CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 12 del 12/02/2025 – OMISSIS / Federazione Italiana Pallacanestro

 

 

 

 

Decisione n. 12

 

Anno 2025

 

 

 

 

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE

 

 

 

composta da

 

Dante DAlessio - Presidente

Wally Ferrante - Relatrice

Giovanni Iannini

Barbara Marchetti

Mario Serio - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

 nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 44/2024, presentato, in data 5 settembre 2024, dal sig. [omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Allegro, come da procura speciale allegata al ricorso,

 

 

contro

 

 

 la Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), in persona del Presidente Federale, Dr. Giovanni

 


 

Petrucci, rappresentata e difesa dallavv. Paola Maria Angela Vaccaro,

 

 

 

per la riforma

 

 

 

della decisione della Corte Federale di Appello n. 2 della Federazione Italiana Pallacanestro, di cui al C.U. n. 63 del 25 luglio 2024, notificata in data 7 agosto 2024, con la quale è stato rigettato il reclamo proposto dal tesserato [omissis] avverso il provvedimento del Tribunale Federale n. 44 della FIP, di cui al C.U. n. 532 del 12 aprile 2024, che ha applicato, nei confronti del [omissis], già colpito da provvedimento di inibizione per anni 3, fino al 20 luglio 2026, lulteriore inibizione per anni 1 e mesi 6, fino al 20 gennaio 2028, per la violazione dell’art. 15, comma 3, del Regolamento di Giustizia FIP.

 

 

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 

 

 

uditi, nella udienza del 22 ottobre 2024, tenutasi anche a mezzo di videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams:

  • il difensore del ricorrente, avv. Giovanni Allegro, che ha insistito per l’annullamento della decisione impugnata e per il conseguente proscioglimento da tutte le contestazioni mosse al ricorrente medesimo;
  • il difensore della Federazione Italiana Pallacanestro, avv. Paola Maria Angela Vaccaro, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso;
  • il prof. avv. Antonino Ilacqua,  pela Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dellart. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso;

 

 

udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, avv. dello Stato, Wally Ferrante.

 

 

Svolgimento del procedimento

 

 

 

  1. Il sig. [omissis], tesserato in qualità di allenatore per la [omissis] S.r.l., è stato deferito dalla Procura Federale il 19 marzo 2024, per violazione dell’art. 15, comma 3 bis, R.G., “per aveproseguito nello svolgere la propria attività sociale e federale di allenatore tesserato FIP, pur colpito da provvedimento disciplinare di inibizione di anni tre a decorrere dal 20.7.2023”.
  1. Il Tribunale Federale, all’esito del giudizio, con C.U. n. 45 del 20 luglio 2023, ha applicato al sig. [omissis] la sanzione dell’inibizione per anni 1 e mesi 6, da collegare alla sanzione della inibizione per anni 3 irrogata in altro procedimento, complessivamente fino al 20 gennaio 2028.
  2. La Corte Federale dAppello, con C.U. n. 63 del 25 luglio 2024, ha respinto il reclamo e, per l’effetto, ha confermato la decisione di primo grado.
  3. Con ricorso in data 5 settembre 2024, il sig. [omissis] ha impugnato davanti al Collegio di Garanzia dello Sport la predetta decisione della Corte Federale dAppello, chiedendo, in riforma integrale della sentenza, il proscioglimento da ogni addebito mosso nei suoi confronti e, in subordine, la riduzione della sanzione.

Il ricorso è affidato a tre distinti motivi che sinteticamente si riportano di seguito e che saranno esaminati nella parte in diritto.

Con il primo motivo, viene dedotta l’omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia: erronea interpretazione di elemento di prova decisivo ai fini del decidere.

Con il secondo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 15, comma 3 bis, del Regolamento di Giustizia FIP: erronea interpretazione del concetto di “attività sportiva nell’ordinamento federale. Con il terzo motivo, si deduce l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancata concessione della riduzione della sanzione.

  1. Con memoria di costituzione, in data 14 settembre 2024, la Federazione Italiana Pallacanestro ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso.
  2. Entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie, ai sensi dell’art. 60, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva, in vista dell’udienza di discussione del ricorso.
  3. All’udienza del 22 ottobre 2024, il difensore del ricorrente ha insistito per l’annullamento della decisione impugnata, ribadendo, fra l’altro, che l’attività di allenamento si svolgeva nell’ambito di un liceo e non assumeva quindi valenza federale; il difensore della FIP ha sottolineato che non vi era alcun rapporto contrattuale tra il liceo e il [omissis] e che gli atleti giocavano con la maglia della [omissis]; la Procura Generale dello Sport presso il CONI ha evidenziato l’esistenza di testimonianze e di documentazione inequivocabili, concludendo per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso.

 

 

Considerato in diritto

 

  1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce che la Corte Federale dAppello avrebbe omesso o insufficientemente motivato su un punto decisivo della controversia attinente alla natura dell’attività dallo stesso svolta per il Liceo [omissis], che esulerebbe dal perimetro dell’attività federale e rientrerebbe invece in unattività di tutor sportivo” a favore del predetto Istituto scolastico, successivamente riqualificata in “referente sportivo” onde “evitare fraintendimenti di sorta all’esito dell’irrogazione del provvedimento di inibizione, non definitivo”.

Sotto altro profilo, il ricorrente denuncia l’omessa motivazione circa un ulteriore punto decisivo riguardante l’apprezzamento delle prove testimoniali poste a fondamento dell’applicazione della sanzione, che sarebbero state acriticamente ritenute dalla Corte Federale dAppello utili ai fini della decisione, mentre quelle che, di contro, “scagionavanoil [omissis] sarebbero state ritenute non credibili.

1.1.  Il motivo, sotto entrambi i profili, è inammissibile prima ancora che infondato.

 

Ai sensi dell’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il ricorso davanti al Collegio di Garanzia «è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

Orbene, con tale motivo, non viene denunciata alcuna norma di diritto asseritamente violata, né viene indicato quale sarebbe il punto decisivo della controversia sul quale la Corte Federale avrebbe (effettivamente) omesso di motivare.

La doglianza, infatti, sembra palesemente volta a sindacare gli elementi istruttori acquisiti e già valutati nella fase di merito e ad ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dai giudici federali di primo e di secondo grado, che, con la decisione impugnata, hanno ritenuto il ricorrente responsabile degli addebiti contestati in quanto deliberatamente incurante del provvedimento sanzionatorio irrogatogli.

Come noto, una nuova valutazione nel merito degli elementi probatori esula dai limiti del sindacato giurisdizionale proprio del Collegio di Garanzia dello Sport, come delineati dal citato art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva.

Come è stato rilevato più volte dalle Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia, «nel momento in cui viene impugnato un provvedimento dell’organo di giustizia endofederale di secondo grado, il rimedio proposto dal legislatore sportivo si sostanzia nel ricorso al cosiddetto giudizio di legittimità… nella cui sede è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito. Il giudizio di legittimità è, dunque, preordinato all’annullamento delle pronunce che risultano viziate da violazioni di norme giuridiche ovvero da omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ovvero alla risoluzione di questioni di giurisdizione o di competenza, ognuna di esse specificatamente censurata» (C.G.S., Sezioni Unite, decisione n. 93/2017).

La norma, pertanto, «limita la cognizione del Collegio di Garanzia ai soli profili di legittimità, oltre che di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti, rimanendo precluse indagini e valutazioni tendenti a una rivalutazione dei fatti quali accertati in sede endofederale» (C.G.S., Sezioni Unite, decisione n. 57/2023).

In particolare, secondo tale principio e in aderenza all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, la rivalutazione delle risultanze istruttorie rientra esclusivamente nelle prerogative del giudice di merito; così come esula dalle funzioni e competenze del Collegio di Garanzia lesame di censure finalizzate a mettere in rilievo «la debolezza di alcune prove rilevanti nella impugnata decisione» (Collegio di Garanzia, sez. I, 3 maggio 2019, n. 31).

1.2.  Il motivo è comunque destituito di fondamento.

 

Va ricordato, infatti, che il procedimento disciplinare oggetto del presente giudizio è stato avviato a seguito dell’esposto presentato presso la Procura Federale dal legale rappresentante della [omissis] S.r.l. - facente parte del gruppo di società [omissis] cui appartiene anche la [omissis]

S.r.l. e la [omissis], di cui era Presidente all’epoca dei fatti la moglie del [omissis], sig.ra [omissis], anchessa colpita da analoga sanzione dell’inibizione - per denunciare il fatto che il sig. [omissis], nonostante il provvedimento di inibizione per tre anni, continuasse a svolgere l’attività di allenatore per la[omissis], utilizzando gli impianti presso la sede della società, allenando atleti tesserati con la [omissis], utilizzanti indumenti di gioco e segni distintivi della predetta società.

Sulla qualificazione di detti comportamenti ascritti al [omissis], la Corte Federale ha ampiamente motivato, escludendo che potessero esulare dall’ambito federale e rientrare in unattività meramente scolastica.

La Corte ha, infatti, affermato che le condotte poste in essere dal [omissis], dettagliatamente descritte sia nell’atto di deferimento della Procura Federale, sia nella decisione del Tribunale Federale, sono suffragate dal copioso materiale testimoniale acquisito dalla Procura Federale e sono state sostanzialmente ammesse dallo stesso [omissis], anche se al solo fine di cercare di accreditare la tesi dell’attività cestistica al di fuori dell’ambito di competenza FIP e quindi in un ambito nel quale il provvedimento sanzionatorio dell’inibizione non avrebbe alcuna valenza. Come accertato dalla Corte Federale, sulla base di plurimi riscontri e con apprezzamenti in fatto non sindacabili in questa sede, l’odierno ricorrente è stato sanzionato perché, anche dopo l’irrogazione del provvedimento interdittivo, ha continuato ad allenare, presso la sede della Società, in modo pressoché continuativo, gli atleti tesserati con la [omissis] e indossanti le maglie della società, sedendo in panchina anche in tornei internazionali, mentre il Liceo [omissis] ha negato che il [omissis] fosse un loro docente dipendente o avesse altro tipo di contratto di collaborazione con l’Istituto scolastico. Questultimo, infatti, ha stipulato un contratto di Associazione di Partecipazione con la USD [omissis] per la promozione della pratica sportiva ed è stata tale società a comunicare alla scuola che il [omissis] era stato nominato tutor sportivo” nell’ambito di tale progetto, salvo poi riqualificare l’incarico come referente sportivo” a seguito del provvedimento di inibizione.

È, quindi, proprio il [omissis] ad aver corretto il tiro” - e certamente non, come da questi asserito, la sentenza della Corte dAppello rispetto alla motivazione del Tribunale Federale - essendosi avveduto che il titolo di “tutor sportivo, che altro non è se non il ruolo di “allenatore” che il [omissis] ha sempre svolto in ambito federale, mal si concilia con l’inibizione a svolgere ogni tipo di attività federale. Il cambio di nomen” non gli ha comunque precluso di continuare a praticare la stessa attività precedentemente svolta, senza soluzione di continuità.

  1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dellart. 15, comma 3 bis, del Regolamento di Giustizia FIP, lamentando unerronea interpretazione del concetto di attività sportiva nell’ordinamento federale”.

Anche tale motivo è infondato.

 

Secondo la predetta disposizione, “I soggetti colpiti da provvedimento disciplinare di inibizione non possono svolgere alcuna attività sportiva nell’ordinamento federale per tutta la durata del periodo di inibizione. La violazione del divieto di cui al presente comma comporta l’aggravamento della sanzione”.

Lart. 15 citato precisa, per quanto qui rileva, che linibizione consiste nel divieto di svolgere attività federale e socialee, in particolare, nel divieto di rappresentare la società di appartenenza in attivirilevanti per l’ordinamento sportivo nazionale e internazionale, nel divieto di accesso nei locali degli impianti sportivi inibiti al pubblico, in occasioni di manifestazioni o gare, anche amichevoli”, nel divieto di partecipare alle riunioni, anche informali, con i tesserati”.

Pare chiaro che il [omissis] ha adottato, ripetutamente, condotte e comportamenti vietati dalla predetta norma.

Il concetto di attività sportiva rilevante nell’ordinamento federale” è stato correttamente definito dalla Corte Federale come quell’attivigovernata dalle norme FIP, come è innegabilmente l’attività di allenare atleti tesserati, in impianti di società affiliata alla Federazione, con divise e loghi di società affiliata, in gare nazionali ed internazionali, del tutto a prescindere dal loro eventuale carattere amichevole.

Ad ulteriore conforto del permanere dei rapporti professionali tra il [omissis] e la [omissis], la Corte Federale valorizza la corresponsione del contributo per il reclamo del primo da parte della seconda, che non ne avrebbe avuto titolo dal momento che il [omissis] non risultava in quel momento tesserato per detta società, che però evidentemente aveva un chiaro interesse alla difesa della posizione del reclamante. Né conforta la censura sul punto del ricorrente, secondo il quale basterebbe a giustificare l’accollo del contributo da parte della [omissis] il fatto che ne fosse proprietaria e presidente la moglie del [omissis], sig.ra [omissis], anchessa destinataria di provvedimento di inibizione per la medesima grave vicenda che ha coinvolto i dirigenti del Gruppo [omissis].

Il motivo deve, quindi, essere respinto.

 

  1. Con il terzo motivo di ricorso, il [omissis] deduce, in via gradata, l’insufficienza della motivazione circa la mancata concessione della riduzione della sanzione, denunciando l’assoluta vessatorietà e/o sproporzione della misura irrogata.

Anche tale motivo è inammissibile oltre che infondato.

 

In merito a doglianze attinenti all’entità della sanzione inflitta, va rammentato che questo Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo quando la stessa sia stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza. Non è invece consentito al Collegio di valutare la doglianza sulla quantificazione della sanzione, là dove adottata in aderenza ai suddetti presupposti (così, ad esempio, C.G.S., Sezioni Unite, decisione n. 71/2019, e Sez. II, decisione n. 74/2022, nonché, Sez. I, decisione n. 102/2021, che ha anche evidenziato che «l’apprezzamento favorevole per l’incolpato di una circostanza di fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce esplicazione di unattività discrezionale del giudice di merito, come tale non censurabile innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport allo scopo di farne scaturire una diversa valutazione in termini di disvalore»).

Al riguardo, i giudici federali di merito hanno esaurientemente motivato in ordine alla proporzionalità della sanzione inflitta stante la pluralità delle infrazioni addebitate al [omissis] e la mancata valutazione, da parte dello stesso, del significato e della portata del precedente provvedimento di inibizione, a dimostrazione del permanere in capo al medesimo della scarsa o nulla considerazione del principio fondamentale del rispetto delle normative federali.

Né può condividersi l’assunto del ricorrente secondo il quale la molteplicità delle violazioni integrerebbero in realtà ununica sorta di condotta permanente, connotata, in tesi, dalla natura non federale dell’attivisvolta. Invero, ogni torneo al quale il ricorrente ha partecipato in panchina, ogni accesso agli impianti sportivi della [omissis], ogni seduta di allenamento finanche svolta a porte chiuse “onde evitare l’ingresso di persone non gradite al [omissis]” - come osservato dallCorte Federale -, ogni manifestazione sportiva organizzata dal [omissis] con atleti tesserati [omissis] integra una violazione dell’obbligo di astenersi dallo svolgere attività federale o sociale”. Ne discende che del tutto irragionevole appare la pretesa del ricorrente di vedersi applicate le attenuanti di cui all’art. 21 del Regolamento di Giustizia FIP, sulla base dell’asserita incertezza interpretativa concernente la natura dell’attività svolta. In realtà, risulta evidente dalle deposizioni testimoniali e dalla documentazione in atti che fosse chiaro a tutti che l’attività che il [omissis] aveva continuato a svolgere, nonostante il provvedimento di inibizione, fosse praticata in totale spregio alle norme federali.

Anche tale motivo va quindi respinto.

 

  1. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente conferma della impugnata decisione della Corte Federale di Appello.
  2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

 

 

P.Q.M.

 

il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione

 

 

Respinge il ricorso.

 

 

 

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 800,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIP.

 

 

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 22 ottobre 2024.

 

 

Il Presidente                                                                                 La Relatrice

F.to Dante D’Alessio                                                                F.to Wally Ferrante

 

 

 

 

 

 

Depositato in Roma, in data 12 febbraio 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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