F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0040/CFA pubblicata il 21 Ottobre 2024 (motivazioni) – Sig.ra Roberta Anania – Cosenza Calcio S.r.l.

 

Decisione/0040/CFA-2024-2025

Registro procedimenti n. 0031/CFA/2024-2025

Registro procedimenti n. 0032/CFA/2024-2025

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Maria Barbara Cavallo – Componente

Vincenzo Barbieri – Componente

Domenico Luca Scordino - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui reclami riuniti n. 0031/CFA/2024-2025 e n. 0032/CFA/2024-2025 proposti, rispettivamente, dall’avv. Roberta Anania e dalla società Cosenza Calcio S.r.l., entrambi in data 13 settembre 2024,

per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0044/TFNSD-2024-2025, pubblicata in data 6 settembre 2024, con la quale veniva irrogata: (i) nei confronti dell’avv. Roberta Anania, la sanzione di mesi 9 (nove) di inibizione per la violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S., in relazione a quanto previsto dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5) e dall’art. 31, comma 1, C.G.S.; e (ii) nei confronti della società Cosenza Calcio S.r.l., la penalizzazione di punti 2 (due) in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva, oltre ad un’ammenda pari ad Euro 5.000,00 (cinquemila/00), rispettivamente, per responsabilità propria, per la violazione di quanto previsto dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5) e, per responsabilità diretta ex art. 6, comma 1, C.G.S., per la violazione dell’art. 31, comma 1 C.G.S.;

visti i reclami e i relativi allegati;

visto l'intervento della società 4EL Group S.r.l.;

 visti tutti gli atti di causa;

relatore all’udienza dell’11 ottobre 2024, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Domenico Luca Scordino; uditi l’Avv. Enrico Lubrano per l’avv. Roberta Anania; l’Avv. Alberto Fantini, l’Avv. Giuseppe De Gregorio e l’Avv. Loredana Nada Elvira Giani per la società Cosenza Calcio S.r.l.; l’Avv. Alexander Bell e l’Avv. Alfio Valsecchi per la società 4EL Group S.r.l. quale terza interveniente e l’Avv. Alessandro D’Oria e l’Avv. Angela De Michela per la Procura federale.

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con atto Prot. n. 2829/113pf24-25/GC/blp del 31 luglio 2024, il Procuratore federale deferiva dinanzi al Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare:

A) l’avv. Roberta Anania, all’epoca dei fatti consigliera delegata e legale rappresentante pro tempore del Cosenza Calcio S.r.l., per la violazione di cui all’art. 4, comma 1, C.G.S., in relazione a quanto previsto dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5), per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per non aver provveduto, entro il termine del 1° luglio 2024, al versamento delle ritenute Irpef (per un importo di Euro 226.490,00) e dei contributi Inps (per un importo di Euro 156.388,00) riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati rispettivamente per la mensilità di aprile 2024 e di maggio 2024, nonché per la violazione di cui agli artt. 4, comma 1 e 31, comma 1, C.G.S., per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver depositato presso la Co.Vi.So.C., in data 1° luglio 2024, una dichiarazione attestante circostanze non veridiche;

B) la società Cosenza Calcio S.r.l. per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 6, comma 1, C.G.S., per gli atti e i comportamenti posti in essere dalla propria legale rappresentante nonché a titolo di responsabilità propria, ai sensi del medesimo Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A, che pone gli obblighi in esame a carico anche delle società in modo diretto.

Veniva, in particolare, contestato ai deferiti: (i) di non aver depositato, entro il termine federale del 1° luglio 2024, gli F24 quietanzati previsti dal già menzionato dal Comunicato Ufficiale n. 140/A), avendo invece prodotto documentazione dalla quale non era stato possibile riscontrare l’effettivo assolvimento dell’adempimento; (ii) che, all’opposto, l’Agenzia delle entrate aveva attestato alla Co.Vi.So.C. che i modelli F24, inviati il 1° luglio 2024, non avevano avuto esito positivo perché la banca aveva rifiutato l’addebito delle somme sul conto corrente bancario indicato dal contribuente Cosenza Calcio S.r.l.; e (iii) infine, che era stata presentata dal legale rappresentante avv. Roberta Anania una dichiarazione non veritiera, datata 1° luglio 2024, attestante alla Co.Vi.So.C. l’avvenuto pagamento, invece mai eseguito, delle ritenute Irpef (dovuti fino al mese di aprile 2024) e dei contributi Inps (dovuti fino al mese di maggio 2024).

Le condotte sopra descritte erano state oggetto di apposita segnalazione della Co.Vi.So.C. Prot. 3490/2024 del 18 luglio 2024). La Co.Vi.So.C., invero, aveva riscontrato: “all’esito delle verifiche effettuate dall’Ufficio federale preposto al supporto delle attività degli organi di controllo […] che la Società Cosenza Calcio S.r.l. non ha provveduto, entro il termine del 1° luglio 2024, al versamento delle ritenute Irpef (per un importo di euro 226.490,00) e dei contributi Inps (per un importo di euro 156.388,00) riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati rispettivamente per la mensilità di aprile 2024 e di maggio 2024, così come previsto dal titolo I), par. IX), lett. A), punto 5) del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023”.

Sempre secondo la ricostruzione operata dalla Co.Vi.So.C. era accaduto che “il 1° luglio 2024 la società ha depositato [presso la medesima Co.Vi.So.C.] i modelli F24 predisposti per il pagamento e in data 9 luglio 2024 la copia delle movimentazioni del conto corrente dedicato, estratto in data 2 luglio 2024, da cui si evincevano i relativi addebiti […]. In tale occasione, tuttavia, non venivano esibite le rituali quietanze […]. In assenza del deposito delle quietanze relative ai suddetti modelli F24, gli uffici preposti hanno integrato l’attività istruttoria inviando in data 17 luglio 2024 una richiesta informativa agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, in forza del protocollo d’intesa in essere tra FIGC e AdE. Nella medesima data l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che i suddetti modelli telematici F24, inviati il 1° luglio 2024, non avevano avuto esito positivo in quanto l’istituto bancario aveva rifiutato l’addebito delle somme. Tale circostanza ha trovato ulteriore riscontro dal deposito da parte della Società, anch’esso in data 17 luglio 2024, di una nuova copia delle movimentazioni relative al conto corrente dedicato in cui non si dava evidenza degli effettivi addebiti dei richiamati modelli F24 […]. Preso atto di quanto sopra, la Co.Vi.So.C. ha deliberato di trasmettere gli atti alla Procura federale per gli adempimenti di competenza”.

A valle di tale segnalazione, la Procura federale avviava il proprio procedimento disciplinare e successivamente, con comunicazione Prot. 1889/113pf24-25/GC/blp del 19 luglio 2024, notificava le conclusioni delle indagini.

Tale atto era trasmesso al sig. Eugenio Guarascio (all’epoca dei fatti, Presidente del Consiglio di amministrazione del Cosenzab Calcio S.r.l.), all’avv. Roberta Anania (all’epoca dei fatti Consigliera delegata e legale rappresentante pro tempore del Cosenza Calcio S.r.l.,), al sig. Fabio Campisano (in quanto, all’epoca dei fatti, Sindaco Unico del Cosenza Calcio S.r.l.) nonché ancora alla società Cosenza Calcio S.r.l..

Con riguardo alla posizione dei sig.ri Eugenio Guarascio e Fabio Campisano, viste poi le acquisizioni istruttorie relative a quest’ultimi, con atto Prot. 2827/113pf24-25/GC/blp, la Procura federale disponeva l’archiviazione parziale del procedimento n. 113pf24-25.

Di contro, nei confronti dell’avv. Roberta Anania e della società Cosenza Calcio S.r.l., la Procura federale ne disponeva il deferimento per i titoli e le violazioni sopra menzionate, con atto del 31 luglio 2024.

Il giudizio veniva quindi chiamato per l’udienza fissata dal Tribunale federale al 29 agosto 2024.

Pur dopo aver dedotto la propria assenza di responsabilità, in data 23 agosto 2024, l’avv. Roberta Anania trasmetteva l’avvenuto accordo con la Procura federale – ex art.127 C.G.S. – per l’applicazione di una sanzione disciplinare su richiesta.

L’accordo prevedeva, in particolare, un’unica sanzione disciplinare di 4 (quattro) mesi di inibizione in relazione a due procedimenti paralleli: (i) il primo, n. 113pf24-25, relativo alla violazione del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par.

IX), lett. A) punto 5), ora oggetto del presente giudizio; e (ii) il secondo, n. 114pf24-25, relativo alla violazione del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 6), oggetto invece di separato giudizio.

Anche la società Cosenza Calcio S.r.l. chiedeva l’applicazione di una sanzione su richiesta, depositando innanzi al Tribunale di primo grado una propria autonoma proposta di accordo ex art. 127 C.G.S., inoltrata alla Procura federale in data 21 agosto 2024, ma da quest’ultima mai riscontrata.

La proposta formulata dal Cosenza Calcio S.r.l. non otteneva alcun ulteriore esito per via della mancata adesione della Procura federale. Quanto all’accordo riguardante l’avv. Roberta Anania, invece, benché sottoscritto formalmente, esso non veniva ritenuto congruo dal Tribunale che non ne dichiarava l’efficacia ai sensi del medesimo art. 127 C.G.S..

Si procedeva quindi allo svolgimento della fase dibattimentale.

Con la decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0044/TFNSD-2024-2025, pubblicata in data 6 settembre 2024, qui gravata, il Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, così statuiva: “irroga le seguenti sanzioni: - per la sig.ra Roberta Anania, mesi 9 (nove) di inibizione; - per la società Cosenza Calcio Srl, punti 2 (due) di penalizzazione in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva ed euro 5.000,00 (cinquemila/00) di ammenda”.

Nella propria motivazione, il Tribunale dava atto della natura documentale del mancato pagamento contestato e, dunque, dell’intervenuta violazione del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5).

Il Tribunale segnalava che “sulla base della documentazione agli atti del fascicolo processuale [e per le] risultanze dell’attività di controllo Co.Vi.So.C. compendiate nella segnalazione del 18 luglio 2024, è obiettivamente emerso che la società Cosenza Calcio S.r.l. non ha provveduto al pagamento delle ritenute fiscali (Aprile 2024) e previdenziali (Maggio 2024) a valere sulle somme dovute in favore dei tesserati nel periodo di riferimento. Per ciò che concerne il pagamento delle ritenute Irpef, il complessivo ammontare dovuto e non versato entro la scadenza del termine federale è risultato pari ad euro 226.490,00. Per ciò che concerne il pagamento dei contributi previdenziali Inps, il complessivo ammontare dovuto e non versato entro la scadenza del termine federale è risultato pari ad euro 156.388,00. I fatti, nella loro materialità, risultano comprovati dalle risultanze emergenti dal fascicolo processuale e non hanno formato oggetto di contestazione da parte dei soggetti deferiti”.

Il Tribunale osservava poi che le scadenze dettate dalla normativa federale devono considerarsi “tassative e non derogabili”. Secondo il Tribunale, la ragione giustificativa sottesa al rigoroso assetto normativo apprestato dall’ordinamento sportivo FIGC a garanzia del corretto adempimento delle società nei confronti dei tesserati e del conseguente obbligo di riversamento delle ritenute fiscali e contributive “trova fondamento nell’esigenza, da un lato, di assicurare la costante stabilità economico – finanziaria dei soggetti che partecipano attivamente ai campionati, dall’altro, di salvaguardare la par condicio tra tutte le squadre, che potrebbe essere compromessa qualora non venissero immediatamente intercettati e sanzionati eventuali sviamenti finanziari incidenti sulle obbligazioni assunte dalle società, come tali possibile fonte di ingiustificate posizioni di vantaggio”.

Pertanto, sempre secondo il Tribunale, “la misura della sanzione non può essere determinata al di sotto del minimo fissato dalle specifiche disposizioni federali”. E ciò a salvaguardia della par condicio tra le squadre partecipanti al campionato interessato, così come a salvaguardia dell’esito stesso del campionato.

Nel rigettare le difese dei deferiti, dunque, il Tribunale concludeva nel senso che: “con riguardo alla posizione dell’Avv. Anania […] deve essere evidenziato che il ruolo gestionale rivestito presso l’ente le imponeva di verificare con diligenza professionale (art.1176, comma 2, c.c.) l’andamento dei flussi finanziari a valere sul conto corrente bancario della società e non può essere ritenuto ammissibile, sulla base di una valutazione fondata sulla ragionevolezza, che l’incidenza di un pignoramento di una somma di circa 500.000,00 sul conto corrente – dal quale sarebbe derivato il mancato esito favorevole dei modelli F24 predisposti per dare corso ai pagamenti – possa essere qualificato in termini di caso fortuito o forza maggiore, tale da generare un’impossibilità della prestazione non imputabile, atteso che risulta inverosimile che nel suo ruolo di amministratore non fosse a conoscenza della procedura esecutiva dalla quale sarebbe derivata la posta contabile negativa sul conto corrente e in ogni caso era comunque suo preciso dovere essere a conoscenza di fatti societari di tale rilevanza e verificare con tempestività la sorte degli ordini di pagamento emessi dalla società”.

Nei confronti della medesima avv. Roberta Anania, inoltre, il Tribunale accertava l’intervenuta violazione dell’art. 31, comma 1, C.G.S., dando atto che la documentazione da quest’ultima esibita alla Co.Vi.So.C., in apparente rispetto del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5), era invece risultata “obiettivamente non veritiera”.

Con riguardo alla posizione del Cosenza Calcio, infine, il Tribunale rilevava “che, ferma comunque la responsabilità propria della società espressamente prevista, l’amministratore Anania ha agito, all’epoca dei fatti controversi, nell’esercizio dei poteri gestionali affidati formalmente dalla società, con la conseguenza che in applicazione del principio di immedesimazione organica dell’attività delle persone fisiche investite delle prerogative gestionali rispetto alla sfera giuridica della persona giuridica, la violazione del precetto federale è imputabile direttamente alla società, senza che possano trovare apprezzamento in questa sede le invero tempestive attività di ripristino della legalità disposte dall’organo di controllo e dalla proprietà non appena i fatti sono stati portati alla loro conoscenza”.

Di qui, dunque, le sanzioni irrogate agli odierni reclamanti.

Avverso la decisione del Tribunale federale n. 0044/TFNSD-2024-2025, pubblicata in data 6 settembre 2024, propongono ora reclamo sia l’avv. Roberta Anania (reclamo n. 0031/CFA/2024-2025), sia ancora la società Cosenza Calcio S.r.l. (reclamo n. 0032/CFA/2024-2025).

Resiste invece la Procura federale, chiedendo il rigetto delle avverse impugnazioni.

La società Cosenza Calcio S.r.l. ha anche depositato atto di costituzione nel reclamo n. 0031/CFA/2024-2025 proposto dall’Avv. Roberta Anania. Tutte le parti si sono poi scambiate memorie.

Inoltre, nel reclamo n. 0032/CFA/2024-2025, proposto dal Cosenza Calcio S.r.l., ha svolto intervento ad adiuvandum la società 4EL Group S.r.l. quale socio unico della società Cosenza Calcio S.r.l..

Va da ultimo precisato che, come già si è accennato, è parallelo, rispetto al presente giudizio, altro procedimento avente ad oggetto l’ulteriore violazione del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 6). Tale procedimento è poi sfociato nella ulteriore decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0045/TFNSD-20242025, a sua volta reclamata dai medesimi avv. Roberta Anania e Cosenza Calcio S.r.l. con i reclami n. 0030/CFA/2024-2025 e n. 0033/CFA/2024-2025, oggetto di separato giudizio.

Invero, nella medesima data del 1° luglio 2024, il Cosenza Calcio S.r.l. aveva mancato di adempiere sia alla previsione di cui al Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5), e sia ancora alla previsione di cui al medesimo Comunicato Ufficiale n. 140/A titolo I), par. IX), lett. A) punto 6).

La società non aveva pagato le ritenute Irpef e i contributi Inps per gli emolumenti dovuti ai tesserati per le mensilità rispettivamente di aprile 2024 e maggio 2024 (obbligo previsto dal punto 5 del Comunicato Ufficiale sopra citato), e non aveva inoltre pagato le separate ritenute Irpef relative agli accordi economici, ivi compresi gli incentivi all’esodo, dovuti ai tesserati, per la mensilità di aprile 2024 (punto 6 del Comunicato Ufficiale sopra citato).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Per evidenti ragioni di connessione i reclami n. 0031/CFA/2024-2025 e n. 0032/CFA/2024-2025, entrambi proposti avverso la medesima decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0044/TFNSD-2024-2025, devono essere riuniti.

Come già accennato, invece, i reclami n. 0030/CFA/2024-2025 e n. 0033/CFA/2024-2025, relativi alla diversa decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0045/TFNSD-2024-2025, sono oggetto di separato giudizio.

Sempre in via preliminare, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento della società 4EL Group S.r.l. non risultando sussistente l’interesse qualificato chiesto dall’art. 104, comma 1, C.G.S..

Secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, perché l’intervento del terzo possa dirsi ammissibile è necessario che l’interveniente sia titolare di una “situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale” e “di un interesse giuridicamente rilevante alla stregua della medesima cornice ordinamentale di riferimento” (ex plurimis Corte Fed. app., Sez. I, n. 29/2021-2022; Corte Fed. app., Sez. I, n. 25/2024-2025; Corte Fed. app. S.U. n. 108/2022-2023; Corte Fed. app., Sez. I, n. 65/2022-2023; Corte Fed. app., Sez. I, n. 26/2024-2025).

Nel caso specifico, la 4EL Group S.r.l. deduce, quali ragioni dell’intervento, di essere socio unico del Cosenza Calcio S.r.l. e di ritenersi incisa dalle conseguenze pregiudizievoli che il procedimento disciplinare potrebbe portare direttamente in capo alla reputazione della medesima interveniente e comunque in capo al valore della partecipazione nel Cosenza Calcio S.r.l..

A tal fine, dunque, la 4EL Group S.r.l. identifica il proprio interesse all’intervento in un possibile danno all’immagine e nell’ulteriore danno – peraltro dedotto come rischio meramente potenziale – da svalutazione del patrimonio del Cosenza Calcio S.r.l..

Così configurato, però, l’intervento non integra le condizioni imposte dall’art. 104, comma 1, C.G.S..

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che non è ammissibile un intervento diretto a tutelare un presunto danno all’immagine. E il medesimo ragionamento deve ritenersi applicabile anche con riguardo ad un danno patrimoniale sostanzialmente indiretto che venga dedotto come conseguenza della sanzione disciplinare. E ciò, sia nel caso in cui detto danno sia configurato come danno al valore della partecipazione detenuta dal socio, sia ancora nel caso in cui si deduca un danno al patrimonio della società partecipata. Ciò tanto più ove il presunto pregiudizio sia persino dedotto in termini neppure di attualità, ma solo di rischio eventuale.

Ai sensi dell’art. 104 del C.G.S., l’intervento in giudizio presuppone che chi chieda di intervenire sia titolare di una posizione soggettiva rilevante per l’ordinamento federale. Tale non è un intervento che mira a tutelare un interesse sostanzialmente personale, consistente in un pregiudizio in realtà non tutelabile innanzi agli organi di giustizia sportiva ma, se del caso, e ricorrendone i relativi presupposti, innanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria (in questo esatto senso, cfr. Corte federale d’appello, Sez. I, n. 29/CFA/2021-2022).

In realtà, il danno paventato da 4EL Group S.r.l. si configura quale situazione di fatto che resta estranea all’alveo del procedimento sportivo che qui occupa. L’odierna decisione, d’altro lato, non potrebbe esplicare alcun effetto nei confronti della 4EL Group S.r.l., se non in via meramente riflessa, non sussistendo, pertanto, alcun interesse meritevole di tutela nella sede del giudizio sportivo.

Peraltro, e vi si tornerà di qui a poco, l’intervento della 4EL Group S.r.l. appare in ogni caso non fondato nel merito, là ove chiede l’applicazione della scriminante (per il Cosenza Calcio S.r.l.) derivante dall’adozione di un modello organizzativo e di prevenzione ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 e ai sensi degli artt. 7 C.G.S. e 7, comma 5, dello Statuto federale.

Il modello organizzativo e di prevenzione (di cui al d.lgs. n. 231/2001 e artt. 7 C.G.S. e  7, comma 5, dello Statuto federale), adottato dal Cosenza Calcio S.r.l., si è rivelato inefficace rispetto all’illecito di cui si discute, non essendo stato previsto alcun presidio idoneo a prevenire l’illecito specifico ed essendo stato, anzi, esso stesso depotenziato in concreto dalla scelta della società di affidare ad un unico soggetto (l’avv. Roberta Anania) più funzioni concorrenti (quella di decidere quale pagamento effettuare, quella di stabilirne la tempistica, quella di operare direttamente e autonomamente sui conti correnti, quella di presentare sempre autonomamente alla Co.Vi.So.C. la documentazione comprovante l’adempimento delle scadenze federali).

Funzioni, quelle sopra richiamate, che, in teoria, avrebbero dovuto essere tenute segregate o quanto meno diffuse tra più soggetti, onde ottenere reali presidi di controllo e ottenere una effettiva prevenzione rispetto a fattispecie del tipo di quelle poi realizzatesi.

In altri termini, l’adozione di un modello organizzativo e di prevenzione è sì necessaria, ma non sufficiente per escludere o attenuare la responsabilità della società ove un tale modello si riveli inidoneo in concreto.

Tanto detto con riguardo all’intervento, i reclami proposti dall’avv. Roberta Anania e dal Cosenza Calcio S.r.l. non appaiono meritevoli di accoglimento.

L’avv. Roberta Anania si affida a due motivi di reclamo. Il primo volto a sostenere la propria non punibilità per la sussistenza di una causa di forza maggiore rappresentata dalla notificazione, il giorno stesso della scadenza federale, di un pignoramento sul conto corrente bancario della società sportiva. Il secondo volto comunque a chiedere, sotto plurimo profilo e quanto meno per l’applicazione del vincolo della continuità tra più violazioni (ex art. 81 c.p.), la riduzione della sanzione per eccessiva afflittività della decisione del Tribunale.

Il Cosenza Calcio S.r.l., a sua volta, propone essenzialmente due motivi di reclamo. Il primo volto a dimostrare l’assenza di colpa per l’intervenuta interruzione dell’immedesimazione organica tra la società stessa e l’operato dell’avv. Anania (ritenuta da sola colpevole dell’accaduto). Il secondo volto a chiedere comunque l’applicazione di una riduzione della sanzione. A tali motivi di reclamo, poi, il Cosenza Calcio S.r.l. aggiunge – in sede di udienza – l’adesione alle tesi proposte dalla interveniente 4EL Group S.r.l. con riguardo all’effetto scriminante (per la società) dell’adozione di un modello organizzativo e di prevenzione ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 e ai sensi degli artt. 7 C.G.S. e 7, comma 5, dello Statuto federale.

Come già accennato, le argomentazioni dei reclamanti non meritano accoglimento.

Innanzitutto, non può essere accolta la ricostruzione proposta dall’avv. Roberta Anania con riguardo alla tempistica (e quindi agli effetti) del pignoramento subito del Cosenza Calcio S.r.l..

Sostiene l’avv. Roberta Anania (cfr. ad es. pag. 3 del reclamo dell’avv. Anania) che, il giorno stesso in cui dovevano essere adempiuti gli obblighi di pagamento, il Cosenza Calcio S.r.l. diveniva oggetto di un pignoramento che aveva assorbito la liquidità del conto corrente della società, impedendo all’avv. Anania stessa (quale factum principis o comunque evento al di fuori del ontrollo della reclamante) di adempiere alle obbligazioni federali in scadenza.

La ricostruzione, pur pregevolmente argomentata, è però inesatta in riferimento ad un aspetto fattuale decisivo, contrario all’avv. Roberta Anania.

Risulta in atti (cfr. la memoria 25 luglio 2024 presentata dal Cosenza Calcio S.r.l. già in sede di audizione) che, sul conto corrente del Cosenza Calcio S.r.l., venivano eseguiti due pignoramenti presso terzi, uno datato 5 giugno 2024 dell’importo di euro 486.162,47 e l’altro datato 27 giugno 2024 dell’importo di euro 23.499,81, così per un totale complessivo “addebitato” di euro 509.662,28.

Tali pignoramenti erano però addebitati in data 28 giugno 2024 e non il 1° luglio (data ultima di adempimento alla scadenza federale) come affermato dalla reclamante.

Anche senza voler indagare se la società e l’avv. Roberta Anania conoscessero gli atti di pignoramento già pendenti dal 5 giugno 2024 (circostanza probabile posto che il pignoramento deve essere notificato al debitore), resta fermo che detto addebito sul conto corrente era perfettamente conoscibile prima di dare corso ai pagamenti previsti dalla scadenza federale.

D’altro lato, benché il 28 giugno 2024 fosse un venerdì, l’avv. Roberta Anania aveva comunque il tempo di rendersi conto, quanto meno proprio al momento dell’apertura della banca il successivo lunedì 1° luglio, che il saldo non era (in tesi) più sufficiente per la copertura di tutte le disposizioni di pagamento che essa intendeva disporre, inclusi gli F24 relativi alle ritenute Irpef e ai contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati rispettivamente per la mensilità di aprile 2024 e di maggio 2024.

Ma allora, in disparte la natura tipica di un atto di pignoramento che, com’è noto, rappresenta solo uno dei passaggi propedeutici alla soddisfazione di un credito rimasto insoluto, l’aver trascurato di verificare l’effettivo saldo, nel corso del giorno utile per disporre i pagamenti dovuti, non può costituire causa di forza maggiore, né un caso fortuito, né ancora un factum principis. E ciò specie se si tiene conto del ruolo gestionale rivestito dall’avv. Roberta Anania in seno alla società Cosenza Calcio S.r.l..

In altri termini, anche solo sul piano della sequenza dei meri fatti, si deve escludere che il pignoramento richiamato dalla reclamante potesse valere quale legittimo impedimento ad adempiere correttamente gli obblighi di pagamento previsti dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5).

Sotto tale profilo, dunque, la motivazione del Tribunale di primo grado appare esente da vizi. L’atto con cui inizia l’espropriazione forzata (cioè il pignoramento) non è una circostanza anomala o estranea alla sfera volitiva del debitore. Ed è piuttosto conseguenza della mancata adozione di adeguate cautele volte ad eseguire per tempo gli adempimenti effettivamente dovuti, senza appunto giungere ad un momento in cui le pretese di terzi possano rendere difficile o non più possibile l’adempimento (in argomento, proprio con riferimento alle scadenze fiscali, si veda da ultimo la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con la decisione n. 800/03/2021 del 13 ottobre 2021 ove sono contenuti ampi richiami alla giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia europea). Né, del resto, l’avv. Anania o la società Cosenza Calcio S.r.l. hanno dedotto di avere impugnato il pignoramento di cui si discute per la relativa eventuale illegittimità, avendo invece tutte le parti riconosciuto che detto pignoramento era in realtà legittimo.

Dunque, è vero che l’avv. Anania non ha dimostrato di essersi in alcun modo attivata per porre rimedio alla situazione creatasi, nonostante, in astratto, ne avesse avuto la possibilità essendo (come detto) intervenuto il pignoramento (quanto meno il relativo addebito) due giorni prima, e non contestualmente, rispetto ai pagamenti disposti in data 1° luglio 2024.

Peraltro, nonostante il menzionato addebito del pignoramento, il conto corrente del Cosenza Calcio S.r.l. non risultava né bloccato (come inizialmente dedotto dalla difesa dell’avv. Roberta Anania), né incapiente.

Come risulta agli atti (cfr. ancora le movimentazioni del conto corrente in questione depositate dal Cosenza Calcio S.r.l. in sede di procedimento della Procura federale), il 28 giugno 2024 il Cosenza Calcio S.r.l. riceveva un accredito in entrata di Euro 1.055.000,00. Il saldo del conto (che evidentemente partiva da zero) diveniva quindi pari alla detta cifra.

Lo stesso 28 giugno 2024 venivano poi addebitati due pignoramenti: uno di Euro 23.499,81 (del 27 giugno 2028) e l’altro di Euro 486.162, 47 (del 5 giugno 2024).

Il saldo del conto, dunque, benché ridotto rispetto all’iniziale somma di Euro 1.055.000,00, restava comunque attivo per Euro 545.337,72.

Posto allora che le somme non pagate il successivo 1° luglio 2024 ed oggetto di sanzione erano complessivamente pari ad Euro 382.878,00 (Euro 226.490,00 per ritenute Irpef ed Euro 156.388,00 per contributi Inps) è evidente che non è stato il pignoramento a impedire il pagamento.

Il conto corrente era ancora in grado di consentire il pagamento degli importi disciplinati dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5).

Diviene allora decisivo notare che gli F24 che includevano i predetti pagamenti venivano registrati dalle movimentazioni del conto corrente (ma solo come operazioni non ancora contabilizzate) quali operazioni n. 108 (l’F24 delle ritenute Irpef) e n. 146 (l’F24 per i contributi Inps).

In altri e più chiari termini, partendo dal saldo attivo di Euro 545.337,72 del 1° luglio 2024, che sopra si è visto, l’avv. Anania – nella medesima data e nell’interesse del Cosenza Calcio S.r.l. – dava luogo a non meno di altre cento operazioni di pagamento prima di provvedere a quelle dovute ai sensi del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5).

La circostanza di aver scelto di pagare altre obbligazioni (così esaurendo la disponibilità del conto) e non gli importi qui in discussione non integra, ma esclude per certo l’esistenza di una forza maggiore. E ciò, indipendentemente dalla circostanza (neppure dedotta o dimostrata e comunque irrilevante) che la scelta dell’avv. Anania era volta a dare priorità a pagamenti (come gli emolumenti dei tesserati della società) che avrebbero anch’essi dato luogo a sanzione, se omessi.

Si è in ogni caso trattato di una scelta che – ove pure solo colposa per non aver controllato l’effettiva disponibilità di partenza del conto corrente – ha determinato la violazione del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5).

È poi vero che a fine giornata 1° luglio 2024 (a chiusura delle operazioni sul conto), la banca addebitava anche un terzo pignoramento per Euro 60.912,23. Ma un tale ennesimo addebito avveniva quando le disposizioni di pagamento impartite dall’avv. Roberta Anania (in particolare quelle relative agli F24 di cui al Comunicato Ufficiale n. 140/A) erano già state rifiutate dalla banca. Di nuovo confermandosi che non vi è stato alcun pignoramento che ha impedito le scelte dell’avv. Roberta Anania.

Ciò che si vuol dire è che l’erroneità del comportamento dell’avv. Roberta Anania – e l’assenza di procedure efficaci della società – non ha consentito a nessuno di rendersi conto che le violazioni alle scadenze federali potevano essere evitate. Ove tali pagamenti fossero stati disposti per tempo o quanto meno come prime operazioni della giornata (1° luglio 2024), il pagamento sarebbe andato a buon fine.

Per tali ragioni, non può trovare accoglimento la tesi secondo cui, sussistendo un caso di forza maggiore o caso fortuito, la reclamante avv. Roberta Anania debba considerarsi priva di responsabilità, o comunque, con responsabilità attenuata.

Forza maggiore e caso fortuito sono pacificamente qualificati come circostanze oggettive ed imprevedibili o tali da essere, ancorché prevedibili, non evitabili poiché indipendenti dalla volontà del soggetto agente e, così, al di fuori della sfera di controllo di quest’ultimo e per esso invincibili. In tal senso, si è espressa anche di recente questa Corte (Sez. Unite decisione n. 12/2024-25 del 26 luglio 2024) sottolineando che deve trattarsi “di assoluta impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, cioè da una causa obiettiva estranea alla volontà del debitore”. Ma ove una tale forza maggiore non sia configurabile " la responsabilità disciplinare va affermata e giudicata sussistente sulla base della mera e semplice violazione della prescrizione sopra richiamata, ovvero nell’aver omesso il pagamento nel termine previsto, con la conseguenza che “la fattispecie incriminatrice deve ritenersi interamente perfezionata con la scadenza del termine per il pagamento (CFA n. 55/2023-2024)” (cfr. ancora Corte Sez. Unite n. 12/2024-2025).

Neppure merita accoglimento la tesi dell’assenza di colpa nelle dichiarazioni non veritiere rese l’avv. Roberta Anania.

Deve ritenersi quanto meno reticente il comportamento tenuto dall’avv. Roberta Anania al momento della presentazione alla Co.Vi.So.C. dell’estratto conto (datato 2 luglio 2024) portante le movimentazioni del conto corrente del Cosenza Calcio S.r.l..

Il documento, invero, risulta presentato (in data 9 luglio 2024) con l’omissione di alcune delle pagine della movimentazione del conto corrente; omissione che rendeva non intelligibili le oltre cento operazioni effettuate lo stesso 1° luglio 2024, ma prima di quelle dichiarate alla Co.Vi.So.C. come effettivamente avvenute.

Probabilmente accortasi dell’errore commesso (o comunque di quanto avvenuto), l’avv. Roberta Anania ha ritenuto di presentare una dichiarazione non corretta (il modulo di dichiarazione alla Co.Vi.So.C. sottoscritto dalla medesima avv. Roberta Anania unitamente al sindaco unico della società), poi allegando documentazione in realtà incompleta.

Né risulta meritevole di seguito il riferimento operato dall’avv. Anania all’espressione “modello accolto” riportata sugli F24 r lativi ai pagamenti delle ritenute Irpef e dei contributi Inps. Una simile espressione identifica esclusivamente l’immissione nel sistema della delega di pagamento del modello F24, ma non dimostra il relativo avvenuto pagamento che, invece, rimane subordinato all’effettivo addebito sul conto e all’ottenimento della quietanza di pagamento.

Si deve, pertanto, confermare l’avvenuta violazione dell’art. 31 C.G.S. ad opera dell’avv. Roberta Anania in combinazione con l’art. 4 C.G.S..

Non accoglibile è anche il motivo di reclamo volto a ridurre la sanzione imposta dal Tribunale di primo grado in ragione del richiamo all’istituto della c.d. continuazione derivabile dall’art. 81, comma 2 c.p..

In proposito, l’avv. Anania contesta la natura eccessivamente afflittiva della decisione di primo grado e critica la scelta del Tribunale di aver tenuto distinti – con due decisioni parallele – i mancati pagamenti e le dichiarazioni non veritiere oggetto dei procedimenti nn. 27/2024-2025 e 28/2024-2025, riguardanti rispettivamente la violazione del punto 5) e del punto 6) del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A).

La reclamante, in particolare, ritiene che tutti i propri comportamenti e violazioni debbano essere considerati una condotta unitaria, come tale meritevole del favor sanzionatorio previsto proprio dall’art. 81, comma 2, c.p..

Questa Corte non ritiene di discostarsi dall’orientamento che, ancora di recente, ha ammesso l’applicabilità dell’istituto della continuazione alle sanzioni disciplinari sportive (cfr. in particolare Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024). Tuttavia, come precisato dalla stessa giurisprudenza appena richiamata, l’istituto presuppone il collegamento tra “diverse condotte volte alla esecuzione di un medesimo disegno criminoso (cfr. CFA, Sez. I, n. 55/2022-2023)”, risultando così incompatibile con una condotta colposa.

Vero è che “costituisc[e] preciso onere della parte provare la sussistenza dell’elemento dell’univocità del disegno criminoso (CFA, Sez. II, n. 39/2022-2023). In questo senso, la giustizia sportiva è allineata alla giurisprudenza statuale di legittimità, che da sempre ritiene che l'imputato che invochi la continuazione fra i vari reati per i quali è sottoposto a giudizio abbia l'onere di allegare gli specifici elementi dai quali possa desumersi l'identità del disegno criminoso (Cass. Pen., Sez. III, n. 41063/2019; Cass. Pen., Sez. II, n. 2224/2018; Cass. Pen. Sez. VI, n. 43441/2010; Cass. Pen. Sez. V, n. 18586/2004)” (così Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 21/2024-2025 del 27 agosto 2024).

Ma una simile dimostrazione, nel caso di specie, è senz’altro mancata.

La circostanza che un medesimo comportamento o più comportamenti contestuali o tenuti in sequenza possano violare più volte la stessa norma o più norme contemporaneamente non si traduce automaticamente nella sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Non è l’occasionalità delle condotte a creare la continuazione tra esse ma, piuttosto, il vincolo soggettivo che unisce le diverse violazioni; violazioni che, in tal modo, devono risultare conseguenza di uno stesso progetto illecito.

Per questo, “l’identità del disegno criminoso deve essere negata, qualora - malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale riscontrabile tra le diverse fattispecie incriminatrici - la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei distinti reati, ponendo invece in risalto l'occasionalità di uno di essi. Inoltre, l’accertamento di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse azioni e/o omissioni - tale da escludere una successione di autonome risoluzioni criminose, in quanto avente ad oggetto la valutazione dell’atteggiamento intellettivo del soggetto agente desumibile da indici rivelatori tratti dalle condotte realizzate - è compito specifico del giudice di merito il cui apprezzamento, qualora correttamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (ex plurimis Cass. Pen., sez. I, 27/11/1996, n. 6248; Cass. Pen., sez. I, 12/03/2015, n. 24873; Cass. Pen., sez. VI, n. 35805 del 24/05/2007)” (Cfr. decisione Corte federale d’appello, Sez. I, n. 55/2022-2023 del 14 dicembre 2022).

Peraltro, l’istituto della continuazione non sembra poter portare a conseguenze favorevoli per l’avv. Anania, il cui reclamo rischia persino di essere, sul punto, privo di interesse.

Ove pure le condotte contestate all’avv. Roberta Anania fossero reputate unificate dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p., il risultato concreto della sanzione applicabile alla reclamante non muterebbe.

Le due decisioni del Tribunale di primo grado – la n. 0044/TFNSD-2024-2025 qui reclamata e la parallela decisione n. 0045/TFNSD-2024-2025 oggetto di separato giudizio – che hanno portato ad una sanzione di 9 mesi di inibizione per ciascun procedimento disciplinare, andrebbero comunque confermate nell’esito complessivo.

La sanzione unica, infatti, ben potrebbe essere calcolata applicando la sanzione più grave aumentata sino al triplo. Esattamente come previsto dall’art. 81 c.p..

Ma posto che la sanzione più grave, sia pure considerata nel minimo edittale, è, nel caso che occupa, pari a sei mesi (ex art. 31, comma 7, C.G.S.), il conteggio finale porterebbe comunque ai medesimi 18 mesi che la reclamante considera frutto di errore e di duplicazione della pena (recte di cumulo materiale delle sanzioni).

La continuazione, in altri termini, non appare strumento idoneo a consentire all’avv. Roberta Anania una riduzione della sanzione ad essa irrogata.

Da ultimo, deve respingersi anche la tesi della violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto (l’accordo ex art. 127 C.G.S.) e il pronunciato (la decisione n. 44/2024-2025 oggetto di gravame).

Va premesso che “non ridonda in vizio della decisione l’irrogazione di una sanzione in misura maggiore rispetto alle richieste formulate della Procura federale, a prescindere da quale sia stata in concreto la misura della penalizzazione richiesta. L’art. 12 del Codice di giustizia sportiva affida agli organi di giustizia sportiva il potere discrezionale di stabilire la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva. Ne deriva che il giudice sportivo può modulare l’afflittività delle sanzioni in base alla gravità dei fatti per adeguare la misura sanzionatoria al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale la pena deve avere un adeguato effetto dissuasivo. Nell’esercizio di tale potere il giudicante, nel determinare la sanzione da comminare per la violazione accertata, non è vincolato alle richieste formulate dalla Procura federale e può infliggere anche sanzioni disciplinari più gravi, per specie e misura, di quella prospettata dalla Procura medesima, purché beninteso la pena concretamente applicata sia rispettosa dei limiti fissati dalle norme federali” (Corte federale d’appello, Sez. Unite, decisione n. 12/2024-25 del 26 luglio 2024).

Tanto meno un qualche limite di corrispondenza con il principio della domanda può essere riconosciuto rispetto ad un accordo ex art. 127 C.G.S., sì sottoscritto con la Procura federale, ma poi non ritenuto congruo da Tribunale e dunque non dichiarato efficace.

È certamente plausibile ritenere che la Procura federale ritenesse soddisfatto il proprio ruolo (di disvelamento di illeciti) anche attraverso il riconoscimento pattizio di una sanzione di minore entità. Ma ciò non crea alcun vincolo, posto che ove il legislatore avesse voluto togliere al Giudice il potere di dissentire da un accordo di applicazione della sanzione su richiesta, non ne avrebbe chiesto – come invece previsto espressamente dall’art. 127, comma 3, C.G.S. – la relativa approvazione quale elemento costitutivo dell’efficacia dell’accordo stesso.

Va dunque confermato quell’orientamento della Corte secondo cui “In definitiva, […] l’accordo intervenuto nella fase precontenziosa, ancorché ritenuto congruo dalle Autorità che intervengono in fase di controllo, non vincola il Giudice ove la vicenda sfoci poi in un giudizio contenzioso: e ciò in quanto l’ordinamento sportivo e quello federale sono chiari nel demandare agli organi giudicanti la ineludibile competenza a verificare la corretta applicabilità delle relative sanzioni disciplinari” (Corte federale d’appello Sez. I, n. 50/2023-2024).

In definitiva, quindi, il reclamo promosso dal l’avv. Roberta Anania deve essere respinto, restando confermata la sanzione già ad essa irrogata con decisione del Tribunale n. 44/2024-2025.

Parimenti non fondato è il reclamo proposto dal Cosenza Calcio S.r.l..

Come già si è rappresentato, la società sostiene essenzialmente che il comportamento dell’avv. Roberta Anania abbia determinato una interruzione della immedesimazione organica tra legale rappresentante e rappresentato. Simile interruzione sarebbe stata determinata vuoi dalla natura gravemente colposa o dolosa dell’operato dell’avv. Anania, vuoi ancora dall’avvenuto aggiramento ad opera del legale rappresentante del modello organizzativo e di prevenzione adottato dal Cosenza Calcio S.r.l. ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 e ai sensi degli artt. 7 C.G.S. e 7, comma 5, dello statuto federale.

In ogni caso, le argomentazioni appena richiamate dovrebbero valere, secondo la prospettazione della reclamante, a ridurre la sanzione comminata alla società.

In realtà, la difesa del Cosenza Calcio S.r.l. mostra una insanabile contraddizione nel ritenere, per un verso, che nessun “altro soggetto [diverso dall’avv. Anania] ricopriva all’interno del Cosenza Calcio una qualificata posizione di natura amministrativa/direzionale/gestionale idonea a far sì che altri potessero sostituirsi a lei nell’assolvimento dell’adempimento” (cfr. pag. 23 della memoria del 13 settembre 2024) e, per altro verso, che “non si può ritenere la Società sanzionabile a titolo di responsabilità propria, in applicazione del principio di immedesimazione organica, quando, invece, come è stato già detto, il legale rappresentante nel caso di specie ha ecceduto e violato i limiti del suo potere di rappresentanza per cui alla riconosciuta responsabilità personale non può automaticamente attribuirsi anche una responsabilità propria della Società” (cfr. pag. 27 della memoria del 13 settembre 2024).

Se è vero, e lo è, che l’avv. Anania aveva tutti i poteri per impegnare la società e poteva agire senza vincoli di controllo particolarmente stringenti (sul punto si tornerà tra poco), non si può al contempo ritenere che il medesimo legale rappresentante abbia ecceduto e violato i limiti del suo potere.

Ciò che consente di ritenere perfettamente condivisibile la statuizione del Tribunale di primo grado, là ove precisa che “l’amministratore Anania ha agito, all’epoca dei fatti controversi, nell’esercizio dei poteri gestionali affidati formalmente dalla società, con la conseguenza che in applicazione del principio di immedesimazione organica dell’attività delle persone fisiche investite delle prerogative gestionali rispetto alla sfera giuridica della persona giuridica, la violazione del precetto federale è imputabile direttamente alla società”.

In effetti, una volta accertato che l’avv. Anania aveva i poteri di rappresentanza necessari e sufficienti al compimento degli atti (commissivi od omissivi) che poi hanno determinato la violazione della norma federale, deve trovare applicazione anche l’art. 6, comma 1, C.G.S..

La responsabilità delle società “trova [per l’appunto] fondamento nel rapporto di immedesimazione organica che lega il sodalizio sportivo a (colui o) coloro che, al suo interno, sono investiti del potere di agire in nome di questo. Affinché la responsabilità possa trasmettersi e risalire dal rappresentante al rappresentato non è necessaria alcuna indagine circa l’effettiva utilità per l’ente della condotta antisportiva (che si presume iuris et de iure)” (Corte federale d’appello, Sez. Unite, n. 58/2021-2022 del 17 gennaio 2022).

D’altro lato, se il legale rappresentante agisce all’interno dei poteri ad esso assegnati, è innegabile che – anche a prescindere dal vantaggio o svantaggio economico provocato in capo alla società rappresentata – detto legale rappresentante stia agendo nell’interesse della società rappresentata e quindi secondo un vincolo organizzativo e teleologico che secondo lo stesso insegnamento della Cassazione semmai rafforza, e non diminuisce, l’immedesimazione organica (cfr. Cass., sez. 4 penale, decisione dell’11 gennaio 2023, n. 570).

A maggior ragione ciò è vero, ove si consideri che il Comunicato Ufficiale 140/A pone l’obbligo di pagamento direttamente a carico della società stessa come obbligo ad essa direttamente riferibile, essendo dunque la società in sé a dover porre in essere ogni cautela affinché l’adempimento avvenga effettivamente.

Al più, una interruzione della immedesimazione organica può conseguire solo ove risulti che non vi è alcuna colpa organizzativa dell’ente.

Secondo i principi ormai via via accolti dalla giurisprudenza ordinaria (penale) la “colpa di organizzazione” ha per un ente “la stessa funzione che la colpa assume nel reato commesso dalla persona fisica, quale elemento costitutivo del fatto tipico, integrato dalla violazione colpevole (ovvero rimproverabile) della regola cautelare. Sotto questo profilo, la già citata Sez. 4, n. 32899/2021 ha efficacemente osservato che proprio l'enfasi posta sul ruolo della colpa di organizzazione e l'assimilazione della stessa alla colpa, intesa quale violazione di regole cautelari, convince che la mancata adozione e l'inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore […] integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall'accusa, mentre l'ente può dare dimostrazione della assenza di tale colpa” (cfr. ancora Cass., sez. 4 penale, decisione dell’11 gennaio 2023, n. 570).

Simili principi (rivolti al decreto legislativo n. 231/2001) possono dirsi ormai recepiti nell’art. 7 C.G.S. e risultano persino estesi a fattispecie che, pur non configurando reato, costituiscono comunque illecito sportivo.

La colpa di organizzazione (relativa a tutte le regole federali rilevanti) deve invero dirsi alla base della ratio dell’art. 7 C.G.S. a mente del quale “al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”.Allo stesso tempo, però, proprio dall’art. 7 C.G.S. emergono argomenti contrari ad una effettiva assenza di colpa organizzativa del Cosenza Calcio S.r.l..Dell’ampiezza dei poteri conferiti all’avv. Roberta Anania si è già detto. Così come si è già detto che – secondo la stessa ricostruzione del Cosenza Calcio S.r.l. – nessun altro soggetto, all’interno della società, poteva intervenire sull’operato dell’avv. Anania, impedendo la violazione delle norme federali.

Ciò che rileva è che l’avv. Anania ha operato all’interno delle regole organizzative del Cosenza Calcio S.r.l. e non all’esterno di esse o, peggio ancora, aggirandole. Il modello di organizzazione, gestione e controllo del Cosenza Calcio S.r.l. non era quindi in grado di presidiare l’illecito poi verificatosi.

Del resto, il modello di organizzazione, gestione e controllo (versato in atti nella versione iniziale o anche aggiornata persino dopo l’avvenimento della violazione di cui qui si discute) si rivolge esclusivamente alla mera prevenzione dei reati fiscali ma non disciplina in alcun modo i controlli o vincoli volti ad impedire l’erroneo, ritardato o mancato pagamento delle scadenze federali.

Anche le procedure gestionali menzionate dal modello (cfr. pag. 8 e seguenti del modello di organizzazione, gestione e controllo del Cosenza Calcio S.r.l. – parte speciale) risultano oggettivamente generiche, per nulla rivolte alle scadenze federali, né ancora non basate su una corretta segregazione delle funzioni.

Con ciò risultano a maggior ragione dimostrato che l’avv. Roberta Anania ha potuto, in totale autonomia, giungere ad effettuare i pagamenti dovuti solo l’ultimo giorno utile ed ha potuto decidere se e in quale ordine eseguirli senza che vi fosse alcuna funzione di controllo ex ante (organizzativa, appunto) del relativo operato.

Neppure può darsi rilievo all’eventuale obiezione per cui i pagamenti sono avvenuti solo l’ultimo giorno perché prima (come in effetti potrebbe anche dirsi per via della documentazione in atti) il conto corrente utilizzato dalla società era a zero, essendo stato portato in attivo solo il 28 giugno 2024, cioè a due giorni solari, e ad un solo giorno lavorativo, dalla scadenza finale (come già sopra si è ricordato). Una simile condizione, ove pure dimostrata, non avrebbe alcuna capacità scriminante per il Cosenza Calcio S.r.l. (né per l’avv. Roberta Anania) posto il duplice principio per cui, per un verso, il porsi in condizione di essere in ritardo non può motivare il ritardo stesso e, per altro verso, l’assenza di vincoli organizzativi capaci di impedire il ritardo rende comunque imputabile alla società (così come al legale rappresentante) la violazione.

Anche la deduzione volta a sostenere che la società non aveva saputo quanto stesse accadendo ne conferma la responsabilità e non la impedisce. Di nuovo, la corretta adozione e implementazione di meccanismi di segregazione delle funzioni e controllo del relativo svolgimento avrebbe potuto evitare la violazione di cui si discute.

Deve in conclusione condividersi l’orientamento dalle Sez. Unite di questa Corte secondo cui è demandato “agli organi di giustizia sportiva la verifica in concreto se il modello adottato e le relative cautele prese possano costituire un esimente o un’attenuazione della responsabilità ex art. 7 CGS” (Corte federale d’appello, decisione n. 5/ 2023-2024 del 5 luglio 2023). Ma ove tale accertamento risulti negativo, riespande la responsabilità della società sia ove la si voglia configurare come responsabilità oggettiva in senso stretto, sia ove la si voglia configurare (secondo l’orientamento della Corte di Cassazione già sopra richiamato) come responsabilità per colpa di organizzazione.

Neppure le richieste del Cosenza Calcio S.r.l. di revisione e attenuazione della sanzione irrogata risultano meritevoli di accoglimento.

Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, il pagamento tardivo da parte della società degli importi dovuti ad una scadenza federale non può consentire una riduzione della pena oltre il minimo edittale.

È “irrilevante che l’obbligazione, sia pur tardivamente, sia stata comunque adempiuta sia perché la fattispecie incriminatrice si è già interamente perfezionata con la scadenza del termine per il pagamento dell’obbligazione stessa (sotto il profilo materiale), sia perché il pagamento tardivo non è previsto dal Codice di Giustizia Sportiva come causa (sopravvenuta) di esclusione della punibilità (sotto il profilo soggettivo). (Cfr. in argomento Corte federale d’appello, Sez. Unite n. 47/2021-2022; nello stesso senso si veda anche Corte federale d’appello, Sez. Unite, decisione n. 13 del 30 luglio 2024).

Allo stesso tempo deve essere confermata “la sussistenza di una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione generalpreventiva) devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibili da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione. Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti, quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali” (Cfr. ancora Corte federale d’appello, Sez. Unite n. 47/2021-2022).

Un simile orientamento “poggia sulla considerazione che la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere in varia misura avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione. In ciò risiede il fondamento del principio dell’inderogabilità dei minimi edittali nelle sanzioni a carico delle Società, che è stato ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza della Corte (n. 49/2021-2022; 78/CFA/2022-2023; 22/2022-2023; 108/2022-2023; 55/2023-2014), al quale deve darsi continuità anche nella vicenda esaminata. Vale osservare che l’obiettivo perseguito tramite l’irrogazione di una sanzione disciplinare è sempre quello di reprimere adeguatamente la condotta illecita e di prevenirne la reiterazione. Sotto il profilo sistematico ciò vale a realizzare, per la società resasi responsabile di quelle violazioni, lo scopo proprio retributivo della pena e anche un conseguente effetto di deterrenza; allo stesso tempo si concreta l’esigenza di garantire alle altre società, che partecipano allo stesso campionato, la regolarità dello stesso, ripristinando la par condicio nelle competizioni agonistiche (in tal senso CFA, SS.UU., n. 47/2021-2022 e giurisprudenza richiamata)” (cfr. Corte federale d’appello, decisione n. 12/2024-2025 del 26 luglio 2024; nello stesso senso si veda anche Corte federale d’appello, Sez. Unite, decisone n. 13 del 30 luglio 2024).

Peraltro, ed è considerazione davvero conclusiva, l’art. 8 C.G.S. consente al Giudice di accompagnare la sanzione dei punti di penalizzazione anche con il pagamento di una ammenda. E ciò tenuto conto del contesto nel quale la violazione si è verificata e ovviamente della relativa gravità. Anche l’applicazione di una ammenda in aggiunta al minimo dei punti negativi in classifica assegnabili per il caso concreto appare dunque meritevole di conferma.

In conclusione, anche il reclamo della società Cosenza Calcio S.r.l. deve essere rigettato e la decisione n. 44/2024-2025 integralmente confermata, dovendosi confermare la responsabilità propria della società in relazione al Comunicato Ufficiale n.

140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. A), punto 5), nonché la responsabilità ex art. 6 C.G.S. anche in relazione all’art. 31 C.G.S..

P.Q.M.

Riuniti i reclami in epigrafe, dispone come segue:

- dichiara inammissibile l’intervento della società 4EL Group S.r.l.;

- respinge i reclami.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Domenico Luca Scordino                                        Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it