CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 62/2024 – OMISSIS / Procura Federale FISI
Decisione n. 62
Anno 2024
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente
Angelo Maietta - Relatore
Virgilio D’Antonio
Marcello de Luca Tamajo
Enzo Paolini - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 37/2024, presentato, in data 5 luglio 2024, dal sig. [omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Iudica,
contro
la Procura Federale FISI, non costituitasi in giudizio,
avverso
la decisione n. 007/2024, resa dalla Corte Federale d’Appello FISI, in funzione di Corte Sportiva d’Appello, nel procedimento disciplinare n. 257/2024, notificata al ricorrente, completa di motivazioni, in data 13 giugno 2024, che, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale avverso la decisione n. 006/2024 del Giudice Sportivo Nazionale, depositata in data 8 maggio 2024 e pubblicata in pari data, ai sensi degli artt. 13 e 14 R.G.S. (con la quale, ritenute provate le violazioni, da parte del sig. [omissis], degli artt. 6.1, lett. a), d), f), del Regolamento Squadre Nazionale e degli artt. 223.1.1 e 223.1.2. del Regolamento Tecnico Federale Sci Alpino, è stata comminata, in capo al medesimo sig. [omissis], “la sanzione dell’ammonizione ad osservare in futuro le norme e le regole di condotta violate, con diffida a non reiterare infrazione commessa”), ha riformato la decisione del Giudice di prime cure e, confermata la responsabilità del sig. [omissis] in ordine alle suddette violazioni, nonché ritenuta la sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 58, punto 1, lett. a) e b,) R.G.S. FISI, ha irrogato, nei confronti dell’odierno ricorrente, la sanzione disciplinare della sospensione dell’attività, con ritiro temporaneo della tessera, ex art. 55, punto c), lett. d), e 56, co. 1, lett. h), R.G.S. FISI, per la durata di 9 mesi.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalla parte ricorrente;
uditi, nell’udienza dell’8 novembre 2024, il difensore della parte ricorrente - sig. [omissis] - avv. Fabio Iudica, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, dott. Alfredo Briatico Vangosa, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Angelo Maietta.
Ritenuto in fatto
- Con ricorso del 5 luglio 2024, il sig. [omissis] ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere l’annullamento della decisione n. 007/2024, resa dalla Corte Federale d’Appello FISI, in funzione di Corte Sportiva d’Appello, nel procedimento disciplinare n. 257/2024, notificata al ricorrente, completa di motivazioni, in data 13 giugno 2024, che, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura Federale avverso la decisione n. 006/2024 del Giudice Sportivo Nazionale, depositata in data 8 maggio 2024 e pubblicata in pari data, ai sensi degli artt. 13 e 14 R.G.S. (con la quale, ritenute provate le violazioni, da parte del sig. [omissis], degli artt. 6.1, lett. a), d), f), del Regolamento Squadre Nazionale e degli artt. 223.1.1 e 223.1.2. del Regolamento Tecnico Federale Sci Alpino, è stata comminata, in capo al medesimo sig. [omissis], “la sanzione dell'ammonizione ad osservare in futuro le norme e le regole di condotta violate, con diffida a non reiterare l'infrazione commessa”), ha riformato la decisione del Giudice di prime cure e, confermata la responsabilità del sig. [omissis] in ordine alle suddette violazioni, nonché ritenuta la sussistenza delle circostanze aggravanti, di cui all'art. 58, punto 1, lett. a) e b), R.G.S. FISI, ha irrogato, nei confronti dell'odierno ricorrente, la sanzione disciplinare della sospensione dell'attività, con ritiro temporaneo della tessera, ex art. 55, punto c), lett. d), e 56, co. 1, lett. h), R.G.S. FISI, per la durata di 9 mesi.
1.1. Il procedimento disciplinare per cui è causa prende le mosse dalla segnalazione della Segreteria Generale FISI ove si evidenziava che, in occasione della Competizione Internazionale FIS di Sci Alpino, specialità slalom gigante, denominata “Trofeo Funivie Campiglio”, tenutasi in data 11 e 12 aprile 2024 a Madonna di Campiglio (TN), l’odierno ricorrente, nella sua veste di ufficiale di gara (“referee”), avrebbe spostato, durante la seconda manche della gara, una porta del tracciato prima del passaggio dei due atleti ([omissis] e [omissis]) in testa alla competizione dopo la prima manche, così pregiudicandone la relativa prestazione, al punto tale che, benché la porta sia stata ricollocata nella sua originaria posizione immediatamente dopo il passaggio del secondo dei due predetti sciatori, la gara non è stata ritenuta valida ai fini dell’assegnazione di punti FIS.
1.2. Instaurato il procedimento innanzi al Giudice Sportivo, ed espletata la necessaria attività istruttoria, il Giudice di prime cure rilevava “che la condotta posta in essere dall’[omissis] è stata caratterizzata da una particolare forma di imperizia ed imprudenza tale da condizionare la gara di che trattasi sia in termini di danni occorsi agli atleti [omissis] e [omissis] che in termini di invalidamento della competizione medesima”. Su tali presupposti, pur riconoscendo che “nel caso di specie potrebbe non trattarsi di condotta antisportiva commessa con l’intenzione di ledere altri competitori, ma di un’azione che viene posta in essere in maniera usuale dagli arbitri di gara per ovviare alle pessime condizioni della neve in presenza di temperature elevate”, il Giudice a quo ha però sostenuto che “è pur vero che lo spostamento così ampio e intempestivo di una porta del tracciato rappresenterebbe un errore a cui lo stesso [omissis] ha tentato invano di rimediare”. In conseguenza di ciò, il Giudice – affermando che, diversamente dalle argomentazioni difensive dell’incolpato, “il Regolamento di Giustizia FISI in alcuna disposizione differenzia l’imputazione di responsabilità per dolo o colpa, né limita l’applicazione di determinate norme alla sola dimostrazione della intenzione nell’agire” – ha ricondotto la responsabilità addebitabile al sig. [omissis] nell’ambito della violazione soltanto colposa dell’art. 6.1, lettere a), d), f), del Regolamento Squadre Nazionali e degli artt. 223.1 e 223.1.2 del Regolamento Tecnico Federale Sci Alpino. In tal senso, tenuto conto degli artt. 55 e 56 Reg. Giustizia, nonché – quanto alle circostanze attenuanti – dell’art. 60 Reg. Giustizia, il Giudice di prima istanza ha quindi deciso di irrogare all’incolpato la sanzione dell’ammonizione con diffida a non reiterare l’infrazione commessa.
1.3. Avverso tale decisione, promuoveva reclamo la Procura Federale della FISI.
La Corte Federale d’Appello FISI, in funzione di Corte Sportiva d’Appello, con la decisione gravata in questa sede, accoglieva parzialmente il gravame, determinandosi per la sospensione dell’incolpato per un complessivo periodo di 9 mesi, fondandone la relativa responsabilità ai sensi dell’art. 6.1 lett. a), d), f), del Regolamento Squadre Nazionale, degli articoli 223.1.1 e 223.1.2 del Regolamento Federale Sci Alpino, nonché dell’art. 58, punto 1, lett. a) e b), del Regolamento di Giustizia FISI.
Così motivava il Giudice d’appello: “I fatti ascritti al tesserato sono stati evidenziati, e non sono oggetto di alcuna contestazione. II sig. [omissis] ha sempre ammesso la propria responsabilità, e i fatti non sono stati contestati, neppure in sede di appello, e, pertanto, deve essere ritenuta pacifica la sua responsabilità disciplinare. Occorre, quindi, valutarli, e in particolare ricordare i seguenti passaggi. Nel corso di una gara di Slalom Gigante, il sig. [omissis] ha proceduto a spostare una porta. Lo spostamento è stato realizzato durante il passaggio dei due atleti che erano in testa nella prima manche, e dopo il loro passaggio la porta veniva, sempre dal sig. [omissis], riposizionata. Si trattava di una gara internazionale, cui avevano partecipato oltre cento atleti. II tesserato [omissis] in quel momento si trovava sul tracciato in qualità di tecnico e di giudice di gara. II risultato di simile condotta è stato l’annullamento della gara e la mancata attribuzione di punti. Dalla valutazione dei fatti, risulta, allora, una condotta assai grave, realizzata da un soggetto particolarmente qualificato, tecnico federale e giudice di gara, che non poteva ignorare la illiceità dello spostamento e, soprattutto, le sue conseguenze, molto gravi, quali l’annullamento della gara e la non attribuzione di punteggio a oltre cento atleti. Ulteriormente da valutare è la internazionalità della gara, svoltasi nel paese organizzatore dei prossimi Giochi Olimpici Invernali, e quindi il richiamo e la attenzione globale derivanti dalla invalidazione di una gara, a causa dello spostamento di una porta da parte di un tecnico, nel corso del suo svolgimento. Episodio veramente inopportuno e deprecabile. Conseguentemente, a seguito del reclamo della Procura, la precisa determinazione della sanzione da irrogare è rimessa all’apprezzamento di questa Corte, partendo dalla specifica gravità del fatto concretamente addebitato, e non contestato, che appare di tale entità che l’ammonizione risulta insufficiente alla tutela di quei valori e principi che i Regolamenti Federali e del CONI intendono perseguire, costituiti dalla fiducia e dalla considerazione di cui un atleta, una Società sportiva, un arbitro o un tecnico devono godere, nonché dal prestigio dell’ordinamento sportivo. Si tratta dei valori e dei principi di lealtà e probità sportiva, che rappresentano gli obblighi generali a cui tutti i tesserati sono assoggettati, questo al fine di garantire l’ordinario svolgimento dell’attività sportiva. E ciò vale sicuramente allorché si discute di condotte tenute da tecnici Federali, o Giudici arbitri, assoggettati ai canoni di lealtà e probità sportiva, a tutela degli interessi sistemici della Federazione. Si aggiunga, ancora, che ai sensi dell’art. 1 comma 2 dei "Principi di Giustizia Sportiva" (approvati con delibera del Consiglio Nazionale C.O.N.I, n. 1616 del 26.10.2018) ”Gli Statuti e i regolamenti federali, in particolare, devono assicurare la corretta organizzazione e gestione delle attività sportive, il rispetto del fair play, la decisa opposizione a ogni forma di illecito sportivo, frode sportiva, all’uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale e alla corruzione”. Ergo, interesse giuridico centrale della “Giustizia Sportiva” è la “corretta organizzazione e gestione dell’attività sportiva" latamente intesa. A sua volta, l’art. 2 del Regolamento di Giustizia della FISI dispone che “i soggetti la cui attività sia rilevante per l’ordinamento federale osservano Io Statuto e i Regolamenti della Federazione Italiana Sport Invernali, i Principi di Giustizia Sportiva e il Codice". La illiceità della condotta del tesserato [omissis], sopra puntualmente richiamata, che ha agito in veste di tecnico, nonché di giudice di gara, o, indifferentemente, referee, e le conseguenze che ne sono scaturite, anche esse ben delineate, è, in conclusione, ravvisabile nella violazione dei doveri di lealtà e probità, immanenti all’ordinamento sportivo, e che deve guidare la condotta di tutti i soggetti coinvolti, tesserati e dirigenti, al di là della mancanza nel regolamento di giustizia FISI di una fattispecie riferibile a un illecito disciplinare tipico, come Io spostamento di una porta. Pertanto, la sanzione che deve essere applicata non può essere quella della ammonizione, correttamente considerata dalla Procura non effettiva e non afflittiva, e comunque inadatta rispetto alla condotta illecita contestata e alle sue conseguenze, si ribadisce anche tenuto conto del risalto internazionale dell’accaduto, nel Paese delle prossime Olimpiadi invernali. La sanzione che appare congrua è, invece, quella della sospensione dall’attività con ritiro della tessera, per i tecnici prevista dall’art. 55, C), lett. d) Reg, Giust. FISI. Va indagata, ora, la misura della sospensione, che secondo l’art, 56, lett. h), può giungere fino al massimo di un anno. Non sembra di poter pervenire alle conclusioni, sul punto, della Procura, poiché l’anno di durata appare eccessivo, essendo anche il massimo edittale previsto. Più giusta e equa appare una durata della sospensione per sei mesi. Simile periodo, deve però essere aumentato della metà, e quindi lino a nove mesi, in virtù della applicazione delle circostanze aggravanti previste dall’art. 58, lett. a) e b), Reg. Giust, FlSl, che prevalgono su quella attenuante ravvisata dal Giudice Sportivo Nazionale. E infatti, come illustrato, la condotta del tesserato [omissis] è stata posta in essere nell’esercizio di sue funzioni proprie, di tecnico e giudice, e, in ogni caso, ha senz’altro recato un danno alia organizzazione della gara, che è stata annullata con mancata attribuzione di punti agli oltre cento atleti partecipanti”.
- Il sig. [omissis] ha, pertanto, proposto ricorso al Collegio di Garanzia, affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto.
- “Violazione e/o falsa applicazione dei principi di lealtà e probità sportiva, nonché dell’art. 1, comma 2 Principi di Giustizia Sportiva CONI, dell’art. 2 Reg. Giustizia FISI, dell’art. 6.1 lett. a), d), f) Reg. Squadre Nazionali FISI, degli artt. 223.1.1 e 223.1.2 Reg. Tecnico Federale Sci Alpino FISI, con contestuale vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o illogica motivazione”.
Secondo la prospettazione del ricorrente, una contestazione disciplinare inerente all’inosservanza del generale canone di lealtà e probità sportiva presupporrebbe l’accertamento di una violazione di natura necessariamente intenzionale, non potendosi evidentemente rinvenire alcun disvalore di “slealtà” laddove il comportamento considerato sia stato realizzato dall’agente in termini meramente colposi. Così ragionando, dalla lettura delle motivazioni fondanti la Decisione impugnata emergerebbe chiaramente la totale assenza testuale di qualsivoglia riferimento alla valutazione del Giudice sull’intenzionalità che avrebbe dovuto sorreggere l’agire dell’incolpato (circostanza che rappresenta, di per sé sola, un chiaro ed insanabile vizio di omessa motivazione). La Corte Federale, dunque, avrebbe illegittimamente riqualificato autonomamente l’illecito contestato all’incolpato sussumendolo nella diversa violazione del principio di lealtà e probità, omettendo, inoltre, di accertare gli elementi costitutivi della fattispecie considerata (condotta intenzionale), travisandoli, in realtà, con elementi del tutto estranei alla medesima (eventuali mere aggravanti).
Un altro errore di diritto atterrebbe poi alla valutazione della condotta materiale realizzata dal sig. [omissis]: lo spostamento di una porta a competizione in corso – come, del resto, confermato dalla stessa controparte all’udienza di trattazione dell’appello del 4 giugno 2024 – non è, di per sé, un comportamento illecito, trattandosi invece di un’azione ammessa su un piano normativo (pur entro certo limiti di tolleranza) e abitualmente praticata dai soggetti che rivestono la medesima qualifica assunta dal sig. [omissis] nella competizione incriminata.
Da ultimo, si sottolinea la completa estraneità alla fattispecie dell’art. 223.1.2 del Reg. Tecnico Federale Sci Alpino richiamato nella Decisione impugnata e parimenti considerato dalla Corte d’Appello – in maniera del tutto indebita – ai fini dell’accertamento di responsabilità compiuto in danno del sig. [omissis], atteso che detta norma attiene al “tentativo di commettere”, ovvero al “causare o facilitare altri a commettere una violazione”, ovvero ancora al “consigliare altri a commettere una violazione”.
- “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 58, punto 1, lett. a) e b) Reg. Giustizia FISI, dell’art. 49.4 Reg. Giustizia FISI, nonché dei Principi del Giusto Processo di cui all’art. 111 Cost.”.
A detta del ricorrente, il riconoscimento e la conseguente applicazione delle circostanze aggravanti, operato dalla Corte di Appello, sarebbe illegittima per i seguenti motivi: i) la Corte avrebbe proceduto d’ufficio all’addebito delle richiamate aggravanti, ossia senza che le stesse venissero mai contestate all’incolpato dalla Procura Federale, così violando tanto l’art. 49.4 Reg. di Giustizia FISI – che impone alla Procura Federale di esplicitare, già nell’atto di deferimento, tutti gli addebiti mossi all’incolpato, richiamando tutte le norme (comprese quelle attinenti alle eventuali aggravanti) sulle quali si fonda l’incolpazione stessa – quanto i principi generali di cui all’art. 111 della Costituzione; ii) l’aggravante applicata sarebbe del tutto inconferente, atteso che la disposizione individuata dalla Corte concerne l’“aver commesso il fatto con abuso di potere o violazione di doveri derivanti o conseguenti dall’esercizio di funzioni proprie del colpevole” (art. 58, punto 1, lett. a), e l’“aver indotto altri a violare le norme e le disposizioni federali di qualsiasi genere ovvero a arrecare danni all’organizzazione” (art. 58, punto 1, lett. b).
Ha concluso il ricorrente chiedendo al Collegio di Garanzia:
“[…] in via principale, in accoglimento del primo e/o del secondo motivo di impugnazione proposto dall’incolpato, annullare la Decisione impugnata e, per l’effetto, eventualmente anche ai sensi dell’art. 62, comma 1, ultima parte del CGS CONI (in relazione al quale il signor [omissis]i fa espressa istanza a Codesto Collegio di procedere nel merito tenuto conto di tutti gli atti di causa inerenti anche ai precedenti gradi di giudizio), confermare la Decisione n. 06/2024 resa in primo grado dal Giudice Sportivo in data 8 maggio 2024; in subordine, in accoglimento del primo e/o del secondo motivo di impugnazione proposto dall’incolpato, annullare la Decisione impugnata e, per l’effetto, eventualmente anche ai sensi dell’art. 62, comma 1, ultima parte del CGS CONI (in relazione al quale il signor [omissis] fa espressa istanza a Codesto Collegio di procedere nel merito tenuto conto di tutti gli atti di causa inerenti anche ai precedenti gradi di giudizio), rideterminare al ribasso la sanzione da irrogare al ricorrente contenendola nella misura minima ritenuta di giustizia; in ulteriore subordine, in accoglimento del primo e/o del secondo motivo di impugnazione proposto dall’incolpato, annullare la Decisione impugnata e, per l’effetto, rinviare la causa alla Corte Federale d’Appello FISI in funzione di Corte Sportiva d’Appello, affinché – in diversa composizione – rinnovi il giudizio di secondo grado attenendosi ai principi di diritto che Codesto Collegio di Garanzia dello Sport vorrà enunciare […]”
2.1. Per resistere al ricorso nessuno si è ritualmente costituito. All’udienza dell’8 novembre 2024, parte ricorrente ha insistito nell’accoglimento delle citate conclusioni; la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato e merita accoglimento in considerazione della violazione di legge operata dalla Corte di secondo grado in riferimento all’art. 1, comma 2, dei Principi di Giustizia Sportiva del CONI ed ai conseguenti obblighi di lealtà, probità e correttezza.
Soccorre sul punto il Parere n. 5/2017 del Collegio di Garanzia, il quale, sia pure nell’ambito di un ragionamento più ampio, ha chiarito che “in ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si ricava agevolmente dalla lettura di un dato normativo che, ripetutamente, si richiama a principi etici di rilevanza giuridica e morale [...]. È noto che il Codice di Comportamento sportivo [ma ovviamente lo stesso discorso vale a maggior ragione per il Codice di Giustizia Sportiva] è considerato come l’atto attraverso il quale i principi etici acquistano uno specifico rilievo giuridico nel mondo sportivo. In quest’ottica, [...] al principio di lealtà sportiva poteva e può assegnarsi la natura di principio, oltre che prettamente etico, anche giuridico. Siffatta premessa deve ritenersi [...], di particolare importanza. La difficoltà di offrire una definizione esaustiva dei doveri di lealtà, correttezza, probità non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico. La dottrina civilistica non manca, in proposito, di osservare come la clausola generale, nell'ambito normativo in cui si inserisce introduca un criterio ulteriore di rilevanza giuridica, a stregua del quale il giudice seleziona certi fatti o comportamenti per confrontarli con un determinato parametro e trarre dall'esito del confronto certe conseguenze giuridiche. Vero è che la struttura tipica delle clausole generali è quella di norme incomplete che non hanno una propria autonoma fattispecie essendo destinate a concretizzarsi nell'ambito dei programmi normativi di altre disposizioni”.
Ed il principio da applicare – prosegue ancora il parere n. 5/2017 del Collegio di Garanzia – è allora che “l’assimilabilità concettuale della lealtà ai principi generali di correttezza e buona fede (Galgano) induce a ritenere che essa debba considerarsi clausola di chiusura del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. Questo discorso trova [...] fecondo terreno di applicazione nell’ordinamento sportivo. Non diversamente da quanto accade per l’ordinamento statale – dove il richiamo ai doveri inderogabili di lealtà, correttezza e integrità acquista una caratteristica connotazione giuridica, che affiora proprio dalla necessità di porre limiti a situazioni giuridiche soggettive, alla luce dei valori costituzionali che ispirano l’ordinamento – nel caso dell’ordinamento sportivo, gli obblighi di lealtà, correttezza, non violenza, non discriminazione, appaiono interpretare l’essenza stessa dell’ordinamento, al punto che la loro violazione si traduce nella negazione stessa dei fini cui è rivolta l’attività sportiva”. Dunque, “espressioni come buona fede, correttezza, lealtà appaiono [sì] generiche e vaghe da rischiare di smarrire qualsiasi risvolto pratico, al punto da renderne difficile definire i confini di applicazione. E, tuttavia, la intrinseca flessibilità di questi concetti rinvia alle regole morali e di costume generalmente accettate e, più in generale, ad un affidamento sulla correttezza della condotta che non può non rilevare anche in ambito sportivo. Qui il rispetto degli obblighi di lealtà e correttezza – pur con quei limiti di definizione di cui si diceva – si fa più intenso, proprio in considerazione della peculiarità dell’ordinamento sportivo. L’attenzione a siffatti principi, lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco, non solo investe il corretto esercizio di una posizione soggettiva, ma può estendersi anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, ove siffatta condotta (pur in astratto lecita) implichi – per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito – una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva. Quella di lealtà sportiva opera, in altri termini, quale vera e propria clausola generale, a prescindere dalle peculiarità delle singole pratiche sportive e dal concreto atteggiarsi delle regole tecniche in ciascuno sport operanti. La lealtà sportiva si sostanzia così, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un criterio di valutazione della legittimità del comportamento. E non a caso la giurisprudenza statale ha espressamente affermato che la responsabilità nello sport si configura allorquando vengono superati i limiti della lealtà. Ovviamente, la valutazione della condotta – come si diceva – non può che essere operata caso per caso, riconducendo a sistema i valori cui si ispira l’ordinamento sportivo, nonché guardando alla condotta, per dir così, “abusante””.
Così ragionando, ogni tesserato è portatore del dovere di concorrere a realizzare, nei limiti della propria funzione individuale, gli scopi e gli obiettivi propri dell’ordinamento di appartenenza: ciò equivale a dire che anche i tecnici, nel caso di specie operanti nell’ambito dell’ordinamento degli sport invernali, sono chiamati a fornire il proprio contributo al conseguimento dei fini propri di quella disciplina sportiva, ben condensati nella postulazione di una funzione sociale, educativa e culturale. Secondo tale metro comportamentale, non è pensabile che l’ordinamento federale possa tollerare l’indifferenza rispetto anche alle condotte atte a mettere in crisi o alterare tale sistema di valori. Si è, in sostanza, in presenza di comportamenti certamente esigibili secondo un parametro di cooperazione solidaristica all’affermazione dei valori recepiti da un ordinamento. L’esigibilità va, d’altronde, concretamente commisurata alle specifiche circostanze, tra le quali indubbiamente spicca la prossimità rispetto all’evento illecito temuto o attuato (in termini, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione IV, decisone n. 65/2022).
Come si evince dalla compiuta ricostruzione dei due gradi di giudizio, tuttavia, la Corte di Appello ha inteso limitare il proprio accertamento, in modo del tutto tranchant, all’apodittica affermazione di responsabilità dell’incolpato per violazione dei doveri di lealtà e probità sportiva su di lui gravanti dal combinato disposto delle norme di derivazione federale, della normativa CONI, nonché dei principi di carattere generale, senza tuttavia operare la necessaria valutazione del comportamento abusante. Dalla lettura delle motivazioni della Decisione impugnata non solo emerge chiaramente la totale assenza testuale di qualsivoglia riferimento alla valutazione del Giudice sull’intenzionalità che avrebbe dovuto sorreggere l’agire dell’incolpato, ma si evince, addirittura, come – nel decidere – la Corte d’Appello si sia totalmente disinteressata di questo aspetto, ancorando il disvalore oggetto del procedimento (ossia la gravità del comportamento ascrivibile all’odierno ricorrente) unicamente alle conseguenze dannose derivate dalla sua condotta (annullamento della gara e mancata assegnazione di punti ai concorrenti), alla rilevanza internazionale della competizione, in cui la stessa è stata realizzata, nonché al ruolo “qualificato” ricoperto dall’incolpato in occasione di detta gara. È evidente che il travisamento di un tale elemento normativo in sede di scrutinio della responsabilità disciplinare di un incolpato assume una rilevanza notevolmente significativa posto che muta sensibilmente la valutazione di gravità di un fatto se l’irregolarità si sostanzia nella realizzazione di una condotta vietata tout court oppure si limita alle errate modalità di esecuzione di una condotta di per sé lecita.
La Corte d’Appello ha, dunque, ignorato ogni sindacato sugli elementi costitutivi dell’illecito, sostituendo ad essi – ai fini dell’accertamento stesso della responsabilità disciplinare – la dirimente valutazione di elementi in realtà del tutto estranei alla struttura della fattispecie considerata e idonei a rilevare solamente come eventuali aggravanti.
Diversamente, il Giudice di prime cure ha fatto buon governo dei citati principi generali, segnalando, a ragione, che lo spostamento di una porta a competizione in corso – come, del resto, confermato dalla stessa Procura Federale reclamante all’udienza di trattazione dell’appello – non è, di per sé, un comportamento illecito, trattandosi invece di un’azione ammessa su un piano normativo (pur entro certo limiti di tolleranza) e abitualmente praticata dai soggetti che rivestono la medesima qualifica assunta dal sig. [omissis] nella competizione incriminata: “l’esistenza di un errore commesso dall’[omissis] viene avvalorata anche dalle testimonianze acquisite i giorni 6 e 7 maggio. Difatti, il dato fattuale, comun denominatore delle sommarie informazioni fornite da [omissis] [omissis], [omissis] e [omissis], è quello per cui, seppur nel caso di specie potrebbe non trattarsi di condotta antisportiva commessa con 1’ intenzione di ledere altri competitori, ma di un’azione che viene posta in essere in maniera usuale dagli arbitri di gara per ovviare alle pessime condizioni della neve in presenza di temperature elevate, è pur vero che lo spostamento così ampio e intempestivo di una porta del tracciato rappresenterebbe un errore a cui lo stesso [omissis] ha tentato invano di rimediare. D’altro canto, occorre dare atto altresì che dalle testimonianze fornite emerge con tutta evidenza che [omissis]i non ha in alcun modo favorito i suoi atleti in competizione visto il posizionamento inferiore dei medesimi rispetto ai primi tre classificati. Ciò convalida, pertanto, la tesi avanzata nella memoria da [omissis] medesimo per cui l’azione dallo stesso commessa non è stata scientemente indotta da intenzioni antisportive”.
Conclusivamente, constatata la violazione di legge posta in essere dalla Corte di Appello, la decisione impugnata merita di esser annullata senza rinvio con il conseguente effetto della reviviscenza della sentenza di primo grado (Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 21 aprile 2018, n. 21).
Non v’è luogo per la rifusione delle spese del presente giudizio in considerazione della contumacia della Federazione Italiana Sport Invernali.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la decisione della Corte Federale d’Appello FISI, in funzione di Corte Sportiva d’Appello, e conferma la decisione del Giudice Sportivo Nazionale.
Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 8 novembre 2024.
Il Presidente Il Relatore
F.to Vito Branca F.to Angelo Maietta
Depositato in Roma, in data 18 dicembre 2024.
Il Segretario
F.to Alvio La Face