F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0031/CFA pubblicata il 16 Settembre 2024 (motivazioni) – G.S.D F.C. Lunigiana Pontremolese 1919/Procura federale
Decisione/0031/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0022/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mauro Mazzoni – Componente
Vincenzo Barbieri – Componente
Domenico Giordano - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0022/CFA/2024-2025 proposto dalla società G.S.D F.C. Lunigiana Pontremolese 1919 in data 09.08.2024,
per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Toscana, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 6 del 2 agosto 2024;
visti il reclamo e i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
relatore all’udienza del 06.09.2024, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Domenico Giordano e uditi gli Avv.ti Giulia Barsotti e Stefano Pellacani per la reclamante e l’Avv. Debora Bandoni per la Procura federale.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1) Con reclamo depositato in data 9 agosto 2024, la G.S.D F.C. Lunigiana Pontremolese 1919 ha adito la Corte federale d’appello, chiedendo l’annullamento della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Toscana, pubblicata con il Comunicato Ufficiale n. 6 del 2 agosto 2024, limitatamente alle parti in cui ha irrogato alla Società 10 punti di penalità da scontarsi nella stagione 2024-25 e € 1.000,00 di ammenda.
La vicenda sottoposta allo scrutinio delle Sezioni Unite trae origine dalle circostanze seguenti.
Con nota del 15 febbraio 2024 il Giudice sportivo territoriale presso il Comitato regionale Toscana segnalava alla Procura federale la posizione irregolare del calciatore sig. Mirko Gabrielli, il quale aveva preso parte, nelle fila delle squadre schierate dalla società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, alle seguenti 15 gare tutte valevoli per il campionato di Promozione, nonostante lo stesso dovesse ancora scontare la squalifica irrogata dal Giudice sportivo territoriale con provvedimento pubblicato con il Comunicato Ufficiale n. 78 del 20.4.2023 del Comitato regionale Toscana: Larcianese - Pontremolese 1919 del 17.9.2023, Real Cerretese - Pontremolese 1919 dell’1.10.2023, Pontremolese 1919 - San Marco Avenza 1926 dell’8.10.2023, Lampo Meridien 1919 ASQ.B. Pontremolese 1919 del 18.10.2023, Pontremolese 1919 - Castelnuovo Garfagnana del 22.10.2023, Viaccia Calcio - Pontremolese 1919 del 29.10.2023, Pontremolese 1919 - Maliseti Siano dell’1.11.2023, Casalguidi 1923 Calcio - Pontremolese 1919 del 23.12.2023, Pontremolese 1919 - Luco del 12.11.2023, Viareggio Calcio M.P.S.C. - Pontremolese 1919 del 18.11.2023, Pontremolese 1919 - Pietrasanta del 26.11.2023, Intercomunale Monsummano - Pontremolese 1919 del 3.12.2023, Pontremolese 1919 - Pieve Fosciana del 10.12.2023, San Piero a Sieve - Pontremolese 1919 del 17.12.2023 e Pontremolese 1919 - A.C. Settimello del 7.1.2024.
La Procura federale interregionale iscriveva nel relativo registro il procedimento disciplinare al n. 847 pfi 23-24, avente ad oggetto: “Partecipazione in posizione irregolare, in quanto squalificato, del calciatore sig. Mirko Gabrielli, nelle fila della squadra schierata dalla GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, a gare del campionato di Promozione nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024”.
L’attività requirente veniva svolta dal Procuratore federale interregionale, il quale, dopo aver acquisito documentazione, in data 14 maggio 2024 trasmetteva alle parti la comunicazione di conclusione delle indagini.
Di seguito, con atto del 24 giugno 2024 (Prot. 31796/847 pfi 23-24/PM/rg), la Procura federale interregionale deferiva innanzi al Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Toscana:
- il sig. Pier Giorgio Aprili, all’epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, per rispondere:
della violazione degli artt. 4, comma 1, e 21, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, quale presidente dotato di poteri di rappresentanza della società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, consentito e comunque non impedito al calciatore sig. Mirko Gabrielli di partecipare, nelle fila delle squadre schierate dalla società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, alle suindicate 15 gare tutte valevoli per il campionato di Promozione nonostante lo stesso dovesse ancora scontare la squalifica irrogata dal Giudice sportivo territoriale con provvedimento pubblicato con il Comunicato Ufficiale n. 78 del 20.4.2023 del Comitato regionale Toscana;
- il sig. Alessandro Barontini, all’epoca dei fatti dirigente accompagnatore ufficiale tesserato per la società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, per rispondere:
della violazione degli artt. 4, comma 1, e 21, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in occasione dei suindicati incontri tutti valevoli per il Campionato di Promozione, sottoscritto in qualità di dirigente accompagnatore ufficiale della società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919 le distinte di gara consegnate all’arbitro nelle quali è inserito il nominativo del calciatore sig. Mirko Gabrielli, attestando in tal modo in maniera non veridica la legittima partecipazione dello stesso a tali incontri nonostante dovesse ancora scontare la squalifica irrogata dal Giudice sportivo territoriale con provvedimento pubblicato con il Comunicato Ufficiale n. 78 del 20.4.2023 del Comitato regionale Toscana;
- il sig. Mirko Gabrielli, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, per rispondere:
della violazione degli artt. 4, comma 1, e 21, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso partecipato, nelle fila delle squadre schierate dalla società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, a 15 gare tutte valevoli per il campionato di Promozione nonostante dovesse ancora scontare la squalifica irrogata;
- la società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919 a titolo di responsabilità diretta ed oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva per gli atti ed i comportamenti posti in essere dai sigg.ri Pier Giorgio Aprili, Alessandro Barontini e Mirko Gabrielli così come descritti nei precedenti capi di incolpazione.
L’udienza di trattazione avanti il TFT aveva luogo alla data del 26 luglio 2024. In tale occasione, come emerge dal verbale di udienza, il rappresentante della Procura federale chiedeva accertarsi la responsabilità dei deferiti per i fatti oggetto di incolpazione e la conseguente irrogazione:
- al signor Pier Giorgio Aprili in qualità di presidente della GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919 per responsabilità oggettiva, della sanzione di mesi 17 di inibizione;
- al signor Alessandro Barontini dirigente accompagnatore della medesima società sottoscrittore delle distinte di gara a cui ha partecipato il calciatore in posizione irregolare, della sanzione di 17 mesi di inibizione;
- al signor Mirko Gabrielli calciatore per aver partecipato a 15 gare del campionato in posizione irregolare, della sanzione di 17 giornate di squalifica;
- alla società GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, della sanzione di 15 punti di penalizzazione da scontarsi nella stagione sportiva 2024-25 e di € 1.000,00 di ammenda.
La società deferita, riportandosi alla memoria già depositata nella fase delle indagini e alle conclusioni formulate nella stessa, contestava la richiesta della Procura ritenendola eccessiva e sproporzionata, sia in relazione ai fatti, sia in relazione ai benefici che la società aveva potuto ricavare dal fatto contestato e alla buona fede di tutti i soggetti coinvolti. In subordine, chiedeva l’applicazione di un criterio punitivo, connotato da ragionevolezza, oltretutto in un caso come quello di specie, in cui il codice non prevede alcuna sanzione tipica. In ulteriore subordine, chiedeva, infine, che la eventuale sanzione della penalizzazione dei punti in classifica fosse applicata alla stagione conclusa 2023/2024, in virtù del principio del carattere afflittivo della sanzione applicata.
Con decisione pubblicata sul C.U. LND Toscana del 2 agosto 2024, il Tribunale federale territoriale C.R. Toscana, dopo aver precisato che “i fatti oggetto del giudizio non sono contestati, e la posizione irregolare del calciatore Gabrielli in tutte le gare elencate nell’atto di deferimento non è in discussione”, giudicava tuttavia non congrue e proporzionate le misure sanzionatorie richieste dalla Procura federale e, in applicazione del carattere equitativo del processo sportivo, nel solco tracciato dalle pronunce della CFA, infliggeva le sanzioni:
- di mesi 8 di inibizione, al sig. Pier Giorgio Aprili, Presidente della GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, per responsabilità oggettiva in relazione ai fatti contestati;
- di mesi 8 di inibizione al sig. Alessandro Barontini quale dirigente accompagnatore;
- di otto giornate di squalifica, al calciatore Mirko Gabrielli;
- di 10 punti di penalità da scontarsi nella stagione 2024-25 e € 1.000,00 di ammenda, alla GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919, per i medesimi fatti.
2) La GSD FC Lunigiana Pontremolese 1919 proponeva reclamo avverso la suindicata decisione chiedendone la riforma limitatamente alle sanzioni (di penalizzazione e ammenda) ad essa comminate e censurando la pronuncia per i motivi seguenti:
2.1) Erroneità della decisione nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto irrilevanti le argomentazioni in merito alla criticità del sistema di rilevazione della posizione irregolare del giocatore.
Si assume che l’assenza di un sistema di rilevazione, automatica e d’ufficio, delle irregolarità relative alla posizione dei giocatori che non hanno scontato la squalifica, impedisce ai soggetti in buona fede di avvedersi dell’errore commesso e di porvi immediatamente rimedio e avvantaggia indebitamente chi agisce in mala fede, come nel caso di una squadra che, pur essendo a conoscenza della irregolarità della posizione di un giocatore della squadra avversaria, ometta di farne tempestiva denuncia, consentendo con dolo che la irregolarità stessa si protragga e aspettando il momento giusto per farne segnalazione, al fine di trarne un indebito vantaggio, in aperta violazione dei principi di buona fede e correttezza il cui rispetto è d’obbligo per tutti i tesserati.
Si sostiene inoltre, che l’assenza di un termine di prescrizione breve entro cui presentare la denuncia di irregolarità favorisce comportamenti opportunisti, avvantaggiando chi agisce in mala fede, in pregiudizio di chi, invece, è in buona fede. Dette criticità dovrebbero comportare la sensibile riduzione della sanzione al minimo prevedibile, non potendosi addossare unicamente sulla Lunigiana Pontremolese le pesanti conseguenze sanzionatorie di un fatto la cui responsabilità dovrebbe essere più adeguatamente ripartita anche tra la Federazione e la società che ha in mala fede fatto ricorso al Giudice sportivo dopo ben 15 gare.
2.2) In subordine, erroneità e contraddittorietà della decisione nella parte in cui infligge alla società la penalizzazione di 10 punti in classifica.
Si sostiene che la sanzione della penalizzazione di uno o più punti in classifica prevista dall’art. 8 lett. g) del C.G.S. trova applicazione soltanto nelle fattispecie espressamente previste dagli artt. 10 commi 2-4-9, art. 11, comma 2, art. 31 commi 3, 4, 5, art. 32, art. 33, art. 34. Nessuno di tali disposti normativi contempla l’applicazione della sanzione della penalizzazione di uno o più punti in classifica, alla ipotesi di partecipazione alla gara di giocatore squalificato, situazione non assimilabile alla fattispecie assolutamente diversa e sicuramente più grave, della partecipazione alla gara di un giocatore cui sia stato revocato il tesseramento, prevista e punita dall’art. 11, terzo comma, C.G.S.. L’assenza di una norma specifica che sanzioni con la penalizzazione la fattispecie oggetto del presente procedimento è circostanza significativa del fatto che l’ordinamento federale non ritiene che la condotta contestata debba essere punita con la sottrazione di punti in classifica. Ne deriva che, nel rispetto delle previsioni del CGS, la sanzione della penalizzazione dovrà essere annullata.
2.3) Erroneità e contraddittorietà della decisione nella parte in cui il Tribunale non ha adeguatamente considerato la buona fede della società.
La reclamante sostiene che l’impiego irregolare del giocatore Mirko Gabrielli nelle gare è stato causato da un errore commesso in assoluta buona fede, derivante da una serie di circostanze che si sono verificate contemporaneamente: la squalifica del giocatore a cavallo delle due stagioni sportive, irrogata nel corso delle gare di play-off (che hanno regole di ammonizione e diffida diverse), il cambio nelle mansioni della segreteria e l’inesperienza del nuovo addetto su questo genere di controlli. In tale contesto, connotato da assenza di alcun intento di trarre indebiti vantaggi e dalla buona fede della società, la penalizzazione di dieci punti appare una sanzione eccessivamente afflittiva e punitiva, oltre che sproporzionata, che costringe la società a disputare un campionato 2024/2025 irrimediabilmente compromesso, esponendola al rischio della retrocessione.
2.4) Erroneità e contraddittorietà della decisione nella parte in cui il Tribunale non ha correttamente applicato i principi di equità, ragionevolezza e proporzionalità nella determinazione della sanzione.
Si assume che, nella determinazione della sanzione, il Tribunale federale non abbia adeguatamente considerato le circostanze dedotte dalla società, ossia che la società opera in ambito dilettantistico senza l’apporto di professionisti esperti e che non ha tratto alcun vantaggio dalla condotta censurata, atteso che Il giocatore Mirko Gabrielli ha giocato interamente solo 6 delle 15 gare contestate, senza mai segnare.
2.5) Erroneità della decisione nella parte in cui il Tribunale non ha ritenuto afflittiva una penalizzazione di punti comminata nella stagione sportiva 2023/2024.
La sanzione avrebbe dovuto trovare applicazione nel campionato 2023/24 nel corso del quale l’irregolarità è stata compiuta. Ciò, anche in considerazione del principio della afflittività della sanzione irrogata in quanto, al termine della precedente stagione, la GSD Lunigiana Pontremolese 1919 si era classificata in quinta posizione, accedendo alla fase dei play off (da cui era uscita al primo turno); la eventuale applicazione dei punti di penalizzazione in quel campionato, dunque, comporterebbe per la squadra l’uscita dalla zona play off, con conseguente afflittività concreta della sanzione applicata.
2.6) Erroneità della decisione nella parte in cui il Tribunale ha disatteso la richiesta di commutazione della sanzione, senza fornire alcuna motivazione.
Da ultimo la reclamante lamenta la mancata considerazione della richiesta di commutare la sanzione della penalizzazione in ammenda, dichiarandosi disponibile, a fronte di una riduzione della penalizzazione a 5 punti, al pagamento di ammenda pari a € 2.000,00 oppure al versamento, oltre all’ammenda di € 1.000,00 irrogata in primo grado, di ulteriori 1.000,00 euro da devolvere ad una associazione di volontariato presente nel territorio in cui opera la società o a quella indicata dall’organo giudicante.
2.7) In data 2 settembre 2024, la Segreteria della Corte federale di appello dava avviso della fissazione d’udienza a tutte le parti a mezzo pec.
2.8) In data 3 settembre 2024 veniva acquisita al deposito telematico la memoria difensiva della Procura federale, trasmessa via pec al difensore della Società deferita.
Lo scritto difensivo afferma che le violazioni oggetto del deferimento che ha dato luogo alla decisione reclamata sono pacifiche, incontestate ed acclarate. Tanto premesso, al fine di evidenziare l’infondatezza dei motivi di reclamo, la memoria difensiva prosegue, sostenendo:
- quanto al primo motivo, che le argomentazioni formulate sono destituite di qualsiasi fondamento giuridico e si risolvono in proposte di modifica della normativa federale che non possono con ogni evidenza essere discusse nell’ambito di un procedimento disciplinare e men che mai possono evidentemente costituire motivo di diritto sul quale fondare un reclamo. Infatti, non è ammissibile ritenere che poiché qualche società avversaria, ipoteticamente in mala fede, attenda mesi prima di denunciare la posizione irregolare di un calciatore al fine di far affliggere più pesantemente la società colpevole, la soluzione sarebbe una prescrizione breve della violazione oppure una preventiva indagine sull’animus del denunciante al fine di rilevare la sua buona o cattiva fede. Nel caso di specie nemmeno potrebbe riconoscersi la sussistenza della “buona fede” richiamata dalla società, atteso che è pacifico che la stessa ha agito con negligenza non avendo assolto, nel caso di specie, all’onere di agire nell’osservanza dei criteri minimi di diligenza che sono connaturati ad un livello ordinario di competenza necessaria per svolgere l’attività sportiva; si osserva, al riguardo, che il controllo dei Comunicati Ufficiali e l’annotazione delle sanzioni irrogate a propri tesserati costituiscono attuazione concreta dell’obbligo di rispetto di tutti i provvedimenti emanati dagli organi di giustizia sportiva e rappresentano la manifestazione primaria del precetto di cui all’art. 4, comma 3, del Codice di giustizia sportiva secondo il quale i Comunicati Ufficiali si considerano conosciuti dalla data della loro pubblicazione;
- quanto al secondo motivo, la resistente richiama i principi espressi nella decisione 0067/CFA-2022-2023 delle Sezioni Unite secondo cui l’utilizzazione di calciatori non legittimati integra la violazione dei principi generali di lealtà, correttezza e probità nonché della specifica norma dell’art. 32, comma 2, C.G.S., e rappresenta un illecito disciplinare di particolare gravità, in quanto altera il regolare svolgimento dei tornei, di talché “la penalizzazione di uno o più punti in classifica rappresenta - insieme con quella pecuniaria, e in disparte la perdita della gara - la sanzione tipica per le società che schierino in campo giocatori privi dei titoli necessari (tesseramento, assenza di squalifiche, età prescritta, ecc.)”;
- quanto al terzo motivo, l’inconfigurabilità dell’errore scusabile invocato dalla società alla luce del principio sancito dalle Sezioni Unite con la decisione n. 8/2023-2024 del 13 luglio 2023, che collega l’esimente ad obiettive incertezze o a difficoltà di interpretazione delle norme, non ricorrenti nel caso di specie;
- quanto al quarto motivo, che il Tribunale federale territoriale ha determinato le sanzioni in maniera corretta facendo espresso riferimento ai principi di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 67/2022-2023, irrogando soltanto 10 punti di penalizzazione, così riducendo di un terzo la determinazione “matematica” della sanzione di 15 punti richiesti dalla Procura.
- quanto al quinto motivo, che l’applicazione della sanzione dei dieci punti di penalizzazione nella stagione appena trascorsa priverebbe la stessa dei caratteri di effettività e afflittività che devono invece sempre connotare le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva;
- quanto al sesto e ultimo motivo, che la richiesta di commutazione della penalizzazione in ammenda, oltre a palesarsi in sé assolutamente inammissibile, non risulta essere stata indicata a verbale nell’ambito del procedimento di prime cure, tanto che di essa non è cenno nella decisione.
2.9) Il reclamo veniva chiamato all’udienza odierna, dove sono comparsi gli avv. ti Giulia Barsotti e Stefano Pellacani per la reclamante e l’avv. Debora Bandoni per la Procura federale. I difensori hanno richiamato il contenuto dei rispettivi scritti difensivi e insistito nelle conclusioni già rassegnate.
Dopo la discussione delle parti, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3) Il reclamo pone all’attenzione del collegio questioni che occorre esaminare singolarmente.
3.1) La Corte ritiene di dover affrontare preliminarmente il tema principale emergente dal reclamo e discendente dalle argomentazioni contenute nel secondo motivo con cui si sostiene che il sistema normativo federale non prevede la sanzione della penalizzazione nel caso di partecipazione alla gara di un calciatore squalificato.
Lo scrutinio prioritario del motivo, che la reclamante propone invece in subordine al primo, è imposto da esigenze di pregiudizialità logico – giuridica e richiede l’esame delle disposizioni dettate in materia dal C.G.S. vigente.
Procedendo a detta analisi si può innanzitutto osservare che l’art. 21 C.G.S., in tema di esecuzione della squalifica di calciatori, stabilisce che il calciatore sanzionato con la squalifica deve scontare la sanzione nelle gare ufficiali della squadra nella quale milita e in tale occasione gli è precluso l’accesso all’interno del terreno di gioco e negli spogliatoi.
In forza del terzo comma dell’art. 21, la violazione del divieto di accesso nel recinto di gioco comporta l’applicazione delle sanzioni disciplinari che l’art. 9 prevede a carico dei dirigenti, soci e tesserati della società. Questo profilo sanzionatorio non riveste rilevanza nel presente giudizio, atteso che il reclamo è diretto a contestare soltanto la penalizzazione e l’ammenda inflitte alla società, ma non concerne le sanzioni dell’inibizione e della squalifica irrogate dal TFT a carico del presidente, del dirigente accompagnatore e del calciatore.
In ogni modo dalla lettura dell’art. 21 può trarsi la regola che la partecipazione alla gara di un calciatore squalificato costituisce condotta illecita e comporta a carico della società che impiega in gare ufficiali il calciatore, l’irrogazione della sanzione speciale della perdita della gara come disposto dall’art. 10, comma 6 lett. a), C.G.S.
Lo stesso art. 10, dopo aver previsto l’applicazione della sanzione della perdita della gara, nella parte finale del primo comma fa comunque “salve ulteriori e diverse sanzioni per la violazione dell’art. 4 comma 1” (tra le quali è compresa la penalizzazione). Potrebbe tuttavia dubitarsi che tale inciso possa trovare applicazione nel caso in esame, atteso che esso è inserito in una parte della disposizione che fa generale riferimento “a fatti e situazioni che possano aver influito sullo svolgimento di una gara o ne abbiano impedito la regolare effettuazione”, mentre la situazione speciale della partecipazione alla gara di calciatore squalificato è espressamente prevista e punita dal comma 6, lett. a), dello stesso art. 10, senza alcun richiamo alle sanzioni irrogabili per la violazione dei criteri valoriali di cui è portatrice la norma contenuta nel primo comma dell’art. 4.
A parere della Corte, ai fini in questione, un ancoraggio più sicuro è invece rinvenibile nell’art. 8 C.G.S. il quale dopo aver enunciato, al primo comma, il catalogo delle sanzioni irrogabili a carico delle società, da commisurare alla natura e alla gravità delle violazioni alle norme federali, dispone poi al secondo comma che alla società “può inoltre essere inflitta anche la sanzione sportiva della perdita della gara nei casi previsti dall’art. 10”.
Ciò sta a significare che in tutte le ipotesi che danno luogo alla sanzione della perdita della gara, previste dall’art. 10 C.G.S., tra le quali è compresa al comma 6, lett. a), anche quella della società che “fa partecipare alla gara calciatori squalificati”, è possibile applicare, in aggiunta alla sconfitta “a tavolino”, anche la sanzione della penalizzazione di uno o più punti in classifica prevista dal primo comma lett. g) dell’art. 8.
Le suindicate regole normative rendono affatto prevedibile la duplice risposta sanzionatoria, tanto più nel quadro di operatività degli obblighi generali di cui all’art. 4 C.G.S., che comprende anche il rispetto dei principi di correttezza, come di seguito si preciserà.
In proposito, la giurisprudenza endo ed esofederale ha in più occasioni affermato il principio, secondo cui “la penalizzazione di uno o più punti in classifica rappresenta - insieme con quella pecuniaria, e in disparte la perdita della gara - la sanzione tipica per le società che schierino in campo giocatori privi dei titoli necessari (tesseramento, assenza di squalifiche, età prescritta, ecc.)”.
Si potrebbe tuttavia obiettare che una simile interpretazione, finendo con l’applicare allo stesso fatto due diverse sanzioni, si ponga in contrasto con il divieto del bis in idem e con il principio dell’assorbimento di cui all’art. 9 della l. 689 del 1981, in base al quale non essendo pensabile che il soggetto possa essere punito due volte per uno stesso fatto, si rende necessario optare per una sola delle due ipotesi sanzionatorie.
La Corte ritiene che una simile obiezione non abbia fondamento, attesa la diversa natura dell’interesse protetto e la diversa funzione delle due sanzioni applicabili nella fattispecie di cui trattasi: la sanzione della perdita della gara non ha carattere “sostanzialmente penale”, ma risponde a finalità ripristinatorie della condizione della squadra avversaria lesa dalla partecipazione alla gara del calciatore avversario squalificato; la penalizzazione riveste invece una funzione più propriamente afflittiva e sanzionatoria del comportamento illecito della società che impiega in gare ufficiali un calciatore squalificato.
Non è, pertanto, ravvisabile la violazione del “ne bis in idem” previsto dall’art. 4, prot. 7 CEDU, come interpretato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, in quanto i giudizi preordinati all’irrogazione delle due diverse sanzioni sono diretti al soddisfacimento di finalità differenti e compongono un insieme unitario e coerente di procedure complementari e temporalmente concomitanti; inoltre, dal sistema normativo, come sopra delineato, traspare la prevedibilità del doppio giudizio e della duplicazione punitiva, complessivamente proporzionata al disvalore del fatto.
Sotto altro profilo, a conferma della tipicità e della determinatezza della pena, può giovare anche il richiamo alla previsione dell’art. 10, ultimo comma, C.G.S. secondo cui per i fatti che comportano la sanzione della perdita della gara si applica la penalizzazione di un punto in classifica in caso di recidiva, con funzione di deterrenza per il protrarsi della condotta illecita.
Difatti, il calciatore che deve ancora scontare la squalifica, in base al principio della c.d. “ perpetuatio sanzionatoria” viene a trovarsi in posizione irregolare in tutte le gare alle quali abbia seguitato a partecipare, senza scontare la squalifica stessa.
Sotto il profilo sistematico ciò vale a configurare l’autonomia delle singole violazioni con il connesso regime sanzionatorio diretto a realizzare, per la società resasi responsabile delle violazioni reiterate, lo scopo proprio retributivo della pena e anche un conseguente effetto di deterrenza; allo stesso tempo si concreta l’esigenza di garantire alle altre società, che partecipano allo stesso campionato, la regolarità dello stesso, ripristinando la par condicio nelle competizioni agonistiche.
In quanto precede risiede, ad avviso della Corte, l’infondatezza del secondo motivo del reclamo.
3.2) Sono infondati anche il primo e il terzo motivo del reclamo, che possono esaminarsi congiuntamente, in quanto espongono profili tra loro connessi.
Si assume in primo luogo che la mancanza di un sistema di rilevazione delle irregolarità relative alla posizione dei giocatori che non hanno scontato la squalifica, impedisce ai soggetti in buona fede di avvedersi dell’errore commesso e avvantaggia indebitamente chi, mosso da mala fede, attenda il momento propizio per segnalare l’irregolarità.
Può senz’altro ammettersi che l’attivazione di un sistema automatico di registrazione delle squalifiche avrebbe facilitato e reso più sicuro e immediato per la società sportiva il riscontro della condizione ostativa alla partecipazione del proprio calciatore alla gara; si può certo immaginare, tanto più in epoca dominata dall’uso diffuso di tecnologie, che l’impiego di archivi cartacei o il ricorso alla memoria storica degli operatori possano generare con maggiore facilità l’emergere di errori nella verifica dei dati.
Per prevenire l’insorgere di consimili criticità è auspicabile che un archivio elettronico con la raccolta sistematica delle squalifiche sia implementato dalla Federazione e reso accessibile agli utenti.
Al contempo, si deve tuttavia rilevare che la mancanza di una banca dati accessibile non genera una situazione di assoluta inesigibilità della condotta addebitata alla reclamante, che possa valere ad esentare o ad attenuare la colpevolezza della società.
Sul punto non può invero ritenersi esimente della responsabilità e concretizzante ex se l’invocata buona fede il sol fatto che faccia difetto un sistema di rilevazione automatica delle irregolarità relative alle posizioni dei calciatori che non hanno scontato la squalifica.
Difatti, l’operatività degli obblighi generali di correttezza e di osservanza delle norme federali di cui agli artt. 4 e 8 C.G.S. racchiude anche il rispetto delle regole ordinarie di diligenza, la cui violazione è sicuramente integrata da condotte colpose per negligenza o disattenzione, che giustificano le conseguenti misure sanzionatorie.
Come giustamente osserva la Procura federale, le società sono tenute a verificare la regolarità della condizione dei calciatori che prendono parte alla gara e ad escludere dalla competizione i calciatori squalificati. La trasgressione a tali obblighi di verifica è soggetta alle sanzioni previste dall’ordinamento federale anche se ascrivibile a colpa.
Con specifico riferimento alla fattispecie, può osservarsi che il calciatore squalificato militava già nelle fila della società reclamante all’epoca dell’infrazione che ha determinato la squalifica e ciò rappresenta ragione sufficiente ad escludere l’ignoranza inevitabile della circostanza all’interno dell’organizzazione societaria. Vale osservare che il dovere di conoscenza delle norme federali che disciplinano l’attività sportiva va valutato con particolare rigore, tanto da far assumere rilevanza anche alla colpa lieve nell’inesatta o incompleta assunzione di informazioni sulle regole che presidiano l’esercizio delle funzioni professionali in ambito sportivo anche dilettantistico.
Del resto, è sufficiente una minima diligenza per accertare la sussistenza dei requisiti che l’ordinamento federale richiede per la partecipazione degli atleti alle singole gare, anche per rispetto della parità di situazione con le altre società e gli altri giocatori in competizione.
Né vale invocare – nel caso di specie – l’errore scusabile in quanto per l’applicazione di tale istituto non sono sufficienti la semplice buona fede e l'esistenza di fattori soggettivi, ma occorre che obiettivamente l’errore tragga origine da incertezze o difficoltà di interpretazione delle norme.
Ai sensi dell’art. 4, comma 3, CGS “l’ignoranza dello Statuto e delle norme federali non può essere invocata ad alcun effetto”. L’errore sul divieto, pertanto, può essere scusabile soltanto se inevitabile ed incolpevole, e quindi derivi da un’impossibilità oggettiva o soggettiva, non rimproverabile, di conoscere o comprendere pienamente il precetto oppure di osservare lo stesso (ex multis: Corte federale d’appello, Sez. I, n. 44/2019-2020; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 104/2022-2023).
Deve quindi escludersi la sussistenza della buona fede invocata dalla società, atteso che questo stato soggettivo implica l’errore sulla liceità del fatto non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza ed è quindi incompatibile con l’errore, causato da colpa per mancanza di impegno e attenzione nel compimento degli adempimenti doverosi richiesti dalle norme federali; ne discende che, in ossequio al principio di autoresponsabilità, la società deve rispondere delle conseguenze negative del proprio comportamento negligente, tanto più se replicato in plurime occasioni come nel caso in esame.
Come ha già rilevato la Corte proprio con riguardo alla fattispecie del calciatore squalificato (C.F.A., Sez. I, n. 7/2022-2023), “ [i]l reiterato schieramento di un giocatore squalificato … è di per sé un fatto che non può essere considerato tenue - e va anzi nella direzione della “recidiva”, assunto come parametro di valutazione nel senso della “gravità” della violazione - a prescindere dall’incidenza che tale reiterata violazione possa avere avuto in relazione al risultato sportivo”.
A tale riguardo è del tutto irrilevante, e non può valere ad attenuare la gravità della violazione, la circostanza che il calciatore “non ha mai segnato” o “ha giocato interamente” solo alcune delle gare irregolari; difatti la partecipazione alla gara rileva ex se a prescindere dalla qualità e dalla durata della prestazione sportiva del calciatore squalificato, tanto è vero che, a fini sanzionatori, è sufficiente anche il solo “accesso all’interno del recinto di gioco” (art. 21).
Del resto la giurisprudenza endo-federale (da ultimo CFA, Sez. I, n. 134/2023-2024) si è consolidata a proposito della consapevole partecipazione a gare ufficiali o dell’utilizzazione in queste di calciatori non legittimati, nel senso che non richiede che questi siano “effettivamente utilizzati”, come invece prescrive l’art. 10, comma 7, CGS rispetto alla sanzione della perdita della gara. Ciò in coerenza con quanto prevede l’art. 21, comma 2, secondo capoverso, CGS, e cioè che “…la squalifica non si considera scontata ove il calciatore squalificato venga inserito nella distinta di gara e non venga impiegato in campo”. Anche la sola convocazione e iscrizione nella distinta di gara di un soggetto squalificato, non tesserato o comunque privo del titolo per partecipare, dunque, è una attività sportiva costituente una “utilizzazione” impropria, che merita di essere sanzionata nei termini cui quella giurisprudenza si riferisce (CFA, Sez. I, n. 27/2023-2024). Ed è irrilevante la mancata incidenza sul risultato finale del comportamento contestato, la cui gravità “non può essere desunta o esclusa risalendo dall’entità delle conseguenze sportive della violazione” (CFA, Sez. I, n. 7/2022-2023).
Quanto poi all’asserita mala fede della società che ha segnalato l’irregolarità, va osservato in primo luogo che, per antico brocardo, non videtur vim nec dolum facere, qui iure suo utitur, et ordinaria actione experitur.
La società che ha segnalato la partecipazione irregolare del calciatore avversario squalificato nella gara disputata il 14 gennaio 2024 e terminata con la vittoria della odierna reclamante ha esercitato legittimamente una prerogativa riconosciutale dall’ordinamento e in particolare dall’art. 67 C.G.S.
La relativa iniziativa giustiziale è sorretta dal perseguimento dell’interesse a conseguire la sanzione della perdita della gara a carico della squadra uscita vittoriosa dal confronto e la vittoria “a tavolino” in proprio favore.
Ciò vale ad escludere in radice la configurabilità di una situazione di abuso del diritto che si concreta nell’uso di strumenti processuali diretti a causare all’avversario un sacrificio che non sia giustificato dal perseguimento di un proprio interesse lecito.
Contrariamente, quindi, a quanto la reclamante mostra di ritenere, la mancata segnalazione da parte della società sportiva circa la medesima irregolarità verificatasi anche nella precedente gara di andata, terminata in quel caso con la sconfitta della odierna reclamante, è indice non della volontà intenzionalmente diretta ad arrecare nocumento a quest’ultima, ma piuttosto del disinteresse a chiedere la modifica di un risultato favorevole comunque conseguito sul campo.
Ma, al di là di questo, l’argomentazione della reclamante poggia su labili congetture.
La stessa sostiene che l’assenza di un registro elettronico delle squalifiche giustifica la sua ignoranza circa la condizione irregolare di un proprio giocatore, ma al contempo assume che detta condizione fosse invece nota alla società segnalante e da questa tenuta artatamente celata al fine di aggravare il trattamento sanzionatorio irrogabile con il protrarsi della irregolarità.
A voler seguire questa impostazione si dovrebbe inevitabilmente ritenere che:
a) la situazione di irregolarità del proprio calciatore fosse di agevole conoscenza anche in assenza del registro elettronico, tanto da essere nota persino alle società avversarie della reclamante. Il che smentisce l’asserito impedimento ad avvedersi dell’errore, sostenuto in altra parte del reclamo;
b) la società segnalante fosse non solo consapevole già dalla gara di andata dell’irregolarità in cui versava il calciatore della odierna reclamante, ma avrebbe nondimeno arrischiato di attendere “il momento ritenuto più favorevole” per farne segnalazione, presagendo che l’irregolarità stessa si sarebbe protratta fino alla gara di ritorno;
c) sussista l’obbligo di fare segnalazione dell’irregolarità, anche in assenza di qualsivoglia utilità in favore della denunciante.
Orbene, la reclamante non allega alcuna circostanza idonea a provare che la società segnalante avesse contezza dell’irregolarità anteriormente alla gara oggetto di denuncia e nondimeno non esita ad ascrivere alla stessa uno stato psicologico doloso caratterizzato dalla pura volontà di nuocerle senza addurre alcun elemento, neanche indiziario, che possa conferire una sia pur minima attendibilità all’ipotesi ventilata.
Vale inoltre osservare che non sussiste alcun precetto normativo o deontologico che obblighi una società che sia a conoscenza del comportamento irregolare di altra società a farne denuncia agli organi federali. Come sopra accennato, il C.G.S. (art. 67) attribuisce alle società che vi abbiano interesse, ossia che intendano conseguire una concreta utilità, soltanto la facoltà, e non l’obbligo, di segnalare con immediatezza al Giudice Sportivo le irregolarità registrate nel corso di una gara.
Giova anche ricordare che il nostro ordinamento prevede l’obbligo di denuncia solo a carico del pubblico ufficiale e solo per i reati di cui lo stesso abbia avuto notizia nell’esercizio delle sue funzioni (art. 361 c.p.).
Non si vede, quindi, in forza di quale principio il perpetuarsi dell’infrazione debba ascriversi a responsabilità ripartita con la Federazione e con la società che ha presentato il ricorso al Giudice Sportivo, anziché imputarsi unicamente alla condotta gravemente colpevole della reclamante, che impiegando ripetutamente il calciatore squalificato ha fatto in modo “che la irregolarità si protraesse per 15 giornate”.
Quanto poi all’assenza di tempistiche brevi per la prescrizione delle infrazioni disciplinari, è appena il caso di osservare che i termini di prescrizione sono stati fissati dal legislatore federale con l’art. 40 C.G.S. e, con riguardo alle violazioni relative allo svolgimento delle gare, maturano al termine della stagione sportiva successiva a quella in cui le stesse sono state poste in essere (lett. a). La regola, che non presenta alcun profilo di irrazionalità o di contrarietà a legge, non può essere sindacata dalla Corte. Nella fattispecie rileva soltanto che nessuna prescrizione è maturata e, dunque, l’irrogazione delle sanzioni è pienamente legittima.
Non è peraltro vero che manchi un termine breve per denunciare le irregolarità, posto che l’art. 67 C.G.S. prevede invece termini ridottissimi per la presentazione del ricorso al Giudice sportivo. Analogamente, i termini per lo svolgimento delle indagini della Procura federale e per il giudizio disciplinare sono puntualmente cadenzati dal C.G.S. e prevedono scadenze ravvicinate che ne garantiscono la celere definizione.
3.3) Altri profili di censura investono la misura della penalizzazione inflitta dal TFT. Si sostiene che la sanzione sarebbe eccessiva e non adeguata alla gravità della condotta contestata.
La Corte ritiene di dover richiamare l’orientamento espresso da queste Sezioni Unite nella decisione n. 89/CFA/2019-2020, secondo cui esiste “una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione general preventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione.
Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa.”
Tale orientamento poggia sulla considerazione che la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere in varia misura avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione.
In ciò risiede il fondamento del principio dell’inderogabilità dei minimi edittali nelle sanzioni a carico delle Società, che è stato ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte (n. 49/2021-2022; 78/CFA/2022-2023; 22/2022-2023; 108/2022-2023; 55/2023-2024), al quale deve darsi continuità anche nella vicenda esaminata.
Vale osservare che l’obiettivo perseguito tramite l’irrogazione di una sanzione disciplinare è sempre quello di reprimere adeguatamente la condotta illecita e di prevenirne la reiterazione.
Sotto il profilo sistematico ciò vale a realizzare, per la società resasi responsabile delle violazioni, lo scopo proprio retributivo della pena e anche un conseguente effetto di deterrenza; allo stesso tempo si concreta l’esigenza di garantire alle altre società, che partecipano allo stesso campionato, la regolarità dello stesso, ripristinando la par condicio nelle competizioni agonistiche (in tal senso CFA, SS.UU., n. 47/2021-2022 e giurisprudenza richiamata).
Nel caso in esame, il TFT dopo aver enunciato il principio secondo cui “la società che faccia partecipare a una gara un calciatore privo dei titoli e dei requisiti necessari incorre nella sanzione della penalizzazione di 1 punto in classifica, oltre che nell’ammenda di euro 100,00, per ciascun incontro”, ha poi inflitto, in applicazione del carattere equitativo del processo sportivo, 10 punti di penalizzazione ed € 1.000 di ammenda, con l’attenuazione del mero criterio matematico che avrebbe dovuto portare a una sanzione di 15 punti di penalità e a € 1.500 di ammenda. Tale capo della decisione non ha incontrato opposizione da parte della Procura federale e non è quindi modificabile in peius.
I principi sopra richiamati escludono tuttavia la possibilità di procedere alla (ulteriore) riduzione dei 10 punti che il TFT ha inflitto alla Società, misura che la Corte giudica adeguata a sanzionare la condotta recidivante della stessa (tenuto anche conto che essa non ha patito l’ulteriore penalizzazione con la privazione dei 30 punti conquistati nelle gare disputate con la presenza del calciatore squalificato).
Quanto sopra vale anche ad escludere la possibilità di commutare la sanzione della penalizzazione in ammenda, come richiesto con l’ultimo motivo del reclamo che propone peraltro una domanda non formulata in primo grado e come tale da giudicare inammissibile ai sensi dell’art. 101, terzo comma, C.G.S.
3.4) La reclamante lamenta infine l’erroneità della decisione nella parte in cui ha disposto che la penalizzazione di 10 punti in classifica debba essere scontata nel campionato 2024/2025.
La Corte osserva che il TFT ha disposto che la sanzione della penalizzazione in classifica debba essere scontata nella prossima stagione sportiva, non rispondendo al principio di afflittività, se fosse comminata nella stagione sportiva appena conclusa.
La decisione deve essere confermata anche sul punto.
La possibilità dello slittamento della penalizzazione in una stagione successiva a quella in corso risponde alla finalità di assicurare la concreta efficacia punitiva della sanzione, come dispone con chiarezza l’art. 8, comma 1, lettera g) del C.G.S.: “se la penalizzazione del punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione in corso, è fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente”. In altri termini, tale possibilità opera essenzialmente per garantire che la sanzione, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, privi il soggetto colpevole di utilità conseguite nella stagione in corso.
Nel precedente campionato la squadra della reclamante ha raggiunto un punteggio in classifica che le ha consentito l’accesso ai play off, da cui è stata però successivamente esclusa al primo turno; essa non ha dunque riportato alcun significativo risultato la cui conservazione possa essere efficacemente invalidata dall’applicazione della sanzione nella stagione sportiva conclusa.
Applicare la penalizzazione in tale contesto non avrebbe alcun esito afflittivo e non potrebbe produrre un adeguato effetto dissuasivo, in contrasto con quanto prescritto dall’art. 44, comma 5, C.G.S., secondo il quale “tutte le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia sportiva devono avere carattere di effettività e di afflittività”.
4) In conclusione, il reclamo del G.S.D F.C. Lunigiana Pontremolese 1919 deve essere respinto con conseguente conferma della sanzione di dieci punti di penalizzazione in classifica da scontare nella prossima stagione sportiva e dell’ammenda di euro 1.000,00 (mille/00).
La decisione del TFT ha assunto carattere di definitività nelle parti (non fatte oggetto di reclamo) inerenti alle sanzioni di mesi otto di inibizione a carico del Presidente Pier Giorgio Aprili e del dirigente Alessandro Barontini e di giorni 8 di squalifica a carico del calciatore Mirko Gabrielli.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con pec.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Domenico Giordano Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce