C.R. LAZIO – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2024/2025 – lazio.lnd.it – atto non ufficiale – CU N. 189 del 13/12/2024 – Delibera – RECLAMO PROPOSTO DALLA SOCIETÁ FIUMICINO S.C. 1926, AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI AMMENDA DI EURO 300,00, N.1 GARA DA DISPUTARE A PORTE CHIUSE E SQUALIFICA A CARICO DEL CALCIATORE MANGIONE MASSIMO FINO AL 10/01/2025, ADOTTATO DAL GIUDICE SPORTIVO DEL COMITATO REGIONALE LAZIO CON C.U. N.85 LND DEL 8/10/2024 (Gara: FIUMICINO S.C. 1926 – BOREALE del 6/10/2024 – Campionato Eccellenza) Riferimento delibera pubblicata sul C.U. n. 129 del 8/11/2024
RECLAMO PROPOSTO DALLA SOCIETÁ FIUMICINO S.C. 1926, AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI AMMENDA DI EURO 300,00, N.1 GARA DA DISPUTARE A PORTE CHIUSE E SQUALIFICA A CARICO DEL CALCIATORE MANGIONE MASSIMO FINO AL 10/01/2025, ADOTTATO DAL GIUDICE SPORTIVO DEL COMITATO REGIONALE LAZIO CON C.U. N.85 LND DEL 8/10/2024 (Gara: FIUMICINO S.C. 1926 – BOREALE del 6/10/2024 – Campionato Eccellenza)
Riferimento delibera pubblicata sul C.U. n. 129 del 8/11/2024
Con delibera pubblicata il 08/10/2024 sul C.U. n. 85 del Comitato Regionale Lazio il Giudice Sportivo Territoriale, con riferimento alla gara FIUMICINO S.C. 1926 – BOREALE del 6/10/2024 – Campionato Eccellenza, irrogava le seguenti sanzioni: Alla società Fiumicino S.C. 1926: ammenda di euro 300,00 e n. 1 gara da disputare a porte chiuse, “[..] Perché propri sostenitori, nel corso della gara, a più riprese, rivolgevano ad un assistente arbitrale espressioni gravemente ingiuriose e di denigrazione per motivi di sesso. Gli stessi, inoltre si arrampicavano sulla rete di recinzione, scuotendola fortemente, con atteggiamento minaccioso. Al termine della gara persona non identificata, qualificatasi Presidente della società, entrava indebitamente nello spogliatoio arbitrale, rivolgendo all'arbitro ulteriori e gravi offese di natura sessista. (art. 28 c. 4) ( R. AA ) [..]”; Al calciatore Massimo Mangione: squalifica fino al 10/01/2025, perché “[..] Espulso per aver colpito non in azione di gioco con un pugno al volto un avversario, costringendolo a ricorrere a cure mediche. Dopo la notifica del provvedimento disciplinare, da fuori il recinto di gioco e fino al termine della gara, lo stesso proferiva gravi e ripetute espressioni ingiuriose per motivazioni di sesso ad un assistente arbitrale. (art. 28 c. 1) (R. AA) [..] “ Con reclamo tempestivamente preannunciato e ritualmente depositato, la reclamante contestava il provvedimento adottato dal Giudice Sportivo, esponendo dettagliate censure in merito alle sanzioni irrogate. CRL 189 LND/2 Relativamente al calciatore Massimo Mangione, la reclamante riferiva che il giocatore, espulso per condotta violenta verso un avversario su segnalazione dell'assistente arbitrale, dichiarava di essere la vittima dell'aggressione. Mostrava un evidente ematoma all'occhio e protestava vivacemente contro l'assistente, accusandola, gridando, di aver compromesso la partita con una segnalazione errata e invitandola a 'vergognarsi'. Successivamente, si recava senza ulteriori commenti nell’area tecnica e, poi, nello spogliatoio, dove rimaneva fino a pochi minuti dalla fine della gara. Nei minuti conclusivi, tornava sugli spalti, assistendo in modo composto alla fase finale dalla tribuna riservata ai dirigenti. La reclamante negava fermamente che il calciatore avesse rivolto frasi sessiste all'assistente arbitrale e sottolineava come, al termine della partita, accompagnato da un dirigente della società, si fosse spontaneamente recato dalla terna arbitrale per scusarsi, stringendo la mano a ciascun componente. Quanto alla condotta attribuita al Presidente della società, la reclamante sosteneva che fosse entrato nello spogliatoio arbitrale con l’autorizzazione del Commissario di Campo e previo consenso dell’arbitro, per ottenere chiarimenti su alcune dinamiche di gioco. L’accesso sarebbe avvenuto con un comportamento rispettoso, concretizzatosi in una stretta di mano e complimenti per la direzione della gara. Durante il colloquio, il Presidente avrebbe espresso rammarico, invitando l’arbitro a valutare meglio situazioni con un guardalinee 'incapace'. L’arbitro, ritenendo offensiva tale affermazione, avrebbe interrotto il colloquio, a cui il Presidente avrebbe replicato chiarendo l’assenza di intento offensivo, parlando solo di una carenza tecnica. Dopo essere stato allontanato, il Presidente si sarebbe intrattenuto esclusivamente con il Commissario di Campo, senza ulteriori osservazioni né accessi allo spogliatoio della terna arbitrale. La reclamante precisava che Il Presidente non avrebbe mai rivolto la parola alle assistenti arbitrali, e che lo stesso non sarebbe mai entrato nello spogliatoio a loro riservato. Ancora, la reclamante contestava la veridicità delle espressioni attribuite e riportate nel rapporto di gara dall’assistente arbitrale e respingeva le accuse di sessismo nei confronti del Presidente, evidenziando come questi avesse promosso attivamente lo sviluppo del calcio femminile, valorizzando il talento di numerose giovani atlete. La reclamante deduceva che le frasi irriguardose rivolte all’assistente arbitrale fossero provenute esclusivamente dal pubblico presente, presumibilmente a causa dell’incisività della sua decisione sull’esito della partita. Pur scusandosi per tali comportamenti, ribadiva con fermezza che le espressioni attribuite al calciatore e al Presidente non sarebbero mai state pronunciate In ragione di quanto sopra, veniva richiesto l’annullamento dell’ammenda comminata alla società, la revoca della sanzione relativa alla disputa della gara a porte chiuse, nonché la riduzione della squalifica irrogata al calciatore Massimo Mangione, limitandola alla condotta violenta tenuta in campo e alla frase irriguardosa eventualmente proferita nei confronti dell’assistente arbitrale al momento dell’uscita dal terreno di gioco, ma escludendo ogni riferimento a presunte espressioni sessiste. La reclamante presentava richiesta di audizione. Alla riunione del giorno 24 ottobre 2024, svoltasi con modalità a distanza, la Corte Sportiva d’Appello esaminava il reclamo in epigrafe. Erano presenti il Presidente della società Fiumicino S.C. 1926, Simone Munaretto, il Direttore Generale Francesco De Nicolo, e il calciatore Massimo Mangione. Il Presidente Munaretto precisava che, durante la gara del 6 ottobre 2024, egli aveva chiesto un confronto con l’arbitro per segnalare presunti errori tecnici dell’assistente arbitrale, negando di averla insultata o di essersi avvicinato al suo spogliatoio ed evidenziando che né l’arbitro né gli assistenti, né il Commissario di Campo avevano riportato offese di natura sessista nei rispettivi referti e sottolineava l’assenza di precedenti disciplinari del calciatore. Il Presidente riteneva che il Commissario di Campo, che si trovava vicino a lui, avrebbe potuto confermare le frasi e il loro contenuto non sessista. Chiedeva, pertanto, la revisione delle sanzioni inflitte. Il calciatore Mangione ammetteva di aver rivolto un’espressione irrispettosa verso l’assistente arbitrale, scusandosi per averle detto che aveva rovinato la partita, tuttavia negando fermamente di aver proferito espressioni sessiste, chiedendo una revisione della sanzione irrogata a proprio carico. La Corte, riunitasi in camera di consiglio, procedeva alla lettura del referto arbitrale e dei rapporti delle due assistenti arbitrali e del rapporto del commissario di campo. Il referto arbitrale riportava che la partita si era conclusa con il risultato di 1-1, con una rete segnata dapprima dal Fiumicino S.C. al 3 ‘ minuto del 2T, ed una rete della squadra avversaria al 22’ del 2T (R). CRL 189 LND/3 Con riferimento al calciatore Mangione, nel referto arbitrale l’arbitro dichiarava che lo stesso era stato espulso al 20’ del 2T per condotta violenta “[..] Compie falli, atti o gesti che arrechino o tendano ad arrecare un danno fisico, colpendo o tentando di colpire e/o lanciando oggetti contro chicchessia Vedi rapporto di fine gara AA2 [..]”. Con riferimento al pubblico ed incidenti, l’arbitro riportava “[..] vedi rapporto di AA2 [..]”, e così pure tra le “varie ed eventuali”. Il rapporto dell’assistente arbitrale n. 1 e il rapporto del Commissario di Campo non evidenziavano episodi significativi. Di particolare rilievo risultava, invece, il rapporto redatto dall’assistente arbitrale n. 2 (ovvero la destinataria delle contestate frasi offensive e sessiste), che descriveva con precisione gli eventi verificatisi durante e dopo la gara: “[..] al 19’ del 2T a gioco in svolgimento, con pallone non a distanza di gioco, il n2 del Fiumicino Massimo Mangione colpiva con un pugno in faccia un calciatore attaccante avversario dentro l’area di rigore provocando forte dolore. Il giocatore colpito poteva continuare senza ulteriori problemi a seguito dell’intervento del soccorso medico. Dal 19’2T a seguito di una condotta violenta e conseguente espulsione del N.2 Mangione Massimo da quel momento e per tutta la durata della partita il suddetto giocatore proferiva verso la mia persona insulti sessisti del tipo "sta grande bocchinara, la Domenica dovete stare a casa a farvi scopare mica in mezzo al campo di pallone" fuori dal recinto di gioco. Con fare minaccioso lui e altri tifosi riconducibili alla società Fiumicino minacciavano di entrare arrampicandosi alla recinzione e sbattendo i cancelli di sicurezza per incutere timore gridando "TROIA PUTTANA MO ENTRIAMO TI FACCIAMO LA PELLE, FIGLI DI PUTTANA VOI E LA FIGC CHE VI MANDA, TI SCANNO TROIA!". Oltre agli insulti una persona riconducibile alla società Fiumicino e presentatosi come presidente, a fine partita entrava nel mio spogliatoio con fare minaccioso gridando "sei una porca incompetente, non ci hai capito un cazzo, testa di merda, sei una venduta." Dopo aver coinvolto il dirigente accompagnatore e l’arbitro per farlo uscire con molta fatica dallo spogliatoio continuava ad insultarmi [..]”. La Corte Sportiva di Appello Territoriale deliberava di disporre l’audizione dell’arbitro, dell’assistente arbitrale e del Commissario di Campo sospendendo ogni giudizio sul merito, in attesa dell’esito delle audizioni e delle integrazioni richieste (CU n. 110 del 25 ottobre 2024). Successivamente, nella riunione del 7 novembre 2024, il Collegio procedeva all’audizione delle suddette figure, proseguendo così l’istruttoria del caso. L’arbitro, durante l’audizione, dichiarava che dal Mangione erano giunti insulti nei confronti dell’assistente arbitrale n.2 a seguito dell’espulsione, in quanto lo stesso era infastidito ed agitato con la medesima per l’espulsione che non riteneva corretta; l’arbitro dichiarava di non aver udito distintamente le frasi e che durante il resto della gara erano continuati ad arrivare insulti da dietro l’assistente n.2, ma di non essere certo dell’autore. Confermava che le assistenti avevano uno spogliatoio diverso dal suo e che a fine gara, mentre si trovava con loro nello spogliatoio a ricontrollare le sanzioni, era sopraggiunto il presidente del Fiumicino il quale, parlando con l’arbitro, che si trovava all’entrata dello spogliatoio, aveva iniziato ad insultare l’assistente n.2; l’arbitro dichiarava di averlo, allora, invitato a smettere e ad allontanarsi, cosa che però lo stesso non aveva fatto. Solo grazie all’intervento di alcune persone, organo tecnico ed osservatore oltre che un dirigente del Fiumicino, lo stesso era stato poi allontanato. Gli insulti erano di vario tipo, pronunciati con disprezzo davanti a tutti loro. L’arbitro precisava che il presidente non aveva mai insultato direttamente il direttore di gara, bensì sempre offeso ed insultato l’assistente n.2 mentre parlava con lo stesso. L’assistente arbitrale.n. 2 dichiarava che a seguito dell’espulsione, il Mangione aveva protestato vivacemente nei suoi confronti, accusandola di aver inventato tutto e che il giocatore aveva impiegato un po’ di tempo ad uscire, ed una volta fuori, questi aveva continuato ad insultarla, anche con insulti sessisti, insieme al pubblico. Una volta espulso, l’assistente non aveva visto bene dove fosse andato il Mangione, salvo poi ritrovarselo poco dopo alle spalle, insieme ai sostenitori che erano posizionati molto vicini e per tale ragione lo aveva riconosciuto con certezza. Gli insulti erano andati avanti per tutto il resto della gara, ed anche al termine della stessa. Per quel che riguarda l’episodio di fine gara, l’assistente n. 2 dichiarava che mentre stavano compilando il referto con l’arbitro, si era presentato un signore, qualificatosi come presidente della società, che aveva iniziato subito ad insultarla. Lo stesso era stato allontanato da un dirigente della sua società, in quanto non voleva farlo da solo, nonostante le ripetute richieste fatte dall’arbitro. Il sopracitato signore si era rivolto all’assistente, anche se tra loro era posizionato l’arbitro. Anche il Mangione, a fine gara, era vicino allo spogliatoio arbitrale, ma in quel frangente non aveva reiterato le offese, ma nemmeno si era scusato. L’assistente arbitrale confermava in ogni modo quanto riportato sul referto arbitrale, inclusi gli insulti del Mangione e dell’asserito presidente. Il Commissario di Campo riferiva, richiamandosi a quanto già scritto nel referto e nel supplemento al giudice sportivo, di essersi posizionato nell’area tecnica, mentre l’assistente arbitrale si trovava dall’altra parte del campo. Dichiarava che non vi fosse un tifo organizzato, né fumogeni o cori, ma solo insulti e urla, senza riuscire a identificarne gli autori o il contenuto specifico. Riferiva che l’espulsione del calciatore Mangione era avvenuta nella zona più distante da lui, impedendogli di udire eventuali insulti, ma che il custode gli aveva mostrato lo zigomo arrossato del calciatore per una botta. Aggiungeva di aver visto Mangione entrare nello spogliatoio e poi dirigersi verso le tribune, per poi perderlo di vista, rivedendolo nell’area tecnica a fine gara. Infine, dichiarava che, circa 10 minuti dopo la partita, un uomo presentatosi come presidente del Fiumicino era entrato e si era diretto verso gli spogliatoi arbitrali. Non avendo seguito la scena, non era in grado di riferire cosa fosse accaduto né confermare eventuali frasi rivolte alla terna. Ciò posto, La Corte Sportiva di Appello Territoriale, esaminato il reclamo proposto dalla società Fiumicino S.C. 1926, ritiene necessario soffermarsi sul valore probatorio dei rapporti ufficiali e delle dichiarazioni rese in sede di audizione, al fine di valutare la consistenza e l’attendibilità della ricostruzione fattuale. L’art. 61 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS) stabilisce che: “I rapporti degli ufficiali di gara o del Commissario di campo e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”. Tale norma, come noto, attribuisce ai rapporti degli ufficiali di gara un valore privilegiato, riconoscendoli come fonte di prova idonea a fondare le decisioni degli organi di giustizia sportiva. Come chiarito dalla giurisprudenza endofederale (CFA, SS.UU. n. 13/2023-2024), la forza fidefacente di tali rapporti può essere messa in discussione esclusivamente in presenza di contraddittorietà manifeste, irragionevolezza evidente o lacunosità nel contenuto, non essendo sufficiente una semplice contestazione o la mancanza di conferma da parte di altri ufficiali. Nel caso in esame, il rapporto dell’assistente arbitrale n. 2 costituisce l’elemento centrale su cui si fondano le sanzioni impugnate, descrivendo lo stesso dettagliatamente episodi di insulti reiterati, anche di natura sessista, attribuiti al calciatore Massimo Mangione, nonché condotte gravemente offensive poste in essere dal Presidente Simone Munaretto. La società reclamante ha contestato l’attendibilità di tale rapporto, evidenziando che il rapporto dell’assistente arbitrale n. 1 e il rapporto del commissario di campo non riportano analoghi episodi. A tal riguardo, osserva il Decidente che eventuali differenze tra i rapporti non configurano automaticamente contraddizioni, ma possono derivare dalla diversa funzione, posizione o prospettiva di ciascun ufficiale di gara. La forza di un rapporto, invero, non risiede esclusivamente nella sua completezza narrativa, ma anche nella capacità di colmare eventuali lacune derivanti dalla differente prospettiva o dal diverso ruolo degli altri ufficiali di gara, senza che ciò determini contraddizioni o incongruenze tali da comprometterne l’affidabilità complessiva. Ad avviso di questa Corte nel caso in esame, le audizioni svolte in sede di istruttoria hanno contribuito a chiarire tali aspetti, confermando la compatibilità tra i diversi rapporti e l’assenza di incongruenze nel rapporto dell’assistente arbitrale n. 2. La mancata presenza di dettagli analoghi nel referto arbitrale, nel rapporto dell’assistente arbitrale n. 1 e/o nel rapporto del commissario di campo non deve essere interpretata come una lacuna o una debolezza del rapporto dell’assistente n. 2, tantomeno rappresenta una sua contraddittorietà, quanto piuttosto il mero riflesso della diversa posizione e il diverso ruolo ricoperti, con l’assistente n. 2 quale principale destinataria delle condotte contestate, la quale si trovava nella condizione privilegiata per percepire e registrare tali episodi con maggiore precisione e completezza. Peraltro, l’audizione dell’arbitro risulta nella sostanza comunque compatibile con gli episodi riferiti dall’assistente arbitrale n. 2, avendo egli descritto e riportato condotte gravemente offensive e irrispettose da parte del calciatore Mangione e del Presidente Munaretto, sebbene non con la medesima puntualità e completezza. La Corte, pertanto, ritiene che il rapporto dell’assistente arbitrale n. 2 regga pienamente la prova di resistenza logico-probatoria, configurandosi come l’elemento determinante per la ricostruzione degli episodi contestati, grazie alla sua precisione descrittiva, alla coerenza interna e alla posizione privilegiata dell’autrice nell’osservare e percepire direttamente i fatti. Tale rapporto, inoltre, come sopra evidenziato, non risulta isolato, ma ad una più attenta analisi, trova un supporto indiretto e complementare nelle dichiarazioni rese, in particolare, dall’arbitro, che contribuiscono a delineare un quadro probatorio organico e coerente. Ciò posto, per quanto concerne le frasi attribuite al calciatore, (“sta grande bocchinara, la Domenica dovete stare a casa a farvi scopare mica in mezzo al campo di pallone”), il Collegio ritiene che tali espressioni costituiscano una palese violazione dell’art. 28 CGS, in quanto dirette a denigrare l’assistente arbitrale sulla base del suo sesso, compromettendone la dignità personale e professionale. Le espressioni in oggetto, infatti, collegano direttamente l’insulto al genere dell’assistente arbitrale, minandone non solo l’autorevolezza e il ruolo, ma ponendo, altresì, in dubbio l’idoneità delle donne a ricoprire incarichi arbitrali. Tuttavia, sotto il profilo della dosimetria della sanzione, la Corte ritiene proporzionato rideterminare la squalifica irrogata al giocatore in dodici giornate, tenuto conto che la sanzione minima prevista dall’art. 28 CGS è pari ad almeno dieci giornate. Le ulteriori sanzioni irrogate nei confronti della società risultano invece congrue e giustificate rispetto alla gravità delle condotte contestate, trovando il proprio fondamento nell’art. 28, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva. La norma, infatti, configura una responsabilità oggettiva in capo alle società per le manifestazioni discriminatorie compiute dai propri sostenitori, quali cori, grida o altre espressioni che, per dimensione e percezione reale del fenomeno, integrino comportamenti discriminatori. Ad avviso del Collegio, le frasi de quibus presentano una struttura linguistica che, se analizzata nel contesto, denota un intento discriminatorio, connotato anche da una dimensione sessista. In particolare, il termine "troia", ripetuto più volte, è un insulto tipicamente indirizzato alle donne (e non declinabile al maschile), radicato in stereotipi di genere che mirano a svilire la dignità femminile. Non si tratta di offesa generica, ma di un termine che veicola un attacco diretto alla persona in quanto donna, associandola a un ruolo degradante e offensivo. L’aggiunta di "puttana" amplifica ulteriormente questa dimensione discriminatoria, confermando l’intento denigratorio fondato su stereotipi sessuali. La parte della frase "voi e la FIGC che vi manda" ,in un contesto in cui la terna arbitrale include due assistenti donne, rafforza l’associazione tra l’insulto e il genere dell’ assistente arbitrale presente in campo, delegittimando non solo il ruolo degli ufficiali di gara in generale, ma anche, nello specifico, l’idoneità delle assistenti donne a svolgere la funzione arbitrale. Nel complesso, dunque, ad avviso di Questa Corte, la frase si configura come sessista non solo per i termini utilizzati, che esprimono un’offesa diretta alla dignità delle donne, ma anche per il contesto di delegittimazione che insinua, richiamando implicitamente l’inadeguatezza delle donne al ruolo arbitrale. L’offesa non si limita, quindi, a una dimensione personale, ma colpisce anche la figura professionale delle assistenti arbitrali in quanto donne, esacerbando il contenuto discriminatorio. Tale configurazione è perfettamente coerente con la violazione dell’art. 28 CGS, che sanziona le condotte discriminatorie, dirette o indirette, volte a svilire la dignità di una persona per motivi legati al genere, giustificando l’applicazione della sanzione minima prevista per una prima violazione, consistente nell’ammenda e nella disputa di una gara a porte chiuse. La misura irrogata alla società dal Giudice Sportivo, pertanto, risulta conforme al dettato normativo e idonea a tutelare i valori di rispetto e uguaglianza che costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento sportivo. Tanto premesso, questa Corte, ascoltata la società,
DELIBERA
Di accogliere parzialmente il reclamo, rideterminando la squalifica a carico del calciatore Mangione Massimo a 12 gare. Di respingere altresì il reclamo, confermando le rimanenti decisioni impugnate. Il contributo va restituito.
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