F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0074/CFA pubblicata il 27 Dicembre 2024 (motivazioni) – A.S.D. Umbertide Cosmos-sig. Ivano Alunni-PFI
Decisione/0074/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0057/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Diego Sabatino - Componente
Ida Raiola - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo n. 057/CFA/2024-2025 proposto dal sig. Ivano Alunni e dalla società A.S.D. Umbertide Cosmos in data 01/11/2024,
per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Umbria di cui al Comunicato Ufficiale n.60 del 17/10/2024;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza, tenutasi in videoconferenza, in data 17 dicembre 2024, il Pres. Ida Raiola e uditi l’Avv. Marzio Vaccari, per i reclamanti, e l’Avv. Maurizio Gentile per la Procura federale interregionale.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto prot. .6837/1155 pfi 23-24/PM/ag, il Procuratore federale interregionale deferiva innanzi al Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Umbria: 1) il sig. Ivano Alunni, all'epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società A.S.D. Umbertide Cosmos; 2) la società A.S.D. Umbertide Cosmos; per rispondere: 1. il sig. Ivano Alunni, all’epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società A.S.D. Umbertide Cosmos: a) della violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 32, comma 2, del Codice di giustizia sportiva in relazione a quanto previsto dall’art. 39, comma 1, delle N.O.I.F. per avere lo stesso, quale presidente dotato di poteri di rappresentanza della società A.S.D. Umbertide Cosmos, consentito e comunque non impedito che il calciatore sig. F.C. prendesse parte, nelle fila della squadra schierata dalla società A.S.D. Umbertide Cosmos, alla gara A.S.D. Junior Castello – A.S.D. Umbertide Cosmos del 16/03/2024 valevole per il campionato Esordienti, senza averne titolo perché tesserato dal 13.10.2023 per la società A.S.D. Tiberis Macchie; b) della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per non avere osservato i principi di lealtà, correttezza e probità in occasione dell’audizione svoltasi in data 11 giugno 2024 da parte della Procura federale, e segnatamente per non avere lo stesso risposto a nessuna domanda rivoltagli avvalendosi della “facoltà di non rispondere”; 2. la società A.S.D. Umbertide Cosmos a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per gli atti ed i comportamenti posti in essere dal sig. Ivano Alunni, così come descritti nel precedente capo di incolpazione.
1.2. Con decisione comunicata in data 18/10/2024 mediante la notifica del comunicato n. 60 del 17 ottobre 2024, il Tribunale federale territoriale del Comitato regionale Umbria dichiarava il sig. Ivano Alunni, responsabile degli addebiti di cui al deferimento e per l’effetto applicava al medesimo la sanzione dell’inibizione per mesi tre, e la ASD Umbertide Cosmos responsabile dell’addebito di cui al deferimento e per l’effetto applicava alla società la sanzione dell’ammenda di €.200,00.
1.3. Avverso tale decisione proponeva reclamo il sig. Ivano Alunni, in proprio e in qualità di Presidente e legale rappresentante pro tempore della ASD Umbertide Cosmos, articolando i seguenti motivi di doglianza: a) error in iudicando-sull’improcedibilità; b) error in iudicando – difetto di istruttoria- violazione del diritto di difesa – Omesso pronunciamento circa un fatto decisivo per la controversia con particolare riferimento al comportamento del delegato della Federazione; c) erroneità della decisione impugnata circa l’asserita violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza da parte del sig. Alunni.
1.4. A seguito di istanza motivata di rinvio presentata dalla difesa del reclamante, l’udienza per la discussione del reclamo veniva fissata alla data del 17 dicembre 2024.
1.5. Si costituiva in resistenza il Procuratore federale interregionale, che eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del reclamo, perché lo stesso non era stato trasmesso alla controparte ed era stato depositato oltre il termine perentorio di sette giorni, in violazione di quanto prescritto dall’art.101, comma 2, del Codice della giustizia sportiva (d’ora in poi, anche CGS).
1.6. All’udienza del giorno 17 dicembre 2024, tenutasi con la modalità della videoconferenza, il difensore della parte reclamante, Marzio Vaccari, concludeva per l’accoglimento del reclamo, mentre, per la Procura federale interregionale, l’avv. Maurizio Gentile instava per la declaratoria di inammissibilità del reclamo.
1.7. All’esito della discussione, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il reclamo, presentando profili sia di inammissibilità che di infondatezza, va respinto.
2.1. È, infatti, fondata l’eccezione preliminare di irricevibilità/inammissibilità del reclamo, sollevata, sotto un duplice profilo, dalla difesa della Procura federale nelle controdeduzioni depositate in atti in data 13/12/2024.
2.1.1. In primo luogo, a fronte della conoscenza della decisione impugnata avvenuta in data 18 ottobre 2024, mercé la notifica del Comunicato Ufficiale n.60 del 17 ottobre 2024, il mezzo di gravame è stato proposto mediante deposito presso la segreteria della Corte federale di appello solo in data 01/11/2024, ben oltre, quindi, il termine di sette giorni “dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare” indicato dall’art.101 CGS (v. in termini, Corte federale d’appello, Sez. I, n.66/2024-2025).
2.1.2. In secondo luogo, il reclamo non risulta essere stato tramesso, a cura della parte reclamante alla Procura federale interregionale ovvero alla controparte, nel medesimo termine innanzi indicato, come prescritto sempre dal richiamato art.101, comma 2, CGS, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio nel presente grado di giudizio (v. in termini, Corte federale d’appello, sez. un., decisione n.118 del 17 maggio 2024; v. anche Commissione d’appello federale, n. 18/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 22/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 40/2004-2005; Commissione d’appello federale, n. 51/2006-2007; Corte di giustizia federale, Sez. III, n. 191/2009-2010; Corte di giustizia federale, Sez. I, n. 227/2008-2009; Corte di giustizia federale, Sez. III, n. 275/2008-2009; Corte federale d’appello, Sez. III, n. 32/2018-2019; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 19/2019-2020; Corte federale d’appello, Sez. IV, n. 61/2019-2020), avendo dedotto la Procura federale interregionale di aver appreso del gravame soltanto a seguito della ricezione del provvedimento di fissazione di udienza da parte della Corte federale d’appello.
2.2. Sono, comunque, infondati nel merito anche i motivi d’appello articolati dalla parte reclamante.
2.2.1. Non merita, infatti, condivisione la doglianza, prospettata con il primo motivo di reclamo, secondo la quale, a seguito dello scioglimento della ASD Cosmos e, quindi, della conseguente cessazione dell’attività da parte della compagine sportiva, sarebbe venuta meno in capo a questa e ai suoi rappresentanti la titolarità di situazioni giuridiche soggettive riferibili all’ordinamento sportivo federale; scioglimento deliberato dall’assemblea straordinaria degli associati del giorno 8 luglio 2024, contestualmente comunicato all’Agenzia delle Entrate e successivamente alla FIGC con pec del giorno 2 agosto 2024 e del 5 settembre 2024; con conseguente improcedibilità del giudizio disciplinare.
Di contro, la Corte osserva - come peraltro, già statuito in precedenti occasioni - che il dato della inattività della società sportiva non sottrae quest’ultima alla giurisdizione federale e non impedisce l’irrogazione di sanzioni ai sensi del vigente art. 8 CGS, non essendo intervenuto il provvedimento di revoca dell’affiliazione, momento che determina lo iato con la Federazione e il suo apparato amministrativo–giustiziale (Corte federale d’appello, sez. un., decisione n.8/CFA/2023-2024, nonché, più diffusamente decisione Corte federale d’appello, sez. I, n. 7/CFA/2020-2021, alla cui stregua “la mancata attività di una società sportiva deve essere interpretata quale temporanea sospensione, più o meno lunga, delle prestazioni sportive; attività che potrebbe essere ripresa in qualsiasi momento da parte dell’affiliata senza eliminare e neppure affievolire il vincolo che la lega alla Federazione sportiva con conseguente assoggettamento all’obbligo di osservanza dei precetti normativi– regolamentari imposti a tutti gli associati. Il quadro degli Statuti vigenti consente di affermare che per non essere soggetti alle norme della Federazione Italiana Gioco Calcio e quindi venir meno la sanzionabilità – in questo caso di una società - occorre che vi sia stato un provvedimento di decadenza e/o revoca della affiliazione da parte del Presidente fed rale (art. 16, comma 1, lett. a) NOIF). Tale principio è ulteriormente chiarito dallo Statuto della Lega Nazionale Dilettanti, laddove all’ art. 5, comma 2 si dispone “Alla decadenza o revoca dell’affiliazione, oppure alla affiliazione ad altra Lega delle Federazione Italiana Giuoco calcio, consegue la perdita automatica della qualità di associata da parte della società…”).
2.3. Sono del pari infondate e vanno disattese le allegazioni difensive di parte reclamante articolate con il secondo motivo di reclamo, con particolare riguardo all’asserita violazione del diritto di difesa e alle contestazioni circa la riferibilità al sig. Ivano Alunni di una condotta posta in essere in violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità facenti capo ai soggetti dell’ordinamento sportivo, allorquando, convocato per l’audizione in sede istruttoria, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
2.3.1. La Corte osserva, al riguardo, che la difesa di parte reclamante, nel ricostruire la vicenda in fatto, è ricorsa a termini ed espressioni (quali: “singolarità/stranezze”, a pag. 6 del reclamo; “è di tutta evidenza che la presenza del Delegato della Federazione fosse quantomeno sospetta” a pag. 7 del reclamo, il ricorso alla figura dell’ “agente provocatore” nella memoria depositata in data 22/08/2024 nell’ambito del procedimento di primo grado), che paiono inappropriati e inutilmente suggestivi rispetto al contesto in cui si svolge il presente procedimento ovvero l’ambito della giustizia sportiva, anch’esso connotato – come il più ampio ambito dell’ordinamento sportivo - dall’esigenza di rispettare le regole della correttezza e della continenza verbale, senza indulgere in atteggiamenti di sospetto o in ricostruzioni in chiave complottistica dell’accaduto, in mancanza di obiettive e non agevolmente confutabili prove in contrario.
E ciò anche in relazione all’art. 4 del CGS, poiché l’adesione all’ordinamento sportivo ed alle federazioni sportive nazionali comporta, oltre che l’accettazione delle sue norme, la condivisione di una serie di principi etici, che rendono ben più alta l’asticella della condotta del tesserato – e del suo difensore - che non può limitarsi ad un generico comportamento conforme ai principi del buon padre di famiglia, ma impone un più alto livello di attenzione e rispetto nei confronti degli altri tesserati e del sistema cui intende partecipare (CFA, SS.UU., n. 34/2024-2025).
2.3.2. Ciò posto, nel caso di specie, il sig. Alunni si avvaleva della facoltà di non rispondere; e ciò a fronte delle risultanze istruttorie dalle quali è emersa una fattispecie di responsabilità dei soggetti incolpati (il sig. Alunni, per la sua qualità di Presidente della ASD Umbertide Cosmos e, a titolo di responsabilità oggettiva diretta ai sensi dell’art.6 CGS, di quest’ultima società sportiva) per aver impiegato, in occasione della partita di calcio del 16/03/2024 tra ASD Junior Castello e la ASD Umbertide Cosmos, valevole per il campionato “Esordienti”, un calciatore in posizione non regolare, in quanto tesserato per una società sportiva diversa dalla ASD Umbertide Cosmos (nel caso, si trattava della ASD Tiberis Macchie).
In tal modo egli - invece di assumere un atteggiamento collaborativo - ha assunto un contegno ostruzionistico, là dove non era nemmeno configurabile la possibile rilevanza penale dei fatti che si andavano accertando.
2.3.3. E’ noto come, nell’ordinamento generale, è discusso se il principio nemo tenetur se detegere possa assumere una rilevanza extrapenale; è il caso dell’istruttoria tributaria che si caratterizza in modo nettamente distinto da quella penale; pertanto, secondo l’orientamento maggioritario, tale principio non può essere richiamato in relazione a comportamenti diversi che, autonomamente considerati, costituiscono l’adempimento di obblighi imposti a tutela di un diverso bene giuridico (l’interesse fiscale).
Al riguardo, già in passato questa Corte (CFA, SS.UU., n. 29/2022-2023) ha richiamato alcuni precedenti della giurisprudenza della Corte di Cassazione penale (Sez. 3 n. 53656 del 03/10/2018 Rv. 275452 che ha escluso profili di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e 36, comma 34-bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, nella parte in cui tali disposizioni prevedono, al fine di non commettere il reato di omessa presentazione della dichiarazione di redditi, l'obbligo di presentare la dichiarazione all'Agenzia delle Entrate, ancorché riguardi redditi provenienti da attività illecita, in quanto il principio del "nemo tenetur se detegere" opera esclusivamente nell'ambito di un procedimento penale già avviato e deve ritenersi recessivo rispetto all'obbligo di concorrere alle spese pubbliche previsto dall'art. 53 Cost.. Ed ancora Sez. 3 n. 53137 del 22/09/2017 Rv. 271827 per cui integra il delitto previsto dall'art. 5 del d.lgs. 3 ottobre 2000, n. 74, l'omessa presentazione della dichiarazione di redditi provenienti da attività illecita da parte del titolare di una ditta individuale determinata dall'esigenza di non fornire all'amministrazione prove a sé sfavorevoli, giacché, salvo specifiche previsioni di legge di segno contrario, il principio processuale del "nemo tenetur se detegere" non può dispiegare efficacia al di fuori del processo penale e pertanto non giustifica la violazione di regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva; Sez. 5, n. 9746 del 12/12/2014 Rv. 262941 secondo cui è configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella condotta di un ex amministratore di società dichiarata fallita che non consegna la documentazione contabile al curatore per evitare che la stessa sia utilizzata in suo pregiudizio in un processo penale già in corso, posto che il principio del "nemo tenetur se detegere" comporta la non assoggettabilità ad atti di costrizione tendenti a provocare un'autoincriminazione, ma non anche la possibilità di violare regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva).
Tali considerazioni valgono, a maggior ragion , nell’ordinamento sportivo dà dove, com’è noto, l’autonomia dello stesso consente – quantomeno – una modulazione diversa di tale principio, al fine di contemperarlo con la peculiarità degli interessi coinvolti, tanto più che – come si è visto – tale principio neanche nell’ordinamento generale si basa su insuperabili ragioni di fondo.
Del resto tale operazione di bilanciamento – nella specie, tra il principio " nemo tenetur se detegere" e quello dell’adeguamento di tale principio alle regole procedimentali sportive - è consentita dalla Costituzione là dove nessuno dei diritti costituzionali previsti ha carattere assoluto, ma tutti sono contemperati con gli altri diritti e interessi costituzionalmente rilevanti e l’esito del bilanciamento non può mai essere il sacrificio totale di uno dei valori in gioco. Ciò nel presupposto che la Costituzione non presenta una gerarchia di “principi” o di diritti: ogni interesse di cui annuncia la tutela si accompagna con il suo contrappeso. Infatti, secondo la Corte costituzionale, “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. ….. Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona….. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. ” (Corte cost. n. 85/2013).
E proprio questa è stata l’operazione compiuta dalla Corte costituzionale con le due note decisioni in materia di giustizia sportiva n. 49/2011 e n. 160/2019 in cui ha effettuato, appunto, un bilanciamento tra il diritto di azione in giudizio e l’autonomia del fenomeno sportivo.
2.3.4 – Sotto un profilo finalistico c’è poi da considerare che la modulazione del principio nemo tenetur se detegere appare indispensabile nell’ordinamento sportivo al fine di consentire all’organismo inquirente federale una più esatta ricostruzione dell’accaduto, per giungere ad una rapida e certa repressione delle condotte antisportive e concorrere a salvaguardare i fondamentali valori giuridici della correttezza e lealtà delle competizioni.
Organo inquirente i cui strumenti di indagine sono evidentemente più limitati rispetto all’autorità giudiziaria ordinaria, non avendo la collaborazione degli agenti di polizia giudiziaria.
2.3.5. Né può rilevare la circostanza che non esiste una specifica disposizione sanzionatoria riguardante l’atteggiamento non collaborativo in sede di audizione.
Tale comportamento, difatti, si pone in contrasto con i principi di cui all’art. 4 CGS.
Al riguardo, questa Corte, anche di recente (CFA, SS.UU., n. 67/2024-2025), ha considerato che quella contenuta nell’art. 4 CGS è una clausola di “chiusura” del sistema, poiché evita di dover considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio (Collegio di garanzia dello sport, parere n. 5/2017); e ciò sulla scia di un autorevole insegnamento secondo cui il principio di lealtà sportiva si riporta alle clausole generali di correttezza e buona fede. Il dovere generale di buona fede ha la funzione di colmare le inevitabili lacune legislative: la legge, per analitica che sia, non può prevedere tutte le possibili situazioni; non può sempre prevenire, con apposite norme, gli abusi che le parti possono commettere l’una a danno dell’altra. La legge prevede solo le situazioni più frequenti, sventa gli abusi più ricorrenti: molti riprovevoli comportamenti sfuggirebbero alle pur fitte maglie della legge, se si dovesse considerare permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta (“la legge non lo vieta, dunque posso farlo”), o solo facoltativo ogni comportamento che nessuna norma di legge rende obbligatorio (“la legge non lo impone, dunque posso non farlo”). Il principio generale della correttezza e della buona fede consente di identificare altri divieti e altri obblighi oltre a quelli previsti dalla legge; si realizza, come si dice, la “chiusura” del sistema legislativo, ossia si offrono criteri per colmare le lacune che questo può rivelare nella varietà e molteplicità delle situazioni della vita economica e sociale; per quanto più specificamente rileva nell’ordinamento sportivo, altro autorevole insegnamento ha ritenuto che il tratto tipizzante di tale ordinamento è rappresentato dal fatto che lo sport è una dimensione della persona attinente alla sua spiritualità e lo sportivo autentico è prima di tutto, un soggetto virtuoso, nel senso che è chiamato al dovere irrinunciabile di esercitare alcune virtù, ritenute supreme e il cui mancato esercizio lo pone fuori dalla comunità; pertanto tutti i comportamenti eticamente riprovevoli violano nel profondo l'ordinamento sportivo; la clausola di cui all’art. 4 CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruita e applicata secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte. La norma contenuta nell’art. 4, comma 1, del CGS consente al giudice sportivo di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e rende possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza. La disposizione, redatta s condo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice (ex multis: CFA, Sez, I, n. 111/2023-2024); con la conseguenza che nell’ordinamento sportivo, accanto ad illeciti disciplinari tipizzati, vi sono fattispecie disciplinari di carattere generale, come quelle che si fanno rientrare nella violazione dei principi in esame, quali canoni valutativi, assoluti ed imprescindibili del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuate e specificate ab origine, ma devono essere di volta in volta rielaborate alla stregua delle specifiche circostanze ed evidenze del caso concreto (Collegio di Garanzia dello sport, Sez. IV, 13 ottobre 2017, n. 76/2017; Collegio di garanzia dello sport n. 152/2024). Ne discende la configurabilità di una sanzione disciplinare anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico inadempimento ad una disposizione espressa. L’attività sportiva si fonda sul rispetto di tali canoni comportamentali che non sono suscettibili di essere circoscritti all’interno di fattispecie descritte secondo i criteri della precisione e della determinatezza (CFA, SS.UU. n. 12/2021-2022); pertanto la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza può essere rilevante in via autonoma. Non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del CGS perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza. Un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile (CFA, SS.UU., n. 53/2021-2022).
2.4. Alla luce delle considerazioni svolte e della ritenuta sia inammissibilità che infondatezza del reclamo, quest’ultimo va respinto.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ida Raiola Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce