indagati in un procedimento penale per violenza sessuale di gruppo. Il reclamo della Procura Generale dinanzi alla CFA, a sua volta, riguardava la decisione del Tribunale Federale Nazionale della FIGC n. 97 del 9/17 novembre 2023, con cui il giudice di prime cure aveva dichiarato il difetto di giurisdizione (rectius: competenza) in merito al deferimento proposto con procedimento n. 0045/tfnsd/2023-2024.
2. La vicenda può essere così sintetizzata.
2.1. Dopo l’avvio del procedimento conseguente alla segnalazione della Procura Generale dello Sport relativa a notizie stampa concernenti un'ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Procura della Repubblica di omissis nei confronti di due calciatori, iscritta nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 26 gennaio 2023, la Procura federale manifestava l’intendimento di dare luogo ad archiviazione, in data 17 febbraio 2023, nel presupposto che le condotte a carico dei calciatori non dovessero rientrare nella competenza disciplinare degli Organi di giustizia sportiva, in quanto "i fatti di rilievo penale a carico dei prefati tesserati FIGC ... non hanno alcuna attinenza, né collegamento, con l'attività sportivo agonistica svolta dai medesimi atleti, sia per le circostanze di tempo e di luogo in cui sarebbero occorsi i fatti, sia per la tipologia di condotta che sarebbe stata posta in essere". La medesima Procura federale rinnovava poi l’intendimento di archiviazione il 12 maggio 2023.
La Procura Generale dello Sport avocava quindi il procedimento in questione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 12-quater, comma 4, dello Statuto del CONI e 51, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva del Comitato Olimpico, con conseguente applicazione, ai sensi del combinato disposto dell'art. 12-quater, comma 5, dello Statuto e 52, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva, di un Procuratore Nazionale dello Sport.
Seguiva il deferimento, da parte della Procura Generale dello Sport, innanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, dei due calciatori, all’epoca dei fatti tesserati per la società omissis, chiamati a rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS FIGC, ovvero del dovere fatto a tutte le persone e agli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, in combinato disposto, giusto il coordinamento tra il Codice di Giustizia Sportiva FIGC e le norme CONI previsto dall’art. 3, comma 1, del CGS («Il Codice è adottato in conformità a quanto disposto ...dallo Statuto del CONI e ... dal Codice CONI»), con gli artt. 2 e 5, comma1, del Codice di Comportamento Sportivo CONI, che impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo, oltre al rispetto del principio di lealtà, di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti. Ciò per essere stati gli stessi calciatori destinatari di un provvedimento di ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, eseguito dalla Polizia di Stato su ordine della Procura della Repubblica di omissis, con l’accusa di violenza sessuale di gruppo.
2.2. Con decisione del 9 novembre/17 novembre 2023, n. 97, il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare dichiarava il proprio “difetto di giurisdizione” in merito al deferimento.
2.3. Avverso tale decisione, la Procura Generale dello Sport proponeva reclamo dinanzi alla Corte Federale d’Appello della FIGC. Nel proprio reclamo, la Procura faceva riferimento all’entrata in vigore - in data 31 agosto 2022 e in attuazione dell’art. 8 della legge delega n. 86 del 2019, in materia di ordinamento sportivo e professioni sportive - del decreto legislativo n. 39 del 28 febbraio 2021, recante “Semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi”, il quale, tra l’altro, prevede che le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate siano tenute a: redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione; prevedere, nel proprio Regolamento di Giustizia, specifiche sanzioni disciplinari per i casi di accertata violazione, da parte di tesserati, dei divieti di cui al d. lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ovvero di condanne ai sensi di norme penali riferibili a specifici “delitti contro la libertà individuale” (artt. 600 bis – 600 quinquies, ss. c.p.), nonché ai “delitti contro l’uguaglianza” (artt. 604 bis e 604 ter c.p.), e a una serie di “delitti contro la libertà personale” (artt. 609 bis – 609 quinquies, art. 609 octies e art. 609 undecies c.p.), indicando, allo stesso tempo, anche il riferimento normativo. La Procura Generale rilevava che, benché il decreto non fosse stato ancora compiutamente attuato e benché non fosse ancora intervenuta alcuna sentenza di condanna da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, neanche nel primo grado di giudizio, la fattispecie di reato posta a base dell’adozione della misura cautelare adottata nei confronti degli indagati (poi revocata per il venire meno delle esigenze che ne avevano formato il presupposto) non risulterebbe affatto estranea al contesto sportivo e dovrebbe essere valutata dal giudice sportivo, sia pure in termini che tengano conto della non definitività della condanna, ma che non possono trascurare il contesto probatorio e le esigenze di tutela del contesto sportivo in termini di lealtà e correttezza.
2.4. La Corte Federale d’Appello, Sezioni Unite, con la decisione n. 0065/CFA/2023-2024, respingeva il reclamo della Procura Generale dello Sport, confermando il difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare da parte del giudice sportivo e ribadendo, da un lato, l’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale e affermando, dall’altro, l’astratta imputabilità, a titolo di responsabilità, anche nell’ordinamento sportivo, di condotte di per sé non immediatamente riferibili allo svolgimento dell’attività sportiva, a condizione che la rilevanza delle stesse per l’ordinamento sportivo – in ragione della loro gravità e del clamor fori provocato – sia stata espressamente sancita a livello normativo.
2.5. La Procura Generale dello Sport ha quindi presentato ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, sostenendo, quale unico motivo di impugnazione, la errata interpretazione e applicazione dell’art. 4 del CGS FIGC. Ad Avviso della Procura Generale, al di là della circostanza che le norme rivolte al contrasto della violenza di genere non abbiano ancora avuto piena e totale attuazione in ambito federale, non vi sarebbe dubbio che, nel caso in esame, la fattispecie sia comunque riconducibile all’ipotesi prevista e punita dal richiamato art. 4, atteso che: a) la fattispecie di reato posta a base dell’adozione della misura cautelare adottata nei confronti degli indagati non risulta affatto estranea al contesto sportivo e dovrebbe essere valutata dal giudice sportivo, sia pure in termini che tengano conto della non definitività della condanna, ma che non possono trascurare il contesto probatorio e le esigenze di tutela del contesto sportivo in termini di lealtà e correttezza; b) l’estrema gravità delle condotte (di rilievo penale) contestate ai calciatori, anche con particolare riferimento alla loro natura ed all’eco mediatica da esse prodotta, non consente di considerare le stesse estranee al contesto sportivo e, nello specifico, a quanto previsto dall’art. 2 del Codice di Comportamento Sportivo, né possono e devono indurre a ritenere che la giustizia sportiva ne possa decretare l’indifferenza rispetto al contesto federale o doversi subordinare all’esito definitivo del procedimento penale, con una indubbia lesione del principio di autonomia vigente nel sistema della giustizia sportiva.
La Procura Generale dello Sport ha quindi chiesto al Collegio di Garanzia dello Sport: in caso di decisione nel merito, di riconoscere la propria giurisdizione sui fatti oggetto del procedimento e dichiarare la responsabilità disciplinare dei due calciatori, per la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva FIGC in combinato disposto con gli artt. 2 e 5, comma 1, del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, con irrogazione a entrambi i suddetti tesserati della squalifica di anni uno, ovvero di quella diversa sanzione che dovesse essere ritenuta conforme a giustizia; in subordine, di annullare la decisione impugnata disponendo il rinvio alla Corte Federale d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie.
2.6. I calciatori si sono costituiti nel giudizio davanti al Collegio di Garanzia, eccependo tre motivi di inammissibilità. In primo luogo, ricorrerebbe l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 54, comma 1, CGS CONI, posto che, nel caso di specie, si sarebbe formata una “doppia conforme” di proscioglimento in sede endofederale. Il ricorso sarebbe, inoltre, inammissibile poiché la Procura Generale, nelle sue conclusioni, chiederebbe sostanzialmente al Collegio di valutare nel merito la vicenda e irrogare le relative sanzioni. In terzo luogo, vi sussisterebbero profili di inammissibilità anche per violazione dell’art. 54, comma 3, lettera d), CGS CONI, posto che nel ricorso della Procura Generale dello Sport, composto da 20 pagine, solamente una era dedicata all’unico motivo di ricorso nel quale, peraltro, non venivano mosse precise censure alla decisione impugnata, bensì generiche contestazioni prive di riferimenti normativi.
Nel merito, i resistenti hanno sostenuto che le condotte asseritamente riferibili ai tesserati sarebbero del tutto estranee all’attività sportiva. In particolare, la normativa richiamata dal Procuratore Nazionale non sarebbe applicabile al caso di specie.
2.7. Il Collegio di garanzia dello Sport, Seconda Sezione, con la decisione n. 40 del 2024:
- ha rigettato, sulla scorta di propri precedenti, la prima eccezione di inammissibilità dei resistenti relativa alla sussistenza di una “doppia conforme” in sede endofederale, in quanto fondata su motivi strettamente procedurali;
- ha rigettato l’eccezione relativa alla carenza di specificità dei motivi del ricorso della Procura Generale, non essendo ravvisabili ipotesi di carenza di specificità dei motivi, così come individuata dalla giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport;
- nel merito, ha confermato i motivi e le conclusioni del precedente, trattato dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport (decisione n. 10/2024) - sebbene in quel caso i fatti per i quali si voleva sottoporre il tesserato ad un procedimento disciplinare erano già stati accertati in sede penale, pur se con sentenza non irrevocabile. Il Collegio di Garanzia ha motivato la propria decisione sulla propria giurisprudenza, anche in sede consultiva, e sul parametro della c.d. riferibilità sportiva, secondo una lettura dei canoni di comportamento volti a dare una effettiva rispondenza alla sentita necessità che i tesserati e gli affiliati cooperino «attivamente alla ordinata e civile convivenza sportiva» (art. 2, secondo cpv., del Codice di Comportamento) e che non si rendano responsabili, in ogni ambito, di condotte contrarie al principio di non violenza, previsto all’art. 5 del predetto Codice di Comportamento Sportivo.
Il Collegio di Garanzia, Seconda Sezione, si è pertanto conformato alla decisione delle Sezioni Unite n. 10 del 2024, per concludere che, fermo restando il principio di autonomia del giudizio disciplinare sportivo che regola i rapporti tra processo sportivo e processo penale, non può sottrarsi alla cognizione del giudice sportivo la condotta che abbia determinato una compromissione di quei valori e doveri di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale cui si ispira l’ordinamento sportivo, codificati nel sopra citato art. 4 del CGS FIGC, dei quali il giudice sportivo è sempre tenuto a verificare il rispetto ad opera di tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento federale.
Il Collegio di Garanzia ha accolto il ricorso della Procura Generale, disponendo il rinvio alla Corte Federale di Appello della FIGC, che dovrà accertare e valutare i fatti, in sé, ascritti ai tesserati omissis e omissis, facendo applicazione del medesimo principio di diritto già espresso dalle Sezioni Unite nella decisione n. 10/2024: «L’art. 4, comma 1, del CGS FIGC, in combinato disposto con gli artt. 3, co. 1, del CGS FIGC, 13 bis, co. 3, dello Statuto del CONI, 2, 5, co. 1, 12 e Allegato A del Codice di Comportamento Sportivo CONI, considerato che i principi ivi esposti (lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco) investono non solo il corretto esercizio di una posizione soggettiva, estendendosi necessariamente anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, deve essere interpretato nel senso che, nel momento in cui la condotta implichi (per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito) una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva, è fatto obbligo a tutti i soggetti, e agli organismi, sottoposti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale, in ogni rapporto non solo di natura agonistica, ma anche economico e/o sociale, nonché di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti».
Il Collegio di Garanzia ha quindi dichiarato la sussistenza della propria giurisdizione, ha accolto il ricorso e ha rinviato il procedimento alla Corte Federale di appello della FIGC.
2.8. Instaurato il giudizio di rinvio, la Procura generale dello Sport ha depositato il 23 agosto 2024 propria memoria con cui ha chiesto che i due giocatori vengano riconosciuti responsabili della violazione dell’art. 4, comma 1, CGS e di conseguenza che venga loro irrogata la sanzione della squalifica di un anno.
La difesa dei due giocatori, con memoria depositata il 23 agosto 2024, ha chiesto, in via principale, il proscioglimento dei propri assistiti; in ogni caso, ha chiesto la sospensione del procedimento in attesa del giudizio definitivo del procedimento penale, con conseguente sospensione dei termini di conclusione del presente giudizio disciplinare, ai sensi dell'art. 38, comma 5, lettera a), del CGS CONI, dell'art. 3, comma 2, e dell'art. 110, comma 5, del CGS FIGC, sino alla formazione del giudicato in sede penale.
3. All’udienza del 27 agosto 2024, tenutasi videoconferenza, l’avv. Federico Vecchio, per la Procura Nazionale dello Sport, si richiamava alla memoria depositata e insisteva per l’irrogazione della sanzione disciplinare richiesta, mentre gli avvocati Andrea Scalco e Federico Bronzato per omissis e omissis, richiamati gli scritti difensivi, hanno chiesto che comunque venga sospeso il procedimento in attesa della definizione del giudizio penale. 4. All’esito della discussione, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Questa Corte Federale, a seguito del rinvio disposto dalla Seconda Sezione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, è chiamata nuovamente a decidere sulla vicenda riguardante i calciatori omissis e omissis, deferiti dalla Procura Nazionale dello Sport per rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., ovvero del dovere fatto a tutte le persone e gli organismi soggetti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale in ogni rapporto di natura agonistica, economica e/o sociale, in combinato disposto, giusto il coordinamento tra il Codice di Giustizia Sportiva FIGC e le norme CONI previsto dall’art. 3 co. 1 del C.G.S. (“Il Codice è adottato in conformità a quanto disposto ...dallo Statuto del CONI e … dal Codice CONI”), con gli artt. 2 e 5, comma 1, del Codice di Comportamento Sportivo CONI, che impongono a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo, oltre al rispetto del principio di lealtà, di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti. I suddetti calciatori sono stati destinatari di un provvedimento di ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, eseguito dalla Polizia di Stato su ordine della Procura della Repubblica di omissis, con l’accusa di violenza sessuale di gruppo.
Il rinvio è stato disposto dal Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, con la decisione n. 40 del 2024, in base alla quale questa Corte Federale di appello “dovrà accertare e valutare i fatti, in sé, ascritti ai tesserati omissis e omissis, facendo applicazione del medesimo principio di diritto già espresso dalle Sezioni Unite nella decisione n. 10/2024: «L’art. 4, comma 1, del CGS FIGC, in combinato disposto con gli artt. 3, co. 1, del CGS FIGC, 13 bis, co. 3, dello Statuto del CONI, 2, 5, co. 1, 12 e Allegato A del Codice di Comportamento Sportivo CONI, considerato che i principi ivi esposti (lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco) investono non solo il corretto esercizio di una posizione soggettiva, estendendosi necessariamente anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, deve essere interpretato nel senso che, nel momento in cui la condotta implichi (per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito) una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva, è fatto obbligo a tutti i soggetti, e agli organismi, sottoposti all’osservanza delle norme federali di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale, in ogni rapporto non solo di natura agonistica, ma anche economico e/o sociale, nonché di astenersi dall’adottare comportamenti scorretti e/o violenti»” (v. par. III del “Considerato in diritto” della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport n. 40 del 2024).
6. Questo Collegio ritiene di non doversi discostare dai motivi e dalle conclusioni di cui alla propria decisione delle Sezioni Unite n. 100/CFA/2023-2024, adottata nell’ambito di un procedimento che presenta tratti del tutto sovrapponibili a quello odierno: stessa sequenza procedurale (deferimento a cura della Procura Nazionale dello Sport, diniego di giurisdizione - rectius: competenza - da parte degli organi di giustizia federale, annullamento con rinvio da parte del Collegio di Garanzia dello Sport, con gli stessi incombenti in capo alla CFA); stesso illecito sportivo (art. 4, comma 1, CGS FIGC); stessa fattispecie di reato (violenza sessuale), cui è ricondotta la violazione dei doveri di cui al citato art. 4, comma 1, CGS.
7. Va dunque ribadito – secondo quanto affermato dalla citata decisione delle Sezioni Unite n. 100/CFA/2023-2024 - che, secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, “il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento” (Cass. civ., sez. II; 02/02/2024, n. 3150) e che “la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso, nel quale, da un lato, è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove (eccetto il giuramento decisorio), nonché conclusioni diverse, salvo che queste siano rese necessarie da statuizioni della sentenza dì cassazione, e, dall'altro, al giudice di rinvio competono gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata. Nel caso in cui la sentenza sia stata cassata per violazione di legge e per vizi di motivazione, il giudice del rinvio conserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento alla luce del principio affermato, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati” (Cass. civ., sez. II, 14/11/2017, n.26894).
8. Ciò precisato, questa Corte è dunque chiamata, in conformità con la regula juris enucleata dal Collegio di Garanzia dello Sport, ad accertare e valutare se la condotta ascritta ai tesserati deferiti dalla Procura nazionale in occasione degli accadimenti attualmente costituenti oggetto di un procedimento penale, pur se non tenuta nello svolgimento, a causa o in occasione di attività sportiva (c.d. attività extra-funzionale), abbia determinato, per il modo in cui la persona si è comportata e per il contesto in cui ha agito, la compromissione di quei valori e doveri di lealtà, probità, correttezza e rettitudine morale cui è ispirato l’ordinamento sportivo, codificati nell’art.4 del CGS FIGC, e dei quali il giudice sportivo è sempre tenuto a verificare il rispetto ad opera di tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento federale.
9. Va poi ricordato – come ha già fatto questa Corte Federale con la citata decisione delle Sezioni Unite n. 100/CFA/2023-2024 - che il legislatore nazionale, con il d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39, recante “Semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi”, emanato in attuazione della legge delega n.86 del 2019 ed entrato in vigore il 31 agosto 2022, ha fatto obbligo, all’art.16 (Fattori di rischio e contrasto alla violenza di genere nello sport), alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate, agli enti di promozione sportiva e alle associazioni benemerite di redigere, entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore, “le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell'attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Le linee guida vengono elaborate con validità quadriennale sulla base delle caratteristiche delle diverse Associazioni e delle Società sportive e delle persone tesserate.” (comma 1). Il comma 5 del richiamato art.16 prevede, inoltre, che “I regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite devono prevedere sanzioni disciplinari a carico dei tesserati che abbiano violato i divieti di cui al capo II del titolo I, libro III del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero siano stati condannati in via definitiva per i reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 604-bis, 604-ter, 609bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinques, 609-octies, 609-undecies del codice penale”. In tal modo, il legislatore ha selezionato una serie di condotte penalmente rilevanti, di particolare gravità, per le quali gli ordinamenti sportivi federali devono approntare una normativa interna per sancirne il rilievo in sede disciplinare; il legislatore federale ha provveduto ad adottare in data 31 agosto 2023 le Linee guida di cui innanzi (v. Comunicato Ufficiale n.87/A del 31 Agosto 2023). Tuttavia, fino al 27 agosto 2024 non vi è stata l’integrazione regolamentare, prescritta dal richiamato comma 5 dell’art.16, con riguardo alla previsione di specifiche sanzioni disciplinari in relazione alle condotte sussumibili nelle suindicate fattispecie di reato.
Va annotato che la perdurante assenza della (invero doverosa) integrazione regolamentare ha privato finora di efficacia sostanziale la novella legislativa e non ha contribuito alla organica e univoca definizione del quadro normativo e sanzionatorio di riferimento. Tale integrazione si è infine realizzata con la pubblicazione, il 27 agosto 2024, del regolamento FIGC per la prevenzione e il contrasto di abusi, violenze e discriminazioni (Com. Uff. n. 68/A della FIGC, pubblicato il 27 agosto 2024) e della connessa modifica del CGS FIGC concernente l’apparato sanzionatorio (introduzione dell’art. 28-bis del CGS FIGC, Com. Uff. n. 69/A, pubblicato il 27 agosto 2024). In disparte ogni questione interpretativa sui contenuti e l’ambito di applicazione, soggettivo e oggettivo, dell’art. 28-bis del CGS FIGC, il Collegio rileva che le disposizioni sanzionatorie nei confronti dei tesserati entrano in vigore, in virtù della norma transitoria, il 1° settembre 2024.
10. Una volta precisato il thema decidendum del presente giudizio di rinvio, delineato il quadro normativo di riferimento e focalizzato, in virtù del principio di diritto enucleato dal Collegio di Garanzia dello Sport, il precetto normativo della cui violazione, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, i calciatori deferiti devono essere chiamati a rispondere in via disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva, va osservato, analogamente a quanto già rilevato con la citata decisione della CFA n. 100 del 2024, che, nel caso di specie, né la Procura Federale né la Procura Nazionale dello Sport risultano avere svolto autonomi atti di indagine, per accertare i fatti. Tale elemento va considerato, pur tenendo conto dei limiti che, in via generale, naturalmente incontra l’esercizio dei poteri istruttori degli organi inquirenti federali rispetto a condotte non riconducibili in via immediata allo svolgimento dell’attività sportiva (non costituendo questa né causa, né motivo, né occasione della condotta in contestazione) quanto, piuttosto, alla sfera privata del soggetto tesserato (cd. attività extrafunzionale). Né, ad avviso del Collegio, sono sufficienti, ai fini della propria decisione nel merito, gli atti del procedimento penale (l’ordinanza cautelare del g.i.p.) finora resi disponibili.
11. Ne deriva che, allo stato degli atti, fermi restando il principio di autonomia sancito dall’art.3, comma 3, CGS FIGC e la disciplina dettata dall’art.39 CGS CONI con riguardo all’efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari, questa Corte non è in grado di accertare né di valutare i fatti alla luce del parametro normativo individuato dal Collegio di Garanzia dello Sport, non avendo di tali fatti piena cognizione ed essendo gli stessi ancora sub judice nell’ambito di un procedimento penale tuttora in corso. Si tratta di un procedimento penale che si trova in uno stato di avanzamento affine a quella in cui si trovava il procedimento penale interessato dalla decisione di questa Corte Federale di appello, Sezioni unite, n. 100 del 2024. Infatti, nonostante il silenzio serbato dalle parti anche nel corso dell’udienza del 27 agosto 2024, risulta che i due calciatori siano stati medio tempore condannati in primo grado nel mese di giugno 2024.
12. Si impone, pertanto, la sospensione dei termini di conclusione del giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 38, comma 5, CGS CONI, in forza del richiamo operato dall’art.3, comma 2, CGS FIGC, e dell’art.110, comma 5, CGS FIGC sino alla definizione del giudicato in sede penale (irrevocabilità della sentenza di condanna, definitività della decisione di proscioglimento o della sentenza di assoluzione).
13. Per la riattivazione del giudizio disciplinare è fatto onere alle parti, secondo il rispettivo interesse e in forza del combinato disposto dell’art.2, comma 6, CGS CONI e dell’art.297 c.p.c., di assumere la relativa iniziativa nel termine di tre (3) mesi dalla formazione del giudicato nei termini come innanzi precisati. Resta impregiudicata la possibilità per questa Corte Federale, una volta che sia stato riattivato il giudizio disciplinare, di valutare gli effetti delle sopravvenienze normative intervenute il 27 agosto 2024, di cui al par. 9 della presente decisione.
P.Q.M.
Dichiara la sospensione dei termini di conclusione del presente giudizio disciplinare, ai sensi dell'art. 38, comma 5, lettera a), del CGS CONI, dell'art. 3, comma 2, e dell'art. 110, comma 5, del CGS FIGC, sino alla formazione del giudicato in sede penale.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Tucciarelli Marco Lipari
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce