F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0049/CFA pubblicata il 18 Novembre 2024 (motivazioni) – Sig. Vito Castelletti/Procura Federale Interregionale
Decisione/0049/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0043/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mauro Mazzoni – Componente
Marco Lipari – Componente
Domenico Giordano - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0043/CFA/2024-2025 proposto dal Sig. Vito Castelletti in data 11.10.2024,
contro
Procura Federale Interregionale per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato regionale Puglia n. 71 del 05.10.2024
Visto il reclamo e i relativi allegati,
Visti tutti atti della causa;
Relatore all’udienza del 07.11.2024, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Domenico Giordano e uditi l’Avv. Nicolò Nono D’Achille per il reclamante e l’Avv. Alessandro D’Oria per la Procura Federale Interregionale; è presente altresì il Sig. Vito Castelletti; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1) Con reclamo depositato in data 11 ottobre 2024, il sig. Vito Castelletti ha adito la Corte federale d’appello, chiedendo l’annullamento della decisione del Tribunale federale territoriale presso il CR Puglia depositata il 5.10.2024 e pubblicata in pari data con il Comunicato Ufficiale n. 71, nella parte in cui la stessa, in esito al deferimento n. 3537/773 pfi 23-24/PM/blp del 7 agosto 2024 a carico delle società USD Corato Calcio 1946 ASD e A.S.D. Fortis Altamura (successivamente ridenominata A.S.D. Soccer Massafra 1963), nonché dei tesserati Maldera Giuseppe, Barracchia Giuseppangelo, Loporchio Dario e Castelletti Vito, ha comminato al reclamante la squalifica per anni 4.
La vicenda sottoposta allo scrutinio delle Sezioni Unite riguarda l’illecita alterazione del risultato della partita di calcio tra il Corato Calcio e la Fortis Altamura, disputatasi il 7 ottobre 2018, gestita dagli esponenti altamurani dell’associazione mafiosa denominata “clan Parisi” di Bari e collegata alla parimenti illecita alterazione del risultato della precedente partita tra le stesse squadre svoltasi sempre in Corato il 30 aprile 2017. In tale occasione, il presidente del Corato Calcio Giuseppe Maldera, fortemente interessato ad ottenere la vittoria della propria squadra nello spareggio play-off e con essa l’accesso alla categoria superiore, dopo aver cercato, senza successo, di trovare un accordo illecito con i referenti mafiosi della Fortis Altamura, si era successivamente avvalso della forza intimidatrice del clan rivale Strisciuglio, nei confronti di calciatori e dirigenti della squadra altamurana costretti al risultato imposto, giungendo così a coronare il proprio progetto, ma con l’effetto di suscitare i propositi ritorsivi del clan Parisi per lo “sgarbo” subito.
L’inchiesta federale trae origine dalla segnalazione inviata il 28 febbraio 2024 alla Procura federale, dello stralcio dell’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 07.02.2024 dal G.I.P. del Tribunale di Bari nr. 6571/2019 R.G.G.I.P., nell’ambito del procedimento penale nr. 7094/2018 R.G.N.R. Mod. 21 D.D.A., per fatti che coinvolgevano tesserati delle due società sportive Corato Calcio e Fortis Altamura.
Dalla documentazione trasmessa, in particolare, emergerebbe il compimento di atti fraudolenti che coinvolgevano tesserati delle società sportive Corato Calcio e Fortis Altamura, volti ad alterare il risultato della gara Corato Calcio – Fortis Altamura del 30.4.2017, valevole quale finale dei play off del campionato di Promozione del Comitato regionale pugliese, e del successivo incontro Corato Calcio – Fortis Altamura del 7.10.2018, valevole per il campionato di Eccellenza dello stesso Comitato.
In particolare, il capo 3 dell’ordinanza cautelare investiva, tra gli altri, la posizione dell’indagato Castelletti Vito, quale allenatore all’epoca della squadra Corato Calcio, ritenuto responsabile dei delitti p. e p. dall’art. 81, 1° comma, c.p., dagli artt. 1 e 3 L. n. 401/89 e dall’art. 416 bis c.p., perché, in concorso con altri, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di porre così fine alle conflittualità originate in occasione del precedente incontro tra le due compagini suindicate, svoltosi il 30 aprile 2017, nonché al fine di assicurare il sostentamento economico dei membri – anche detenuti – del “clan Parisi” di Bari, sotto la cui egida operano esponenti del “clan D’Abramo-Sforza” di Altamura, con la minaccia implicita di subire conseguenze negative nel caso di mancata adesione alla volontà dei Parisi di concordare il risultato della partita di calcio di seguito indicata e con la minaccia esplicita di punire il presidente della squadra di Corato Maldera Giuseppe a causa delle condotte descritte nel precedente capo di imputazione, così avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, compiva atti fraudolenti volti ad alterare il risultato dell’incontro di calcio tra Corato Calcio e Fortis Altamura, svoltosi il 7 ottobre 2018 (a seguito della promozione nel campionato di Eccellenza anche della Fortis Altamura), generando nei soggetti partecipanti alla competizione sportiva il timore derivante dalla aderenza degli inquisiti al sodalizio criminale Parisi di Bari e pattuendo con Maldera la “combine” del risultato sportivo, ottenendo altresì per la organizzazione malavitosa una non quantificata somma di denaro.
Il contributo all’azione criminosa del Castelletti, quale allenatore dell’epoca della squadra del Corato Calcio, era consistito nell’attivarsi per risolvere il problema derivante dal torto subito dai Parisi in occasione dell’incontro del 30.04.2017 e di garantire l’esito concordato dell’incontro di calcio del 7.10.2018 secondo le aspettative di Lovreglio Tommaso, di Sforza Giovanni e del clan Parisi di Bari, in virtù dei consolidati rapporti di forza sul territorio altamurano. Con l’aggravante di cui al comma 3°, in quanto il risultato della competizione influiva sullo svolgimento di scommesse regolarmente esercitate. Con l’ulteriore aggravante dell’utilizzo della metodologia mafiosa, per le ragioni suindicate e con l’aggravante della finalità di agevolare mediante tali condotte l’organizzazione mafiosa dei Parisi di Bari, garantendo mediante l’alterazione del risultato sportivo il ristabilirsi degli equilibri criminali di Altamura da sempre soggetta all’egemonia dei Parisi e la perdurante supremazia sul territorio di Altamura della predetta associazione e dell’organizzazione criminale denominata clan D’Abramo-Sforza che sotto l’egida della prima opera nello stesso territorio.
La Procura federale interregionale iscriveva nel relativo registro il procedimento disciplinare al n. 773pf23-24, avente ad oggetto: “Accertamenti in merito allo svolgimento delle gare Corato Calcio – Fortis Altamura del 30.4.2017, valevole quale finale dei play off del campionato di Promozione, e Corato Calcio – Fortis Altamura del 7.10.2018, valevole per il campionato di Eccellenza del Comitato regionale Puglia”. L’attività requirente veniva delegata ai sostituti procuratori federali e a collaboratori federali i quali, previa proroga del termine per la conclusione delle indagini, in data 24 giugno 2024 trasmettevano alla Procura federale interregionale le conclusioni tratte dall’attività istruttoria.
Di seguito, con atto del 7 agosto 2024 (Prot. 29848/661pfi23-24/PM/fda), il Procuratore federale e il Procuratore federale interregionale deferivano, tra gli altri, innanzi al Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Puglia: - Castelletti Vito, all’epoca dei fatti allenatore tesserato per la società̀ U.S.D. Corato Calcio 1946 A.S.D., per rispondere:
della violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca dei fatti (trasfuso nell’art. 30, commi 1 e 2, del vigente Codice di giustizia sportiva) per avere lo stesso, prima dell’incontro Corato – Fortis Altamura del 7.10.2018, valevole per il campionato di Eccellenza del Comitato regionale Puglia della stagione sportiva 2018 - 2019, in concorso con i sigg.ri Giuseppangelo Barracchia e Dario Loporchio, nonché con altri soggetti non tesserati, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento della gara sopra indicata in maniera tale che la stessa terminasse con la vittoria della squadra ospite; il sig. Vito Castelletti, in particolare, si rivolgeva ad esponenti di clan criminali affinché intervenissero al fine di garantire l’esito concordato della gara, allo scopo di rimediare al torto posto in essere dal sig. Maldera Giuseppe, presidente della società̀ U.S. Corato Calcio 1946 A.S.D., nei confronti dei calciatori e dei dirigenti della società̀ Fortis Altamura, in occasione della gara Corato – Fortis Altamura del 30.4.2017. Con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, del Codice di giustizia sportiva in vigore all’epoca dei fatti (trasfuso nell’art. 30, comma 6, del vigente Codice di giustizia sportiva), della effettiva alterazione del risultato della gara.
Svolgeva attività difensiva l’incolpato Castelletti il quale – a mezzo del difensore costituito – depositava memoria insistendo – unitamente ad alcune eccezioni in rito – per l’archiviazione della propria posizione, fondando la richiesta sull’insussistenza degli addebiti contestati derivanti, in tesi, da un’erronea lettura degli atti d’indagine trasmessi dell’A.G.O. dai quali, viceversa, emergerebbe l’estraneità del Castelletti alle ipotesi disciplinarmente rilevanti a lui imputate. Valorizzava, a tal fine, il reale ruolo svolto nella vicenda dall’incolpato che sarebbe stato destinatario passivo di comportamenti pressori, non invece soggetto attivo nell’ambito dell’ipotesi d’illecito e la circostanza per cui il proprio assistito è risultato essere l’unico soggetto in relazione al quale il medesimo G.I.P. aveva, in sede di applicazione genetica della misura cautelare, escluso la ricorrenza della gravità indiziaria. Dato, quest’ultimo, che troverebbe conforto, altresì, nell’assenza del nominativo del Castelletti tra coloro in relazione ai quali il medesimo G.I.P. ha disposto, in data 23 maggio 2024, il giudizio immediato dinanzi all’A.G. barese. Da ultimo, riteneva decisiva l’assenza di procedimenti penali suscettibili di desecretazione (ai sensi dell’art. 335 c.p.p.) e la carenza di riferimenti soggettivi individualizzanti, emersi nel corso degli interrogatori ex art. 294 c.p.p.
L’udienza di trattazione avanti il TFT aveva luogo alla data del 5 settembre 2024. In tale occasione, come emerge dal verbale di udienza, il rappresentante della Procura federale, chiedeva accertarsi la responsabilità del deferito per i fatti oggetto di incolpazione e l’irrogazione della sanzione di anni quattro di squalifica per il tesserato Vito Castelletti. Il difensore di questi contestava l’attendibilità degli esiti captativi, in assenza di trascrizione effettuata con le garanzie della perizia e sottolineava l’assenza di riferimenti al proprio assistito nel corso dei colloqui intercettati tra soggetti terzi, precisando che il Castelletti non è stato raggiunto da alcuna richiesta di rinvio a giudizio e, anzi, apparirebbe come persona offesa nell’ambito del procedimento penale da cui è scaturita l’attività d’indagine effettuata dalla Procura federale.
Con decisione depositata in data 5 ottobre 2024, il Tribunale federale territoriale, dopo aver diffusamente ricostruito lo scenario nel quale si iscrive la vicenda in scrutinio, giudicava la condotta imputata a Castelletti riconducibile al libello accusatorio e pienamente censurabile nella manifestazione del contributo agevolatorio alla commissione dell’illecito sportivo. Ciò in ragione del fatto che “il Castelletti si è prontamente attivato, già nell’estate del 2018, per ricercare la disponibilità di esponenti del clan criminale, per tentare l’alterazione della gara di cui trattasi; è stato nominativamente individuato dai loquenti, L.T. e D.T.D., quale soggetto che vuole premurarsi per evitare possibili, futuri, pregiudizi derivanti dagli intenti vendicatori degli appartenenti al sodalizio altamurano; nella consapevolezza del pregresso illecito, ideato da Maldera, ha cercato d’intercedere - mettendo a disposizione il risultato della gara – per consentire una rapida e indolore risoluzione della controversia; ha concorso materialmente con Maldera nei tentativi di organizzare un incontro con L.T., esponente di primo piano della consorteria criminale. La decisione ha inoltre considerato che la mancata applicazione di misura cautelare nei confronti del deferito non consente di svalutare i plurimi, concordanti e non altrimenti collocabili riferimenti, contenuti nelle molteplici intercettazioni acquisite agli atti del procedimento e che il mancato raggiungimento della soglia della gravità indiziaria è bilanciato, ai fini che qui occupano, dalle incisive considerazioni formulate dal Giudice della cautela, secondo cui è stata accertata l’emersione di plurimi tentativi di contatto, da parte di Castelletti, con esponenti della consorteria criminale dei P.-P. Sulla base di dette premesse, la decisione ha concluso nel senso che “l’assenza di una credibile spiegazione alternativa, la presenza di molteplici e reiterati contatti non razionalmente giustificabili con esponenti di primo piano di notorie consorterie criminali, l’inverosimiglianza delle difese esplicitate in occasione degli interrogatori di garanzia, la scarsa persuasività delle tesi contenute nelle memorie difensive e la peculiare linearità del narrato auto ed eteroaccusatorio contenuto nelle intercettazioni captate, impongono l’affermazione di responsabilità disciplinare del deferito”.
2. Avverso la suindicata decisione il Castelletti proponeva atto di reclamo, notificato alle parti in data 10 ottobre 2024 e contestualmente depositato, con il quale censura la pronuncia per travisamento del contenuto dell’ordinanza cautelare, aggravato dalla mancata conoscenza dei principi del processo penale.
2.1) Si assume che il TFT ha errato:
i) nell’affermare che le risultanze processuali avrebbero pienamente avvalorato l’impianto accusatorio, largamente ripreso nell’atto
di deferimento, quando invece non vi sono risultanze processuali, ma solo un’ipotesi investigativa non ancora suffragata nella sede propria dibattimentale;
ii) nel ritenere che il costrutto accusatorio offerto all’attenzione del Tribunale sarebbe fondato su solide, resistenti e oltremodo individualizzanti circostanze di fatto, sufficienti a fondare un giudizio di responsabilità̀ disciplinare, laddove invece l’asserita evidenza della colpevolezza del Castelletti è smentita dalla mancata adozione nei suoi confronti del decreto di giudizio immediato, dalla mancata iscrizione nel registro degli indagati e dal mancato rinvio a giudizio, nonché dalla dichiarazione del GIP secondo cui ”le intercettazioni…hanno ampiamente messo in luce il coinvolgimento di tutti gli indagati ad eccezione del Castelletti”, a carico del quale risulterebbero soltanto “diversi riferimenti ai tentativi di avvicinare” i referenti del clan Parisi, dei quali è cenno soltanto in affermazioni provenienti da soggetti terzi e, come tali, affatto prive financo di valore indiziario. Difatti, la contestazione secondo cui il Castelletti si sarebbe adoperato in “plurimi tentativi di contatto” con esponenti della consorteria criminale per tentare l’alterazione della gara del 2018 non trova alcun riscontro concreto negli atti investigativi (intercettazioni, captazioni ambientali, contatti personali o telefonici tra il Castelletti e i coimputati, in azioni “dirette” del Castelletti). Anche dalle indagini della Procura federale non emerge alcun elemento a suffragio della tesi accusatoria, non essendo stati interrogati i calciatori, l’arbitro, i suoi assistenti e il commissario di gara, i cui rapporti segnalano quale unica anomalia dell’incontro incriminato, l’espulsione dell’allenatore dell’Altamura per sue gravi intemperanze durante la partita;
iii) nel sostenere che la responsabilità del Castelletti troverebbe fondamento nelle “incisive considerazioni formulate dal Giudice della cautela”, omettendo di considerare che la fonte informativa è costituita da un errore della Segreteria del procuratore aggiunto della Procura di Bari che ha trasmesso l’informativa integrale ricevuta dai PM della DDA senza stralciare la posizione del Castelletti, posto che l’ordinanza genetica degli arresti è precedente alla comunicazione del 27.2.2024 della DDA di Bari alla Procura federale su ipotizzabili illeciti sportivi che riguardava solo i nominativi di due soggetti effettivamente sottoposti a misura custodiale e che aveva già escluso il Castelletti dal procedimento;
iv) nel conferire al materiale indiziario acquisito i caratteri della gravità, precisione e concordanza, laddove invece l’innocenza del deferito è suffragata da plurime considerazioni di ordine logico, disponendo l’allenatore di strumenti utili a far perdere la propria squadra senza necessità di affidarsi a consorterie criminali, non avendo ragione di temere loro ritorsioni per l’esito del precedente incontro che venne disputato quando militava in squadra estranea ai fatti, e senza dover affrontare il rischio di incorrere nell’esonero e nella squalifica con conseguente perdita delle fonti di sostentamento. Anche la condotta dell’allenatore della squadra altamurana concorre a privare di attendibilità il quadro indiziario, tenuto conto che le intemperanze che ne hanno determinato la squalifica mal si conciliano con il presunto accordo illecito per la vittoria della Altamura e avrebbero potuto comportare la sconfitta a tavolino della squadra allenata dallo stesso.
Per le ragioni esposte, il reclamante conclude che il materiale probatorio non consente di raggiungere la ragionevole certezza della commissione e nemmeno della conoscenza da parte dell’incolpato dell’illecito tentato da ben altri personaggi e chiede la riforma della decisione gravata, con assoluzione dalle accuse infamanti che gli sono state rivolte.
2.2) In data 16 ottobre 2024, la Segreteria della Corte federale di appello dava avviso della fissazione d’udienza a tutte le parti a mezzo pec.
2.3) In data 29 ottobre 2024 veniva acquisita al deposito telematico la memoria di controdeduzioni trasmessa dalla Procura federale.
Lo scritto difensivo osserva che il richiamo ai principi applicabili al processo penale operata nel reclamo risulta del tutto infondato alla luce dei principi consolidati dell’ordinamento settoriale sportivo secondo cui il procedimento disciplinare è del tutto autonomo rispetto al processo penale; la difesa federale osserva che la rilevanza penale di un comportamento non può in alcun modo essere sovrapposta alla valutazione che in sede disciplinare può e deve essere fatta degli stessi atti posti in essere, così come la prova dei fatti stessi risponde a criteri assolutamente distinti nei due diversi procedimenti, in quanto lo standard probatorio sufficiente per ritenere sussistente una violazione disciplinare rispetto ad un illecito penale non richiede la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, ma un grado inferiore di certezza, ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti.
Nel merito la resistente oppone che il Giudicante di primo grado, con motivazione assolutamente condivisibile, certamente non censurabile e immune da vizi di sorta, ha analizzato accuratamente il materiale probatorio traendo dallo stesso il convincimento che il Castelletti abbia contribuito alla commissione dell’illecito sportivo contestato con l’atto di deferimento. Difatti, secondo la Procura federale, tutti i fatti oggetto di contestazione emergono e risultano corroborati dal materiale probatorio acquisito (intercettazioni telefoniche e ambientali non suscettibili di diverse interpretazioni, informativa della Questura di Bari, ordinanza di custodia cautelare del Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Bari e provvedimenti del Tribunale per il riesame di Bari) e sono ampiamente sufficienti a dimostrare la responsabilità disciplinare dell’odierno reclamante, senza necessità di audizione dei calciatori né di ulteriori indagini.
2.4) Con memoria di replica depositata in data 31 ottobre 2024, il reclamante osserva che la specificità e la celerità del processo sportivo non possono consentire di disattendere la regola secondo cui le intercettazioni telefoniche possono legittimamente entrare nel procedimento disciplinare-sportivo solo se facenti parte di atti provenienti da un giudizio penale e solo se, come tali, hanno già superato il vaglio della loro legittimità nella fase dibattimentale. In tale contesto, non sarebbe ammissibile conferire automatica attendibilità alle captazioni e alle intercettazioni effettuate nella fase delle indagini e non ancora vagliate da un giudice terzo che potrebbe scoprire per mezzo del suo perito, come accade non di rado, difformità tra detto e trascritto, ciò tanto più se, come nella specie, nelle captazioni vi è la totale assenza di interlocuzione tra i soggetti ascoltati e il reclamante non è neanche parte del processo penale e non parteciperà alla fase dibattimentale dedicata alla formazione della prova, la cui ammissibilità, secondo quanto riportato da organi di stampa, è stata già esclusi nel processo penale che ha originato l’odierno giudizio disciplinare.
Si osserva altresì che la Procura federale, appiattendosi sulle acquisizioni della Procura ordinaria, ha omesso di eseguire investigazioni autonome che avrebbero portato a maggiore chiarezza sui fatti, con l’effetto ingiusto, e devastante per la vita professionale del deferito, che le indagini tese alla ricerca della prova del reato “ipotizzato” e quindi bisognevoli di approfondimento dibattimentale, assurgono nell’odierno processo a prova sufficiente contro il Castelletti, nonostante rimanga un mistero comprendere in cosa si sia concretamente esplicitata la condotta di ricerca della disponibilità di esponenti del clan criminale.
Si insiste infine per l’audizione di arbitro, assistenti, commissario di campo e dei giocatori del Corato al fine di verificare se il Castelletti abbia posto in essere condotte tese ad alterare l’esito della partita.
Il reclamo veniva chiamato all’udienza odierna, dove sono comparsi i difensori delle parti che hanno richiamato il contenuto dei rispettivi scritti difensivi e insistito nelle conclusioni già rassegnate.
Dopo la discussione delle parti, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3) La decisione reclamata si connota per la completezza e la precisione certosina nell’esame e nell’analisi esplicativa dell’imponente materiale probatorio che ha condotto il TFT, con inequivoca nettezza, all’accertamento dell’illecito disciplinare consistente nell’alterazione del risultato sportivo e alla irrogazione della pertinente sanzione a carico del deferito.
I motivi del reclamo opposti alla decisione non esibiscono attendibilità sufficiente a piegare l’esemplare rigore dialettico del percorso argomentativo che sorregge la ricostruzione degli eventi e il conseguente sindacato valutativo del Tribunale, affatto immune da travisamento o vizi logici.
3.1) Tanto premesso, la Corte ritiene opportuno far precedere, all’esame dei motivi del reclamo, brevi annotazioni sul contesto ordinamentale in cui si iscrive la vicenda in scrutinio.
L’art. 30 del vigente C.G.S., analogamente al previgente art. 7 (applicabile alla vicenda ratione temporis), dispone al suo primo comma che “Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”.
L’illecito sportivo è fattispecie di pura condotta, a forma libera, tipizzata cioè esclusivamente in ragione della sua ontologica vocazione ad esprimere un’oggettiva tensione finalistica verso la lesione del bene protetto, in cui la soglia di punibilità è anticipata al compimento di una attività finalizzata ad alterare lo svolgimento o il risultato di una competizione. Dunque esso si consuma nel momento e nel luogo in cui vengono compiuti atti diretti a conseguire i risultati di cui sopra (cfr. CFA, SS.UU., n. 51/2019-2020)
La struttura dell’illecito sportivo considera integrata la fattispecie già quando le condotte dei responsabili consistono nell’adozione di atti orientati alla realizzazione della frode sportiva; ciò in quanto l’ordinamento federale ha inteso apprestare una protezione rafforzata che si attiva nel momento in cui sia iniziata la condotta potenzialmente lesiva, non occorrendo l’effettivo verificarsi di un determinato evento dannoso, che rileva come circostanza aggravante e non come elemento costituente dell’illecito. Questa scelta del legislatore federale, visibilmente finalizzata all’esigenza di reprimere con fermezza comportamenti di estrema gravità, intende anticipare e allargare l’area della punibilità delle condotte vietate.
Quanto sopra vale ad escludere la completa assimilabilità o sovrapponibilità dell’illecito sportivo all’illecito penale.
Fermi l’ossequio alle garanzie di tutela degli incolpati e il rispetto delle fisionomie del “giusto processo”, enunciate all’art. 44 del C.G.S., la giurisprudenza sportiva non si appoggia ai criteri di imputazione propri della giurisprudenza penalistica e ai principi del processo penale, quali la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, la probabilità di grande verificabilità, tale da resistere a qualsiasi dubbio ragionevole. Si è formata, in ambito sportivo, una giurisprudenza consolidata in forza della quale, per ritenere sussistente la violazione, è richiesto un grado di prova superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio.
Tale principio, che costituisce espressione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo riaffermata in modo ancor più deciso con la l. 280 del 2003, implica che, per analoghe fattispecie concrete, la giustizia sportiva si accontenti di un grado di certezza inferiore rispetto a quanto richiesto dalla giustizia ordinaria per pervenire all’accertamento della responsabilità penale, per sua natura insofferente a clausole indeterminate.
Ciò costituisce il pre ip tato dei modelli di condott che l’ordinamento sportivo pretende siano praticati e osservati dai suo tesserati e che devono ispirarsi ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, da cui discende l’obbligo fondamentale di esimersi da ogni forma di illecito sportivo, concretando questo la negazione stessa dei caratteri ontologici della pratica sportiva, cui sono immanenti la rettitudine della competizione e la genuinità del risultato sportivo.
In questa prospettiva di analisi, l’ordinamento federale appresta un sistema di regole funzionali e proporzionate alla salvaguardia del bene giuridico oggetto di tutela, che è costituito dal leale e regolare svolgimento delle gare e delle competizioni sportive; al contempo gli orientamenti della giustizia sportiva federale si muovono entro le direttrici delle fattispecie normative per garantire la concreta attuazione del nucleo di valori in esse compendiato.
Sul piano dei mezzi di ricerca della prova, la giurisprudenza endofederale ha affermato che le intercettazioni di conversazioni telefoniche, come anche le captazioni ambientali, acquisite nell’ambito di un’indagine penale, possono essere utilizzate come vere e proprie prove al fine dell’accertamento di una violazione disciplinare nei procedimenti innanzi alla giustizia sportiva. Al riguardo è stato considerato che le intercettazioni telefoniche costituiscono, del tutto legittimamente, materiale probatorio acquisibile al procedimento disciplinare, dovendo le intercettazioni medesime essere considerate nella loro fenomenica consistenza e nella loro capacità rappresentativa di circostanze storiche rilevanti, senza neppure possibilità di sindacare la loro origine e il modo della loro acquisizione (orientamento consolidato, v. per tutte, da ultimo, CFA, SS.UU., n. 8/2024-2025).
3.2) L’applicazione di tali incontroversi principi al caso concreto, porta a ritenere infondato il reclamo.
Ragioni di priorità logica consigliano di confutare innanzitutto le argomentazioni esposte nella memoria finale del deferito, volte ad escludere valore probatorio alle intercettazioni acquisite nella fase delle indagini preliminari e non ancora validate nella fase dibattimentale del processo penale.
Dal principio, testé riferito, di non applicabilità delle regole del processo penale al procedimento disciplinare sportivo discende l’insussistenza del divieto di utilizzabilità delle prove, seppure - in ipotesi - illegittimamente acquisite in violazione di legge (Collegio di garanzia dello Sport, 3 marzo 2017, n. 18). Inoltre, i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari, presenti negli altri giudizi, non possono essere tout court utilizzati nel processo sportivo, stante l’autonomia degli organi di giustizia sportiva e della relativa strumentazione processuale rispetto agli organi giurisdizionali civili, penali e amministrativi (CFA, SS.UU., n. 115/2019-2020).
È stato inoltre rilevato, con specifico riguardo alle intercettazioni telefoniche, che esula dai poteri del Giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità̀ dell’operato dell’autorità giudiziaria, alla cui esclusiva competenza è rimesso il controllo tanto formale, quanto sostanziale degli atti trasmessi, rilevando unicamente, ai fini delle decisioni degli organi di giustizia sportiva, la provenienza istituzionale, da cui discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti stessi (CFA, SS.UU., n. 95/2019-2020).
E’ quindi pacifica l’utilizzabilità nel procedimento disciplinare dei contenuti delle intercettazioni e delle risultanze delle captazioni ambientali eventualmente poste in essere in sede penale, attesa la loro valenza di fatti storici autonomamente e motivatamente apprezzabili nel distinto procedimento disciplinare (cfr., anche, Cons. Stato, Sez. II, 9 ottobre 2023, n. 8814).
Deve poi osservarsi che la decisione reclamata, lungi dal conferire automatica attendibilità al compendio indiziario posto a base del deferimento, lo ha sottoposto ad uno scrupoloso vaglio critico, traendo dalla “descrizione ragionata degli accadimenti”, quali emergenti dalle intercettazioni e captazioni ambientali che hanno riguardato il Castelletti, la conferma del (riuscito) tentativo di questi di orientare l’esito dell’incontro del 7 ottobre 2018 a favore della compagine altamurana.
Il materiale probatorio posto a base del deferimento è stato valutato dal TFT nei suoi singoli elementi in connessione tra loro e dal complesso di essi è stato desunto, con rigore metodologico, il piano criminoso ideato e posto in essere con il concorso di numerosi soggetti, tra i quali l’odierno deferito, che ha condotto all’alterazione del risultato sportivo.
3.3) La pregevole decisione di primo grado ha evidenziato puntualmente i passaggi delle intercettazioni maggiormente rilevanti e ritenuti condivisibilmente espressivi di un comune intento fraudolento, tale da integrare la fattispecie dell’illecito sportivo nei termini sopra individuati.
La Corte condivide le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice, fondate su coerenti, organici ed esaurienti elementi di fatto, oltre che su corrette argomentazioni e valutazioni logico-giuridiche. Il Giudice a quo ha validamente ed esaurientemente motivato in ordine agli elementi sulla base dei quali è addivenuto alla propria decisione e le argomentazioni espresse vanno pienamente condivise.
Dalle conversazioni acquisite dalla Procura federale ppare in primo luogo evidente l’intreccio tra i due incontri di calcio: difatti l’alterazione dello svolgimento e del risultato della partita tra Corato e Fortis Altamura del 7 ottobre 2018 costituisce la conseguenza dell’affronto subito dal clan Parisi, dominante in territorio altamurano attraverso le propaggini locali di riferimento, a causa dell’intervento, sollecitato dal presidente coratino Maldera, del clan rivale Strisciuglio, la cui forza intimidatrice ha consentito di alterare in favore del Corato il risultato della partita contro la Fortis Altamura disputata il 30 aprile 2017.
In particolare, nel pervenire all’accertamento della responsabilità del Castelletti, tecnico del Corato Calcio, il TFT ha messo innanzitutto in risalto come lo stesso, mosso dal timore proprio e del presidente Maldera di subire ritorsioni per “la cattiveria” inferta alla Fortis Altamura a mezzo dell’azione del clan Strisciuglio, con l’alterazione del precedente incontro, abbia tentato di avvicinare Barracchia Giuseppangelo, presidente dell’Altamura e contiguo alle propaggini locali del clan Parisi. Tanto si evince dalla conversazione telefonica del 10.08.2018 (Progr. 554 - RIT. 1737/18), intercorsa tra Barracchia e un tale “Michele”, nel corso della quale il primo riferisce al proprio interlocutore che Castelletti sta “facendo il matto per venire a parlare e mangiare” con lui. Che la ragione della pressante richiesta di incontro si iscriva all’interno del contesto inquinante la regolarità delle competizioni sportive è confermato dalle successive dichiarazioni del Barracchia, “mo’ voglio capire ma pure se vado io a Corato all’andata là... all’andata di coppa... quello che è... ma quelli cosa pensano... forse non è chiaro, io ce l’ho con il Presidente suo... le squadre a me non mi interessano... a me la caccia è al Presidente... al Presidente!” Barracchia palesa i suoi propositi di vendetta per il torto subito con l’alterazione del risultato della gara del 30 aprile 2017 da parte del “presidente suo”, ossia dal presidente del Corato Calcio di cui Castelletti è l’allenatore.
Il fallito tentativo di composizione con il Barracchia (in atti non v’è evidenza dell’incontro tra i due) non può placare le ansie del Castelletti che, già dal mese di luglio 2018, si attiva ulteriormente, e con maggiore efficacia, nella ricerca di ascolto da parte di esponenti del clan criminale Parisi, mediante il suo amico Di Bari Carlo (v. Progressivo n. 607 R.I.T. 1969/18 e 1970/18) e avvicinando De Tullio Donato, quest’ultimo in rapporto di stretta parentela con figure di primo piano del clan criminale, per mettere a disposizione, a mo’ di risarcimento, lo svolgimento e il risultato della futura gara tra le squadre del Corato Calcio e Fortis Altamura in programma il 7 ottobre 2018.
L’operatività del Castelletti trova eco nella conversazione ambientale (progr. 2449 R.I.T. 1557/18) tra De Tullio Donato e Lovreglio Tommaso, soggetto di vertice nel clan Parisi, nel corso della quale questi manifesta un’iniziale avversità all’intervento riparatore del cugino De Tullio: “mo’ questo (id est Castelletti) è venuto a ricorrere a te, il fatto è delicato”, perché “quelli …hanno subito l’umiliazione e mò stanno come stanno…non sta niente da ragionare…e come…tu vuoi umiliare...e poi vuoi essere rispettato”, avvertendo il proprio interlocutore che “quelli…pure lui Giuseppe (Barracchia presidente dell’Altamura) ha pagato per fargli la cattiveria a quelli…tutti quelli…compreso l’allenatore” volendo così significare che, per “sistemare la cosa” e rabbonire gli altamurani “umiliati” e già pronti alla vendetta non è sufficiente intercedere con parole (non sta niente da ragionare), concetto già espresso in altra occasione (v. Progressivo n. 111 R.I.T. 1969 e 1970/18) “come lo vuoi aggiustare il riparo? A parole lo vuoi aggiustare? non si aggiusta a parole... non si aggiusta..."), ma occorre risanare con ben altri mezzi la mortificazione subita.
A quel punto il De Tullio tenta di preservare l’allenatore dagli intenti ritorsivi del sodalizio criminale, precisando al suo interlocutore che “lui non ci stava…lui stava a Noicattaro...lui mò quest’anno è andato ad allenare il Corato...”.
La conversazione prosegue con il De Tullio che riferisce di aver incontrato a pranzo l’allenatore per iniziativa di questi che “si è buttato avanti” e della richiesta dello stesso di “risolvere il problema”, ossia di appianare i pregressi contrasti ed eludere i propositi minacciosi del clan Parisi. La richiesta incontra infine la disponibilità del Lovreglio, il quale tuttavia pretende per suggellare il patto criminoso anche il pagamento di una cospicua somma di denaro: “per il fastidio gli devi dare almeno diecimila euro…deve dare”. De Tullio recepisce prontamente il messaggio da riferire al Castelletti e afferma: “io gli dico così“.
Ulteriore conferma del coinvolgimento di Castelletti Vito nell’illecito può trarsi da altre parole di De Tullio il quale chiede al Lovreglio di poter rassicurare il Castelletti dicendogli “senti Vitino tu oggi stai come allenatore e domani non ci stai più̀... quelli non ce l’hanno con te allenatore... che tu oggi sei venuto allenatore... quelli ce l’hanno con la presidenza che sta...con i dirigenti...”, senza incontrare l’assenso del Lovreglio, che per conferire maggiore efficacia al suo intento estorsivo suggerisce invece di intimidire l’allenatore: “no no tu gli devi far capire che ce l’hanno con tutti" perché “quelli di Altamura stanno male intenzionati”.
Il De Tullio recepisce prontamente il messaggio del cugino da riportare al Castelletti “devo dire se tu vuoi che ci dobbiamo mettere in mezzo…giustamente le persone che si devono mettere in mezzo…giustamente stanno chiedendo soldi al presidente (del Corato Maldera) che giustamente ha torto”. Affermazioni che il Lovreglio corrobora, commentando “il presidente come ha pagato gli altri mo’ pagasse per aggiustare il fatto”, intendendo con ciò significare che per riparare lo sgarbo subito dal Maldera non è sufficiente garantire la vittoria della Fortis Altamura, ma è necessario anche l’esborso di una significativa somma di denaro. Alla richiesta del De Tullio “per aggiustare il fatto gli dico queste cose Tommà?”, il Lovreglio conferma “si proprio così gli devi dire”.
Il dialogo evidenz a he due interlocutori concordano di affidare all’allenatore l’incarico di veicolare al Maldera le condizion estorsive imposte dal sodalizio criminale per appianare i contrasti e distogliere il clan Parisi dai propositi ritorsivi.
Dagli atti non emergono elementi utili a palesare che il Castelletti sia stato reso effettivamente partecipe del piano e nemmeno indizi che evidenzino un corrispondente agire del Castelletti in esecuzione dell’incarico (sul punto si tornerà, ad altri fini, in prosieguo). Nondimeno, il successo dell’operazione estorsiva è certificato dalle parole con cui Maldera annuncia al Loporchio che il problema che tanto lo angosciava ha trovato una soluzione conviviale “ho pagato il pranzo… a tutta la squadra”, espressione che sottende in realtà l’elargizione di denaro come ristoro per l’affronto subito e adeguata contropartita, forse da destinare alle necessità dei detenuti associati al clan Parisi, segnalate da Sforza “sta qualche compagno che ne può aver bisogno, noi non domandiamo, vedi tu cosa devi fare, a tua buona volontà…vedi tu cosa devi fare…metti la buona volontà” (v. progressivo 608 R.I.T. 1969 e 1970/18).
Al contempo la significativa presenza allo stadio comunale di Corato del clan altamurano, nelle persone di Lovreglio Tommaso, di Sforza Giovanni e di altri esponenti della consorteria mafiosa, in occasione dell’incontro di calcio con la Fortis Altamura, riveste un indubbio valore monitorio e palesa il suggello dell’accordo criminoso e la ricomposizione dell’attrito tra le due società e i rispettivi clan di riferimento.
Come giustamente osservato dal primo giudice, il dialogo riferito consente di collocare perfettamente Castelletti all’interno dei meccanismi illeciti perimetrati. Difatti, l’estratto storico di tesseramento di Castelletti avvalora tali dichiarazioni, le quali si attagliano perfettamente ai trascorsi calcistici dell’incolpato, in quanto quest’ultimo risulta essere stato allenatore dell’Atletico Mola nella s.s. 2016/2017 (allorquando tale società disputava le gare casalinghe a Noicattaro, come si evince agevolmente da fonti aperte) e del Corato Calcio da novembre 2017 al 15.10.2018.
Correttamente, quindi, il TFT ha collocato la figura di Castelletti in tale contesto criminoso, quale ideatore e proponente, la cui responsabilità nell’ideazione, esecuzione e agevolazione degli illeciti che qui rilevano emerge dall’analisi del materiale probatorio in atti, il quale restituisce un quadro indiziario fortemente univoco nel delineare, con precisione e resistenza logica, il ruolo concretamente assunto… nel tentativo di alterazione (successivamente consumatosi) della gara Corato-Fortis Altamura del 07.10.2018.
Il reclamante tende a sminuire il valore delle intercettazioni, ma non riesce a proporre una plausibile diversa interpretazione dei contenuti delle conversazioni, che offrono invece un quadro di cristallina evidenza del ruolo di mediazione attiva assunto dal Castelletti per portare a compimento l’alterazione del regolare svolgimento della gara in argomento.
3.4) La validità di queste conclusioni, avvalorate da un inequivoco compendio indiziario, non è contraddetta dal mancato rinvio a giudizio del Castelletti nel parallelo giudizio penale, atteso che il proscioglimento dal reato di frode sportiva non comporta, relativamente agli stessi fatti, l’automatica esclusione dell’illecito sportivo.
Si è in precedenza precisato che i requisiti di fattispecie dell’illecito sportivo e del reato di frode sportiva agiscono su piani interferenti, ma non sovrapponibili. Tale dicotomia riflette la sostanziale ininfluenza del procedimento penale su quello sportivo che risponde a regole sue proprie aventi radice nel Codice di giustizia sportiva e che delineano un percorso autonomo nella acquisizione e, soprattutto, nella valutazione dei dati probatori necessari per pervenire ad una decisione sia di colpevolezza che di proscioglimento in ambito sportivo endofederale, a ciò conseguendo anche la possibilità per il Giudice Sportivo di valutare gli elementi istruttori raccolti in sede di procedimento penale, indipendentemente dal rilievo penale dei fatti rappresentati (cfr., per il principio, Cass. Pen. 23 settembre 2013 n. 39701; Collegio di garanzia dello sport, 8 marzo 2016, n. 14).
Il principio dell’autonomia e della diversità del processo sportivo rispetto a quello penale trova fonte nel formante normativo dell’art. 2 della legge 401 del 1989, il cui primo comma stabilisce che “L’esercizio dell’azione penale per il delitto previsto dall’articolo 1 e la sentenza che definisce il relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione delle gare né su ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi.”
Deve quindi convenirsi con la difesa federale quando afferma che l’eventuale irrilevanza penale di una determinata condotta a configurare il reato di frode sportiva non può vincolare la diversa valutazione che della stessa condotta può essere fatta in sede disciplinare ai fini della sussistenza dell’illecito sportivo.
Al riguardo la Corte osserva che, nella struttura dell’art. 1 della legge 401, il delitto di frode sportiva si caratterizza per il fatto che il denaro o altra utilità deve essere promesso o offerto “a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva”, laddove l’illecito sportivo è integrato dal “compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione”, non essendo richiesto che la promessa del vantaggio sportivo sia rivolta a chi partecipi alla gara.
La circostanza che soggetti beneficiari della dazione illecita siano esponenti di clan mafiosi, e non i calciatori o i tesserati delle squadre coinvolte nella combine, ha portato ad escludere la configurabilità nella specie del delitto di frode sportiva nei termini contestati dall’accusa e ha indotto il GIP a qualificare diversamente l’imputazione, riconducendola alle fattispecie previste e punite dagli artt. 629 co.2, 628 co. 3 n. 3 e 416 bis. 1 c.p.
Questa, unitamente a quanto in precedenza osservato circa l’assenza di elementi probatori utili a inserire attivamente il Castelletti all’interno del disegno predatorio del Lovreglio, costituisce verosimilmente la ragione che ha indotto il Tribunale del riesame a ritenere insussistenti gravi indizi da cui desumere il pieno coinvolgimento del Castelletti nel diverso delitto di estorsione aggravata come riqualificato dal GIP, fermo restando che gli atti investigativi esibiscono “diversi riferimenti ai suoi tentativi di avvicinare i referenti del clan Parisi”.
Questa costituisce anche la ragione preminente per cui l’esito del giudizio penale, come ora configurato, quand’anche favorevole al Castelletti, non può giustificare un analogo giudizio di proscioglimento del deferito dall’incolpazione per illecito sportivo, che poggia su presupposti del tutto diversi.
Nel caso in esame l’illecito è pienamente integrato dall’avvenuta alterazione, con mezzi fraudolenti, del risultato della partita enunciata e costituisce il precipitato di una struttura sapientemente articolata e fondata su interessati rapporti con sodalizi criminali all’interno del “sistema calcio”, tale da ostentare un’immagine di strapotere sul piano organizzativo e da ingenerare una situazione di sudditanza psicologica, se non addirittura di angoscia e al tempo stesso di assicurare alla società protetta la consapevolezza di poter disporre, in caso di bisogno, di tempestivi interventi mirati a fronteggiare, con idonee misure, eventuali situazioni avverse.
La documentazione investigativa offre un compendio di indizi gravi, precisi e concordanti che concorrono a dare evidenza dei ripetuti contatti del Castelletti, sia pure indiretti, con esponenti di primo piano di sodalizi criminali, al fine di concertare l’alterazione del risultato della gara del 2018. La valutazione di questa condotta, che seppure da sola considerata non possa assurgere a fonte di responsabilità penale per concorso nell’attività estorsiva, consente di pervenire pienamente all’accertamento in capo al Castelletti della responsabilità disciplinare per aver contribuito alla realizzazione dell’illecito sportivo, di cui all’art. 7 del previgente C.G.S..
3.5) La Corte non ritiene di dover dare seguito alla richiesta istruttoria del reclamante, tendente ad acquisire prove orali nel giudizio di appello, mediante l’audizione testimoniale di arbitri, assistenti, commissario di campo e calciatori.
L’istanza di prove testimoniali, precisata soltanto nella memoria finale di replica, si palesa inammissibile, in quanto priva dell’indicazione dei capitoli di prova, con violazione dell’art. 114, quarto comma, CGS applicabile in sede di appello ai sensi del successivo art. 115, comma quinto, ma soprattutto perché consiste nella richiesta di prove aventi contenuto valutativo, in quanto volte a verificare se il Castelletti abbia posto in essere condotte tese ad alterare l’esito della partita, ossia sostanzialmente a ottenere un giudizio sul regolare svolgimento della gara, in difformità dall’imponente materiale probatorio che comprova senza margini di dubbio l’alterazione del risultato della gara e il contributo del Castelletti alla realizzazione dell’illecito.
La Corte ritiene che l’attività di raccolta probatoria predisposta dalla Procura federale sia ampiamente bastevole a radicare la ragionevole certezza della colpevolezza del soggetto deferito, senza necessità di ulteriori indagini.
La misura della squalifica è stata contenuta nei limiti edittali di cui all’art. 7, quinto comma, del C.G.S. previgente. Le considerazioni sopra svolte valgono ad evidenziare l’insussistenza di alcuna delle circostanze attenuanti che ne possano giustificare la riduzione.
4) In conclusione, il reclamo deve essere respinto, con conferma della decisione di primo grado.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con pec.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Domenico Giordano Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce