CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 57/2024 – A.S.D. Fabriano Cerreto / Federazione Italiana Giuoco Calcio / Lega Nazionale Dilettanti / Comitato Regionale Marche FIGC-LND / A.S.D. I.L. Barbara Monserra

 

 

 

Decisione n. 57

Anno 2024

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE

 

 

 

composta da

Dante D’Alessio - Presidente

Wally Ferrante - Relatrice

Giovanni Iannini

Mario Serio

Mario Stella Richter - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 33/2024, presentato congiuntamente, in data 13 giugno 2024, dai sigg. [omissis] e [omissis], rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Alabiso, come da procura speciale allegata al ricorso;

contro

 

 

la Procura Federale FIP, in persona del Procuratore Federale, non costituitasi in giudizio,

e nei confronti

 

 

del dott. [omissis], rappresentato e difeso dagli avv.ti Valeria Logrillo e Pierfilippo Capello,

della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), in persona del Presidente Federale, dott. Giovanni Petrucci, rappresentata e difesa dall’avv. Paola Maria Angela Vaccaro,

e

 

 

della Procura Generale dello Sport presso il CONI,

per la riforma

 

 

della decisione della Corte Federale di Appello n. 2 della Federazione Italiana Pallacanestro, di cui al C.U. n. 323 del 15 gennaio 2024, notificata in data 21 maggio 2024, con la quale, con riferimento alla posizione del sig. [omissis] in parziale accoglimento del reclamo da questi presentato avverso il provvedimento del Tribunale Federale n. 4 della FIP, di cui al C.U. n. 45 del 20 luglio 2023 (che ha applicato, nei suoi confronti, il provvedimento della inibizione per anni 4, fino al 20 luglio 2027), è stata rideterminata la sanzione irrogata in primo grado ad anni 3, fino al 20 luglio 2026, nonché, con riferimento alla posizione della sig.ra [omissis], è stato rigettato il reclamo, con contestuale conferma della suddetta decisione di primo grado, di cui al C.U. n. 45 del 20 luglio 2023, che ha applicato, nei suoi confronti, il provvedimento della inibizione per anni 2, fino al 20 luglio 2025.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nella udienza del 25 luglio 2024, tenutasi anche a mezzo di videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams:

  • il difensore dei ricorrenti, avv. Roberto Alabiso, che ha insistito per l’annullamento della decisione impugnata e per il conseguente proscioglimento da tutte le contestazioni mosse ai ricorrenti medesimi;
  • i difensori del dott. [omissis], avv.ti Valeria Logrillo e Pierfilippo Capello, che hanno concluso per l’inammissibilità del ricorso;
  • il difensore della Federazione Italiana Pallacanestro, avv. Paola Maria Angela Vaccaro, che ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza del ricorso;
  • il prof. avv. Aristide Police, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, avvocato dello Stato Wally Ferrante.

Svolgimento del procedimento

 

 

  1. Il sig. [omissis], tesserato in qualità di allenatore per la [omissis] S.r.l., è stato deferito dalla Procura Federale “per violazione degli articoli 2 e 44 R.G. nonché degli articoli 2.2, 2.4 e 2.7 del Codice Etico FIP per aver contattato e fatto tesserare per la [omissis], nella consapevolezza delle vicende giudiziarie per abusi sessuali su minori, il sig. [omissis] lasciando che lo stesso risiedesse stabilmente presso la foresteria della medesima società, insieme a decine di minori ivi stabilmente residenti; per aver, una volta appresa l’esistenza di nuove indagini a carico del [omissis] per lo stesso genere di reati, posto in essere condotte e comportamenti commissivi tali da non far emergere la gravità delle notizie apprese ed omissive per non aver assunto nei confronti dei [omissis] alcun provvedimento di allontanamento”.

La sig.ra [omissis], moglie del [omissis], tesserata quale Presidente della [omissis] Roma Nord, è stata deferita dalla Procura Federale “per violazione degli articoli 2 e 44 R.G. nonché degli articoli 2.2, 2.4, 2.6 e 2.7 del Codice Etico FIP poiché, pur nella consapevolezza dei precedenti del sig. [omissis] per i reati di abusi sessuali su minori, ha tesserato il sig. [omissis] per la società USD [omissis] senza provvedere all’acquisizione del certificato penale previsto dalla normativa, ha consentito che lo stesso risiedesse stabilmente presso la foresteria della medesima società insieme a decine di minori ivi stabilmente residenti; per essersi, una volta appresa l’esistenza di nuove indagini a carico del [omissis] per lo stesso genere di reati, attivata con il [omissis], in occasione della sua audizione presso la PG, rammentandogli di tenere in considerazione il buon nome della società e, successivamente, per non aver assunto nei confronti del [omissis] alcun provvedimento di allontanamento”.

  1. Il Tribunale Federale, con decisione in C.U. n. 45 del 20 luglio 2023, ritenuti i deferiti responsabili delle violazioni contestate, ha applicato al sig. [omissis] la sanzione dell’inibizione per 4 anni, fino al 20 luglio 2027, e alla sig.ra [omissis] la sanzione dell’inibizione per 2 anni, fino al 20 luglio 2025.
  2. La Corte Federale d’Appello, con decisione in C.U. n. 323 del 15 gennaio 2024, in parziale accoglimento del reclamo del sig. [omissis], ha rideterminato la sanzione a lui irrogata in primo grado ad anni 3 di inibizione fino al 20 luglio 2026, mentre ha rigettato il reclamo della sig.ra [omissis].
  3. Con ricorso in data 4 giugno 2024, il sig. [omissis] e la sig.ra [omissis] hanno impugnato la predetta decisione, chiedendo, in riforma integrale della sentenza, il proscioglimento da tutte le contestazioni mosse nei loro confronti, per cinque distinti motivi sinteticamente di seguito indicati. Con il primo motivo, viene dedotta l’omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità della Federazione Italiana Pallacanestro.

Con il secondo motivo, si lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza in merito alla ricostruzione fattuale dell’accaduto e l’omissione di fatti rilevanti.

Con il terzo motivo, si deduce l’omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine alla indicazione e produzione dei verbali degli psicologi e dell’atleta [omissis].

Con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione di diritto in relazione all’art. 25 bis DPR n. 313/2002.

Con il quinto motivo, si deduce la violazione di norme di diritto in ordine all’applicazione delle aggravanti.

  1. Con memoria di costituzione, in data 22 giugno 2024, la Federazione Italiana Pallacanestro ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso.
  2. È intervenuto nel giudizio il dott. [omissis], che, nel premettere il proprio interesse a partecipare al giudizio, ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile e comunque infondato.
  3. All’udienza del 25 luglio 2024, il difensore dei ricorrenti ha insistito per l’annullamento della decisione impugnata, dando peraltro atto che il sig. [omissis] è stato condannato in sede penale con sentenza del Tribunale di [omissis] del 9 maggio 2024 ad anni 7 e mesi 6 di reclusione; il difensore della FIP, nel prendere atto della condanna del sig. [omissis], ha sottolineato che il sig. [omissis] è coimputato in detto processo per favoreggiamento e che non è ancora noto l’esito del processo nei suoi confronti; i difensori del [omissis] hanno insistito nelle conclusioni scritte già rassegnate; la Procura Generale dello Sport presso il CONI ha concluso per il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto


  1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità dell’intervento del dott. [omissis].

Quest’ultimo, premettendo di essere stato parte del giudizio di primo e di secondo grado - all’esito dei quali gli è stata irrogata, in qualità di Presidente della [omissis], la sanzione di nove mesi di inibizione, fino al 20 aprile 2024, con decisione dallo stesso non impugnata - e di essere destinatario del ricorso proposto dai sigg. [omissis] innanzi al Collegio di Garanzia, ha precisato che il suo intervento si rende necessario “in considerazione delle allusioni al Dott. [omissis] – nonché ai suoi ‘accoliti’ ed ‘amici di SABA’ – operate dai ricorrenti (sia in via diretta che indiretta) nel ricorso, ed inserite confusamente in motivi di impugnazione della decisione FIP volti ad incidere: a) sulla rivalutazione della posizione giuridica del Sig. [omissis] e della Sig.ra [omissis] nel procedimento disciplinare che qui occupa e b) sulla conseguente rideterminazione delle sanzioni sportive comminate in capo agli stessi” (p. 1 della memoria in data 21 giugno 2024), nonché per contestare “le informazioni false, parziali e diffamatorie dei ricorrenti su [omissis] ed in merito ai reciproci rapporti” (p. 4 della predetta memoria).

Le ragioni dell’inammissibilità dell’intervento del dott. [omissis] nel giudizio disciplinare, oggetto della decisione impugnata, si rinvengono nella consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia.

Con la decisione 10 agosto 2015, n. 35, il Collegio di Garanzia a Sezioni Unite ha affermato il principio dell’inammissibilità dell’intervento “ad adiuvandum o ad opponendum di soggetti terzi in un giudizio che ha per oggetto una sanzione disciplinare endofederale”.

Le Sezioni Unite hanno rimarcato che il procedimento disciplinare, per sua natura, ha una struttura strettamente bilaterale, in cui sono contrapposte due sole posizioni. Tale struttura non consente “alcuna ingerenza ab externo attraverso un intervento principale o ad adiuvandum”.

Il principio è stato ribadito nella decisione n. 39 del 3 settembre 2015 delle Sezioni Unite, nella quale si legge che il procedimento disciplinare ha “...una struttura strettamente binaria nella quale si contrappongono due sole posizioni: da un lato, quella dell’organo che esercita l’azione disciplinare; dall’altro, quella del soggetto (o dei soggetti) destinatario della pretesa sanzionatoria, legittimato a difendersi ed a resistere all’azione. Tra queste due parti soltanto si svolge il procedimento disciplinare e si apre una dialettica processuale, nella quale nessun altro soggetto è legittimato ad intervenire, né per sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte, né per far valere un proprio autonomo interesse (interesse che, del resto, proprio perché autonomo risulterebbe necessariamente indipendente dal procedimento disciplinare e dunque estraneo ad esso)”.

Da un lato, quindi, vi è l’organo che esercita l’azione disciplinare e, dall’altro, vi è l’incolpato. Nessun altro soggetto è legittimato a intervenire, sia pure al solo fine di sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte.

Nella stessa decisione n. 39/2015 è stato, inoltre, affermato che l’intervento nel giudizio disciplinare è inammissibile anche al fine di far valere un interesse autonomo, giacché, proprio perché autonomo, tale interesse è indipendente dal procedimento disciplinare e, quindi, estraneo ad esso.

Nella fattispecie, atteso che l’interveniente è stato anch’egli destinatario del procedimento disciplinare e della conseguente autonoma applicazione della sanzione, l’unico modo per censurare la decisione della Corte d’Appello Federale della FIP era quello di proporre a sua volta impugnazione, non potendo altrimenti trovare ingresso osservazioni quali quella contenuta a p. 5 della memoria: “il Dott. [omissis] ritiene necessario il proprio intervento nel presente giudizio”, anche se “prima della notifica del ricorso …. aveva deciso di non procedere all’impugnazione della decisione FIP, pur non ritenendo fondate le motivazioni della stessa”.

Pertanto, l’intervento del dott. [omissis] deve essere dichiarato inammissibile.

  1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono che la Corte Federale d’Appello avrebbe omesso di esaminare in modo approfondito ed imparziale “le responsabilità evidentissime della Federazione”, che avrebbe rinnovato al sig. [omissis], sino alla sua radiazione nel 2023, la tessera di allenatore nazionale senza alcuna preclusione, responsabilità che avrebbe dovuto costituire una specifica esimente in favore degli odierni ricorrenti.

Il motivo è inammissibile prima ancora che infondato.

Ai sensi dell’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il ricorso davanti al Collegio di Garanzia «è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

Orbene, con tale motivo, non viene denunciata alcuna norma di diritto asseritamente violata, né viene indicato quale sarebbe il punto decisivo della controversia sul quale la Corte Federale avrebbe omesso di motivare.

Va ricordato, infatti, che il procedimento disciplinare oggetto del presente giudizio è stato avviato a carico di quattro dirigenti delle società del gruppo [omissis], tra i quali, per quanto qui interessa, i due ricorrenti, per addebiti specifici e dettagliati, indicati nel deferimento del 9 giugno 2023 e consistenti, nella sostanza, nell’aver contattato, tesserato e destinato ad allenatore giovanile il sig. [omissis], consentendogli di alloggiare nella foresteria a contatto con decine di minori nel 2016, ovvero subito dopo il suo arresto nel 2015 per reati attinenti ad abusi sessuali su minori e a seguito di una sua precedente condanna nel 2000 per pornografia minorile, come compiutamente argomentato nella decisione della Corte Federale.

Sui detti comportamenti omissivi e commissivi ascritti ai dirigenti della [omissis], e non su altre ipotetiche responsabilità con valenza asseritamente scriminante, sono stati chiamati a decidere sia il Tribunale che la Corte Federale.

Né nel corso delle indagini, né nel corso del giudizio di primo e di secondo grado sono state allegate e tanto meno dimostrate responsabilità di altri soggetti, tesserati o funzionari degli uffici centrali della Federazione Italiana Pallacanestro, per i fatti contestati, rispetto ai quali la Corte Federale o il Tribunale abbiano omesso di decidere o di motivare, con conseguente inammissibilità del motivo di gravame.

2.1  Il motivo è comunque anche infondato.

Come accertato dalla Corte Federale, sulla base di plurimi riscontri e con apprezzamenti in fatto non sindacabili in questa sede, gli odierni ricorrenti sono stati sanzionati, da un lato, per essere stati a conoscenza delle vicende penali per pedofilia del [omissis] ben prima del suo arresto il 30 gennaio 2023 e, ciò nonostante, per non aver adottato alcuna cautela onde evitare che il [omissis] continuasse a commettere reati della stessa indole, consentendo che alloggiasse nella foresteria a diretto contatto con numerosi minori e, dall’altro, per aver tentato di mettere a tacere e tenere nascosti i precedenti dell'allenatore, sensibilizzando il minore [omissis], prima della sua deposizione alle forze dell’ordine, in merito al danno di immagine che avrebbe riportato la società ove i nuovi fatti contestati all’allenatore fossero stati confermati.

La Corte Federale ha, infatti, dato atto che, dalle dichiarazioni dei deferiti dott. [omissis] e sig. [omissis], rilasciate nell'ambito del procedimento disciplinare a carico del sig. [omissis], e particolarmente attendibili proprio perché attinenti anche ad una loro personale responsabilità, è emerso che tutti, all'interno del Gruppo [omissis], fossero a conoscenza dei precedenti del sig. [omissis]. Al riguardo, vista la gravità dei reati per i quali lo stesso era stato condannato in primo grado, appare irrilevante che la definitività della sentenza sia intervenuta solo nel 2022 per giustificare l’omessa adozione delle più basilari precauzioni per evitare contatti intimi tra l’allenatore e gli atleti minorenni, consentendogli di alloggiare nella foresteria.

Né sembra decisiva la circostanza che il [omissis] fosse allenatore anche del figlio degli odierni ricorrenti - a dimostrazione della loro pretesa inconsapevolezza delle sue inclinazioni - atteso che è emerso che gli abusi sessuali sono stati perpetrati dallo stesso nei confronti di atleti stranieri che, in quanto fuori sede, alloggiavano nella foresteria e non potevano contare sul controllo e sulla vigilanza delle rispettive famiglie, che altrimenti si sarebbero con ogni probabilità accorte del loro disagio fisico e psichico.

In tale quadro, non può trovare condivisione l’argomento dei ricorrenti che tentano di sminuire le loro responsabilità, invocando un preteso affidamento riposto nelle verifiche che, secondo loro, avrebbe dovuto svolgere la Federazione nel rinnovare di anno in anno il tesseramento del [omissis].

  1. Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la ricostruzione fattuale dell’accaduto assumendo che l’Organo Giudicante avrebbe trascurato fatti certamente rilevanti, appiattendosi sulle argomentazioni e conclusioni della Procura Federale.

Anche tale motivo è inammissibile, oltre che infondato.

La doglianza, infatti, sembra palesemente volta a sindacare gli elementi istruttori acquisiti nella fase di merito e ad ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dai Giudici federali di primo e di secondo grado, che, con la decisione impugnata, hanno ritenuto i ricorrenti responsabili degli addebiti contestati in quanto considerati pienamente consapevoli, all’epoca dei fatti, dei precedenti penali del sig. [omissis].

Come noto, una nuova valutazione nel merito degli elementi probatori esula dai limiti del sindacato giurisdizionale proprio del Collegio di Garanzia dello Sport, come delineati dal citato art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva.

Come è stato rilevato più volte dalle Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia, «nel momento in cui viene impugnato un provvedimento dell’organo di giustizia endofederale di secondo grado, il rimedio proposto dal legislatore sportivo si sostanzia nel ricorso al cosiddetto giudizio di legittimità… nella cui sede è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito. Il giudizio di legittimità è, dunque, preordinato all’annullamento delle pronunce che risultano viziate da violazioni di norme giuridiche ovvero da omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ovvero alla risoluzione di questioni di giurisdizione o di competenza, ognuna di esse specificatamente censurata» (C.G.S., Sezioni Unite, decisione n. 93/2017).

La norma, pertanto, «limita la cognizione del Collegio di Garanzia ai soli profili di legittimità, oltre che di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti, rimanendo precluse indagini e valutazioni tendenti a una rivalutazione dei fatti quali accertati in sede endofederale» (C.G.S., Sezioni Unite, decisione n. 57/2023).

In particolare, secondo tale principio e in aderenza all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, la rivalutazione delle risultanze istruttorie rientra esclusivamente nelle prerogative del giudice di merito; così come esula dalle funzioni e competenze del Collegio di Garanzia l’esame di censure finalizzate a mettere in rilievo «la debolezza di alcune prove rilevanti nella impugnata decisione» (Collegio di Garanzia, sez. I, 3 maggio 2019, n. 31).

3.1  Il motivo è comunque destituito di fondamento.

I ricorrenti arrivano persino ad affermare, in ordine alla testimonianza del giovane atleta [omissis], che lo stesso “poteva avere mille motivi per mentire, anche perché escluso dalle formazioni della [omissis] e rientrato forzatamente in patria”.

Invero, la Corte Federale ha compiutamente ricostruito il quadro accusatorio ricordando come il predetto minore avesse inizialmente negato, in Questura, di aver subito alcun tipo di molestia da parte del suo allenatore, a seguito delle pressioni subite sia dal [omissis], sia dalla di lui moglie in ordine necessità di tutelare la reputazione del club sportivo.

È stato solo dopo il rientro nel suo paese, allorché la madre del [omissis] ha scoperto il suo diario nel quale erano descritte le violenze sessuali subite, che il minore ha avuto il coraggio di raccontare la verità alla polizia locale e successivamente a quella italiana.

La genuinità del racconto accidentalmente scoperto in un diario personale smentisce radicalmente l’insinuazione che il minore possa aver mentito perché escluso dalla squadra. Tale circostanza è poi palesemente contraddetta da quanto ricostruito nella sentenza impugnata: “il [omissis], contattato telefonicamente dal padre di [omissis], che gli rappresentava che il figlio non sarebbe più tornato in Italia, aveva detto al papà di [omissis] che [omissis] sarebbe stato licenziato. Il giorno seguente il [omissis] chiamava telefonicamente il giovane [omissis] ricordandogli che sarebbe dovuto tornare in Italia e non sarebbe potuto venire meno a quanto stabilito nel suo contratto. Tentava inoltre di farlo desistere dal proposito di andare a parlare del [omissis] alla polizia asserendo che ne sarebbe derivata una lunga guerra che lo avrebbe visto sconfitto. Gli rappresentava inoltre che se avesse voluto svincolarsi dal rapporto con la [omissis], la risoluzione del contratto prima della scadenza avrebbe comportato per la sua famiglia il pagamento di una penale di 150.000 euro”.

Quindi, lungi dall’essere stato escluso dalla [omissis], il [omissis] era stato al contrario formalmente invitato ad adempiere al proprio contratto, pena il pagamento di un’elevata penale per lo svincolo.

Quanto alla doglianza attinente all’entità della sanzione inflitta “così pesante da essere fuori della normale giurisprudenza federale”, accompagnata dalla richiesta che “possa essere ridotta in modo sensibile e autorevole”, va rammentato che questo Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo quando la stessa sia stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza. Non è invece consentito al Collegio di valutare la doglianza sulla quantificazione della sanzione, là dove adottata in aderenza ai suddetti presupposti (così, ad esempio, Sezioni Unite, decisione n. 71/2019, e Sez. II, decisione n. 74/2022, nonché, Sez. I, decisione n. 102/2021, che ha anche evidenziato che «l’apprezzamento favorevole per l’incolpato di una circostanza di fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce esplicazione di un’attività discrezionale del giudice di merito, come tale non censurabile innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport allo scopo di farne scaturire una diversa valutazione in termini di disvalore»).

Al riguardo, i Giudici federali di merito hanno esaurientemente motivato in ordine alla gravità dei comportamenti omissivi e commissivi degli odierni ricorrenti, da un lato, per non aver tempestivamente allontanato l’allenatore e per non averlo posto in condizione di non nuocere ulteriormente e, dall’altro, per aver tentato con ogni mezzo di mettere a tacere le voci circolanti sugli abusi perpetrati dal [omissis], sia esercitando pressioni psicologiche sul [omissis], sia interrompendo ogni rapporto lavorativo con lo staff degli psicologici che avevano raccolto le confidenze dei due minori, riferendole alle forze dell’ordine.

  1. Con il terzo motivo, i ricorrenti hanno censurato l’omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine all’indicazione e produzione dei verbali degli psicologi e dell’atleta [omissis], assumendo che l’ordinanza di custodia cautelare trasmessa dalla Procura della Repubblica di [omissis] ed acquisita per il tramite della Procura Generale dello Sport, relativa ai reati contestati al sig. [omissis], conterrebbe una semplice sommaria sintesi riassuntiva di alcuni contenuti, tra i quali, principalmente, le dichiarazioni del dott. [omissis], che avrebbe un contezioso in corso con gli odierni i ricorrenti.

La censura, oltre che inammissibile per le medesime ragioni evidenziate in relazione al secondo motivo, è comunque infondata.

Innanzitutto, va chiarito che il materiale probatorio non si esaurisce nella deposizione del dott. [omissis], ma concerne anche le dichiarazioni rese dallo staff degli psicologici della [omissis], dai fisioterapisti operanti presso la struttura, dai custodi della struttura medesima e dagli atleti [omissis] e [omissis], entrambi minorenni all’epoca dei fatti.

In particolare, la Corte Federale ha compiutamente motivato sottolineando che “particolare rilievo assumono le dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria in data 30 agosto 2021 dal Dottor [omissis], referente dell'equipe degli psicologi sino all'interruzione del rapporto, al termine del 2020, a seguito delle dimissioni rassegnate dallo stesso in ragione della intollerabilità del comportamento tenuto dal [omissis] nella vicenda in questione. Il [omissis] raccontava di essere a conoscenza del fatto che nel novembre 2020 il [omissis] era stato sentito dalla polizia e questa circostanza gli era stata riferita dal [omissis] il quale, verso fine novembre inizio di dicembre del 2020, lo aveva convocato insieme alla dottoressa [omissis] per rappresentargli come il ragazzo fosse stato ascoltato in merito a presunti abusi di natura sessuale realizzati ai suoi danni da parte del [omissis]. Tale circostanza evidenzia la conoscenza da parte del [omissis] del contenuto dell'interrogatorio sostenuto dal [omissis]. Il giorno successivo il [omissis] avrebbe detto allo psicologo che non era necessario approfondire la questione del [omissis] con il ragazzo durante le sedute di psicoterapia. Nel dicembre del 2020 il [omissis] rappresentava invece a [omissis] la necessità di approfondire la vicenda ma, con fermezza, il [omissis] manifestava il suo intento di mettervi un punto fermo affermando «Adesso basta con questa storia, [omissis] ha detto che non è successo nulla»".

La Corte Federale dà ulteriormente atto che la [omissis] aveva interrotto la collaborazione professionale con le due psicologhe dottoressa [omissis] e dottoressa [omissis] “per decisione assunta dalla Dirigenza per motivazioni riservate” in epoca di poco successiva al momento in cui le stesse si erano presentate spontaneamente presso la questura di [omissis] per rendere sommarie informazioni su quanto avevano loro confidato i due minori [omissis] e [omissis].

Anche tale motivo va quindi respinto.

  1. Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 25 bis DPR n. 313/2014 in relazione alla contestazione, alla sig.ra [omissis], di aver omesso la richiesta di certificato del casellario giudiziale del sig. [omissis], in quanto la disposizione non sarebbe applicabile alle società dilettantistiche.

Il motivo è infondato.

Ai sensi dell'art. 25 bis del D. Lgs n. 39/2014, "l. Il certificato del casellario giudiziale di cui all'articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l'esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l'irrogazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”.

Il presupposto dell'obbligo imposto dalla norma di legge non è lo svolgimento di attività sportiva professionistica, ma l’impiego del soggetto in attività a contatto con i minori, siano esse professionali o volontarie.

Il fatto che dal casellario non sarebbe risultata alcuna annotazione, in quanto la condanna del 2000 è stata emessa all’esito di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. e quella del 2015 è divenuta definitiva solo nel 2002, non assume alcuna rilevanza, trattandosi di una considerazione fatta ex post, non potendo, cioè, la [omissis] sapere cosa contenesse il certificato penale, che non ha mai richiesto.

Invero, si tratta di un obbligo di legge che prescinde da una specifica disposizione dei Regolamenti sportivi, da cui consegue che l'omissione in questione integra la violazione dei doveri di correttezza di cui agli artt. 2 e 44 RG, per la violazione dei quali la sig.ra [omissis] è stata sanzionata.

  1. Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono la violazione di norme di diritto in ordine all’asserita applicazione delle aggravanti, contemplate solo per gli illeciti di frode sportiva ed illecito sportivo, non contestati nella fattispecie.

Il motivo è inammissibile in quanto la censura è stata già accolta dalla Corte Federale con conseguente rideterminazione della sanzione nei confronti del sig. [omissis].

L'aggravante in questione era stata, infatti, applicata al solo [omissis] dal Tribunale Federale, ma, in parziale accoglimento del gravame, è stata esclusa dalla Corte Federale, affermando che "Infine, con riferimento alla quantificazione delle sanzioni, in parziale accoglimento del reclamo proposto dal Signor [omissis], la Corte ha ritenuto la non applicabilità dell'aggravante relativa al danno d'immagine del movimento cestistico nazionale, non riferibile al caso di specie in quanto espressamente prevista soltanto nelle ipotesi di atti di frode sportiva di cui all'art. 59 R.G. e atti di illecito sportivo, di cui all'art. 60 R.G., non contestati al reclamante".

Conseguentemente, al sig. [omissis], in riforma della decisione di prime cure, la sanzione di 4 anni di inibizione è stata ridotta a 3 anni.

Alla sig.ra [omissis], invece, non risulta essere stata applicata tale aggravante.

  1. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente conferma della impugnata decisione della Corte Federale di Appello.
  2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione

 

Dichiara inammissibile l’intervento del dott. [omissis]. Rigetta il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in 1.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIP.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.


Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 25 luglio 2024.

Il Presidente                                                                                    Il Relatore

F.to Dante D’Alessio                                                              F.to Wally Ferrante

Depositato in Roma, in data 28 novembre 2024.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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