F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0099/CFA pubblicata il 14 Aprile 2025 (motivazioni) – Sig. Giuliano Riccio/PF

Decisione/0099/CFA-2024-2025

Registro procedimenti n. 0096/CFA/2024-2025

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello - Presidente (Relatore)

Federica Varrone - Componente

Angelo De Zotti - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul reclamo numero 0096/CFA/2024-2025 proposto dal Sig. Giuliano Riccio in data 10.03.2025,

per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 0156/TFNSD-2024-2025 del 03.03.2025;

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza, tenutasi in videoconferenza il 03.04.2025,  il Pres. Mario Luigi Torsello e uditi l’Avv. Nicola Paolini per il reclamante e l’Avv. Paolo Mormando per la Procura Federale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

La vicenda trae origine dalla segnalazione pervenuta al “Portale- Tutela Minori" FIGC- TDM da parte del Sig. GianMaria Mora, genitore di un atleta minorenne, in data 4.6.2024, con la quale ha denunciato comportamenti asseritamente vessatori posti in essere dall’allenatore della ASD Muglia Fortitudo non conformi ai principi educativi nei confronti dell'intero gruppo squadra U17, nonché atteggiamenti discriminatori nei confronti di atleti minorenni di origine straniera ed un presunto abuso fisico da accertare.

A seguito di tale segnalazione la Procura federale ha avviato un’indagine a seguito della quale, acquisiti una serie di documenti, ha disposto il deferimento nei confronti del Sig. Giuliano Riccio, all’epoca dei fatti allenatore della Società ASD Muglia Fortitudo, contestandogli la violazione dell’art. 4, comma 1, CGS in tema di lealtà, correttezza e probità nei rapporti comunque riferibili all’attività sportiva; dell’art. 37 CGS per l’utilizzo plurimo di espressioni blasfeme; dell’art. 39, comma 2, CGS, per la commissione di condotte gravemente antisportive; dell’art. 37, commi 1 e 2, Regolamento del Settore tecnico per non avere dato esempio di disciplina e correttezza sportiva ai calciatori dallo stesso allenati.

Nello specifico, al Sig. Riccio veniva contestato, in data 10 marzo 2024 ed in occasione della gara Muglia – Zaule valevole per il campionato provinciale Under 17, di aver posto in essere una condotta gravemente antisportiva consistita nell’aver tirato una gomitata alla parte alta del costato al sig. N.D., all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la A.S.D. Muglia F., a seguito della sua sostituzione al 15' del secondo tempo ed alla sua conseguente uscita dal terreno di gioco, provocandogli dolore, nonché per avere in data 3 dicembre 2023, in occasione della gara Roianese – Muglia, invitato i propri giocatori a "spaccare le gambe agli avversari", rivolgendo frasi aggressive ad un giovane calciatore avversario, nonché per avere, in occasione della gara Audax Sanrocchese Muglia, proferito delle bestemmie ad alta voce a causa dell’errata esposizione del cartello delle sostituzioni effettuata dal dirigente accompagnatore e, in occasione di altre gare, proferito delle bestemmie rivolgendosi agli occupanti della propria panchina, e per avere, in occasione degli allenamenti, preso in giro ed insultato i calciatori che allenava anche imputando loro di anteporre gli impegni scolastici agli impegni calcistici.

A seguito della ricezione del deferimento e dell'avviso di fissazione di udienza, il deferito Sig. Giuliano Riccio ha fatto pervenire una memoria difensiva in data 6 gennaio 2025, con la quale chiedeva il proscioglimento e di essere sentito personalmente.

Nel corso del dibattimento innanzi al Tribunale federale nazionale – Sez. disciplinare, la Procura federale, richiamato l’atto di deferimento e gli atti di indagine, ha chiesto l’irrogazione della sanzione della squalifica di nove mesi nei confronti del Sig. Riccio.

L’Avv. Paolini, richiamata la sua memoria difensiva, ha eccepito che l’art. 39 del Regolamento del Settore tecnico farebbe esclusivamente riferimento ai rapporti tra allenatori e non risulterebbe applicabile al caso di specie. Dopo aver richiamato i documenti e le chat allegate alla memoria difensiva, concludeva chiedendo il proscioglimento.

Il Tribunale ha ritenuto raggiunta la prova per ciascuna delle contestazioni, basata su concordi dichiarazioni rese nel corso delle indagini e, preso atto dei minimi edittali di cui agli artt. 37 e 39 CGS, ha irrogato al signor Giuliano Riccio la sanzione della squalifica per mesi sei.

Il Sig. Giuliano Riccio, in data 13 marzo 2025 ha proposto reclamo avverso la decisione del Tribunale federale nazionale, Sez. disciplinare, contestando le ricostruzioni fattuali poste dalla Procura federale.

In particolare, secondo il reclamante: 1) l'asserita gomitata al calciatore N.D. non sarebbe stata riscontrata da alcun soggetto, se non da due calciatori, uno dei quali coinvolto direttamente, e nessun dirigente, spettatore o arbitro avrebbe rilevato l'accaduto; 2) l’attribuzione di alcune frasi offensive o di incitamento alla violenza sarebbero fondate solo sulla testimonianza di un calciatore minorenne, alla presenza del padre; 3) non sarebbe fondato l'addebito relativo all'episodio della gara con l'Audax Sanrocchese, in quanto il reclamante non avrebbe bestemmiato e a tal fine viene invocata a discarico la dichiarazione di una dirigente della squadra; 4) non vi sarebbe prova della reiterazione di bestemmie in altre gare, trattandosi di affermazioni generiche; 5) il reclamante non avrebbe denigrato i calciatori per l'impegno scolastico e richiama in senso contrario la testimonianza del presidente e di un calciatore.

Il Sig. Riccio ha lamentato l’insufficienza delle risultanze istruttorie poste alla base della decisione e l’inidoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa, tanto che non sarebbe stato assolto l’onere della prova necessario per riconoscere la responsabilità in capo allo stesso.

Il reclamante ha chiesto, dunque, la riforma della decisione del TFN e il suo proscioglimento o comunque la riduzione della squalifica nella diversa misura ritenuta di giustizia e, in via istruttoria, che sia disposta un’ulteriore attività d’indagine da effettuarsi tramite l’intervento della Procura federale competente, con sospensione del giudizio e delle sanzioni e l’assunzione delle prove testimoniali anche nel presente procedimento, in particolare di una dirigente pro tempore della squadra e di un genitore di un calciatore minorenne.

E’ intervenuta la Procura federale nella persona dell’Avv. Mormando, il quale ha evidenziato che la decisione del Giudice di prime cure è immune da censure in quanto le prove prodotte in sede di indagini hanno integrato lo standard probatorio. In conclusione, nel sottolineare la gravità dei fatti occorsi, ha chiesto il rigetto del reclamo anche sotto il profilo della dosimetria della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, in merito alle richieste istruttorie avanzate dalla parte reclamante, occorre ricordare che – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte federale d’appello (ex multis: CFA, SS.UU., n. 8/2024-2025) - la giustizia sportiva è ispirata a ragioni di speditezza che mal si conciliano con l’espletamento di prove orali, se non assolutamente necessarie per assumere la decisione.

Pertanto i procedimenti in ordine alle infrazioni oggetto di denuncia o deferimento da parte della Procura federale si svolgono sulla base degli elementi contenuti nel deferimento e nelle deduzioni difensive, ossia sulla base delle evidenze documentali e delle prove precostituite, rispetto alle quali la prova testimoniale costituisce eccezione.

Il che, del resto, si evince dall’espressione “necessità di provvedere”, cui fa riferimento l’art. 60 CGS, espressione che, altrimenti, costituirebbe un mero pleonasmo.

1.1 Tali principi valgono, a maggior ragione, nel giudizio d’appello poiché lo stesso – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte federale (ex multis: CFA, Sez. I, n. 57/2024-2025) - deve tendenzialmente qualificarsi quale revisio prioris instantiae e non quale novum judicium: con la conseguenza che l'intervento della Corte è ordinariamente limitato al controllo della decisione impugnata e non anche al riesame dell'intero merito della controversia.

In sostanza, è il primo grado la sede naturale dell’istruttoria dibattimentale, nel corso della quale le parti private, articolando e dettagliando le difese eventualmente già poste in campo in precedenza, possono compiutamente difendersi, provando. La struttura (e la logica) di qualsiasi procedura accertativa e valutativa che si articoli in varie fasi di giudizio non può che comportare la tendenziale limitazione del momento istruttorio alla prima fase (ovvero al primo grado), riservando a quelle successive la funzione primaria di apprezzamento delle censure mosse alla prima decisione e solo in via residuale ed eventuale l’integrazione del compendio probatorio già raccolto (CFA, SS.UU., n. 84/2020-2021).

1.2 Nel caso di specie – ad ogni modo - non si ravvisa la necessità della prova testimoniale, anche in considerazione del fatto che, già in sede di indagini, era stata acquisita la dichiarazione del Dirigente e la stessa è oggetto di verifica e critica della decisione oggi reclamata.

2. Il reclamante, in questa sede, partendo dal presupposto che, nell’ordinamento sportivo, l’art. 44, comma 2, del codice CONI, impone al Procuratore federale l’adozione di un provvedimento di archiviazione ogni qualvolta gli elementi acquisiti non siano “idonei a sostenere l’accusa in giudizio”, ritiene che anche in tale forma di procedimento, ai sensi del principio del giusto processo, non sia possibile legittimare una pronuncia di condanna, senza che questa sia suffragata da una dimostrazione completa, sul piano giuridico, della sua colpevolezza.

Orbene, ritiene il Collegio che, se non c’è dubbio che il principio del giusto processo, di cui all’art. 111 della Costituzione, accomuna il processo sportivo al processo penale (v. art. 44 CGS), tuttavia v’è una differenza quanto al grado della prova che deve essere raggiunta per l’applicazione del provvedimento sanzionatorio.

E’ nota la granitica giurisprudenza di questa Corte federale d’appello (ex multis: CFA, SS.UU., n. 34/2024-2025) secondo cui le affinità tra il giudizio disciplinare sportivo e quello penale non possono spingersi fino a costruire un meccanismo probatorio così rigoroso, nel primo caso, da dover concludere, nel dubbio, in favore del reo, ovverosia del soggetto nei cui confronti è richiesta l’applicazione di misure di carattere disciplinare.

La diversa connotazione dell’ordinamento sportivo consente margini più ampi alla valutazione dei mezzi di prova e al libero convincimento del giudice, nei limiti, per quest’ultimo, della coerenza e ragionevolezza argomentative e dell’adeguata aderenza ai fatti.

Se ne desume che possono essere fatti valere, nel processo sportivo, elementi specifici a fini probatori, assimilabili alla logica – fatta propria dal processo civile e da quello amministrativo – del “più probabile che non”, rispetto a cui il giudizio può essere integrato da dati di comune esperienza.

In altri termini, il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare sportivo si attesta ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio o alla certezza assoluta della commissione dell’illecito.

Fermo quanto sopra, la giurisprudenza ha però altresì evidenziato che tale grado di preponderante certezza (sia pure inferiore rispetto allo standard dell’ambito penale) deve essere pur sempre conseguito sulla base di indizi gravi precisi e concordanti, cioè tali da condurre ad un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata, e cioè corrispondenti a dati di fatto certi e pertanto non consistenti in mere ipotesi, congetture o giudizi di verosimiglianza.

3. Ebbene, nel caso in esame, lo standard probatorio è ampiamente soddisfatto sia dalla Procura federale che dalla decisione impugnata essendo stato analiticamente considerato ciascuno degli eventi in cui si è manifestata la condotta disciplinarmente rilevante del reclamante e sono state ponderate in modo ragionevole le dichiarazioni rese dai soggetti sentiti nel corso delle indagini, da cui non emergono contraddizioni o elementi a supporto delle tesi esposte nel reclamo.

Pertanto, non possono trovare accoglimento le argomentazioni riguardanti i singoli episodi contestati in quanto gli stessi sono stati confermati ed accertati in sede di audizioni.

Le stesse dichiarazioni sono da ritenersi chiare e precise e dirette a fare comprendere la figura dell’allenatore, soggetto avvezzo ad utilizzare espressioni di tipo blasfemo e a tenere un comportamento aggressivo nei confronti dei tesserati, in vistoso contrasto con l’art. 37, comma 2, del Regolamento del settore tecnico secondo cui i tecnici devono essere esempio di disciplina e correttezza sportiva, tanto più nel settore giovanile.

3.1 Nello specifico, riguardo alla prima condotta contestata, il Tribunale – in modo perspicuo – ha ritenuto che “ Quanto accaduto durante la gara del 10.3.2024 all’atto della sostituzione del calciatore N. D., al 15° del secondo tempo, ed in particolare l’episodio della gomitata a danno del calciatore che non voleva fermarsi in panchina ed è stato rincorso dal tecnico, è stato riferito dal signor Gian Maria Mora, come riferitogli dal figlio, e poi dal calciatore che ne è rimasto vittima, che gli anticipava l’intenzione di aprire una segnalazione. Anche il calciatore F. M., testimone oculare, confermava che, mentre il compagno N.D. a seguito della sostituzionesi avviava arrabbiato verso gli spogliatoi, veniva inseguito dal signor Riccioche gli urlava“Tunonvai da nessuna parte” e che lo colpiva con una gomitata (alle costole), circostanza fra altro riferita anche ad altri compagni alla fine della gara. Lo stesso calciatore N. D. ha confermato l’episodio affermando che, dopo essere stato sostituito e sentito reiterate lamentele al suo indirizzo, aveva cercato di recarsi negli spogliatoio sentendosi gridare “dove pensi di andare ”, seguito da parolacce e venendo rincorso dal tecnico che, al fine di fermarlo, prima lo strattonava prendendolo per una mano e poi, non riuscendo a fermarlo, lo affiancava colpendolo con un gomito nella parte alta della costola sul lato sinistro, dovendo poi applicare una pomata per due giorni per lenire il dolore.”.

Sul punto, dichiara la persona offesa: “la partita si è svolta in data 11.03.2024 a Muggia (TS) contro lo Zaule, ricordo che abbiamo subito due reti dagli avversari in rapida sequenza, riconosco che la prima rete l'abbiamo subita per un mio errore, perciò sul momento ho accettato le lamentele del mister. Poco dopo subiamo un'altra rete su calcio piazzato, venendo nuovamente incolpato e sgridato dal mister, ma in questa circostanza la colpa del gol subito non era mia. Venivo quindi sostituito, mentre stavo per sedermi in panchina il mister continuava a sgridarmi in maniera eccessiva. Per evitare un litigio non rispondevo alle sue parole, nonostante fossi ormai seduto, lo stesso continuava a rimuginare e borbottare riguardo il mio presunto errore. Dopo qualche minuto sopportando le sue lamentele e provocazioni mi dirigevo verso gli spogliatoi proprio per evitare di rispondergli. Appena visto che mi stavo recando verso gli spogliatoi il mister iniziava a gridarmi: "dove pensi di andare, seguito da qualche parolaccia, continuando a non rispondergli, lo stesso iniziava a rincorrermi e una volta raggiuntomi, continuava urlando a richiamarmi, visto che non rispondevo, tentò di strattonarmi prendendomi la felpa con una mano, non riuscendo nel suo intento di fermarmi, mi si affiancava per cercare di fermarmi, alla mia sinistra e mi colpiva con il gomito della mano destra verso la parte alta della costole sul lato sinistro”.

In merito – e con specifico riferimento a tali dichiarazioni della persona offesa – occorre in primo luogo rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte federale d’appello (ex multis: CFA, Sez. I, n. 22/2024-2025), che fa riferimento alla giurisprudenza delle Sezioni penali della Corte di cassazione, il fatto contestato può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità della presenza di riscontri esterni, a condizione che siano positivamente verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità intrinseca del suo racconto.

3.1.1 Riscontri probatori esterni che, comunque, esistono nel caso in esame in quanto il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa – come ha osservato il Tribunale - è poi confermato dal calciatore F. M., secondo cui “: “Ricordo che in occasione di una partita di campionato, disputata a Muggia (TS), dopo una sostituzione del mio compagno D.L, il calciatore N., arrabbiato per la sostituzione, si avviava verso gli spogliatoi, ma il mister Riccio lo inseguiva urlandogli; "tu non vai da nessuna parte" e lo colpiva con una gomitata alle costole. lo ho visto tutta la scena e alla fine della partita Nicolò comunicava ai compagni del fatto che il mister”.

3.1.2 Quanto alle dichiarazioni del Presidente Romano, definite dal reclamante “di segno opposto”, esse si appalesano non univoche in quanto egli, se da un lato afferma di non aver visto la presunta gomitata, dall’altro dichiara di essere stato contattato nei giorni successivi alla partita dal sig. D. L., padre di N., il quale gli raccontava della gomitata subita da N. e egli lo rassicurava di aver visto la scena e che al primo allenamento avrebbe parlato con Riccio per avere chiarimenti e per evitare che certe scene si ripetessero.

D’altro canto, anche le dichiarazioni “di segno opposto” di I. M., tali non sono; egli, difatti, testualmente dichiara: “ Affermo di non aver visto il contatto tra l'allenatore e N. poiché ero focalizzato sulla partita, ma evidentemente deve essere successo qualcosa, poiché sentivo gridare e notavo che stavano litigando a parole.”

3.1.3 Quanto alla circostanza – su cui insiste, anche in questa sede, l’appellante – che l’episodio della gomitata non sarebbe stato visto neanche dall’arbitro, occorre in primo luogo considerare che, come evidenziato dal Tribunale, “dal referto del direttore di gara, l’unico acquisito per l’intero campionato, emerge che il signor Riccio è stato ammonito durante la gara al minuto 43 del secondo tempo perché “tiene un continuo comportamento inaccettabile (comprese ripetute infrazioni passibili di richiamo)”.

In ogni caso, com’è noto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte federale d’appello (ex multis: SS.UU., n. 81/2024- 2025), il referto arbitrale, pur facendo piena prova di quanto attesta essere avvenuto, non può assurgere a prova legale anche del quod non, cosicché il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale

3.2 Relativamente alla seconda contestazione, la dichiarazione del calciatore D. N. risulta precisa e credibile e non è smentita da elementi oggettivi: “si trattava della partita Roianese — Muglia svoltasi in data 03.12.2023 a Borgo San Sergio (TS), era una partita importante ai fini della classifica e anche molto tesa, alla fine della partita si creavauno scontro verbalefrai calciatori delle due squadre, il Riccio anziché cercare di calmare gli animi, visto che era coinvolto suo figlio E., si rivolgeva ad un calciatore della Roianese con la seguente frase: "figlio di puttana". Faccio presente che dopo la partita contro la Roianese nella chat whatsapp dei genitori della nostra squadra il Sig. Riccio scriveva un messaggio indirizzato alla squadra dove esprimeva la sua delusione per i fatti accaduti, ed in particolare mi accusava di essere stato la causa principale di quanto avvenuto al termine della partita. Nell'intervallo lo stesso allenatore ci diceva che se i calciatori avversari ci pestavano, anche voi dovete spaccargli le gambe.”.

Anche in questo caso vale ribadire la costante giurisprudenza di questa Corte federale d’appello ( ex multis: CFA, Sez. I, n. 87/2023-2024), secondo cui la dichiarazione di un solo teste ben può̀ essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo.

3.3 Sull’episodio della gara del 10 marzo 2024, la dichiarazione di D.N. è del seguente tenore: “ si trattava della partita Roianese — Muglia svoltasi in data 03.12.2023 a Borgo San Sergio (TS), era una partita importante ai fini della classifica e anche molto tesa, alla fine della partita si creava uno scontro verbale fra i calciatori delle due squadre, il Riccio anziché cercare di calmare gli animi, visto che era coinvolto suo figlio Emanuele, si rivolgeva ad un calciatore della Roianese con la seguente frase: "figlio di puttana". Faccio presente che dopo la partita contro la Roianese nella chat whatsapp dei genitori della nostra squadra il Sig. Riccio scriveva un messaggio indirizzato alla squadra dove esprimeva la sua delusione per i fatti accaduti, ed in particolare mi accusava di essere stato la causa principale di quanto avvenuto al termine della partita. Nell'intervallo lo stesso allenatore ci diceva che se i calciatori avversari ci pestavano, anche voi dovete spaccargli le gambe. “.

A fronte di tale dichiarazione, molto circostanziata, l’appellante deduce che vi sarebbe stata una “testimonianza opposta” del Presidente Romano.

Senonché il Presidente si limita a riferire che “Non ho assistito alla partita, ma mi è stato riferito successivamente da miei dirigenti di quanto era avvenuto.”.

3.4 Relativamente alla partita di Gorizia con l'Audax Sanrocchese, il calciatore N.D. dichiara che “ per un errata esposizione del numero del calciatore che doveva essere sostituito, il Riccio scagliava a terra prima la sua cartellina e successivamente le proprie chiavi della macchina e proferiva delle bestemmie ad alta voce. Preciso che l'esposizione errata veniva effettuata dalla nostra accompagnatrice sig. Paola che so essere la compagna del sig. Riccio.”.

Tali dichiarazioni sono confermate anche da I.M. secondo cui “Si confermo di averlo visto molto arrabbiato quando ha gettato a terra la sua cartellina, infatti ha anche bestemmiato.” e da Mora Gianmaria secondo cui “In un'altra partita disputata a Gorizia con l'Audax Sanrocchese lo stesso allenatore a seguito di un errata esposizione del cartello indicante il numero del calciatore da sostituire, effettuato dall'accompagnatrice della squadra, reagiva scagliando a terra la cartellina e bestemmiando”. Laddove il Presidente Romano si è limitato a dichiarare: “Non ho assistito a questa partita ne’ nessuno mi ha mai parlato di questo episodio”.

Anche tale fatto, dunque, risulta ampiamente comprovato e, pertanto, non occorre dare seguito all’istanza istruttoria richiesta dal reclamante.

3.5 Quanto alle condotte assunte dall’allenatore in panchina, N.D. dichiara: “ ricordo in particolare che quando il pallone usciva dal terreno di gioco e si allontanava, il Riccio si rivolgeva agli occupanti la panchina, con fare arrogante e sgarbato con le seguenti frasi: correte a recuperare questi palloni, muovetevi. Aggiungendo parolacce e bestemmie. “.

Anche I. M., alla domanda “Corrisponde al vero che l'allenatore Riccio Giuliano durante le partite in panchina manteneva sempre un comportamento aggressivo e nervoso bestemmiando? “, risponde: “Si posso dire che aveva un carattere un po' forte ed appariva nervoso. “ .

Non risolutiva, in senso contrario, al riguardo, è la dichiarazione del Presidente Romano che – è vero - dichiara “di non essere mai andato in panchina ne’ di averlo sentito bestemmiare” ma, comunque, dopo aver premesso: “Posso affermare che il sig. Riccio in panchina usava spesso toni abbastanza alti per richiamare i suoi calciatori, pretendendo da essi la disciplina”.

Appare superfluo, in questa sede, rammentare come la blasfemia – che è punita nell’ordinamento generale non in quanto manifestazione di un pensiero ma quale manifestazione pubblica di volgarità (Cass. pen., Sez. Un. 15.7.1992, n. 7979) - costituisce un illecito particolarmente riprovevole nell’ordinamento sportivo poiché è indice di mancanza di rispetto per le regole di pura e semplice educazione civile e, pertanto, a fortiori, per le regole sportive (CFA, SS.UU., n. 75/2021-2022).

E ciò vale a maggior ragione in ambito giovanile, dove lo sport funge da importante veicolo di valori e modello di comportamento.

3.6 Risultano infine pienamente condivisibili le considerazioni del Tribunale relative: a) alle condotte dell’allenatore non rispettose del ruolo rivestito e non educative nei confronti dei calciatori minori allo stesso affidati; b) al privilegiare da parte dell’allenatore l’impegno sportivo rispetto a quello scolastico; c) il continuo proporre suo figlio a modello di comportamento ed altri soggetti allenati nel passato in quanto sempre presenti agli allenamenti.

Comportamenti che risultano comprovati tenendo conto dello standard probatorio esistente nel processo sportivo.

4. In definitiva, i comportamenti tenuti dall’allenatore, sia che vengano esaminati in una prospettiva atomistica, sia che vengano esaminati in una prospettiva olistica, si pongono, in modo indubbio, in vistoso contrasto con l’art. 37, comma 2, del Regolamento del settore tecnico - secondo cui, come detto, i tecnici devono essere esempio di disciplina e correttezza sportiva - e come particolarmente diseducativi nei confronti dei giovani calciatore, nei cui confronti l’attività sportiva – com’è evidente - ha un importante ruolo formativo ed educativo (CFA, Sez. IV, n. 66/2019-2020).

Al riguardo ritiene doveroso il Collegio di ribadire quanto già ritenuto con decisione CFA, SS.UU., n. 92/2024-2025: l’art. 33 della Costituzione, all’ultimo comma aggiunto con la legge costituzionale 26 settembre 2023, n. 1, ha sancito il principio secondo cui “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività̀ sportiva in tutte le sue forme”.

La norma riflette i contenuti di dispositivi qualificati a livello sovranazionale, specialmente con riferimento ai minori, ed evidenzia come lo sport debba essere praticato e coltivato come un prezioso alleato nell’educazione, nell’inclusione sociale e nel miglioramento del benessere complessivo di tutti i cittadini.

E’ stato al riguardo anche sottolineato che il valore “educativo” dello sport giustifica la collocazione della nuova disposizione in seno all’art. 33 Cost. Si è voluto, in sostanza, affermare lo stretto collegamento tra scuola, università e sport. Infatti, è indubbio che lo sport contribuisce alla diffusione dei valori della solidarietà, della lealtà, del rispetto della persona e delle regole.

Tale novella costituzionale, pertanto, autorizza una lettura ermeneutica dell’attività sportiva non solo come valore in sé, ma soprattutto come veicolo di valori, quale strumento di inclusione sociale e di promozione del pieno sviluppo della persona umana, specie con riguardo al suo benessere psico-fisico.

Nella stessa prospettiva si pongono le disposizioni di cui all’art. 16 del d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 39, aventi la finalità di promuovere, nel mondo dello sport, la parità di genere tra uomo e donna, la tutela dei minori e il contrasto effettivo ed efficace a ogni forma di violenza di genere e di discriminazione, attraverso l’adozione di misure di prevenzione e presidi di controllo c.d. di “safeguarding”.

In particolare, si prevede che le Federazioni sportive nazionali debbano redigere le linee guida per la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione prevista dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o per ragioni di etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.

Inoltre, si dispone che le associazioni e le società sportive dilettantistiche e le società sportive professionistiche debbano predisporre e adottare modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva nonché codici di condotta conformi alle linee guida.

In esecuzione di tale dispositivo, la F.I.G.C., con C.U. n. 87/A del 31 agosto 2023, ha adottato le pertinenti linee guida, al fine di assicurare l’effettività dei diritti dei tesserati e le relative tutele, con particolare riguardo alla tutela dei minori. In tale quadro normativo “tutti i tesserati hanno il diritto di svolgere l’attività sportiva in un ambiente consono e degno, nonché rispettoso dei diritti della personalità e della salute e che chiunque partecipi con qualsiasi funzione o titolo all’attività sportiva è tenuto a rispettare tali diritti dei tesserati” (si veda anche CFA, SS. UU, n. 57/2024-2025).

5. Alla luce delle esposte considerazioni, pertanto, la sanzione comminata in primo grado appare conforme all’art. 12 del Codice di giustizia sportiva che impone di modulare l’afflittività della sanzione in base alla gravità dei fatti (CFA, SS.UU., n. 22/2023-2024) affinché essa svolga la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita.

Il reclamo, pertanto, deve essere respinto.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

IL PRESIDENTE ED ESTENSORE

           Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

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