F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0032/CFA pubblicata il 16 Settembre 2024 (motivazioni) – Sig. Dario Millea/PF
Decisione/0032/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0021/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Manfredo Atzeni – Componente
Marco La Greca - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0021/CFA/2024-2025 proposto dal signor Dario Millea in data 7 agosto 2024; per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare n. 26/TFNSD-2024-2025 del 30 luglio 2024;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza del 5 settembre 2024, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Marco La Greca, uditi gli Avv.ti Francesco Leone per il reclamante e Maurizio Gentile per la Procura federale.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di deferimento del 21 giugno 2024, il sig. Dario Millea veniva chiamato a rispondere della violazione dell’art. 42 del Regolamento Associazione Italiana Arbitri, e degli articoli 5 e 6.1 del Codice Etico e di Comportamento A.I.A., in relazione al comportamento tenuto quale arbitro dell’incontro Cassano Sybaris – Sersale del 4 febbraio 2024, per avere egli, durante l’incontro, offeso diversi giocatori e, al termine dell’incontro stesso, avuto un diverbio con il Presidente della società Cassano Sybaris, sig. Giuseppe Azzolino, con l’utilizzo di espressioni non appropriate rispetto al ruolo rivestito.
L’indagine era stata avvitata a seguito dell’invio di una missiva da parte del predetto Sig. Azzolino, che denunciava il comportamento tenuto e le frasi pronunciate dall’arbitro.
All’esito dell’istruttoria, nel corso della quale venivano sentiti diversi giocatori, oltre al presidente della Società, al commissario di campo e allo stesso arbitro, la Procura Federale procedeva al deferimento del Sig. Millea.
Il Tribunale Federale, con la decisione indicata in epigrafe, ritenuto provato il comportamento contestato all’arbitro, irrogava allo stesso la sanzione di tre mesi di sospensione (a fronte dei dodici mesi chiesti dalla Procura).
Avverso detta decisione ha proposto reclamo il sig. Millea, sulla base di tre motivi, così rubricati: “ 1) Insussistenza fatto contestato – mancata prova”, “2) Insussistenza del fatto – mancanza di prova – non credibilità della versione resa dal Fiorentino”, “3) Passaggio in giudicato del referto dell’arbitro”.
All’udienza del 5 settembre 2024, presenti le parti, come in epigrafe esposto, che hanno ribadito, quanto alla parte reclamante, le argomentazioni contenute nell’atto di impugnazione, e, quanto alla Procura, le risultanze dell’atto di deferimento, con la conseguente correttezza della decisione di primo grado, la causa è stata assunta in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di reclamo sono sostanzialmente orientati, sia pure sotto profili e angolazioni in parte diversi (e il terzo motivo, in particolare, da una prospettiva latamente “processuale”), a sostenere la non correttezza della decisione di primo grado, che si sarebbe basata, per affermare la responsabilità dell’incolpato, su un unico elemento di prova, consistente nelle dichiarazioni rese dal Commissario di gara nel corso delle indagini; dette dichiarazioni, sempre ad avviso del reclamante, non sarebbero suffragate da nessun altro elemento obiettivo, oltre che smentite dal verbale redatto dallo stesso Commissario immediatamente dopo l’incontro.
Va al riguardo osservato, in primo luogo, che il reclamo sembra avere travisato la portata delle motivazioni svolte dal Tribunale Federale, che non si è affatto bastato esclusivamente sulle dichiarazioni del Commissario di campo.
L’ampio e articolato tessuto motivazionale della sentenza di primo grado si sofferma, invero, sul complessivo quadro probatorio emergente dalle indagini svolte dalla Procura, nel corso della quale, ricorda puntualmente il Tribunale, sono stati sentiti quattro calciatori della società Cassano Sybaris (Mattias Locascio, Nazareno Lopez Bonsignore, Mattia Graziadio e Yaga Karambiri), il Presidente della Società. Giuseppe Azzolino, il commissario di gara Giuseppe Fiorentino, nonché l’arbitro, Dario Millea.
Orbene, secondo quanto riportato dal Tribunale federale (pag. 2, quarto capoverso della parte relativa a “La decisione”), Mattias Locascio ha dichiarato che “l’arbitro, in occasione della sua protesta per la mancata concessione di un calcio di rigore, lo aveva ammonito e gli aveva detto in dialetto <la fissa di mammeta, tornatene in Argentina>” (audizione del 22 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 68-70 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
Nazareno Lopez Bonsignore ha dichiarato, riporta il Tribunale Federale (pag. 2, quinto capoverso, della parte relativa a “La decisione”) che, “nel contesto di alcune spiegazioni rivolte all’arbitro sulla mancata ammonizione a carico dei calciatori antagonisti, tutte comminate alla propria squadra”, l’arbitro stesso “gli diceva <tu stai zitto, tu per me non conti (omissis), sei inferiore a me>” (audizione del 22 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 72-75 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
Mattia Graziadio ha dichiarato, riporta ancora il Tribunale Federale, (pag. 2, sesto capoverso, della parte relativa a “La decisione”) che l’arbitro, “al quale aveva chiesto spiegazioni sulla mancata concessione del calcio di rigore per un evidente fallo subìto da un
suo compagno di squadra, gli diceva <allontanati altrimenti ti taglio la testa>” (audizione del 22 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 77-78 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
Yaya Karambiri ha dichiarato, riporta infine il Tribunale Federale (pag. 2, settimo capoverso, della parte relativa a “La decisione”), che “l’arbitro si era rivolto al compagno di squadra Graziadio, “dicendogli <non protestare altrimenti ti taglio la testa>” (audizione del 29 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 86-88 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
Circa l’audizione del Presidente della società Cassano Sybaris, nella decisione impugnata viene riportato (pag. 2, settimo capoverso, della parte relativa a “La decisione”) come lo stesso Presidente abbia precisato di non avere udito personalmente le offese che i calciatori hanno attribuito all’arbitro, ma di avere con questi avuto “momenti di viva tensione, peraltro descritti nel referto arbitrale” (audizione del 29 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 92-95 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
Dopo avere riportato tali, articolati elementi di prova, fedelmente tratti dal fascicolo istruttorio, “a carico” dell’incolpato (oltre che, per i profilo confessori, a carico del Presidente della società, del resto per tali fatti già sanzionato dalla giustizia sportiva, come più avanti si dirà meglio), lo stesso Tribunale ha altresì dato conto del fatto (pag. 2, ottavo capoverso, della parte relativa a “La decisione”) che l’arbitro ha, in sede di audizione, respinto ogni addebito, riferendo, piuttosto, di essere stato egli insultato dal Presidente della società Cassano, che, dopo il rientro dell’arbitro nello spogliatoio, aveva anche “colpito la porta del locale con un violento calcio, provocandone il distacco” (audizione del 5 marzo 2024 avanti alla Procura federale, pagg. 96-101 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”).
E’ solo a quel punto che il Tribunale Federale, nella decisione impugnata, ha riportato le dichiarazioni del Commissario di gara Giuseppe Fiorentino, che, sentito anch’egli dalla Procura federale, ha riferito di non avere “sentito nulla di quanto l’arbitro aveva detto ai calciator in campo, ma” di avere “udito un calciatore della squadra di casa che, rivolgendosi ad un dirigente della propria panchina, gli aveva testualmente detto: <pa, lo sai cosa mi ha detto l’arbitro? Che mi taglia la testa. Ma lo sa questo che siamo a Cassano?>”.
E’ pur vero che lo stesso Tribunale ritiene tale dichiarazione “ particolarmente rilevante”, ma, come risulta evidente dai passaggi dianzi riportati, non è certamente l’unica, sicché, anche a volere ritenere non attendibile e dunque non utilizzabile, come prova a carico, tale dichiarazione, comunque non verrebbe meno l’impianto motivazionale della decisione di primo grado, non essendo detto elemento, come ripetuto, l’unico posto alla base della affermata colpevolezza dell’arbitro.
Ad ogni buon conto, una volta chiarita la ridotta incidenza della contestazione svolta dal reclamante rispetto alla decisione impugnata, entrando nel merito della contestazione stessa, va osservato che, ad avviso del Collegio, la dichiarazione resa dal Commissario di gara non è viziata da incoerenza intrinseca, venendo correttamente riferito che l’epiteto non è stato sentito direttamente ma per il tramite del calciatore che di ciò si lamentava con una persona (appellata “pa’”) presente in panchina.
La dichiarazione stessa viene altresì tacciata dal reclamante di incoerenza estrinseca, in quanto si porrebbe in contrasto con il “supplemento di rapporto” redatto dallo stesso commissario di gara dopo l’incontro, il giorno 4 febbraio 2024 (documento n. 7 del fascicolo istruttorio della fase di indagini, “elenco atti procedimento n. 788 PF 23-24”), nell’ambito del quale non si dava atto della circostanza, relativa a quanto ascoltato dal calciatore, riferita poi nel corso dell’audizione del 29 marzo 2024.
Al riguardo, ritiene il Collegio che anche la dichiarazione resa avanti alla Procura non si ponga propriamente in contrasto con il rapporto redatto nell’immediatezza, dal momento che questo e quella si soffermano su aspetti e momenti diversi, tale per cui, a ben vedere, la seconda sembra, piuttosto, integrare il primo.
Se, infatti, il rapporto di gara si sofferma sull’avere “alcune persone, entrate arbitrariamente e senza permesso nel tunnel”, chiesto all’arbitro spiegazioni, con fare concitato e aggressivo - tanto da aver dovuto lo stesso Commissario di gara intervenire, con l’aiuto di due carabinieri, per permettere alla terna arbitrale di lasciare l’impianto - la dichiarazione resa avanti alla Procura fa riferimento a un momento diverso, quando le squadre erano ancora in campo.
E’ poi vero che lo stesso Commissario di gara, avanti alla Procura, si sofferma anche su un altro aspetto, in qualche modo relativo al momento già descritto nel rapporto, relativo al post gara, e qui (avanti alla Procura) arricchito di particolari non lumeggiati in precedenza, ma, si badi, anche nella circostanza i due racconti si pongono in un rapporto di integrazione; mentre, infatti, nel verbale viene descritto il momento in cui il presidente si rivolge in maniera aggressiva verso l’arbitro, avanti alla Procura il Commissario descrive anche il momento immediatamente precedente, nel quale il Presidente “si lamentava con calma con l’arbitro e chiedeva spiegazioni in merito alla espulsione data a fine gara al suo calciatore”, per poi, senza avere “sentito la risposta dell’arbitro”, assistere alla “tremenda reazione da parte del Presidente il quale urlava verso l’arbitro dicendo <come ti permetti a dire queste parole, tu i morti non me li puoi bestemmiare”. Dal che, sembrerebbe potersi dedurre che l’atteggiamento tenuto dal Presidente, come descritto nel rapporto di gara, sia stato in qualche modo provocato dalla risposta dell’arbitro.
Da quanto esposto emerge dunque che non vi è, a ben vedere, la dedotta contraddizione - sostanzialmente oggetto dei primi due motivi di reclamo - tra quanto narrato nel rapporto di gara e quanto poi dichiarato avanti alla Procura da parte del Commissario, sicché anche tali risultanze legittimamente concorrono a delineare il quadro probatorio, dal quale, ritiene questo Collegio, deve ritenersi provata la responsabilità dell’arbitro per avere oggettivamente tenuto un comportamento non adeguato al ruolo e alle circostanze, così incorrendo nelle violazioni allo stesso contestate. Le dichiarazioni al riguardo rese dai calciatori, dal Presidente della società e dal Commissario di gara, quest’ultimo in lettura combinata con il verbale, unitamente alle dichiarazioni e al referto arbitrale, convergono, oggettivamente e, per quanto dianzi esposto, attendibilmente, nella direzione della già affermata colpevolezza del Sig. Millea.
I primi due motivi di reclamo sono dunque infondati.
Quanto al terzo motivo, con il quale si sostiene che le conclusioni cui era già pervenuto il Tribunale Federale – e qui confermate sarebbero precluse dall’intervenuto “passaggio in giudicato del referto dell’arbitro”, ove non si fa riferimento ai fatti contestati, va osservato che il giudice sportivo (comunicato ufficiale n. 112 dell’8 febbraio 2024) ha sanzionato la società Cassano Sybaris (in relazione al comportamento tenuto negli spogliatoi nei confronti dell’arbitro da una persona ritenuta non identificata), nonché il Presidente Azzolino (con l’inibizione fino al 31 dicembre 2024) e il calciatore Locascio (con due giornate di squalifiche) in relazione ai rispettivi comportamenti tenuti nei confronti dell’arbitro dopo l’incontro; detti fatti, in effetti, non sono più contestabili, ma, ed è qui che il reclamante tenta introduce un profilo impropriamente processuale, quanto oggetto del presente giudizio non impinge in alcun modo sulle predette decisioni, né può ritenersi precluso dal fatto che il referto arbitrale non faccia menzione ai comportamenti, non conformi ai propri doveri, tenuti dallo stesso arbitro. Se detta menzione vi fosse stata, il referto avrebbe avuto una valenza confessoria, idonea ad avviare un procedimento disciplinare nei confronti dello stesso direttore di gara, procedimento che, peraltro, ben può essere avviato, e ne rappresenta anzi l’innesco più naturale, da una segnalazione proveniente, come nel caso di specie, dal Presidente della società che si sia ritenuta lesa dal comportamento tenuto dall’arbitro.
Anche il terzo motivo di reclamo è, dunque, privo di fondamento.
Per quanto concerne la determinazione della sanzione, ritiene il Collegio di confermare la sospensione già comminata dal Tribunale, in considerazione del contesto ambientale di tensione che, pur non gestita in modo appropriata dal direttore di gara, e unitamente alla giovane età dell’arbitro, può essere considerato un fattore “attenuante” rispetto alla richiesta formulata dal Procura; la mancata proposizione di impugnazione da parte di questa, tanto in via principale, quanto in via incidentale, del resto, è indice del fatto che la stessa Procura, verosimilmente, ritiene congrua la sanzione nella già inflitta misura di tre mesi di sospensione.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco La Greca Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce