F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0079/CFA pubblicata il 30 Dicembre 2024 (motivazioni) – sig. Luigi Catanoso/Procura federale

Decisione/0079/CFA-2024-2025

Registro procedimenti n. 0070/CFA/2024-2025

Registro procedimenti n. 0071/CFA/2024-2025

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Vincenzo Barbieri – Componente

Luca Cestaro – Componente

Antonino Anastasi - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui reclami riuniti n. 0070/CFA/2024-2025 e 0071/CFA/2024-2025 proposti, rispettivamente, dal sig. Luigi Catanoso e dalla Procura federale in data 28.11.2024 e 29.11.2024,

per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale n. 100 del 25.11.2024;

 visti i reclami e i relativi allegati;

visti gli atti tutti di causa;

relatore all’udienza del 20.12.2024, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Antonino Anastasi e uditi l’Avv. Paolo Gallinelli per il Sig. Luigi Catanoso e l’Avv. Giorgio Ricciardi per la Procura federale; è presente altresì il Sig. Luigi Catanoso.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con l’atto che ha dato avvio al presente contenzioso, la Procura federale ha deferito avanti al Tribunale nazionale federale – Sezione disciplinare - il sig. Luigi Catanoso, arbitro effettivo del C.R.A. Calabria, Sezione Reggio Calabria, per rispondere della violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nonché dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto dall’articolo 24 del Codice di giustizia sportiva, e dall’art. 42, comma 3, lett. a) e c), e comma 4, lett. j) del vigente Regolamento AIA, così come integrato, quest’ultimo, anche dagli artt. 3, comma 2, 4 e 6.1 del Codice etico e di comportamento dell’AIA.

In particolare il sig. Catanoso era incolpato di aver incontrato, in Firenze il 17 agosto 2024, il sig. Stefano Milone, arbitro originariamente designato per la gara Empoli-Lazio del Campionato di Primavera 1, da disputarsi domenica 18 agosto 2024, al fine di offrire e/o promettere denaro, in concorso con persona non tesserata FIGC, in cambio di informazioni utili a consentirgli di effettuare direttamente e/o per interposta persona scommesse dall’esito sicuro su ammonizioni e/o calci di rigore e/o su quale squadra avrebbe segnato per prima nel predetto incontro, per conseguire illeciti profitti.

In relazione a tale illecito, la Procura ha richiesto l’irrogazione di sanzione pari a tre anni di squalifica.

All’esito del dibattimento il Tribunale, ritenendo adeguatamente provata la commissione dell’illecito da parte dell’incolpato, ha irrogato al sig. Catanoso la sanzione della sospensione nella misura massima (due anni) consentita dall’art. 63, comma 1, lett. c, del Regolamento AIA.

A sostegno del decisum il Tribunale ha osservato che, nel caso all’esame, la norma effettivamente violata era quella speciale di cui all’art. 42, comma 3, lett. a) e c), e comma 4, lett. j), del vigente Regolamento AIA, così come integrato dagli artt. 3, comma 2, 4 e 6.1 del Codice etico e di comportamento dell’AIA, risultando invece non applicabile la norma generale di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva.

La decisione di primo grado è stata impugnata col reclamo n. 70 dal sig. Luigi Catanoso il quale ne ha chiesto in primo luogo l’annullamento per motivi di rito, non essendosi il Tribunale pronunciato sulla richiesta di acquisizioni testimoniali da lui motivatamente presentata. Nel merito, il reclamante insiste per l’infondatezza dell’atto di deferimento o, in estremo subordine, per l’irrogazione di una sanzione più mite, previa concessione delle attenuanti in ragione dei suoi ottimi precedenti di carriera.

La decisione di primo grado è stata altresì impugnata col reclamo n. 71 dalla Procura federale, la quale – ribadita l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 4 CGS – torna ad insistere per l’irrogazione della più grave sanzione (tre anni di squalifica) originariamente richiesta.

Con decreto presidenziale n. 5/CFA 2024-2025 i due procedimenti sono stati riuniti in quanto volti a contestare la medesima decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reclamo n. 70, presentato dal sig. Catanoso, non è fondato e va pertanto respinto.

1.1 Con il primo motivo il reclamante chiede l’annullamento della decisione impugnata con rinvio al Tribunale, il quale – in violazione delle regole del contraddittorio – ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di acquisizioni testimoniali da lui ritualmente formulata.

La domanda va disattesa in quanto occorre ribadire che, sebbene il quarto periodo del secondo comma dell’art. 106 C.G.S. (“Pronuncia della Corte federale di appello) disponga che quest’ultima “ Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione”, una corretta interpretazione di tale disposizione, conforme peraltro al principio della ragionevole durata del processo sportivo, impone che le fattispecie di inammissibilità e di improcedibilità dichiarate dall’organo di primo grado che legittimano l’annullamento della decisione con rinvio, “siano solo quelle di mero rito, per effetto delle quali non via stato alcun ingresso alla valutazione del merito delle questioni, e per le quali è pertanto mancata una qualsiasi parvenza di contraddittorio” (ex multis: CFA, SS.UU., n. 2/2023-2024).

Il che, con ogni evidenza, non risulta avvenuto nel caso all’esame, avendo il Tribunale affrontato in maniera esaustiva ogni profilo controverso della vicenda tenendo ben presenti le deduzioni difensive dell’incolpato.

Né può essere accolta – ostandovi precisi vincoli normativi e fattuali - la richiesta di ammissione di tali testimonianze in questa sede d’appello, avanzata in via subordinata dalla difesa del sig. Catanoso.

Al riguardo, si evidenzia in primo luogo che il procedimento disciplinare-sportivo, anche attese le esigenze di celerità dello stesso e il criterio di informalità cui è improntato, si svolge ordinariamente sulla base delle deduzioni difensive delle parti, delle evidenze documentali e delle prove precostituite, rispetto alle quali la prova testimoniale rimane, comunque, eccezione. Il che, del resto, si evince dall’espressione “necessità di provvedere”, cui fa riferimento l’art. 60 CGS, espressione che, altrimenti, costituirebbe un mero pleonasmo (cfr. per tutte CFA, SS.UU., n. 43/2023-2024).

In secondo luogo la richiesta prova testimoniale non riveste, a giudizio della Corte, alcun carattere rilevante o men che mai decisivo in quanto – come subito si vedrà – le risultanze pianamente evincibili da una complessiva valutazione del materiale probatorio in atti appaiono univoche e concludenti.

1.2 Con il secondo e centrale motivo il reclamante deduce che il denunciante sig. Milone sarebbe incorso in varie contraddizioni, fornendo alla Procura, in sede di audizione, una versione dei fatti alquanto differente da quella sinteticamente rappresentata via email al suo Designatore (sig. Ciampi) nell’immediatezza del fatto.

Tali contraddizioni comprovano, secondo il reclamante, che il denunciante avrebbe radicalmente frainteso il tenore del colloquio intercorso con il sig. Catanoso e con la persona che accompagnava quest’ultimo, erroneamente interpretando alcune frasi scherzose pronunciate dai suoi interlocutori come volte alla formulazione di una proposta corruttiva.

La tesi accusatoria, rileva il reclamante, è del resto del tutto illogica atteso che le illecite informazioni asseritamente richieste al Milone riguardavano una gara del Campionato Primavera, nel quale – a differenza che nei tornei professionistici -  non sono accettate scommesse su dati fattuali quali il numero e la cadenza di ammonizioni, rigori etc.

Il mezzo non ha fondamento.

In primo luogo si osserva che, come ben posto in evidenza dal Tribunale, il sig. Milone tanto nell’originaria denuncia quanto nella successiva audizione ha rappresentato l’episodio avvenuto nella serata del 17 agosto 2024 con coerente dettaglio, distinguendo in maniera precisa le frasi attribuibili al sig. Catanoso da quelle pronunciate dal soggetto che lo accompagnava.

Tali frasi – obiettivamente considerate - si connotano in modo non equivoco come effettivamente volte a coinvolgere l’arbitro designato in un disegno corruttivo finalizzato al conseguimento da parte del sig. Catanoso e del suo accompagnatore di guadagni illeciti mediante scommesse dall’esito sicuro su eventi di gara (ammonizioni, calci di rigore e simili) appunto in parte dipendenti da scelte arbitrali.

Ne deriva che l’ipotesi di un possibile fraintendimento da parte del sig. Milone circa l’effettiva valenza del colloquio risulta del tutto claudicante, essendo impossibile equivocare sul tenore di affermazioni quali “Faremo le giocate dall’estero in maniera sicura e non potranno mai rintracciarti” o “dacci l’indicazione sull’ammonizione o sul calcio di rigore di domani ed al termine della gara avrai la tua ricompensa di 3000 (tremila) euro” che non possono in alcun modo ritenersi formulate “ioci causa”.

Ciò premesso in fatto, si rileva in diritto che, come precisato dalla Corte di cassazione, la dichiarazione di un solo teste ben può̀ essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo. E tanto vale finanche nell'ipotesi in cui l'accusa provenga da chi è portatore di un chiaro interesse contrastante con lo stesso accusato, precisando la Suprema Corte: "In tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può̀ essere equiparata a quella del testimone estraneo, può̀ tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità̀ oggettiva e soggettiva (cfr. CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023).

Nel caso all’esame, le dichiarazioni rese dal sig. Milone sono appunto pienamente credibili tanto sul piano oggettivo, come sopra osservato, quanto sul piano soggettivo, dovendosi escludere che il predetto potesse nutrire alcun elemento di animosità, ostilità o prevenzione nei confronti del collega.

Per la verità l’incolpato, nel corso del giudizio di primo grado, ha evocato la preesistenza di contrasti associativi tra lui e il Milone, onde sminuire la credibilità del teste.

Ma tale deduzione non appare in alcun modo concludente, sia perché – come esattamente rilevato dal Tribunale - formulata in maniera del tutto generica e dubitativa; sia perché, come subito si vedrà, risulta smentita dallo stesso comportamento dell’incolpato il quale ha invece cercato con insistenza di incontrare il sig. Milone prima della gara.

In effetti, è documentalmente provato che (risultando l’arbitro Milone designato a dirigere la gara Empoli –Lazio del 18 agosto 2024) il sig. Catanoso ha provato ripetutamente a richiedergli un incontro prima in Calabria (il 14/8) e poi a Firenze (il 17/ 8 alle ore 16,37), riuscendo ad ottenere un appuntamento solo con una terza richiesta formulata telefonicamente alle ore 17,37.

Tale insistenza nell’intento di contattare il collega arbitro non sembra peraltro suscettibile di giustificarsi con ragioni latamente sociali, non sussistendo tra i soggetti coinvolti un rapporto amicale così stretto da giustificare uno specifico viaggio del Catanoso (e del suo accompagnatore) a Firenze solo per un fugace scambio di saluti.

Il reclamante, inoltre, persiste anche in questa sede di appello, nel continuare ad identificare il soggetto che lo ha accompagnato (ed ha partecipato attivamente al colloquio) come un suo omonimo cugino, risultando invece agli atti trattarsi di altro soggetto non tesserato, nominativamente identificato dal sig. Milone in base a foto pubblicate sui social: trattasi, con evidenza, di una prospettazione del tutto illogica, che priva di ogni residua credibilità la versione dei fatti propugnata dal sig. Catanoso, il quale peraltro, come eccepito in udienza dalla Procura, ha anche misteriosamente omesso di invocare a discarico la testimonianza del suo accompagnatore o quanto meno di produrre dichiarazioni scritte da lui provenienti.

Infine, il fatto che i concessionari ufficiali non accettino quella specifica tipologia di scommesse (rigori, ammonizioni etc.) per gare del Campionato Primavera non prova molto, in quanto – come ben evidenziato dal Tribunale – tali puntate sono notoriamente consentite su siti di raccolta non abilitati, specie se operanti all’estero.

In conclusione, la ricostruzione dell’episodio incriminato da parte del sig. Milone appare – come si è detto - lineare e coerente, mentre l’opposta versione fornita dall’incolpato risulta connotata da genericità, aporie e contraddizioni che la rendono non credibile.

Sulla scorta di queste considerazioni, e ricordato che nel processo sportivo lo standard probatorio necessario non richiede la certezza assoluta, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, essendo sufficiente una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito, il reclamo del sig. Catanoso va pertanto respinto, dovendosi ribadire quanto statuito dal Tribunale in ordine alla colpevolezza dell’interessato.

2. Il reclamo n. 71, proposto dalla Procura federale, è invece fondato e va pertanto accolto.

2.1 Con l’unico motivo di appello la Procura deduce che l’illecito disciplinare addebitato al sig. Catanoso è sanzionabile (oltre che ai sensi dell’art. 42, comma 3, lett. a) e c), e comma 4, lett. j) del vigente Regolamento AIA) anche ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di giustizia sportiva, con conseguente applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 9 dello stesso Codice.

Il motivo risulta fondato.

Al riguardo, si ricorda, da un lato, che l’art. 4 comma 1 del Codice di giustizia sportiva ( Obbligatorietà delle disposizioni generali) dispone che “I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme organizzative interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva”; dall’altro, che l’art. 9 del Codice stesso (Sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati delle società) dispone al vigente comma 7 bis che “Agli appartenenti all’AIA si applicano le sanzioni previste dal Regolamento AIA in caso di violazione della normativa di settore, ferma restando l’applicazione delle sanzioni del presente articolo in caso di violazione degli obblighi di osservanza di cui all’art. 4, comma 1.”.

Dalla normativa ora trascritta deriva inequivocamente che, allorché il comportamento del soggetto appartenente all’AIA risulti connotato non tanto da uno scostamento rispetto alla specifica normativa professionale di settore quanto piuttosto - in ogni rapporto latamente riferibile all’attività sportiva – dalla concorrente violazione dei valori generali che l’art. 4 pone alla base dell’ordinamento federale (appunto: lealtà, correttezza e probità), esso sarà appunto sanzionabile ai sensi dell’art. 9 del Codice.

D’altra parte, quanto ora rilevato sul piano testuale trova conforto - come ben evidenzia la reclamante Procura – nelle considerazioni di stampo sistematico già svolte dalle Sezioni Unite di questa Corte federale in una decisione afferente ad un giudizio disciplinare consimile, appunto relativo ad un associato AIA. (cfr. CFA, SS.UU., n. 118/2023-2024).

Come evidenziato in quella sede “L'art. 42 del regolamento AIA (rubricato "Doveri degli arbitri") precisa, in particolare al comma 3, lett. c), testualmente, che gli arbitri, oltre ai doveri di cui al comma 1, "sono altresì obbligati ...... ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva e nei rapporti con colleghi e terzi, ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale". Inoltre il regolamento etico e di comportamento della stessa AIA precisa: "È valore irrinunciabile ed imprescindibile di tale attività, la correttezza e la lealtà nella vita sportiva come in quella sociale. Il collante tra questi due principi, che allo stesso tempo ne costituisce il fondamento, è la cultura del “fair play”, valore da applicare non solamente sui campi di gioco ma a cui riferirsi come stile di vita, attraverso il rifiuto dell’inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi e/o profitti non parimenti raggiungibili con le sole proprie capacità (art. 3, comma 2) ...."Il comportamento dell’Associato deve essere espressione di legalità ed apparire come tale, deve riscuotere la fiducia e l’affidamento attraverso comportamenti improntati alla dignità della funzione, alla correttezza ed alla lealtà. I comportamenti, oltre a riferirsi al senso di giustizia, devono essere ispirati alla “virtù del ben operare (art. 6.1)".

Ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, opera richiamo altresì l'art. 4, comma 1, CGS, al cui rispetto lo stesso citato art 42 del Regolamento richiama la classe arbitrale tutta.

La lettura di tali disposizioni chiarisce l'ambito di applicazione delle regole stesse, indicando come gli arbitri siano destinatari come e più degli altri soggetti indicati dall'art. 2 CGS - dell'obbligo del rispetto dei principi basilari dell'ordinamento sportivo, anche in comportamenti assunti fuori dall'attività sportiva in senso stretto (per come precisato da Regolamento e codice etico). È in sostanza un richiamo specifico al comportamento di chi è chiamato ad assumere la veste di giudice, sia pure nell'ambito sportivo, che, come tale, deve improntare a correttezza, rettitudine e morale comune ogni sua condotta, non solo per la sua onorabilità in ragione del ruolo assunto, ma anche per la difesa dell'immagine e della credibilità tutta della categoria cui ha chiesto di appartenere. Il destinatario di tali indicazioni deve apparire - oltre che essere - persona retta e dignitosa in ogni suo fare, mantenendo una condotta costantemente improntata al rispetto della legalità nel rifiuto di ogni azione finalizzata al perseguimento di vantaggi personali non totalmente leciti.

Il richiamo all'apparire evoca le caratteristiche del giudice in quanto tale, che non solo dev'essere indipendente, imparziale e scevro da ogni tipo di coinvolgimento 'opaco', ma deve anche apparire tale all'esterno. Neppure la percezione esteriore del suo fare può rimanere mai soggetta a dubbi sull'eticità della sua condotta. Il codice etico AIA (art. 3) impone i valori di correttezza e lealtà nella vita sportiva come in quella sociale, prescrivendone il rispetto costante non solo sui campi da gioco ma anche nello stile di vita, attraverso il rifiuto dell'inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi o profitti non raggiungibili con le sole proprie capacità. E ciò anche a difesa della stessa categoria arbitrale, che da tali comportamenti non può non rimanere danneggiata nella sua immagine. Quando il legislatore richiama questi obblighi nel ricordare i principi dell'ordinamento sportivo, lo fa per creare affidamento e delineare il contesto normativo entro il quale tutta la comunità che ne è destinataria si riconosce ed andrà ad operare. (cfr. CFA, SS.UU., n. 118/2022-2023).

Così chiarita l’applicabilità alla classe arbitrale dell’obbligo specifico di rispetto, anche in comportamenti assunti fuori dall'attività sportiva in senso stretto, dei principi di lealtà, correttezza e probità enunciati dall’art. 4, comma 1, CGS, deve altresì ribadirsi, in linea con costante giurisprudenza, che “ La figura del direttore di gara è qualcosa in più di colui che è chiamato a dirigere e valutare tecnicamente una competizione: si tratta infatti, più propriamente, di una figura istituzionale che in campo rappresenta il regolamento di gioco e che si prende la responsabilità di salvaguardare lo spirito sportivo (cfr. per tutte CFA, SS.UU., n. 69/20232024). Dal rilievo istituzionale della figura arbitrale consegue certamente che l’ordinamento federale non può in alcun modo tollerare in nessuna sede fenomeni di comportamenti irriguardosi (o peggio, violenti) in danno degli ufficiali di gara, comportamenti che devono perciò essere valutati in sede disciplinare con la massima severità. E tuttavia, sinallagmaticamente, proprio l’importanza che la figura arbitrale riveste ai fini della salvaguardia dei valori di correttezza agonistica che devono improntare la comunità federale, impone agli appartenenti alla categoria un comportamento sempre improntato a canoni di rispetto delle regole deontologiche particolarmente rigorosi.” (cfr. CFA, I Sez., n. 73/2023-2024).

Applicando gli esposti criteri orientativi al caso di specie, ritiene questa Corte che, a fronte dell’illecito disciplinare, particolarmente grave, posto in essere dall’arbitro sig. Catanoso, risulti proporzionato applicare al predetto la sanzione della squalifica per anni tre, come richiesto dalla Procura federale sin dal primo grado di giudizio.

P.Q.M.

- Respinge il reclamo numero 0070/CFA/2024-2025 proposto dal Sig. Luigi Catanoso.

- Accoglie il reclamo numero 0071/CFA/2024-2025 proposto dalla Procura federale e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga la squalifica di anni 3 (tre).

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Antonino Anastasi                                                  Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

 

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