CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 58/2024 – OMISSIS / Federazione Italiana Pallavolo / Procura Federale della FIPAV / OMISSIS
Decisione n. 58
Anno 2024
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Mario Serio - Relatore
Wally Ferrante
Giovanni Iannini
Giuseppe Liotta - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 32/2024, presentato, in data 13 giugno 2024, dal dott. [omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Sivelli,
nei confronti
della Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Guarino,
della Procura Federale della FIPAV, non costituitasi in giudizio,
con notifica effettuata nei confronti
dei sigg. [omissis],
avverso
il provvedimento emesso dalla Corte Federale di Appello FIPAV, di cui al Comunicato Ufficiale n. 09 del 15 maggio 2024, con il quale, nel rigettare il reclamo proposto, tra gli altri, dal suddetto ricorrente, è stato confermato il provvedimento del Tribunale Federale della FIPAV, di cui al Comunicato Ufficiale n. 50 del 22 marzo 2024, che ha irrogato, a carico del dott. [omissis], la sanzione della sospensione da ogni attività federale per mesi 14.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nella udienza del 22 ottobre 2024, il difensore della parte ricorrente - dott. [omissis] - avv. Alessandro Sivelli; l’avv. Giancarlo Guarino, per la resistente FIPAV, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Aristide Police, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Mario Serio.
Ritenuto in fatto
- A seguito del deferimento promosso dalla Procura Federale della FIPAV, in data 15 gennaio 2024, il Tribunale Federale, con decisione pubblicata il successivo 22 marzo, giudicava [omissis], all'epoca dei fatti Presidente del Consiglio Territoriale (CT) FIPAV di [omissis], responsabile dei due addebiti contestatigli e gli infliggeva la sanzione della sospensione da ogni attività federale per 14 mesi. Le incolpazioni riguardavano, entrambe, la violazione, in concorso con gli altri Consiglieri, di una serie di norme (articoli 11, 16, 50, 51) dello Statuto Federale, del Regolamento di Amministrazione e Contabilità delle Strutture Territoriali (art. 27), del Codice Etico (artt. 2 e 5), del Reg. Giur. (artt. 1 e 74), con le aggravanti di cui alle lettere A e J dell'art. 102 di quest'ultimo Regolamento. La prima aveva ad oggetto l'espressione del voto favorevole, nel corso di più sedute del Consiglio, alla nomina di [omissis] e [omissis], Vice Presidente e Consigliere, alla carica di collaboratore retribuito, con riserva di determinazione del compenso allo stesso Presidente ed in dispregio del divieto che preclude l'affidamento di incarichi retribuiti rientranti nei doveri funzionali a componenti il medesimo organo deliberante, con decremento del patrimonio dell'ente. La seconda incolpazione, che trovava presupposto nella precedente, aveva ad oggetto la sottoscrizione di numerosi contratti onerosi di collaborazione, in esecuzione delle deliberazioni prima ricordate, con i già menzionati componenti il Consiglio.
- Il Tribunale, pur non escludendo l'astratta possibilità di conferimento a componenti il Consiglio di incarichi retribuiti, osservava, tuttavia, che essa cessa di fronte ad attività rientranti nel novero dei doveri istituzionali discendenti dalla carica. In concreto, le deliberazioni incriminate avevano il carattere della genericità quanto all'oggetto, prevenendo così qualsiasi controllo sull'inerenza o meno dell'incarico ai compiti consiliari. Tali indicazioni non potevano nemmeno trarsi dai contratti sottoscritti dall'incolpato, cui era stata lasciata completa libertà d'azione quanto alla determinazione dei compensi. Sostanzialmente, su questa base veniva affermata la responsabilità disciplinare dell'incolpato, nel cui complessivo comportamento veniva ravvisata la violazione dei generali obblighi di lealtà e correttezza incombenti su ogni tesserato, in misura ancor maggiore se titolare di cariche dirigenziali.
- Contro tale decisione, il signor [omissis] ha proposto impugnazione davanti alla Corte Federale d'Appello, sulla base di un triplice motivo riflettente, per quanto ancora di interesse, l'infondatezza delle contestazioni, l'insussistenza di responsabilità, l'eccessiva afflittività della sanzione.
- Con decisione pubblicata il 15 maggio 2024, il Giudice d'Appello, pronunciando sui reclami riuniti di tutti gli incolpati e su quello incidentale della Procura Federale, li rigettava, confermando la decisione di primo grado.
- La Corte d'Appello, nel valorizzare la rilevanza delle norme di condotta che impongono l'osservanza dei principi di correttezza, lealtà, probità, disseminati nelle varie disposizioni statutarie della cui violazione si tratta, ha osservato, in sintesi, che gli incarichi non avrebbero potuto essere svolti a titolo oneroso attenendo ad incombenze che avrebbero dovuto essere assolte nell'ambito dei doveri istituzionali, in quanto ricadenti nell'area delle “attività connesse all'organizzazione del Comitato stesso”. La sanzione inflitta in primo grado veniva poi giudicata congrua, considerata “la personalità dei reclamanti ed il ruolo di particolare responsabilità dagli stessi ricoperto all'interno della FIPAV”, nonché la risonanza dei loro comportamenti in ambito federale “con notevole danno all'immagine della FIPAV stessa e con grave disvalore ai fini dell'ordinamento federale”.
- Contro tale pronuncia, il signor [omissis] ha proposto ricorso davanti al Collegio di Garanzia per conseguirne l'annullamento sulla base di 4 motivi rispettivamente intitolati: a) all'omessa motivazione sull'individuazione dell'attività svolta dai Consiglieri, con conseguente indistinzione tra attività istituzionale ed extra istituzionale; b) alla nullità del provvedimento impugnato, per erronea interpretazione delle norme contestate; c) alla erronea applicazione del presupposto soggettivo della responsabilità del ricorrente; d) alla mancanza di motivazione sull'entità della sanzione.
- La FIPAV si è costituita con memoria, nella quale, eccepite inammissibilità ed infondatezza del ricorso, ne ha chiesto il rigetto.
- In esito all'udienza di discussione del 25 luglio 2024, il Collegio ha emesso ordinanza istruttoria, tendente ad una nutrita acquisizione documentale, tempestivamente adempiuta da ricorrente e resistente con rispettive note di deposito.
- Alla nuova udienza di discussione del 22 ottobre 2024, le parti costituite insistevano nelle rispettive richieste; la Procura Generale dello Sport presso il CONI concludeva per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
- I primi due motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente in considerazione della loro riconducibilità al tema fondamentale della responsabilità dell'incolpato, riguardata anche sotto il profilo della sua dubitata configurabilità in ragione della natura extra istituzionale degli incarichi che egli ha prima contribuito a conferire, concorrendo nella deliberazione collegiale, e poi ha esecutivamente perfezionato attraverso la sottoscrizione di contratti individuali, prevedenti un corrispettivo liberamente dallo stesso determinato.
- Entrambe le censure non colgono nel segno.
Esse, pur elegantemente sviluppate, ruotano attorno alla rilevanza, che alla Corte d'Appello rimproverano di non aver posto in risalto, della distinzione tra incarichi vietati, perché relativi ad attività già rientranti nella sfera di attribuzioni dei Consiglieri, ed incarichi leciti per la ragione opposta: differenza che, in un obiter dictum, il Tribunale Federale aveva inserito mediante un'affermazione di natura astratta e non riversata nella propria decisione - confermata in appello
- di affermazione di responsabilità.
Ed invero, la chiave della colpa attribuita al ricorrente risiede piuttosto, come concordemente affermato nelle decisioni di entrambi i gradi di merito, nella motivatamente dichiarata violazione dei fondamentali doveri di probità, lealtà, correttezza nello svolgimento dell'attività federale, in particolar modo quando posta in essere ad un livello apicale territoriale.
È agevole, infatti, rilevare il tratto comune della contrarietà a tali basilari valori nella condotta del ricorrente nella duplice qualità, esattamente posta a fondamento della doppia incolpazione, di Presidente dell'organo collegiale deliberante e di contraente con i Consiglieri incaricati. In entrambe le vesti, il ricorrente ha prima contribuito all'approvazione delle contestate delibere e successivamente ha stipulato negozialmente incarichi ad appartenenti al Consiglio e addirittura anche in favore della Vice Presidente.
Incarichi, in primo luogo, contrassegnati da una inammissibile opacità per indeterminatezza dell'oggetto dichiarato (attività di collaborazione): ciò che, contrariamente alla prospettazione del ricorso, impedisce - anche a voler accedere alla tesi dell'utilità della distinzione tra incarichi istituzionali e non - di controllare l'intrinseca natura dei compiti affidati in via onerosa.
Proprio lo schermo frapposto alla conoscibilità esterna della natura dell'incarico e la sua irrisolta genericità costituiscono il concreto contenuto della violazione contestata.
Non vi è stata alcuna cura nel rendere edotta la comunità sportiva di riferimento delle ragioni degli incarichi, della loro effettiva utilità, dell'inconferibilità all'esterno anche attraverso un procedimento trasparente e pubblico, e, ciò che connota in maniera maggiormente negativa il comportamento, senza una previa determinazione collegiale della misura del compenso da attribuire, rimessa all'esclusiva volizione del Presidente (poi incolpato), che ha direttamente contrattato con i suoi colleghi incaricati.
Del resto, è sufficiente l'esame della documentazione acquisita a seguito dell'attività istruttoria disposta dal Collegio per percepire l'incalzante ed ininterrotta frequenza degli incarichi, nonché la consistenza economica non irrilevante del corrispettivo posto a carico dell'Ente.
Va aggiunto che nemmeno dalle singole condizioni contrattuali può affidabilmente dedursi, con l'analiticità che le esigenze di trasparenza imponevano, il concreto campo di esplicazione degli incarichi e, soprattutto, ancora una volta per seguire, in via di ipotesi, la suggestione difensiva, la loro assoluta - e rigorosamente percettibile - estraneità all'area dei doveri funzionali. Anzi, proprio l'evanescenza delle indicazioni forma un ulteriore elemento di disvalore nella diretta misura in cui opera da schermo al diffuso controllo di legalità richiesto dalla cospicua utilizzazione di fondi posti a disposizione del perseguimento dei fini propri della comunità.
In conclusione, risulta del tutto convincente e adeguatamente giustificata la decisione impugnata, non soltanto sul piano logico, ma anche su quello interpretativo delle norme federali richiamate nell'atto di incolpazione. Queste, infatti, come prima visto, sono state applicate nella loro retta prospettiva finalistica rivolta a precludere anche il semplice sospetto dell'approfittamento di particolari ruoli funzionali con scopi depauperativi del bene comune, con il rischio del suo distoglimento dalla sfera d'azione dei tesserati. Tale decisione è, peraltro, conforme a quella di primo grado se non per punti della motivazione che, come si è detto, non sono rilevanti.
- Anche il terzo motivo non può trovare accoglimento in quanto - come esattamente osservato dalla Corte d'Appello - incombeva, comunque, all'incolpato la verifica della legittimità delle prassi precedenti, in considerazione della particolare responsabilità derivante dalla carica presidenziale e delle significative ricadute economiche degli incarichi. Deve, in tal senso, essere confermata la piena coscienza e volontà, da parte dell'incolpato, delle condotte poste in essere.
- Né sorte migliore merita l'ultimo motivo, con cui, in sostanza, si censura l'entità della sanzione per difetto di motivazione. Ma, come già riportato nella parte narrativa, i Giudici d'appello hanno esattamente e sufficientemente posto in risalto il criterio della gravità della condotta, in diretta relazione alla levatura della carica, come fattori incidenti sulla dosimetria della sanzione. La relativa statuizione sfugge, pertanto, a qualsivoglia censura di palese illogicità.
- In conclusione, il ricorso va rigettato, con la conseguente applicazione del criterio della soccombenza, in omaggio al quale il ricorrente va condannato al pagamento delle spese procedimentali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Respinge il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in € 1.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIPAV.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 22 ottobre 2024.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Mario Serio
Depositato in Roma, in data 28 novembre 2024.
Il Segretario
F.to Alvio La Face