CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 5/2024 – OMISSIS / Federazione Italiana Giuoco Calcio

 

Decisione n. 5

Anno 2024


 

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE

 

 

composto da

Gabriella Palmieri - Presidente

Attilio Zimatore - Relatore

Vito Branca

Massimo Zaccheo

Dante D’Alessio - Componenti ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 82/2023, presentato, in data 5 ottobre 2023, dal dott. [Omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Davide Sangiorgio,

contro

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,

e

 

 

la Procura Federale della FIGC, non costituita in giudizio,

  

avverso

 

la decisione n. 0032/CFA-2023-2024 della Corte Federale di Appello della FIGC, Sezioni Unite, emessa in data 28 agosto 2023 e depositata in data 6 settembre 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 27907/336pf22-23/GC/gb e n. 0017/CFA/2023-2024, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - n. 0011/TFNSD-2023-2024 del 10 luglio 2023, depositata il 20 luglio 2023 (che aveva irrogato, nei confronti del dott. [Omissis], la sanzione dell’inibizione per la durata di 16 mesi e dell’ammenda per € 60.000,00 in relazione ai capi A e B, disponendo invece il proscioglimento del deferito in relazione al capo C), è stata riformata la decisione di primo grado e, per l'effetto, irrogata, nei confronti del dott. [Omissis], la sanzione dell’inibizione della durata di 10 mesi e la sanzione dell’ammenda di € 40.000,00.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 19 gennaio 2024, il difensore della parte ricorrente - dott. [Omissis] - avv. Davide Sangiorgio; l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Generale dello Sport, pref. Ugo Taucer, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. prof. Antonino Ilacqua, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. Attilio Zimatore.

Ritenuto in fatto

 

  1. Con ricorso depositato in data 5 ottobre 2023, il dott. [Omissis] ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport avverso la decisione n. 0032/CFA-2023-2024, emessa, in data 28 agosto 2023 e depositata in data 6 settembre 2023, dalla Corte Federale di Appello presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito FIGC), Sezioni Unite, con la quale gli è stata comminata la sanzione dell’inibizione della durata di 10 mesi e la sanzione dell’ammenda di Euro 40.000,00 per la violazione dell’art. 4, comma 1, CGS FIGC.
  2. Il procedimento, in esito al quale è stato emesso il provvedimento impugnato in questa sede, trae origine dall’atto di deferimento notificato, in data 19 maggio 2023, dalla Procura Federale presso la FIGC alla società [Omissis] (di seguito anche [Omissis] o “la società”) e ai relativi esponenti e amministratori, con il quale venivano contestate al dott. [Omissis], nella sua qualità di Presidente pro tempore di [Omissis], le seguenti violazioni dell’art. 4 C.G.S. FIGC: «A) della violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., per avere violato i principi di lealtà, correttezza e probità riferibili ad ogni atto e comportamento avente rilevanza in ambito federale, per avere nella stagione sportiva 2019 - 2020 depositato presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A gli accordi di riduzione di 4 mensilità stipendiali (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 21 calciatori e dell’allenatore e di avere omesso, nel contempo, di depositare gli accordi economici di integrazione ovvero di recupero di tre delle quattro mensilità rinunciate (aprile, maggio, giugno 2020) già conclusi con i medesimi calciatori e con l’allenatore, nella consapevolezza, sia che la riduzione stipendiale avrebbe dovuto riguardare soltanto una mensilità, sia che gli accordi economici contenenti le integrazioni stipendiali per il recupero delle tre mensilità sarebbero stati depositati dopo il 30.06.2020, ovvero dopo la chiusura dell’esercizio contabile al 30.06.2020, come poi effettivamente accaduto.
  1. della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per avere violato i principi di lealtà, correttezza e probità presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A per avere nella stagione sportiva 2020-2021 depositato presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A accordi di riduzione stipendiale di importi sostanzialmente pari a 4 mensilità (marzo, aprile, maggio e giugno 2020) di 17 calciatori nella consapevolezza che non vi sarebbe stata alcuna riduzione stipendiale effettiva, in quanto i medesimi importi sarebbero stati riconosciuti agli stessi calciatori (circostanza poi non verificatasi soltanto per due degli anzidetti calciatori) nelle stagioni sportive successive, così come già concordato fra le parti (prima della chiusura della stagione sportiva 2020-2021) attraverso scritture private non riportate su moduli federali (le c.d. side letter). Circostanza poi effettivamente verificatasi attraverso il deposito, nella stagione sportiva successiva e comunque successivamente al 30.06.2021, data di chiusura dell’esercizio contabile 2021 (salvo che per uno degli anzidetti calciatori, il quale ha percepito gli importi stipendiali rinunciati nella stagione 2022/23 a titolo di incentivo all’esodo) di accordi economici di integrazione stipendiale.

Il tutto al precipuo fine di postergare negli esercizi successivi (2022 e, per alcuni, anche 2023) i costi correlati agli importi rinunciati dai calciatori prima del 30.06.2021, con ciò peraltro violando il principio contabile di competenza economica e, dunque, in tal modo violando il principio di par condicio con le altre società consorelle della Lega di A, in punto di equilibrio economico finanziario;

  1. della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, nonché dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in violazione e/o elusione di quanto previsto dall’art. 6.2, paragrafo 7, del Regolamento degli Agenti sportivi della FIGC (cfr. C.U. n. 102/A del 17 aprile 2019) per avere, in concorso con l’agente sportivo sig. [Omissis], conferito un mandato, a quest’ultimo, in data 20 febbraio 2020, per il rinnovo di contratto del 26 marzo 2020 del calciatore [Omissis], in assenza di una reale attività di intermediazione dell’agente che era stata svolta direttamente dal calciatore con il Presidente della [Omissis], [Omissis]».
  1. Con decisione n. 0011/TFNSD-2023-2024 del 10 luglio 2023, depositata il 20 luglio 2023, il Tribunale Federale Nazionale ha irrogato nei confronti del dott. [Omissis] la sanzione dell’inibizione per la durata di 16 mesi e dell’ammenda per euro 60.000,00 in relazione ai capi A e B, disponendo invece il proscioglimento del deferito in relazione al capo C.
  2. Avverso tale provvedimento, il dott. [Omissis] ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte Federale d’Appello (di seguito anche CFA), Sezioni Unite, che con la decisione n. 0032/CFA- 2023-2024 – in parziale accoglimento del reclamo, concedendo le attenuanti ex art. 13, comma 3, CGS FIGC – ha riformato la decisione di primo grado, irrogando nei confronti del dott. [Omissis] la sanzione dell’inibizione della durata di 10 mesi e la sanzione dell’ammenda di euro 40.000,00.
  3. Avverso quest’ultima decisione il dott. [Omissis] ha presentato ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, articolando i seguenti motivi di impugnazione:

(primo motivo) Violazione di norme di diritto (ex art. 54 C.G.S. CONI) in relazione all’art. 119, comma 3, C.G.S. FIGC: mancata dichiarazione di improcedibilità del deferimento.

Secondo il ricorrente, sussisterebbe, nel caso di specie, una violazione dell’articolo 119, comma 3, C.G.S. - che impone l’iscrizione della notizia dell’illecito entro «30 giorni dalla sua ricezione da parte del Procuratore Federale o da quando lo stesso Procuratore l’ha acquisita di propria iniziativa» - considerato che l’iscrizione del procedimento sarebbe tardivamente avvenuta a distanza di molti mesi dall’evidenza della notitia criminis, poi concretizzatasi nelle contestazioni disciplinari in esame. Rileva il ricorrente che gli accadimenti oggetto del procedimento disciplinare costituiscono fatto notorio quantomeno a partire dal marzo 2022, quando tutte le principali testate giornalistiche nazionali riportavano la notizia di indagini in corso da parte della Procura di [Omissis] sulle c.d. “manovre stipendi” di [Omissis]. Tuttavia, l’iscrizione da parte della Procura Federale è avvenuta solo in data 30 novembre 2022, a distanza dunque di otto mesi dall’emersione della notizia dell’illecito.

Il ricorrente osserva che la CFA ha rigettato tale questione, evidenziando che «seppure in tema di revocazione, le notizie stampa afferenti all’indagine penale sono insufficienti a costituire prova della piena conoscenza e rappresentarono, piuttosto, il propellente per la diligente azione conoscitiva posta in essere dalla procura federale presso gli Uffici giudiziari procedenti. Una volta assolto tale onere, e percepiti gli esiti utili attraverso la ricezione degli atti, può iniziare a decorrere il termine (Corte di Giustizia Federale, SS.UU., n. 203/2009-2010; Corte di Giustizia Federale, SS.UU., n. 31/2013- 2014; Corte Federale d’Appello, SS.UU., n. 46/2015-2016). Diversamente, come è accaduto nel caso di specie, è la notizia (specifica e qualificata) della conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura della Repubblica di [Omissis], con l’emissione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., che ha determinato la attivazione da parte della Procura federale» (p. 3 decisione). Tuttavia, secondo il ricorrente, il suddetto principio di diritto non risulterebbe pertinente al presente procedimento, essendo i precedenti giurisprudenziali richiamati dalla Corte relativi al diverso caso della revocazione (come peraltro riconosciuto nella stessa sentenza), strumento di impugnazione straordinario, che esige un supporto probatorio ben maggiore rispetto all’avvio di una attività di indagine, sicché è del tutto logico che notizie di stampa siano di per sé prive di tale portata probatoria. Osserva il dott. [Omissis] che, diversamente, in relazione all’iscrizione di un procedimento disciplinare, la consolidata giurisprudenza in materia sportiva riconosce due distinte modalità di acquisizione della notizia di illecito: quella della “ricezione”, in cui l’organo inquirente si limita a fungere da collettore passivo di informazione qualificata, come accade nel caso di denunce provenienti da fonti compiutamente identificate e/o identificabili; e quella della “apprensione” d’iniziativa, “che invece presuppone un’attività pre procedimentale di ricerca e ricognizione dell’informazione proveniente da canali non qualificati volta a verificare la traducibilità della segnalazione anonima in una legittima notitia criminis”.

(secondo motivo) - Violazione di norme di diritto (ex art. 54 C.G.S. CONI) in relazione agli artt. 118, 119 C.G.S. FIGC: improcedibilità del deferimento in conseguenza di attività di indagine svolta in assenza di una formale preventiva iscrizione di un procedimento disciplinare.

Il ricorrente evidenzia, altresì, l’esistenza di ‘vizio genetico’ del procedimento, in quanto originato da un atto d’impulso della Procura Federale - i.e. la richiesta di atti da parte della Procura Federale, datata 27 ottobre 2022, cui è seguita, in data 24 novembre 2022, la trasmissione del fascicolo d’indagine penale da parte della Procura di [Omissis] - avvenuto in assenza di una formale preventiva iscrizione di un procedimento disciplinare (iscrizione formalizzata solo il successivo 30 novembre 2022). Secondo la tesi del ricorrente, la richiesta avanzata dalla Procura Federale alla Procura di [Omissis] deve ritenersi atto inammissibile/nullo in quanto integrante attività istruttoria non consentita in mancanza di un procedimento federale aperto al momento della sua formulazione.

(terzo motivo) - Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 6 C.E.D.U., 2 C.G.S. CONI e 44 C.G.S. FIGC, con conseguente violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo; in ogni caso, omessa motivazione rispetto alla asserita violazione del principio contabile di competenza economica e motivazione contraddittoria.

Secondo il ricorrente, nel caso di specie non si comprende su che basi possa dirsi accertata la violazione dell’art. 4, comma 1, C.G.S. in termini di violazione del principio contabile di competenza economica, in totale carenza di riscontri tecnici su cui fondare tale valutazione, di natura pregiudiziale ed esclusivamente tecnico-bilancistica.

Osserva il dott. [Omissis] che la decisione impugnata sul punto si risolverebbe in un mero richiamo al suddetto principio contabile di cui all’art. 2423-bis c.c. senza motivare, tuttavia, la ragione di tale asserita violazione: relativamente alla prima manovra, non sarebbe mai stata svolta né richiamata nessuna valutazione tecnica in ordine al momento di effettiva vincolatività e obbligatorietà degli accordi per le parti e, dunque, di conseguente obbligo di iscrizione bilancistica della voce di costo; per la seconda manovra, non sarebbe stata svolta alcuna analisi sulla effettiva valenza contrattuale e quindi contabile delle c.d. side letter (pur a prescindere dalla mancata riferibilità delle stesse al dott. [Omissis]).

Secondo il ricorrente, la motivazione della decisione impugnata sarebbe censurabile perché affermerebbe la violazione del principio contabile di competenza economica senza una adeguata “analisi tecnica”, “in totale carenza di riscontri tecnici”, limitandosi ad un mero richiamo a quel principio.

Peraltro, a detta del ricorrente, sarebbe illogico e contraddittorio rimproverare una pretesa violazione dei doveri di probità, lealtà e correttezza previsti dall’art. 4 C.G.S. in punto di “violazione del principio di par condicio con le altre società consorelle della Lega di A” (così testualmente la contestazione disciplinare) tramite una rappresentazione bilancistica asseritamente scorretta, posto che: a) tutte le società di Serie A hanno adottato provvedimenti relativi alle retribuzioni del personale tesserato; b) la rappresentazione bilancistica adottata da [Omissis] [ossia “l’aver inserito in bilancio, sia pure tra i fatti successivi al 30 giugno, la stipula degli accordi integrativi”] ha pienamente consentito al pubblico (i.e. ai lettori di quei bilanci) di conoscere l’effettiva situazione patrimoniale della Società.

(quarto motivo) - Omessa motivazione rispetto a elementi decisivi rappresentati nell’interesse del deferito.

Il ricorrente censura la decisione della CFA anche in ordine alla omessa motivazione circa un elemento decisivo: in relazione alla prima manovra stipendi, la CFA affermerebbe lapidariamente, ma immotivatamente, che «non persuade la tesi dell’accordo condizionato alla ripresa e alla conclusione del campionato di massima serie», ritenendo al contrario che, in forza degli accordi integrativi, [Omissis] avesse garantito in modo incondizionato il pagamento degli stipendi rinunciati a valere sulla stagione successiva (p. 7 decisione). La tesi sostenuta dalla CFA - a detta del dott. [Omissis] - tra l’altro sarebbe smentita per tabulas da una e-mail dallo stesso ricevuta in data 20 maggio 2020 a firma del dott. [Omissis] - non considerata nella decisione impugnata nonostante l’allegazione e l’espresso richiamo difensivo - alla luce della quale sarebbe di tutta evidenza come alla data del 20 maggio 2020 - ovvero quasi due mesi dopo la pubblicazione del comunicato stampa e la sottoscrizione del foglio in carta libera (entrambe del 28 marzo 2020) - fosse ancora solo un’eventualità incerta quella di riconoscere ai calciatori un’integrazione salariale, solo in caso di ripresa del campionato (poi ripartito a “porte chiuse” il successivo 20 giugno 2020 ed effettivamente conclusosi il 2 agosto 2020), in coerenza con quanto pubblicamente dichiarato in precedenza.

(quinto motivo) - Omessa e in ogni caso contradditoria motivazione rispetto alla responsabilità del dott. [Omissis] in relazione alla c.d. “seconda manovra”.

Secondo il ricorrente, in relazione alla c.d. “seconda manovra stipendi” di cui al capo B), la decisione impugnata ometterebbe totalmente di misurarsi con l’effettivo tenore della contestazione, individuando una responsabilità del deferito sulla base di una violazione degli artt. 2392 c.c. e 2381 c.c. relativa all’obbligo in capo all’amministratore di “agire in modo informato”. Posto che l’elemento su cui ruota la contestazione sub B) è la pretesa valenza giuridica e contabile della c.d. “side letters” - invero, secondo la ricostruzione accusatoria, «non vi sarebbe stata alcuna riduzione stipendiale effettiva, in quanto i medesimi importi sarebbero stati riconosciuti agli stessi calciatori […] attraverso scritture private non riportate su moduli federali (le c.d. side letter» - secondo il ricorrente non si comprende come possa essere ritenuto fondato il suddetto addebito dinanzi ad un riconosciuta assenza di consapevolezza in capo allo stesso dell’esistenza di tali side letter; circostanza che sarebbe pacifica e implicitamente accertata sia dal Tribunale Federale che dalla Corte Federale d’Appello, giacché in entrambe le decisioni la responsabilità dell’odierno deferito si fonda sul diverso profilo di una pretesa violazione degli obblighi di diligenza in capo agli amministratori.

A detta del ricorrente, la non pertinenza dei richiami alle disposizioni di cui agli artt. 2392 c.c. e 2381 c.c. risulterebbe evidente se si considera che l’addebito viene ascritto allo stesso non per il proprio ruolo formale di Presidente pro tempore di [Omissis] , bensì per il preteso apporto fattuale che egli avrebbe dato (unitamente a [Omissis] e [Omissis]) alla realizzazione della condotta contestata (ossia, per l’appunto, l’aver, secondo la Procura Federale, riconosciuto ai calciatori gli stipendi attraverso le side letter); diversamente - si legge a p. 15 del ricorso - «l’addebito sarebbe stato contestato a tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione - rispetto ai quali quindi parametrate le disposizioni degli artt. 2392 e 2381 c.c. - e non già a singoli soggetti individuati non in funzione del ruolo ma del ritenuto apporto fattuale fornito per la realizzazione del contestato illecito».

  1. In ragione dei suesposti motivi, il dott. [Omissis] ha chiesto al Collegio di Garanzia dello Sport l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

«in via principale, annullare senza rinvio l’impugnata decisione per improcedibilità del deferimento per tardività dell’iscrizione e in ogni caso per aver compiuto la Procura Federale il primo atto di impulso di indagine senza alcuna previa iscrizione di un procedimento disciplinare in violazione di legge in relazione agli articoli 118 e 119 C.G.S. come enunciato nei motivi I e II;

    • in subordine, annullare l’impugnata decisione per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 6 C.E.D.U., 2 C.G.S. CONI e 44 C.G.S. FIGC, con conseguente violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo e, in ogni caso, omessa motivazione rispetto alla asserita violazione del principio contabile di competenza economica come enunciato nel (motivo III);
    • annullare l’impugnata decisione per l’omessa motivazione rispetto ad un elemento decisivo, rappresentato nell’interesse del deferito in sede di giudizio, che, se considerato, avrebbe comportato una diversa decisione in relazione alla cd. “prima manovra” (motivo IV);
    • annullare l’impugnata decisione per omessa e in ogni caso contradditoria motivazione rispetto alla responsabilità del dott. [Omissis] in relazione alla cd. “seconda manovra” (motivo V);
    • in estremo subordine, disporre il rinvio all’Organo di giustizia sportiva federale competente, che vorrà - secondo il principio di diritto sancito da Codesto Ecc.mo Collegio - riformare in favore del ricorrente l’impugnata decisione».
  1. In data 16 ottobre 2023, si è costituita la FIGC, la quale, anzitutto, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto le istanze sarebbero volte ad ottenere una rivalutazione delle prove e una rivalutazione dei fatti.

Con riferimento, poi, alla paventata tardività della iscrizione del procedimento disciplinare, la resistente eccepisce la infondatezza del ragionamento di parte ricorrente secondo cui il dies a quo per la iscrizione della notizia dell’illecito da parte della Procura Federale potesse decorrere “a partire dal marzo 2022 quando tutte le testate giornalistiche nazionali riportavano la notizia di indagini in corso da parte della Procura di [Omissis] sulle c.d. “manovre stipendi” di [Omissis]”, posto che esso è contrario alla ratio sottesa agli artt. 118, 119 e 129 CGS FIGC letti in combinato disposto, che regolano l’agire della Procura Federale.

Con riferimento, poi, alla censura per cui la richiesta di atti da parte della Procura Federale sarebbe avvenuta in assenza di una formale preventiva iscrizione di un procedimento disciplinare, la resistente eccepisce che la Procura Federale, al fine di valutare se esista la notitia criminis da iscrivere nell’apposito registro, ben può avere necessità di svolgere attività preliminari volte a qualificare i fatti di cui ha avuto semplice conoscenza.

Con ulteriore memoria del 27 ottobre 2023, la Federazione, nel merito, ha eccepito quanto segue. Con riferimento alla asserita omessa motivazione rispetto alla asserita violazione del principio contabile di competenza economica, la resistente richiama i principi di redazione del bilancio di cui all’art. 2423 bis c.c., nonché la motivazione della CFA, ove si legge che «il principio di competenza economica consiste nel riportare nel bilancio tutti i costi e i ricavi che hanno avuto un effetto nell’esercizio in questione, con o senza manifestazione finanziaria: tale obbligo nella redazione del bilancio viene sancito dall’art. 2423 bis cod. civ. che, al n. 3, recita: “si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso e del pagamento”, e disciplinato dai principi contabili nazionali emanati dall’OIC (Organismo Italiano di Contabilità), oltre che da quelli internazionali (IAS/IFRS), utilizzati dalla [Omissis] per la predisposizione dei bilanci. Riassuntivamente, il principio di competenza economica richiede che ricavi e costi siano registrati nel periodo in cui sono generati, ragion per la quale le tre mensilità 2019/2020, oggetto degli accordi integrativi definiti tra la società e i calciatori, tra l’aprile e il maggio 2020, andavano riportati in bilancio come costi nel momento della loro generazione (per l’appunto tra l’aprile e il maggio 2020)». Ed infatti, nel caso di specie, «i ventidue accordi integrativi intervenuti con i calciatori e con l’allenatore recano la data del deposito presso la Lega Calcio Serie A, e cioè quella del 6.07.2020, e di essi viene data evidenza in bilancio 2020 solo nella sezione “fatti di rilievo avvenuti dopo il 30 giugno 2020”. (...) Le indagini però compiute dalla Procura federale hanno accertato che tali accordi integrativi erano stati definiti con i calciatori e l’allenatore prima del 30.06.2020 e che, pertanto, la relativa voce di costo doveva essere indicata nel bilancio chiuso al 30.06.2020 e non successivamente» (cfr. pag. 6 decisione impugnata).

In relazione, poi, al contenuto dell’e-mail ricevuta in data 20 maggio 2020 dal Presidente [Omissis] a firma del dott. [Omissis] - documento interno dal quale risulterebbe, secondo il ricorrente, che “l’integrazione salariale” fosse solo un’eventualità incerta - la resistente replica come tale eventualità fosse tutt’altro che incerta, posto che vi è stata, infatti, “la contestualità della sottoscrizione delle scritture di riduzione e degli accordi di integrazione” e che “in nessun accordo integrativo proposto dal Club ai calciatori si fa riferimento o si subordina l’accordo a possibili condizioni di efficacia” (p. 11 della memoria che richiama la decisione impugnata).

Con riferimento, poi, alla asserita “omessa e in ogni caso contraddittoria motivazione rispetto alla responsabilità del dott. [Omissis] in relazione alla cd. “seconda manovra”, osserva la FIGC che dalla lettura della decisione impugnata emerge evidente che «risulta documentalmente provato (e accertato dal Tribunale federale) che il dott. [Omissis] fosse a conoscenza della seconda manovra stipendi, anche nella sua fase “esecutiva”. Difatti, la mail del 23 marzo 2021 (indicata, per mero lapsus calami, come 22.9.2021 nella decisione del Tribunale federale) – inviata, tra gli altri, al dott. [Omissis] e contenente anche il riepilogo di quanto condiviso nella riunione del Comitato [Omissis] (in sigla [Omissis]) del 22 marzo 2021 – mostra come tutti gli argomenti siano stati affrontati alla presenza del dott. [Omissis]». In relazione, poi, al profilo della pertinenza circa il richiamo degli artt. 2392 e 2381 c.c., la resistente richiama quanto affermato dalla CFA circa il fatto che «il Giudice di primo grado ha (…) correttamente inquadrato la responsabilità del dott. [Omissis] nell’ambito della disposizione codicistica di cui all’art. 2392 c.c. che impone all’amministratore di società per azioni (e tanto vale anche per quello di società con azioni quotate nel mercato borsistico) di adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze e di impedire i fatti pregiudizievoli di cui vengano eventualmente a conoscenza, facendo annotare – in caso di disaccordo rispetto a operazioni che gli altri amministratori intendano intraprendere – il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (dando pure immediata notizia per iscritto al Presidente del collegio sindacale). In combinato con il predetto dovere di diligenza (e vigilanza) va letta la violazione di un obbligo a contenuto specifico, ovvero quello dell’amministratore di agire in modo informato (art. 2381 c.c.): l’amministratore non può difatti eccepire di aver delegato a una funzione aziendale una determinata attività, disinteressandosi poi di assumere informazioni (e vigilare) in ordine alla parte esecutiva dell’attività delegata». Infine, con riferimento al rilievo del ricorrente per cui diversamente l’addebito sarebbe stato contestato a tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione, e non già a singoli soggetti individuati non in funzione del ruolo, ma del ritenuto apporto fattuale fornito per la realizzazione del contestato illecito, rileva la Federazione che la CFA si è espressa chiaramente, affermando che «la giurisprudenza della Corte di legittimità ha chiarito come l’eventuale responsabilità dei dirigenti (a cui, secondo la difesa del Dott. [Omissis] sarebbero state delegate le concrete modalità di attuazione della seconda manovra stipendi) si andrebbe comunque ad aggiungere a quella dell’amministratore e non varrebbe certamente a elidere quest’ultima».

Considerato in diritto

 

 

6. 1.

Occorre esaminare preliminarmente le due censure di rito sollevate dal ricorrente.

Come si è riferito, con il primo motivo, il dott. [Omissis] lamenta la tardività dell’iscrizione della notizia criminis deducendone l’improcedibilità del deferimento.

La questione richiede una disamina delle disposizioni del CGS FIGC che governano l’azione della Procura Federale. Precisamente, vengono in rilievo:

l’art. 118 CGS FIGC, rubricato “Azione del Procuratore federale”, che, al comma 2, così dispone:

«Il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima o priva della compiuta identificazione del denunciante»

l’art. 119 CGS FIGC, rubricato “Svolgimento delle indagini”, che, al comma 3, così dispone: «La notizia dell'illecito è iscritta nel registro di cui al comma 2 entro trenta giorni dalla sua ricezione da parte del Procuratore federale o da quando lo stesso Procuratore la ha acquisita di propria iniziativa».

l’art. 129 CGS FIGC, rubricato “Rapporti con l'Autorità giudiziaria”, che, al comma 3, così dispone: «Qualora il Procuratore federale ritenga che, presso l’Ufficio del Pubblico ministero ovvero altre autorità giudiziarie dello Stato, siano stati formati atti o raccolti documenti rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, ne richiede l’acquisizione direttamente o per il tramite della Procura generale dello sport».

È agevole osservare come il CGS FIGC, rispetto al CGS CONI, disciplini espressamente il periodo che intercorre tra la notizia del fatto rilevante e il momento dell’iscrizione nel Registro degli illeciti sportivi, fissando un termine di 30 giorni.

Nel caso in esame, rileva accertare quale sia il dies a quo per l’iscrizione della notizia dell’illecito da parte della Procura Federale; se tale giorno sia da individuare - come vorrebbe la tesi di parte ricorrente - quantomeno nel mese di marzo 2022 «quando tutte le testate giornalistiche nazionali riportavano la notizia di indagini in corso da parte della Procura di [Omissis] sulle c.d. “manovre stipendi” di [Omissis] »; oppure nella data del 24 novembre 2022, data nella quale la Procura Federale riceveva gli atti richiesti alla Procura della Repubblica di [Omissis].

Sul punto, si deve condividere la posizione della CFA, la quale, con riguardo all’art. 118 cit., esclusa l’ipotesi che la Procura Federale avesse ricevuto esposti o denunce (ipotesi neppure dedotta dal reclamante in quella sede), ha fatto riferimento alla diversa ipotesi di “assunzione di notizie di "propria iniziativa" da parte del Procuratore federale”, osservando correttamente che “ritenere che il Procuratore federale debba esercitare l'azione disciplinare sulla base di notizie di stampa ogni qual volta esse riferiscano di indagini in corso a carico di tesserati, significherebbe, da una parte, dover iscrivere nel registro soggetti per circostanze di cui non si conosce neppure se vi sia un rilievo disciplinare da contestare e, dall'altra, equivarrebbe ad appesantire le attività degli Uffici mediante iscrizioni nel registro non dovute (almeno in quel momento)» (p. 3 della decisione impugnata).

Appare utile richiamare, a tale proposito, la decisione del Collegio di Garanzia n. 70/2021, con la quale la Prima Sezione (pur esaminando una diversa fattispecie) si è pronunciata in ordine alla portata della notizia criminis e alle modalità di procacciamento della stessa, affermando che: «le modalità di procacciamento della notitia criminis - intesa come qualunque rappresentazione non manifestamente inverosimile di uno specifico accadimento storico, attribuito o meno a soggetti determinati, dalla quale emerga la possibile violazione di una norma disciplinare

- siano connotate da un principio di libera acquisizione, d’ufficio o mediante denuncia, della fonte dell’illecito, non sussistendo, dunque, nell’esercizio dell’azione, vincoli di forma, stante, comunque, la inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine. Di tal ché, la sostanziale assenza di rigide prescrizioni in punto di qualificazione di un evento quale notizia di illecito disciplinare, nonché di rigide imposizioni nella fase di “scelta” sull’esercizio dell’azione (salve ovviamente le cause di invalidità dell’atto di deferimento), consentono di disporre il deferimento anche e in ragione dell’incertezza sui fatti nell’immediatezza dell’accaduto».

Da tale pronuncia emerge l’assenza di rigide prescrizioni in ordine alla qualificazione di un evento quale notizia di illecito disciplinare e un principio di libera acquisizione della notizia dell’illecito. Tale interpretazione non è tesa di certo a eludere il rispetto del termine di 30 giorni fissato dal legislatore, nè a giustificare una eventuale condotta dilatoria da parte della Procura Federale; ma a riconoscere che la Procura - con specifico riguardo all’ipotesi di assunzione di notizie di propria iniziativa - mantiene pur sempre una sua discrezionalità, non essendo tenuta - come correttamente evidenziato dalla CFA nella decisione impugnata - ad esercitare la propria azione ogniqualvolta pervenga qualsivoglia notizia di indagine in corso a carico di tesserati, ben potendo piuttosto utilizzare tali notizie quale propellente per una (successiva) azione conoscitiva dalla quale possano ricavarsi, in seguito, gli estremi di una notizia di illecito.

Posto, dunque, che la Procura FIGC ha compiutamente e legittimamente appreso la notizia di illecito il 24 novembre 2022 e ha provveduto alla sua iscrizione il 30 novembre 2022, può dirsi rispettato il termine di 30 giorni di cui all’art. 119, comma 3, CGS FIGC, con conseguente infondatezza del primo motivo di ricorso.

2.

Anche nel secondo motivo di ricorso il ricorrente, dott. [Omissis], lamenta l’improcedibilità del deferimento, ma sotto un diverso profilo, ossia lo svolgimento dell’attività di indagine da parte della Procura in assenza di una formale preventiva iscrizione del procedimento disciplinare. Secondo il ricorrente, infatti, la Procura Federale avrebbe dovuto dapprima iscrivere il procedimento nel relativo registro, per poi chiedere gli atti alla Procura della Repubblica di [Omissis].

Anche tale motivo appare infondato. Anzitutto, stando al dato normativo, il già citato art. 129, comma 3, CGS FIGC, nel disciplinare i rapporti tra la Procura Federale e l'Autorità giudiziaria ordinaria - prevedendo che «Qualora il Procuratore federale ritenga che, presso l’Ufficio del Pubblico ministero ovvero altre autorità giudiziarie dello Stato, siano stati formati atti o raccolti documenti rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, ne richiede l’acquisizione direttamente o per il tramite della Procura generale dello sport» - non richiede una necessaria preventiva iscrizione nel registro degli incolpati dei soggetti ai quali si riferiscano i documenti richiesti. Del resto, è proprio l’ipotesi - espressamente prevista dall’art. 118 cit. (sul quale v. supra)

- che la Procura apprenda “di propria iniziativa” notizia di eventuali illeciti a giustificare la possibilità che la Procura richieda informazioni e svolga una preliminare indagine esplorativa prima di stabilire se esistano o meno elementi sufficienti a motivare una iscrizione nel registro.

La Procura Federale, dunque, proprio al fine di valutare se esista la notitia criminis da iscrivere nell’apposito registro, ben può avere necessità di svolgere attività preliminari volte a qualificare i fatti di cui ha avuto semplice, generica e non qualificata conoscenza. Come correttamente osservato dalla CFA nella decisione impugnata, «Non può ritenersi la richiesta di acquisizione di copia del documento di conclusione delle indagini un atto rientrante tra quelli che necessitano della previa iscrizione nel registro degli incolpati, trattandosi di un'attività preliminare volta ad acquisire elementi idonei per valutare l’esistenza di una notitia criminis» (p. 3 della decisione impugnata).

La tesi del ricorrente non può condividersi nemmeno sulla base del rinvio - che si legge a p. 8 del ricorso - all’art. 119, CGS FIGC, che disciplina, al comma 6, la regola generale di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre la scadenza del termine, stabilendo come unica eccezione il fatto che «Possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato». Secondo la tesi di parte ricorrente, tale previsione, collocata appunto nell’ambito dell’articolo dedicato allo “svolgimento delle indagini”, postulerebbe inequivocabilmente che la richiesta di trasmissione degli atti dalla Procura Federale alla Procura della Repubblica avvenga nella fase delle “indagini” - eventualmente anche oltre la scadenza del termine - ma esigendo pur sempre che il procedimento disciplinare sia già comunque iscritto e in corso.

A supporto di questa tesi, il ricorrente richiama una decisione del Tribunale Federale, C.U. n. 52/TFN-SD del 3 febbraio 2017, riguardante il caso di una richiesta di trasmissione degli atti avanzata dalla Procura Federale ad una Procura della Repubblica avvenuta in assenza di un procedimento federale aperto e dunque al di fuori del medesimo, per cui «gli atti emessi dalla Procura Federale [...] si pongono al di fuori del sistema processuale delineato dal Codice di Giustizia Sportiva, risolvendosi in atti di indagine non previsti e non legittimati dalla rituale pendenza di un procedimento disciplinare”. Inoltre, secondo il ricorrente, sul punto non potrebbe “invocarsi il disposto dell’art. 32 quinquies, comma 3, ultima parte, C.G.S., per cui “possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”. La norma, inequivocabilmente inserita nel comma relativo alla durata delle indagini disciplinari, disciplina infatti quei casi in cui gli atti processuali compiuti dall’AGO pervengano alla Procura Federale nel corso del procedimento ma al di fuori dei relativi termini; in ogni caso essa attiene ai casi di acquisizione legittima degli atti penali, non avvenuta nel caso di specie».

La CFA ha reputato che il precedente sopra richiamato non fosse pertinente (in quanto relativo ad un procedimento archiviato e poi riaperto dalla Procura della Repubblica e dalla Procura federale) e che, comunque, il principio di diritto ivi espresso non fosse da condividere. Ed il Collegio di Garanzia è dello stesso avviso.

Tralasciando la valutazione di pertinenza - che non appare dirimente - conviene esaminare il principio di diritto espresso da quel precedente. Ed invero, il principio di diritto espresso nella decisione invocata dal dott. [Omissis] appare effettivamente non condivisibile, nonché superato da una recente decisione del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, n. 95/2021, che ha affrontato proprio la vexata quaestio della legittimità degli atti posti in essere dalla Procura Federale successivamente all’originaria archiviazione, ma antecedentemente alla riapertura delle indagini, avvenuta in ragione di nuovi elementi d’indagine emersi a seguito della trasmissione del fascicolo da parte della Procura della Repubblica.

La vicenda originava dalla iscrizione nel Registro della Procura Federale FIGC della notizia di un illecito disciplinare riguardo ad una possibile alterazione del risultato di una gara. Nonostante il provvedimento di archiviazione, la Procura FIGC aveva riaperto le indagini, atteso l’invio da parte della Procura della Repubblica dell’avviso ex 415 bis c.p.p. a taluni tesserati della FIGC; atto al quale faceva seguito la trasmissione degli atti alla Procura Federale. Secondo le parti reclamanti, la Procura Federale non avrebbe più potuto chiedere ed ottenere gli atti del procedimento penale, in relazione ad un procedimento disciplinare già archiviato, senza previamente effettuare una formale riapertura delle indagini, basata però, su un diverso “nuovo fatto”.

Per contro, il Collegio di Garanzia dello Sport ha confermato la legittimità del procedimento istruttorio seguito dalla Procura Federale in ossequio alla «scelta compiuta dal legislatore federale e consacrata nel codice di giustizia sportiva […] nel senso di attribuire particolare valore agli elementi istruttori desumibili dal procedimento penale, stabilendo che essi costituiscono i presupposti legittimanti la riapertura del procedimento disciplinare e la fase delle indagini condotte dalla Procura Federale».

Ne deriva che la decisione invocata dal dott. [Omissis] a supporto della sua tesi - decisione di merito e ben più risalente - afferma un principio di diritto superato dal più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità sportiva.

Se si ammette la legittimità della richiesta degli atti da parte della Procura Federale alla Procura della Repubblica dopo l’archiviazione e prima della riapertura del procedimento, allora deve ammettersi che tale richiesta possa essere fatta anche prima dell’apertura di un (nuovo) procedimento.

Pertanto, il motivo di ricorso in esame deve essere rigettato perché infondato.

3.

3.1.

Con riferimento al terzo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente lamenta l’omessa motivazione rispetto alla asserita violazione del principio contabile di competenza economica, emergono subito chiari profili di inammissibilità.

Invero, parte ricorrente eccepisce «la totale mancanza di supporti probatori - che - sul punto emerge in tutta la sua evidenza se si considera che, in modo del tutto contraddittorio, la stessa Corte Federale d’Appello ha riconosciuto espressamente che nelle stagioni sportive 2019-2020 e 2020-2021 “si è (...) venuta a determinare una riduzione drastica dei ricavi, in costanza del mantenimento di costi elevati» (pag. 11 del ricorso).

Il motivo di ricorso, benché presentato come una censura di legittimità, appare sostanzialmente volto ad una nuova e diversa valutazione delle prove, come noto, preclusa al Collegio di Garanzia dello Sport. In proposito è sufficiente richiamare il principio pacifico e consolidato secondo il quale “il giudizio di legittimità non può costituire un ulteriore grado utile per poter rivalutare le risultanze istruttorie del processo di merito, essendo lo stesso preordinato all’annullamento di pronunce che si assumono viziate solo da violazione di specifiche norme o da omessa o insufficiente motivazione». (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., decisione n. 8/2017).

Orbene, valutare l’adeguatezza dei supporti probatori, oppure valutare se la rappresentazione bilancistica adottata da [Omissis] abbia consentito o meno ai terzi di conoscere correttamente l’effettiva situazione patrimoniale della Società costituisce un tipico apprezzamento di merito, che non può essere censurato in fatto e tantomeno rinnovato in questa sede.

La censura appare comunque infondata, per i motivi che seguono. Anzitutto, giova richiamare il principio di competenza economica ex art. 2423 bis c.c., rubricato "Principi di redazione del bilancio", secondo il quale: «Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:

  1. la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività;

1 bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto;

  1. si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
  2. si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento;
  3. si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;
  4. gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
  5. i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro.

Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico».

Dalla citata disposizione emerge chiaramente la necessità, in fase di redazione del bilancio, di "tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento". Ne segue che, ai sensi della richiamata disposizione, i proventi e gli oneri di competenza dell'esercizio devono essere registrati a prescindere dalla data di incasso o di pagamento degli stessi.

Ed infatti, come correttamente affermato dalla CFA nella decisione impugnata, «il principio di competenza economica richiede che ricavi e costi siano registrati nel periodo in cui sono generati, ragion per la quale le tre mensilità 2019/2020, oggetto degli accordi integrativi definiti tra la società e i calciatori, tra l'aprile e il maggio 2020, andavano riportati in bilancio come costi nel momento della loro generazione (per l'appunto tra l'aprile e il maggio 2020)» (p. 8 decisione impugnata). La decisione appare ben motivata nell’illustrare la ragione della violazione contestata. Ed infatti, nel caso di specie, «i ventidue accordi integrativi intervenuti con i calciatori e con l’allenatore recano la data del deposito presso la Lega Calcio Serie A, e cioè quella del 6.07.2020, e di essi viene data evidenza in bilancio 2020 solo nella sezione "fatti di rilievo avvenuti dopo il 30 giugno 2020» (p. 6 decisione impugnata).

Le indagini però compiute dalla Procura federale hanno accertato che tali accordi integrativi erano stati definiti con i calciatori e l'allenatore prima del 30.06.2020 e che, pertanto, la relativa voce di costo doveva essere indicata nel bilancio chiuso al 30.06.2020 e non successivamente» (cfr. pag. 6 decisione impugnata).

Appare, dunque, sussistere «un quadro di certezza nell'attribuire alle scritture integrative per ventidue, tra calciatori e allenatore, una accettazione avvenuta tra l'aprile e il maggio 2020, con conseguente necessità di esporre il relativo costo sul bilancio chiuso al 30.06.2020».

3.2.

Peraltro, come correttamente ritenuto nella decisione impugnata (e diversamente da quanto dedotto dal ricorrente), la ravvisata violazione del principio contabile di competenza economica va a configurare (anche) una violazione sul piano disciplinare dell'art. 4, comma 1, C.G.S., così come contestato nell'atto di deferimento.

Si rammenta che i doveri di lealtà, correttezza e probità, sanciti dall'art. 4, comma 1, C.G.S., si connotano nei confronti dei soggetti dell'ordinamento sportivo in maniera più intensa rispetto agli altri soggetti dell'ordinamento generale.

Come affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport (Quarta Sezione, decisione 13 ottobre 2017, n. 76), nell’ordinamento sportivo, accanto ad illeciti disciplinari ben tipizzati vi sono fattispecie disciplinari elastiche, come quelle che si fanno rientrare appunto nella violazione del principio di lealtà e correttezza o probità; tali doveri sono enunciati secondo canoni valutativi del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuati e specificati in modo puntuale e dettagliato, ma devono essere di volta in volta concretamente definiti in base alle specifiche circostanze del caso in esame.

La Sezione Consultiva ha avuto modo di precisare la portata di tali valori, precisando che la difficoltà di offrirne una definizione esaustiva non impedisce di considerarne la rilevanza dal punto di vista giuridico. Come si legge nel parere n. 5/2017, la dottrina civilistica non manca, in proposito, di osservare come la clausola generale, nell'ambito normativo in cui si inserisce, introduca un criterio ulteriore di rilevanza giuridica, alla stregua del quale il giudice seleziona certi fatti o comportamenti per confrontarli con un determinato parametro e trarre dall'esito del confronto certe conseguenze giuridiche. “Vero è che la struttura tipica delle clausole generali è quella di “norme incomplete” che «non hanno una propria autonoma fattispecie essendo destinate a concretizzarsi nell'ambito dei programmi normativi di altre disposizioni». Del pari indubbio che l’assimilabilità concettuale della lealtà ai principi generali di correttezza e buona fede induce a ritenere che essa debba considerarsi clausola di «“chiusura” del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio». Questo discorso trova - a parere del Collegio - fecondo terreno di applicazione nell’ordinamento sportivo”. Senza dubbio l’utilizzo delle clausole generali pone problemi interpretativi ed applicativi di non facile soluzione per la genericità ed indeterminatezza di nozioni come “buona fede”, “correttezza”, “lealtà”. E, tuttavia, la intrinseca flessibilità di questi concetti rinvia alle regole morali e di costume generalmente accettate e, più in generale, ad un “affidamento” sulla correttezza della condotta che non può non rilevare anche in ambito sportivo, ove il rispetto degli obblighi di lealtà e correttezza si fa più intenso, proprio in considerazione della peculiarità dell’ordinamento di settore. L’attenzione a siffatti principi, lungi dall’esaurirsi nel formale rispetto delle regole del gioco, non solo investe il corretto esercizio di una posizione soggettiva, ma può estendersi anche a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, ove siffatta condotta (pur in astratto lecita) implichi - per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito - una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva.

Venendo al caso che ci occupa, non si può dubitare che qui si configuri una violazione di detti principi, dovendosi condividere quanto affermato dalla CFA, la quale osserva come «da una parte, la rappresentazione non leale e non corretta (peraltro per importi molto consistenti) della situazione dei costi gravanti sulla società, alla data di chiusura del bilancio 2020, abbia potuto incidere sulle valutazioni di qualsiasi operatore economico (altre squadre di calcio per ragioni di mercato, istituzioni del mercato finanziario, sponsor e soggetti titolari di diritti TV), ma anche dei prestatori di servizi calcistici ed extra calcistici che, entrando in contatto o in rapporto con la [Omissis], avevano il diritto di conoscere la situazione reale dei costi e di bilancio in generale alla chiusura del bilancio 2020.

D'altra parte, attraverso questo modus operandi, si è venuta a determinare una forma di sperequazione, anche in termini di affidabilità economico-finanziaria, con le altre società di calcio professionistico che hanno esposto i dati reali e corretti dei costi alla data di chiusura del bilancio 2020» (p. 9 della decisione impugnata).

3.3.

Per scrupolo, il Collegio di Garanzia ritiene opportuno prendere in considerazione un argomento sviluppato in sede di discussione orale, nel corso della quale la difesa del ricorrente ha ripetutamente invocato il principio contabile previsto dallo IAS 19, relativo alle modalità di contabilizzazione dei benefici per i dipendenti, tra i quali sono ricompresi anche quelli a breve termine, vale a dire quelli che prevedibilmente verranno liquidati ai dipendenti entro dodici mesi dal termine dell’esercizio nel quale hanno prestato servizio. Ad avviso della difesa del ricorrente, se la CFA avesse tenuto conto di detto principio avrebbe dovuto escludere la ravvisabilità di qualunque violazione nella redazione del bilancio. Si potrebbe subito osservare che questo argomento è stato sollevato solo in sede di discussione e che il ricorso del dott. [Omissis] non menziona neppure lo IAS 19; e si potrebbe ancora aggiungere che il terzo motivo di ricorso non prospetta una violazione di legge, ma un difetto di motivazione (senza alcun riferimento al detto principio contabile). Onde l’argomento risulta prima facie inammissibile, anche per la sua tardiva ed impropria proposizione.

Tuttavia, per completezza, il Collegio ritiene opportuno osservare che il richiamo allo IAS 19 appare anche infondato ed inconcludente nel merito. In proposito giova richiamare le considerazioni svolte dalla CONSOB nella sua delibera n. 22482 del 19 ottobre 2022 (nel procedimento avente ad oggetto l’accertamento della non conformità del bilancio di esercizio al 30 giugno 2020 della S.p.A. [Omissis]) che, sulla base di una approfondita analisi tecnica, ha accertato “la non conformità del bilancio d’esercizio al 30 giugno 2021 alle norme che ne disciplinano la redazione”; considerazioni che questo Collegio condivide interamente.

La CONSOB ha attentamente valutato la coerenza del trattamento contabile delle retribuzioni aggiuntive in questione con le regole previste dal principio contabile IAS 19, e ne ha giustamente rilevato l’inapplicabilità. In particolare, la CONSOB ha rilevato che “i compensi integrativi pattuiti a luglio 2020 configurano un’obbligazione derivante da un evento passato, vale a dire il sopradescritto accordo tra Società e calciatori, che comportava l’attesa per i calciatori di ricevere risorse economiche corrispondenti alle tre mensilità della stagione 2019/20 sulle quattro oggetto di rinuncia e, di conseguenza, maggiori costi e un debito, o un accantonamento e un fondo rischi, da rilevare nel bilancio al 30 giugno 2020”, osservando che la Società non aveva “fornito alcuna indicazione in merito al nesso e alle motivazioni secondo le quali le ‘maggiori prestazioni’ sportive rese nei mesi di luglio e agosto 2020 avrebbero dovuto essere retribuite nell’arco delle due stagioni successive alla stagione sportiva 2019/2020”.

A prescindere dal fatto che gli accordi del marzo 2020 non potevano configurarsi come “consuetudini non formalizzate” (alle quali fa esplicito riferimento lo IAS 19), la CONSOB ha concluso che “gli aumenti concordati negli accordi del 6 luglio 2020 sono quindi compensi di competenza della stagione 2019/20. Poiché la durata di tale stagione è stata estesa al 31 agosto 2020, tali aumenti devono essere imputati pro quota agli esercizi societari 2019/2020 e 2020/2021 in cui la stagione 2019/2020 è stata disputata, tenuto conto dell’effettivo svolgimento del campionato”.

Ma, indipendentemente dalla pertinenza dello IAS 19, ai fini che rilevano in questa sede, appare dirimente il fatto che gli accordi integrativi intervenuti con i calciatori e l’allenatore siano stati depositati in data 6 luglio 2020, mentre è pacifico che la loro sottoscrizione sia intervenuta vari mesi prima. E tale ritardo, palesemente strumentale e sicuramente rilevante ai fini della completezza delle informazioni fornite ai terzi, integra certamente la violazione disciplinare dell'art. 4, comma 1, C.G.S. ravvisata dalla Corte Federale.

In conclusione, il terzo motivo del ricorso deve essere respinto perché inammissibile ed infondato.

4.

Anche con riferimento al quarto motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in ordine a elementi decisivi rappresentati nell’interesse del deferito, si ravvisano innanzitutto dirimenti profili di inammissibilità, posto che la censura richiede sostanzialmente il riesame di risultanze probatorie, in particolare, dell’e-mail ricevuta in data 20 maggio 2020 dal Presidente [Omissis] a firma del dott. [Omissis].

Il motivo appare comunque infondato, poiché la decisione impugnata si basa su una serie di atti e documenti che, ad avviso della CFA, non lasciano spazio ad alcuna interpretazione dubitativa circa la sottoscrizione di accordi di integrazione salariale ben prima del 30 giugno 2020. Invero, si legge nella decisione che:

  • «a partire dai primi giorni del mese di aprile 2020, in esecuzione della direttiva aziendale (con sottoscrizione del presidente) del 28.03.2020, di promuovere "nelle prossime settimane .... la formulazione di singoli accordi contrattuali", i dirigenti e consulenti della [Omissis] si sono adoperati nella predisposizione delle lettere di riduzione degli stipendi e, contestualmente, degli accordi integrativi dei salari dei calciatori, ai quali sono state riconosciute tre delle quattro mensilità inizialmente rinunziate».

l'Avvocato [Omissis], della [Omissis], inviava, nella seconda metà del mese di aprile 2020, ai calciatori e all'allenatore, i contratti di integrazione stipendiale che venivano restituiti dagli sportivi sottoscritti (molti senza data su richiesta della squadra di calcio) e gli stessi venivano richiamati in una serie di email del 24.04.2020 e del 28.04.2020 trasmesse dall'allora Segretario generale [Omissis] ai dirigenti e/o collaboratori del Club e dai cui prospetti riepilogativi si poteva prendere atto della situazione delle adesioni, a quella data, dei calciatori (n. 12/13) alla manovra stipendi (intesa come riduzione e integrazione dei salari)»;

  • «Nel successivo mese di maggio è stata completata la adesione di calciatori e dell'allenatore alla manovra stipendi mediante la sottoscrizione delle riduzioni e contestualmente degli accordi integrativi.

Venivano, però, depositati solo gli accordi relativi alla riduzione degli stipendi, il 12.05.2020, ad eccezione di quelli dei calciatori [Omissis] e [Omissis] (riportanti la data del 20 e 23.05.2020) e dell'allenatore Sarri» (p. 7 della decisione impugnata).

Secondo la CFA, oltre alle prove documentali costituite dalla sottoscrizione nel periodo aprile/maggio 2020 degli accordi integrativi da parte dei calciatori e dell'allenatore, assume particolare rilievo la circostanza che alcuni calciatori, tra cui, in particolare [Omissis], oltre a restituire l'accordo integrativo sottoscritto, lo abbia anche datato al 29 aprile 2020, non residuando così dubbi sull'epoca in cui il costo degli stipendi è stato di nuovo generato a carico della società.

In ordine al contenuto dell'accordo integrativo proposto dalla [Omissis] ai calciatori, la CFA rileva poi che esso era riportato su moduli federali 2019/2020 con la dicitura "altre scritture" e risulta essere inequivoco nella parte in cui riconosce tre mensilità in più per la stagione 2020/2021, a decorrere dall'ottobre 2020. Ancora, un ulteriore elemento che - secondo la Corte - induce a ritenere definiti gli accordi integrativi prima della data del 30 giugno 2020, è costituito dalla previsione nella scrittura [Omissis] del 28 marzo 2020, di riconoscere le tre mensilità anche al calciatore che verrà trasferito, quale "incentivo all'esodo", con ciò confermando un limite temporale per la stipula degli accordi integrativi, rappresentato dal termine della stagione calcistica 2019/2020.

In conclusione, la e-mail richiamata dal ricorrente non appare scalfire il quadro di certezza raggiunto dalla CFA circa la stipulazione degli accordi integrativi prima del 30 giugno 2020. Quadro di certezza che questo Collegio ritiene di condividere.

5.

Infine, con riferimento all’ultimo motivo di impugnazione, relativo alla presunta omessa e in ogni caso contraddittoria motivazione rispetto alla responsabilità del dott. [Omissis] in relazione alla c.d. “seconda manovra”, dalla lettura delle motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata, emerge l’impossibilità di condividere le tesi del ricorrente laddove questi afferma la sussistenza di “una riconosciuta assenza di consapevolezza in capo al Presidente dott. [Omissis] dell’esistenza di tali side letter”.

Sul punto la decisione impugnata risulta convincente e ben motivata, laddove si osserva che la mail del 23 marzo 2021, inviata, tra gli altri, al dott. [Omissis] e contenente anche il riepilogo di quanto condiviso nella riunione del Comitato [Omissis] del 22 marzo 2021, mostra come tutti gli argomenti siano stati affrontati alla presenza del dott. [Omissis]. Con riferimento alla (seconda) manovra stipendi, si evince che il sig. [Omissis] ha informato tutto il gruppo [Omissis] (tra cui anche il dott. [Omissis) che, alla data del 22 marzo 2021, “9 giocatori hanno accettato il differimento di quattro mensilità”, ipotizzando sin da allora un beneficio di circa 22 mln sul conto economico 2020/2021. Si aggiunga, poi, il riferimento al file allegato ove si riportano proprio le parole attribuite dal documento al dott. [Omissis], il quale afferma che “le manovre correttive che abbiamo concordato negli ultimi due mesi ci permetteranno di mantenere sotto controllo il patrimonio netto e la cassa al 30 giugno 2021”. Da tale documento - che non risulta essere stato oggetto di contestazione da parte della difesa del reclamante - emerge come venga utilizzato da [Omissis], sin da quella data, il termine “differimento” di quattro mensilità, che si pone oltre il concetto di semplice riduzione degli stipendi e prefigura l’avvenuto raggiungimento di un accordo integrativo con nove calciatori. Evidenzia, dunque, la CFA che la compresenza e la contestualità degli interventi, tra gli altri di [Omissis] e di [Omissis], oltre che la convergenza su argomenti di natura contabile (manovre correttive che avrebbero permesso di mantenere il patrimonio netto e la cassa sotto controllo al 30 giugno 2021, in una con la notizia della avvenuta accettazione del differimento di quattro mensilità e di un beneficio di 22 mln di euro sul conto economico 2020/2021), dimostrano una piena partecipazione del dott. [Omissis] allo svolgimento della manovra stipendi 2020/2021.

Relativamente all’inquadramento della fattispecie, appare corretto l’inquadramento nell’ambito della disposizione codicistica di cui all’art. 2392 c.c., che impone all’amministratore di società per azioni (e tanto vale anche per quello di società con azioni quotate nel mercato borsistico) di adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze e di impedire i fatti pregiudizievoli di cui vengano eventualmente a conoscenza, facendo annotare - in caso di disaccordo rispetto a operazioni che gli altri amministratori intendano intraprendere - il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (dando pure immediata notizia per iscritto al Presidente del collegio sindacale).

In combinato con il predetto dovere di diligenza (e vigilanza), va letta la violazione dell’obbligo dell’amministratore di agire in modo informato (art. 2381 c.c.): l’amministratore non può difatti eccepire di aver delegato a una funzione aziendale una determinata attività, disinteressandosi poi di assumere informazioni (e vigilare) in ordine alla parte esecutiva dell’attività delegata.

Come ha osservato la CFA, peraltro, la Corte di legittimità ha chiarito come l’eventuale responsabilità dei dirigenti (a cui, secondo la difesa del dott. [Omissis], sarebbero state delegate le concrete modalità di attuazione della seconda manovra stipendi) si aggiungerebbe comunque a quella dell’amministratore e non varrebbe certamente a elidere quest’ultima (così, Cass., sez. II, 4 febbraio 2021, n. 2620).

Pertanto, anche il quinto motivo del ricorso deve essere rigettato perché infondato.

6.

Le spese, liquidate nel dispositivo che segue, devono gravare sul ricorrente secondo il principio della soccombenza.

PQM


Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite

 

Rigetta il ricorso perché in parte inammissibile e in parte infondato.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in 2.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 gennaio 2024.

Il Presidente                                                                                            Il Relatore

F.to Gabriella Palmieri                                                                    F.to Attilio Zimatore

Depositato in Roma, in data 13 febbraio 2024.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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