F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0092/CFA pubblicata il 17 Marzo 2025 (motivazioni) – OMISSIS-OMISSIS-PF
Decisione n. 0092/CSA/2024-2025
Registro procedimenti n. 0089/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello - Presidente
Salvatore Lombardo - Componente
Mauro Mazzoni - Componente
Vincenzo Barbieri - Componente
Domenico Giordano - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente:
DECISIONE
sul reclamo numero 0089/CFA/2024-2025 proposto dalla Società omissis e dal omissis in data 07.02.2025;
per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale- Sez. disciplinare n. omissis;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore all’udienza del 06.03.2025, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Domenico Giordano e uditi l’Avv. Matteo Sperduti per i reclamanti e l’Avv. Giulia Conti per la Procura Federale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
I) Con reclamo depositato in data 7 febbraio 2025, il sig. omissis, in proprio e in qualità di Presidente della omissis, ha adito la Corte federale d’appello, chiedendo l’annullamento della decisione del Tribunale federale nazionale depositata il omissis, nella parte in cui la stessa, in esito al deferimento 9 ottobre 2024 Prot. 9208/1200pf23-24/GC/GR/ff della società omissis, nonché del tesserato omissis, all’epoca dei fatti allenatore di una squadra di settore giovanile di terzo livello della suddetta società omissis, ha comminato al reclamante l’inibizione per mesi 9 e alla Società sportiva l’ammenda di € 3.000.
La vicenda all’esame della Corte federale d’appello trae origine dalle segnalazioni n. 141, 156, 157, 165, 166 e 239 trasmesse in data 31 gennaio 2024 sul portale FIGC-Tutela dei minori circa possibili abusi emotivi psicologici in danno di giovani calciatori ad opera del omissis, allenatore categoria 2009 dell’omissis.
Acquisiti gli elementi informativi e contattati i soggetti segnalanti, lo Staff Tutela minori del Coordinamento settore giovanile e scolastico (SGS) del Lazio si attivava per l’osservazione del mister omissis in due distinte partite, una giocata dall’ omissis, in casa, contro lo omissis e l’altra, fuori casa, contro la omissis. Dall’osservazione di tali partite non emergeva una condotta aggressiva dell’allenatore.
Nondimeno, il Segretario del SGS Lazio, con nota in data 17 maggio 2024 Prot. 28831/SS 23-24, trasmetteva gli atti alla Procura federale per le valutazioni di competenza.
La Procura federale iscriveva in data 12 giugno 2024 nel relativo registro il procedimento disciplinare al n. 1200pf23-24 inerente la “Trasmissione del Settore Giovanile Scolastico di varie segnalazioni pervenute dal “Portale - e Modulo Contatti Tutela Minori” aventi ad oggetto delle asserite condotte gravemente antiregolamentari poste in essere dal tecnico omissis” e, dopo aver acquisito documentazione e prove testimoniali, in esito all’attività istruttoria, trasmetteva alle parti in data 29 agosto 2024 la Comunicazione di chiusura indagini (di seguito: CCI) Prot. 5318/1200pf23-24/GC/GR/ff.
Di seguito, con atto del 9 ottobre 2024 (Prot. 9208/1200pf23-24/GC/GR/ff7), il Procuratore federale e il Procuratore federale aggiunto deferivano, innanzi al Tribunale federale nazionale:
- il sig. omissis, all’epoca dei fatti presidente dotato di poteri di rappresentanza della società omissis, per rispondere:
della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva anche in relazione alle disposizioni contenute nella “Policy per la tutela dei minori” adottata dalla FIGC e “rivolta a tutti coloro che ricoprono un ruolo o sono coinvolti a qualsiasi titolo nel percorso di crescita e formazione dei giovani calciatori e delle giovani calciatrici”, per avere lo stesso, quale presidente dotato di poteri di rappresentanza della società omissis, omesso di adottare misure appropriate a garantire e tutelare i valori ed i principi espressi nella richiamata “Policy per la tutela dei minori”, consentendo e/o comunque non impedendo che nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024 si verificassero episodi contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità sportiva commessi da parte del sig. omissis, all’epoca dei fatti allenatore tesserato per la società dallo stesso rappresentata, consistiti nell’avere il predetto tecnico proferito all’indirizzo del calciatore minorenne sig. omissis, militante nella squadra Under 15 della società omissis, le seguenti testuali espressioni: “adesso ti faccio entrare pippa ma ti do 5 minuti ed inizia a contarli. Se non mi dimostri qualcosa di buono ti prendo a calci in culo”; “dai tanto vedi che non ce la fai a correre con sto culone”, nonché per avere il sig. omissis omesso di adottare misure appropriate a garantire che nel corso delle sedute preparatorie di allenamento e delle gare ufficiali della squadra Under 15 della società da lui presieduta si verificassero ripetuti episodi contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità sportiva posti in essere dall’allenatore sig. omissis, consistiti nell’avere il predetto tecnico proferito all’indirizzo del gruppo squadra Under 15 le seguenti testuali espressioni: “ una massa di pippe e che non eravamo buoni”; “il calcio non era per noi e che dovevamo lasciar perdere”; “qui comando io e chi se ne vuole andare se ne può andare a me non me ne frega un cazzo”; “ o mi date il bagnoschiuma o mi tocco il pisello e poi vi tocco in faccia”; “chi vi si incula andate andate io tanto rimango qua”; nonché, ancora, per avere il sig. omissis, quale presidente dotato di poteri di rappresentanza della società omissis, omesso di adottare misure appropriate a garantire e tutelare i valori ed i principi espressi nella richiamata “Policy per la tutela dei minori” consentendo e/o comunque non impedendo che in occasione di una seduta preparatoria di allenamento della squadra Under 15 della società omissis si verificassero episodi di discriminazione commessi da parte del sig. omissis, consistiti nell’avere lo stesso proferito la seguente testuale espressione: “in questo campo non devono entrare comunisti e froci”;
- il sig. omissis, all’epoca dei fatti allenatore tesserato per la società omissis, per rispondere:
della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto disposto dall’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore tecnico, per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024, posto in essere condotte contrarie ai principi di lealtà, correttezza, e probità sportiva consistite nell’aver proferito all’indirizzo del calciatore minorenne sig. omissis, all’epoca dei fatti tesserato per la società omissis, militante nella squadra Under 15, le seguenti testuali espressioni: “ adesso ti faccio entrare pippa ma ti do 5 minuti ed inizia a contarli. Se non mi dimostri qualcosa di buono ti prendo a calci in culo”; tanto è accaduto all’interno dello spogliatoio, durante l’intervallo di una gara del campionato Under 15; nonché per avere lo stesso in occasione di una seduta preparatoria di allenamento della squadra Under 15 della società omissis, rivolto al medesimo calciatore minorenne la seguente testuale espressione: “dai tanto vedi che non ce la fai a correre con sto culone”;
violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto disposto dall’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore tecnico per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024, posto in essere ripetute condotte contrarie ai principi di lealtà, correttezza, e probità sportiva nei confronti del gruppo squadra Under 15 dallo stesso allenato, proferendo le seguenti testuali espressioni: “ una massa di pippe e che non eravamo buoni”; “il calcio non era per noi e che dovevamo lasciar perdere”; “qui comando io e chi se ne vuole andare se ne può andare a me non me ne frega un cazzo”; “ o mi date il bagnoschiuma o mi tocco il pisello e poi vi tocco in faccia”; “chi vi si incula andate andate io tanto rimango qua”; tanto è accaduto sia in occasione delle sedute preparatorie di allenamento sia nel corso delle gare ufficiali della squadra Under 15 della società omissis;
violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto disposto dall’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore tecnico, per avere lo stesso postato nella chat del gruppo squadra Under 15 della società omissis un messaggio del seguente tenore letterale: “ digli alla federazione se non hanno un cazzo da fare il giorno dopo”, “ io ritorno a casa alle 21 e mi alzo alle 3.45 digli alla federazione del cazzo”; tanto al fine di esprimere il proprio dissenso in ordine alla calendarizzazione di una gara valevole per il campionato Under 15 della squadra della società omissis;
violazione dell’art. 4, comma 1, e 28, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, per avere lo stesso, nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024, in occasione di una seduta preparatoria di allenamento della squadra Under 15 della società omissis, proferito la seguente testuale espressione: “in questo campo non devono entrare comunisti e froci”. - la società omissis a titolo di responsabilità ai sensi dell’art. 28, comma 5, del Codice di giustizia sportiva per avere il proprio allenatore tesserato, sig. omissis, nel corso della stagione sportiva 2023 – 2024, in occasione di una seduta preparatoria di allenamento della squadra Under 15 della società omissis, proferito la seguente testuale espressione: “in questo campo non devono entrare comunisti e froci” e a titolo di responsabilità diretta e oggettiva ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 2, del Codice di giustizia sportiva per le violazioni ascritte ai propri tesserati all’epoca dei fatti sig.ri omissis e omissis.
Il Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, all’udienza del omissis, con Ordinanza n. omissis, disponeva ai sensi dell’art. 50 CGS FIGC, un supplemento di indagine a carico della Procura federale, avente ad oggetto l’audizione degli atleti tesserati per la società omissis e componenti la squadra Under 15 nella stagione sportiva 2023/2024, al fine di escuterli, nel contraddittorio con la difesa dei deferiti, come persone informate dei fatti oggetto del procedimento.
In esecuzione dell’ordinanza, la Procura federale procedeva all’audizione dei calciatori: omissis (verbale del 5.12.2024), omissis (verbale del 9.12.2024), omissis (verbale del 12.12.24), omissis (verbale del 20.12.2024), omissis (verbale del 7.1.2025), omissis (verbale del 7.1.2025), omissis (verbale del 10.1.2025), omissis (verbale del 10.1.2025), omissis (verbale del 13.1.2025), omissis (verbale del 13.1.2025) e depositava in giudizio gli atti istruttori.
L’udienza finale di trattazione avanti il Tribunale aveva luogo alla data del 23 gennaio 2025. In tale occasione, come emerge dal verbale di udienza, il rappresentante della Procura federale chiedeva accertarsi la responsabilità dei deferiti per i fatti oggetto di incolpazione e l’irrogazione delle seguenti sanzioni:
- al sig. omissis, mesi 9 di inibizione;
- al sig. omissis, mesi 9 di squalifica;
- alla società omissis, euro 2.000,00 (duemila/00) di ammenda.
Con decisione n. omissis depositata in data omissis, il Tribunale federale nazionale affermava la responsabilità delle parti deferite per le condotte contestate e irrogava:
- al sig. omissis, mesi 6 (sei) di inibizione;
- al sig. omissis, mesi 9 (nove) di squalifica, da scontarsi a decorrere dalla data del prossimo tesseramento;
- alla società omissis, euro 3.000,00 (tremila/00) di ammenda.
Ha osservato in particolare il primo giudice che “il fatto che ha costituto oggetto del procedimento disciplinare, l’avere cioè il omissis, nella qualità di allenatore di una squadra di settore giovanile di terzo livello, posto in essere condotte contrarie ai principi di lealtà, correttezza e probità sportiva consistite nell’aver proferito all’indirizzo di alcuni giocatori, in occasione degli allenamenti o delle gare ufficiali, frasi particolarmente aggressive…risulta inconfutabilmente provato dall’attività istruttoria in relazione a tutte le circostanze di tempo, di luogo e modali indicate nell’avviso di conclusione delle indagini e nell’atto di deferimento.”.
Il TFN ha soggiunto che, pur in presenza di dichiarazioni favorevoli all’allenatore in sede di istruttoria suppletiva, “risulta comunque confermato che il sig. omissis fosse solito utilizzare un linguaggio particolarmente aggressivo e colorito…per di più risultano circostanziate e convergenti le dichiarazioni rese dai segnalanti”.
In tale contesto il primo giudice, alla luce dei principi emergenti dal d. lgs. 28 febbraio 2021, n. 39 e dalle Linee guida in materia di tutela dei minori adottate dalla FIGC con C.U. n. 87/A del 31 agosto 2023, ha concluso che “i fatti sopra descritti integrano, senza alcun dubbio, gli estremi dell’abuso psicologico, della negligenza e dei comportamenti discriminatori, ponendosi in aperto, vistoso e stridente contrasto con gli obiettivi della cd. policy per la tutela dei minori”.
II) Avverso la suindicata decisione il sig. omissis in proprio ed in qualità di legale rappresentante della società omissis e nell’interesse della medesima società proponeva atto di reclamo, notificato alla Procura federale in data 7 febbraio 2025 e contestualmente depositato sul portale P.S.T., con il quale censura la pronuncia per:
2.1) nullità dell’impugnata sentenza per genericità ed illegittimità della motivazione. Erronea applicazione del c.d. “principio del più probabile” e mancata acquisizione degli elementi di prova.
Si sostiene che la decisione di primo grado ha fatto erronea applicazione del c.d. principio “del più probabile che non”, difettando nella specie un compendio di indizi gravi, precisi e concordanti, tali da poter integrare una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Difatti, le acquisizioni testimoniali offrono un panorama non univoco sulla condotta dell’allenatore e non esibiscono elementi utili per accertarne la responsabilità e per dimostrare con sicurezza l’inerzia e la condotta omissiva da parte del presidente e della società, ciò in quanto le dichiarazioni rilasciate nel corso delle indagini da parte dei tesserati espongono due diverse versioni dei fatti dotate entrambe di apparente attendibilità, senza che si possa ritenere raggiunto un livello probatorio superiore alla mera probabilità.
2.2) nullità dell’impugnata sentenza per genericità ed illegittimità della motivazione. Erronea acquisizione dei mezzi di prova.
La Procura federale ha disatteso l’ordine del Tribunale federale di disporre un compiuto supplemento d’indagini, avendo omesso le audizioni dei tesserati i cui genitori avevano presentato le dichiarazioni spontanee depositate nel giudizio di primo grado e anche dei dirigenti e componenti della Società. Il mancato accertamento sulle condotte della reclamante inficia l’inchiesta e conseguentemente rende nulla la sentenza per difetto di ogni elemento di prova che attesti la colpevolezza e responsabilità della società rispetto ai fatti contestati.
2.3) Inammissibilità dell’audizione del sig. omissis.
La testimonianza del omissis è palesemente viziata non potendo il segnalante assumere il ruolo di testimone quale “persona informata dei fatti”, in ragione di un duplice profilo, ossia per aver espresso precedentemente la volontà di non presentarsi alla relativa audizione “per motivazioni strettamente personali” e per essere portatore dell’interesse a veder sanzionato l’allenatore nei cui confronti nutriva sentimenti di astio derivanti dall’impiego in un ruolo non gradito e dai rimproveri subiti a causa del suo comportamento inadeguato.
2.4) nullità dell’impugnata sentenza per genericità ed illegittimità della motivazione, in ordine ai seguenti profili:
A) genericità delle contestazioni.
Le condotte contestate ai reclamanti ineriscono alla omessa applicazione della disciplina inerente la cd “Policy per la tutela dei minori” e alla omessa adozione di misure atte a prevenire e reprimere i fatti ascritti all’allenatore. Nella specie, oltre a non esservi alcuna certezza che le espressioni contestate siano state realmente pronunciate dal omissis, per cui la società non poteva assumere provvedimenti per episodi non direttamente riscontrati o segnalati, il TFN ha comunque fondato la propria decisione su richiami a normative inconferenti, la cui obbligatorietà è divenuta effettiva successivamente al compimento dei fatti in esame. Sotto altro profilo, Il Tribunale ritiene provato “senza alcun dubbio gli estremi dell’abuso psicologico”, senza in alcun modo precisare quali siano gli atti che possano aver determinato un abuso psicologico verso uno o più calciatori e nemmeno quali siano state le dirette conseguenze sulla vita e sulla personalità del minore che li ha subiti. La Società non ha mai percepito situazioni di disagio da parte dei giovani calciatori, mentre le uniche rimostranze del minore omissis attenevano a scelte tecniche dell’allenatore, con la conseguenza che deve ritenersi non provata la responsabilità disciplinare dei reclamanti.
B) elemento rilevante sulla condotta contestata.
Il Tribunale nella valutazione dei fatti non ha tenuto conto di un ulteriore aspetto che costituisce fonte di prova autonoma e indipendente, ossia che, all’esito del controllo di due partite, i delegati del Coordinamento regionale FIGC-SGS Lazio non hanno riscontrato alcuna condotta aggressiva da parte del sig. omissis all’interno delle partite oggetto di osservazione e anche dalle informazioni richieste a molti genitori dei ragazzi tesserati con la Società non sono emerse contestazioni sulla condotta e sui metodi utilizzati dal omissis, il che impediva alla Società di ipotizzare la presenza di situazioni di pericolo.
C) assenza di segnalazione alla società.
Ad eccezione della n. 141, nessuna delle altre segnalazioni è stata portata all’attenzione della Società che non ha potuto quindi verificare i fatti anche perché questi erano datati nel tempo e soprattutto non avevano delle evidenze esterne conoscibili da tutti indistintamente. Nessuna responsabilità può essere addebitata alla deferita in quanto impossibilitata a gestire segnalazioni mai poste alla sua attenzione e/o nemmeno riferite al soggetto delegato alla loro gestione.
D) sulla condotta della società.
Tutti i calciatori ascoltati, ma anche i genitori nelle dichiarazioni depositate nel primo grado di giudizio, confermano che la società è sempre stata attenta alle esigenze dei ragazzi e principalmente alla loro crescita personale, umana e solo dopo sportiva. La Società si è sempre conformata ai dettati normativi in merito alla tutela dei minori. Di tali fattori il Tribunale non ha tenuto conto con grave danno per i reclamanti che hanno subito sanzioni ingiustificate e illegittime per episodi mai successi e per i quali la società ha agito pur sempre con la discrezionalità che le viene riconosciuta dall’ordinamento sportivo nei casi come quelli in esame.
2.5) nullità ed illegittimità dell’impugnata decisione in merito alla omessa motivazione circa le sanzioni applicate. Erronea ed omessa quantificazione della pena.
Eccessività della sanzione.
Il TFN ha parametrato la misura delle sanzioni alla “obiettiva gravità dei fatti commessi dall’allenatore”, ossia ad un presupposto che non emerge dagli atti di causa in quanto non vi è stata alcuna “prevaricazione e violenza psicologica” verso nessun atleta; tutti i ragazzi (salvo i segnalanti) hanno percepito che la condotta del omissis fosse finalizzata alla loro crescita personale e calcistica, per cui non si può sostenere che vi sia stata “violenza psicologica”. La sanzione che, di conseguenza, poi è stata applicata alla società risulta essere sproporzionata rispetto a quanto emerso nel giudizio e la relativa motivazione risulta generica e non ancorata a specifici presupposti.
In subordine, per l’eventualità che la Corte federale ritenesse provate le condotte ascritte ai reclamanti, si chiede comunque la riforma della sentenza impugnata con la riduzione delle sanzioni al minimo edittale e con il riconoscimento di tutte le circostanze attenuanti relativamente alla buona condotta tenuta dai soggetti nel giudizio.
2.6) posizione della società rispetto alla policy per la tutela minori.
Si assume che la Società di settore giovanile con la qualifica di Scuola calcio élite e di terzo settore certamente è obbligata a seguire determinate regole e prendere determinati provvedimenti anche documentali ed è soggetta a continui controlli. La reclamante sostiene di aver rispettato gli obblighi imposti dalla normativa di riferimento, avendo provveduto alla nomina del delegato alla tutela dei minori, all’adozione degli atti di accettazione policy per la tutela dei minori e dei codici di condotta stagione 2023/2024 firmati da tutti i dirigenti e all’attivazione di un progetto per lo psicologo nella scuola calcio e di servizi in favore degli atleti (nutrizionista, navetta), tanto da essere stata selezionata tra le poche società inserite nel progetto Area sviluppo territoriale (Ast) all’interno del Comitato regionale Lazio, a conferma del possesso dei requisiti anche morali, sociali e di rispetto dell’etica dello sport.
In tale contesto che garantisce il rispetto delle direttive federali e soprattutto degli interessi dei ragazzi tesserati, le sanzioni irrogate risultano eccessive e devono essere adeguatamente ridotte.
Per tutte le ragioni esposte, i reclamanti concludono chiedendo: in via principale: riformare ed annullare la decisione impugnata e le annesse sanzioni per assenza di responsabilità e colpevolezza dei soggetti deferiti; in subordine: tenuto conto delle contestazioni avanzate ai ricorrenti, e valutate le attenuanti generiche che possono essere riconosciute per quanto sopra esplicitato, ritenuta anche la possibilità concessa agli organi giudicanti di applicare una sanzione in via gradata prevista oltre i minimi federali, di riformare la decisione in contestazione e le annesse sanzioni ed applicare la pena nella forma più attenuata rispetto a quella contestata.
III) In data 17 febbraio 2025, la Segreteria della Corte federale di appello dava avviso della fissazione d’udienza a tutte le parti a mezzo pec.
III.1) In data 3 marzo 2025 veniva acquisita al deposito telematico la memoria difensiva di controdeduzioni trasmessa dalla Procura federale.
Con riguardo al primo motivo di appello, lo scritto difensivo assume che in relazione alle contestazioni disciplinari formulate con l’atto di deferimento è stato assolto l’onere probatorio richiesto, atteso che le risultanze dell’attività inquirente svolta costituiscono prova della commissione degli atti e dei comportamenti fatti oggetto di contestazione nell’azione disciplinare promossa. La Procura sostiene, in particolare, che le espressioni offensive e discriminatorie del sig. omissis, evidenziate nei rispettivi capi di incolpazione, hanno trovato riscontri inequivocabili nelle dichiarazioni rese dai calciatori omissis, omissis, omissis e omissis, all’epoca dei fatti militanti nella squadra Under 15 della società omissis e ulteriore conferma in sede di audizione del calciatore omissis.
Con riguardo al secondo motivo di impugnazione, la Procura obietta di aver correttamente ottemperato a quanto richiesto nell’ordinanza del omissis, provvedendo “all’individuazione degli atleti tesserati per la società omissis e componenti della squadra Under 15 nella stagione sportiva 2023 – 2024, al fine di escuterli nel contraddittorio con la difesa dei deferiti, come persone informate dei fatti oggetto del presente procedimento”, esulando dal perimetro dell’indagine delineato dal TFN la necessità di convocare componenti e/o dirigenti della compagine societaria della omissis di cui si duole la difesa.
Inoltre, l’infondatezza delle deduzioni difensive circa l’asserita inconsistenza del compendio probatorio acquisito agli atti in ordine alle contestazioni formulate nei confronti del presidente della società omissis, emergerebbe dal rilievo che la Società deferita ha omesso di adottare misure appropriate ad arginare i comportamenti del sig. omissis, pur essendo a conoscenza delle criticità evidenziate in merito al comportamento di questi ben prima che pervenissero le segnalazioni sul Portale tutela minori, rappresentative di uno stato di diffuso disagio psicologico ed emotivo in danno di giovani calciatori, tra cui in particolare quella relativa al calciatore minorenne omissis, affetto da disturbo “DSA”, che aveva manifestato forti stati di ansia e malesseri fisici derivanti dall’atteggiamento dell’allenatore.
La tesi difensiva, secondo cui la Società non avesse contezza dello stato di disagio psichico dei minori, trova smentita a fronte di evidenze probatorie anche di natura documentale incontrovertibile, da cui emerge che la Società era a conoscenza delle criticità evidenziate in merito al comportamento del sig. omissis e che, in tale contesto, il presidente della omissis non ha ritenuto di dover prendere in considerazione l’adozione di alcun provvedimento anche di natura cautelativa fino all’accertamento dei fatti di cui aveva comunque avuto cognizione.
Prive di fondamento, a parere della Procura, sono anche le deduzioni difensive in merito all’affermata inattendibilità della dichiarazione del calciatore sig. omissis, per essersi questi in un primo momento rifiutato di essere ascoltato dall’organo inquirente, posto che, come correttamente statuito dal Tribunale federale nazionale, “nessuna norma sanziona a pena di inutilizzabilità una dichiarazione solo perché si era inizialmente deciso di non aderire alla convocazione della Procura federale” e ciò, a maggior ragione là dove, come nel caso di specie, il rifiuto iniziale risulti giustificato da uno stato di disagio emotivo da parte di un giovane calciatore.
Allo stesso modo si rivelerebbero prive di pregio le deduzioni difensive in merito all’affermata inattendibilità delle dichiarazioni rese dal suindicato calciatore, per essere lo stesso un “ragazzo vivace, che disturbava spesso”, non potendo la “vivacità”, o presunta tale, imputabile ad alcuni calciatori e strettamente connessa alla loro giovane età, sminuire o giustificare l’oggettiva gravità del contenuto intrinseco delle espressioni rivolte dal sig. omissis nei confronti di ragazzi quindicenni.
Neppure sarebbero condivisibili le deduzioni difensive dei reclamanti in merito all’affermata genericità delle contestazioni rivolte al presidente della società omissis, risultando, al contrario, correttamente delineato l’addebito disciplinare all’interno del relativo capo di incolpazione, mediante l’indicazione dettagliata delle condotte poste alla base della responsabilità disciplinare del deferito.
Infine, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dei reclamanti, deve ritenersi che il Giudice di primo grado abbia fatto corretta applicazione dei principi in tema di effettività e afflittività della pena, parametrando le sanzioni disciplinari al grave disvalore sociale delle condotte contestate, così come riportato nella decisione impugnata, nella quale non è rinvenibile alcun vizio di motivazione.
In conclusione la Procura federale chiede di respingere il reclamo e per l’effetto confermare le sanzioni disposte nell’ambito del procedimento di prime cure, ovvero le altre sanzioni ritenute dalla Corte conformi a giustizia.
III.2) Il reclamo veniva chiamato all’udienza odierna, dove sono comparsi l’Avv. Matteo Sperduti per i reclamanti e l’Avv. Giulia Conti per la Procura federale. I difensori hanno illustrato il contenuto dei rispettivi scritti difensivi e insistito nelle conclusioni già rassegnate.
Dopo la discussione, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
IV) Preliminarmente all’esame dei motivi di reclamo, la Corte ritiene necessario delineare il contesto normativo nel quale si iscrive la vicenda in scrutinio.
Al riguardo viene in risalto innanzitutto l’art. 33 della Costituzione, il cui ultimo comma, aggiunto con la Legge costituzionale 26 settembre 2023, n. 1, ha sancito il principio secondo cui “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività ̀ sportiva in tutte le sue forme”.
La norma riflette i contenuti di dispositivi qualificati a livello sovranazionale, specialmente con riferimento ai minori, ed evidenzia come lo sport debba essere praticato e coltivato come un prezioso alleato nell’educazione, nell’inclusione sociale e nel miglioramento del benessere complessivo di tutti i cittadini (Cass. Civ., sez. III, 25/07/2024, n.20790).
Essa autorizza una lettura ermeneutica dell’attività sportiva non solo come valore in sé, ma soprattutto come veicolo di valori, quale strumento di inclusione sociale e di promozione del pieno sviluppo della persona umana, specie con riguardo al suo benessere psico-fisico.
Nella stessa prospettiva si pongono le disposizioni di cui all’art. 16 del d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39, aventi la finalità di promuovere, nel mondo dello sport, la parità di genere tra uomo e donna, la tutela dei minori e il contrasto effettivo ed efficace a ogni forma di violenza di genere e di discriminazione, attraverso l’adozione di misure di prevenzione e presidi di controllo c.d. di “safeguarding”.
In particolare si prevede che le Federazioni sportive nazionali debbano redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Inoltre si dispone che le associazioni e le società sportive dilettantistiche e le società sportive professionistiche debbano predisporre e adottare modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva nonché codici di condotta conformi alle linee guida.
In esecuzione di tale dispositivo, la F.I.G.C., con C.U. n. 87/A del 31 agosto 2023, ha adottato le pertinenti linee guida, al fine di assicurare l’effettività dei diritti dei tesserati e le relative tutele, con particolare riguardo alla tutela dei minori.
L’art. 1 delle linee guida così dispone:
“1. Tutti i Tesserati della FIGC (di seguito tesserati) hanno il diritto fondamentale di essere trattati con rispetto e dignità, nonché di essere tutelati da ogni forma di abuso, molestia, violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione, indipendentemente da etnia, convinzioni personali, disabilità, età, identità di genere, orientamento sessuale, lingua, opinione politica, religione, condizione patrimoniale, di nascita, fisica, intellettiva, relazionale o sportiva.
2. Il diritto alla salute e al benessere psico-fisico dei tesserati costituisce un valore prevalente rispetto al risultato sportivo e pertanto tutti i tesserati hanno il diritto a svolgere l’attività sportiva in un ambiente consono e degno, nonché rispettoso dei diritti della personalità e della salute.
3. Chiunque partecipi con qualsiasi funzione o titolo all’attività sportiva è tenuto a rispettare i predetti diritti dei tesserati.
4. Le norme federali vietano qualsiasi tipo di comportamento violento e discriminatorio e prevedono sanzioni disciplinari in caso di violazioni di detti divieti.”
Il successivo art. 3 identifica le condotte costituenti fattispecie di abuso, violenza e discriminazione e definisce abuso psicologico “qualunque atto indesiderato, tra cui la mancanza di rispetto, il confinamento, la sopraffazione, l’isolamento o qualsiasi altro trattamento che possa incidere sul senso di identità, dignità e autostima, ovvero tale da intimidire, turbare o alterare la serenità del tesserato”, precisando altresì che costituisce discriminazione “qualsiasi comportamento finalizzato a conseguire un effetto discriminatorio basato su etnia, colore, caratteristiche fisiche, genere, status socialeconomico, prestazioni sportive e capacità atletiche, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale” e stabilisce che configura condotta negligente “il mancato intervento di un dirigente, tecnico o qualsiasi tesserato, anche in ragione dei doveri che derivano dal suo ruolo, il quale, presa conoscenza di uno degli eventi, o comportamento, o condotta, o atto di cui al presente documento, omette di intervenire causando un danno, permettendo che venga causato un danno o creando un pericolo imminente di danno. Può consistere anche nel persistente e sistematico disinteresse, ovvero trascuratezza, dei bisogni fisici e/o psicologici del tesserato”.
Più in particolare le linee guida delineano all’art. 11 il contenuto minimo dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione e definiscono all’art. 13 il catalogo degli obblighi e dei doveri dei dirigenti sportivi e dei tecnici.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che, per effetto della normativa suindicata, “tutti i tesserati hanno il diritto di svolgere l’attività sportiva in un ambiente consono e degno, nonché rispettoso dei diritti della personalità e della salute e che chiunque partecipi con qualsiasi funzione o titolo all’attività sportiva è tenuto a rispettare tali diritti dei tesserati” (così: n. 57/CFA/2024-2025).
Non è quindi dubbio che i codici di condotta prescritti dalle linee guida configurano obblighi, divieti, standard operativi e buone pratiche finalizzate al rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all’art. 4 C.G.S. e che la violazione dei suindicati obblighi e dei doveri costituisca condotta sanzionabile ai sensi del secondo comma della disposizione codicistica, indipendentemente dalle disposizioni contenute nel sopravvenuto art. 28bis C.G.S. non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame. Difatti, la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi chiaramente dall’art. 4, comma 2, C.G.S., legittimano il ricorso al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva per l’individuazione delle singole fattispecie illecite riconducibili nell’ambito di applicazione della norma generale (cfr., per il principio, CFA, sez. I, n, 8/2022-2023; CFA, SS.UU., n. 12/2021-2022).
In tale quadro, è corretto il richiamo del TFN alla Policy per la tutela dei minori, adottata da FIGC-SGS in data 24/10/2020, che mira appunto a “garantire che il calcio sia uno sport sicuro, un’esperienza positiva e divertente per tutti i bambini e per tutti i ragazzi coinvolti, indipendentemente dalla loro età, genere, orientamento sessuale, etnia e background sociale, religione e livello di abilità o disabilità”.
Ne deriva che la creazione di un ambiente sano, sicuro e inclusivo rappresenta un “valore” che l’ordinamento sportivo assume a tutela e costituisce al contempo un preciso dovere di tutti i tesserati, alla cui realizzazione devono particolarmente concorrere i dirigenti e i tecnici, in ragione del loro ruolo di soggetti coinvolti nella crescita e nella cura dei giovani calciatori.
In tale prospettiva il diritto alla salute e al benessere psicologico ed emotivo dei minori assume un rilievo prevalente rispetto al risultato sportivo e ciò deve in particolare affermarsi con riguardo al Settore giovanile e scolastico, con la conseguenza che la finalità di stimolo al miglioramento delle prestazioni sportive non può mai essere invocata come potenziale alibi per giustificare espressioni lesive della dignità dei minori nell’esercizio dell’attività sportiva.
Allo stesso modo, le dinamiche di squadra e di spogliatoio, che possono assumere sfumature diverse legate alla percezione e alle sensibilità individuali proprie dell’età evolutiva, non consentono di derubricare a goliardia la gravità di determinate condotte pregiudizievoli dell’integrità fisica, emotiva e morale dei giovani sportivi.
In tale prospettiva, l’allenatore assume un ruolo di riferimento, dovendo assicurare la fruizione dell’attività sportiva e dei suoi benefici in un contesto protetto e tutelante, che garantisca il sostegno, la cura e il benessere globale di ogni giovane atleta. Come recita il Regolamento del settore tecnico, l’allenatore deve “essere esempio di disciplina e correttezza sportiva” (art. 37). Ciò richiede un impegno scrupoloso a trasmettere valori positivi come la lealtà nel gioco e a rispettare, con il supporto della struttura di appartenenza, i codici di condotta e tutte le politiche e procedure in materia di tutela delle persone di minore età.
Al contempo incombe sugli organi direttivi delle società sportive un preciso dovere di vigilanza e di intervento nel contrasto e nella repressione di abusi, violenze e discriminazioni [art. 13, primo comma, lett. a) delle linee guida]. Lo sport deve infatti costituire veicolo per la promozione del benessere dei minori e ciò implica la necessità di reprimere ogni azione o omissione che possa compromettere la loro sicurezza e integrità. V) La fattispecie dell’abuso psicologico può ritenersi integrata da qualsiasi condotta o trattamento alienante, analogo a quelli esemplificati nell’art. 3, secondo comma, lett. a), delle linee guida F.I.G.C.-SGS, che sia idoneo a indurre nel tesserato sentimenti di turbamento, ansia, smarrimento di sé, perdita di sicurezza e autostima, fino a sfociare nel progressivo disinteresse per le attività che prima risultavano piacevoli.
L’abuso psicologico può manifestarsi mediante messaggi rivolti a svilire e ferire la vittima, anche in presenza di più persone, inducendola a dubitare delle proprie capacità e ad isolarsi o ad essere isolata dal gruppo, in quanto considerata non meritevole di farne parte. Il danno che consegue a tali forme di abuso consiste nella compromissione della sicurezza e del benessere del minore.
Costituiscono invece fattispecie discriminatorie i trattamenti ingiusti e sconvenienti che sottendono l’inferiorità di un gruppo o di una persona, in base a criteri inerenti alle prestazioni sportive e alle capacità atletiche, ovvero inerenti a convinzioni personali o orientamento sessuale.
Il comportamento discriminatorio è integrato da condotte dirette a separare i giovani atleti in titolari e riserve con la previsione di metodi di allenamento distinti e con un diverso grado di attenzione e sostegno, con l’effetto di ostacolare il pieno sviluppo tecnico dei minori relegati ad un ruolo marginale e di impedire la loro effettiva e proficua partecipazione all’attività sportiva. Ne costituisce espressione anche il rifiuto preconcetto, alimentato da pregiudizi o da un malinteso senso di “normalità”, di ammettere nel gruppo solo soggetti portatori di determinati orientamenti politici o sessuali.
VI) Tanto premesso, i motivi del reclamo opposti alla decisione impugnata non esibiscono attendibilità sufficiente a piegare il percorso argomentativo che sorregge la ricostruzione degli eventi e il conseguente sindacato valutativo del Tribunale federale nazionale, affatto immune da vizi logici.
VI.1) Non ha fondamento il motivo di censura con cui il reclamante assume che gli atti dell’inchiesta disciplinare non offrirebbero sufficienti elementi di prova, neanche nella forma meno rigorosa di “indizi gravi, precisi e concordanti”, in grado di corroborare il teorema accusatorio, ma che anzi dagli stessi emergerebbe l’insussistenza di qualsivoglia colpevolezza in ordine alle violazioni disciplinari ascritte alla Società e al suo Presidente. La Corte osserva che, diversamente da quanto opinato dal reclamante, il quadro indiziario presenta numerosi elementi sintomatici adeguati a sorreggere, sotto il profilo istruttorio e motivazionale, il giudizio di responsabilità dei deferiti, senza possibilità di approdare ad una lettura differenziale degli atti investigativi.
Nel contesto sopra delineato, commette abuso psicologico l’allenatore che adoperi espressioni denigratorie, quali: “adesso ti faccio entrare pippa ma ti do 5 minuti ed inizia a contarli. Se non mi dimostri qualcosa di buono ti prendo a calci in culo” o anche “dai tanto vedi che non ce la fai a correre con sto culone”, che sono manifestamente lesive della dignità del minore, costretto a subire parole intimidatorie e offensive da parte di chi dovrebbe invece esercitare una funzione educativa di stimolo alla solidarietà, al rispetto e alla comprensione.
Configura condotta discriminatoria la rigida divisione dei minori tra titolari e riserve con metodi di allenamento differenziati, che ostacolano la crescita tecnica e incrinano la fiducia delle riserve, che “non venivano seguite da nessuno” perché “il omissis seguiva solo i titolari” e le riserve “si allenavano da sole” e si limitavano a “palleggiare o fare passaggi rasoterra” a bordo campo senza essere coinvolte negli schemi tattici, salvo essere utilizzate nel ruolo subalterno di sparring partners dei titolari nella “partitella” infrasettimanale.
Le espressioni offensive, che il omissis ha rivolto al giovane calciatore omissis, e i comportamenti discriminatori trovano conferma nelle testimonianze rese da numerosi compagni di squadra del minore, come: omissis che riferisce del trattamento discriminatorio (il omissis lo faceva giocare raramente) e offensivo (non ce la fai a correre con questo culone) che l’allenatore riservava al minore omissis; omissis (le riserve non erano seguite da nessuno); omissis, il quale pur non manifestando sentimenti di ostilità nei confronti del suo allenatore, conferma di aver sentito il omissis pronunciare la frase offensiva, senza essere in grado di precisare con sicurezza a quale dei suoi compagni la stessa fosse indirizzata e dichiara anche di aver sentito il omissis pronunciare nel corso di un allenamento la frase “qui comando io e chi se ne vuole andare se ne può andare a me non me ne frega un cazzo”; anche omissis, omissis e omissis ricordano di aver sentito l’allenatore esprimersi così. I minori omissis, omissis e omissis confermano anche di aver udito il loro allenatore pronunciare l’espressione “qui non entrano comunisti e froci”. Dalle audizioni emerge un insieme di condotte del tecnico che avvalora i contenuti della segnalazione della madre del minore omissis nelle parti in cui si afferma che i metodi discriminatori e aggressivi del omissis, conditi da bestemmie e parolacce, hanno generato nel minore “uno stato di ansia fortissimo e ogni volta che deve andare agli allenamenti sta male fisicamente”.
Nello stesso senso sono significative anche le segnalazioni 165 e 166 dei genitori del minore omissis, i quali affermano che “mister omissis non ha garantito la partecipazione attiva di tutti i ragazzi al torneo, in quanto, un ragazzo non ha mai giocato. Durante il torneo il mister ha iniziato a dividere i gruppi. Il gruppo dei titolari seguiti e un gruppetto di pochi elementi totalmente tenuto in disparte. Inoltre negli spogliatoi, teneva un comportamento violento dando pugni al muro, bestemmiando e ingiuriando i ragazzi.” In ragione di ciò, “alcuni miei compagni si lamentavano del comportamento personale del omissis” (deposizione omissis), “sono andato via anche per il comportamento del omissis (omissis), “miei compagni si sono lamentati del comportamento offensivo e aggressivo del omissis” (omissis),
Non vi è alcuna ragione che possa far ritenere invalida la testimonianza di omissis solo perché resa dopo aver espresso un iniziale rifiuto, dettato da motivi personali, alla convocazione della Procura federale per l’audizione del 7 agosto 2024. In occasione della seconda convocazione del 20 dicembre 2024, le ragioni che lo avevano indotto a disertare la prima comparizione sono evidentemente venute meno e il minore si è liberamente sottoposto all’incombente istruttorio. La presenza di una iniziale esitazione non rende di per sé inattendibili le successive dichiarazioni rese.
Del resto, che l’atteggiamento e i metodi del omissis generassero diffuse sensazioni di disagio nei giovani soggetti ai suoi trattamenti può evincersi anche dalla circostanza che non pochi minori tesserati per la Società sono stati indotti a chiedere lo svincolo o il cambio di categoria, pur di sottrarsi alle “cure” del loro allenatore.
A fronte di questa messe di indizi gravi, precisi e concordanti non possono assumere contrario valore probatorio le dichiarazioni di altri tesserati che si trincerano dietro “non ricordo” o sostengono di “non aver sentito” le espressioni di cui trattasi, il che non vale ad escludere che quelle frasi siano state effettivamente pronunciate dall’allenatore. Allo stesso modo il comportamento non aggressivo dell’allenatore, registrato in occasione di due partite dagli osservatori dello Staff Tutela minori del Coordinamento SGS del Lazio, costituisce un episodio che non smentisce i diversi atteggiamenti tenuti dall’allenatore nei rapporti con i minori, nel corso di allenamenti o all’interno degli spogliatoi.
Neppure può dirsi che la Procura non abbia dato corretta esecuzione al supplemento di indagini richiesto dal TFN con l’ordinanza del omissis. Il provvedimento richiedeva l’escussione come testi “degli atleti tesserati per la società omissis e componenti la squadra Under 15 nella stagione sportiva 2023/2024” ed a tanto la Procura ha provveduto procedendo all’audizione di dieci giovani calciatori. L’ordinanza non imponeva l’escussione anche dei dirigenti e dei componenti della Società, che comunque erano stati già convocati e auditi (omissis, omissis).
Gli elementi acquisiti si dimostrano sufficienti a formulare l’atto di incolpazione e sorreggono anche la decisione reclamata, senza necessità di ulteriori testimonianze.
VI.2) La condotta dell’allenatore è stata portata a conoscenza degli organi direttivi della Società e ciò ha generato a loro carico il dovere alla massima attenzione per la tutela e la salvaguardia dei minori e l’impegno alla rimozione dei relativi rischi.
Dagli atti dell’inchiesta federale emerge che, sin da dicembre 2023, omissis, all’epoca dei fatti tesserato per omissis con funzioni di responsabile della scuola calcio e del settore giovanile, era stato informato dalla signora omissis delle ripetute situazioni di abuso psicologico perpetrate dall’allenatore nei confronti di suo figlio e di altri minori. Le circostanze sono pacifiche e trovano conferma nelle dichiarazioni rese in sede di audizione dal omissis. Questi descrive il omissis come “un allenatore di vecchio stampo…con una personalità molto forte che a volte può sembrare forse esagerata…so come si approccia con i ragazzi”, finendo in tal modo per mostrarsi edotto che gli atteggiamenti del tecnico potevano innescare rapporti problematici con i minori e generare pericoli di danni emotivi, senza tuttavia far discendere da tale consapevolezza iniziative di alcun genere, nemmeno prudenziale.
Il sig. Omissis riconosce anche di aver appreso dei problemi del minore omissis, nel corso di vari colloqui con i suoi genitori tra la fine del mese di dicembre 2023 e il mese di marzo 2024 e dichiara di aver parlato della questione con il tecnico e di essersi acquietato alla risposta di questi che “tutto procedeva normalmente”.
Risulta altresì che la signora omissis, all’epoca dei fatti dirigente della Società (incarico successivamente dismesso), aveva informato il vice presidente omissis degli atteggiamenti del omissis e dei rapporti problematici con il proprio figlio omissis.
A seguito della segnalazione di comportamenti idonei a compromettere la correttezza nei rapporti con i giovani atleti non vi sono evidenze di successive iniziative del omissis e del omissis per tentare di porre rimedio alla situazione che era stata loro rappresentata in tutta la sua gravità. omissis non esita a riconoscere che “la Società non ha preso alcun provvedimento nei confronti del omissis”.
Eppure i fatti portati a conoscenza attraverso le segnalazioni di un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo, richiedevano di essere verificati con una rigorosa indagine interna e successivamente repressi, con l’adozione di misure cautelari e correttive nei confronti del tecnico autore delle condotte contestate, come necessario per dare significato al dovere dei dirigenti sportivi di “agire per prevenire e contrastare ogni forma di abuso, violenza e discriminazione”, sancito all’art. 13 delle linee guida. Insomma, nelle situazioni considerate incombe sugli organi direttivi della Società l’obbligo di “agire”, che può anche implicare l’esercizio di una certa discrezionalità nella valutazione dei fatti e nell’attivazione e scelta delle misure necessarie per il contrasto dei comportamenti lesivi, ma richiede pur sempre azioni concrete per inverare la responsabilità che consegue agli obblighi di tutela e di protezione dei minori.
In tale prospettiva il corretto esercizio della invocata discrezionalità non può limitarsi ad uno sbrigativo colloquio con l’allenatore e alla successiva rapida archiviazione della vicenda, in quanto “lo sappiamo come è fatto ma ha 60 anni non lo possiamo cambiare noi”, trattandosi di contegni che, ben lontani dal costituire manifestazione virtuosa del potere discrezionale, sottendono invece la palese sottovalutazione del pericolo di danni, maltrattamenti o abusi in danno dei giovani calciatori.
In definitiva, la documentazione investigativa offre un compendio di indizi gravi, precisi e concordanti che concorrono a dare evidenza della violazione dei principi sopra richiamati. La valutazione dei fatti e delle omissioni che emergono consente di pervenire pienamente all’accertamento della responsabilità disciplinare diretta e oggettiva della Società omissis e del suo Presidente omissis, per aver omesso di adottare misure appropriate a garantire il rispetto per l’integrità e la dignità nei rapporti con i giovani atleti.
Ciò rende palese, ad avviso della Corte, che le condotte oggetto di incolpazione sono certamente trasgressive dei criteri valoriali espressi dall’art. 4 C.G.S., in quanto lesive del sistema di regole funzionali e proporzionate alla salvaguardia del bene giuridico oggetto di tutela, che è costituito dal benessere psicologico ed emotivo dei calciatori minorenni.
Al riguardo non giova sostenere che la Società ha provveduto alla designazione del delegato alla tutela dei minori e al recepimento della Policy minori e dei codici di condotta, atteso che tali adempimenti si sono risolti in un mero ossequio formale alle regole federali e non hanno impedito l’emergere di situazioni di abuso psicologico e di comportamenti discriminatori.
VII) Non sussistono i presupposti per la richiesta riduzione delle sanzioni disposte in primo grado.
Va in primo luogo escluso che possa ridondare in vizio della decisione l’irrogazione di una ammenda in misura maggiore rispetto alla richiesta formulata della Procura federale.
L’art. 12 del Codice di giustizia sportiva affida agli organi di giustizia sportiva il potere discrezionale di stabilire la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva.
Ne deriva che il giudice sportivo può modulare l’afflittività delle sanzioni in base alla gravità dei fatti per adeguare la misura sanzionatoria al disvalore della condotta, rispetto alla quale la pena deve avere un adeguato effetto dissuasivo.
Nell’esercizio di tale potere il giudicante, nel determinare la sanzione da comminare per la violazione accertata, non è vincolato alle richieste formulate dalla Procura federale e può infliggere anche sanzioni disciplinari più gravi, per specie e misura, di quella prospettata dalla Procura, purché beninteso la pena concretamente applicata sia rispettosa dei limiti fissati dalle norme federali.
Tanto premesso, la Corte condivide le osservazioni del primo giudice circa la gravità delle condotte ascritte agli incolpati, per aver consapevolmente tollerato che un proprio tesserato, avente un ruolo cruciale nella crescita emotiva dei minori, ponesse in atto condotte aggressive, degradanti e offensive, con episodi di emarginazione e discriminazione, senza adottare contromisure appropriate ad assicurare la sana fruizione dell’attività sportiva, contribuendo così a indurre alcuni minori ad abbandonare la squadra di appartenenza.
Le considerazioni sopra svolte valgono ad evidenziare l’insussistenza di alcuna delle circostanze attenuanti che ne possano giustificare la riduzione.
VIII) In conclusione, il reclamo deve essere respinto, con conferma della decisione di primo grado.
Il fatto che la vicenda esaminata coinvolga anche persone minorenni impone di procedere all’oscuramento delle generalità delle persone citate.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Domenico Giordano Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce