CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 23 del 31/03/2025 – Società Ternana Calcio S.p.A / FIGC

Decisione n. 23

Anno 2025

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

composta da

Vito Branca - Presidente

Angelo Maietta - Relatore

Giuseppe Andreotta

Marcello de Luca Tamajo

Francesco Delfini - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 4/2025, presentato, in data 14 gennaio 2025, dalla Società Ternana Calcio S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Fabio Giotti, e prof. Enrico Lubrano,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall’avv.  Giancarlo Viglione,

nonché, ove occorra, contro

 la Corte Federale di Appello presso la FIGC, il Tribunale Federale presso la FIGC,

 e

la Procura Federale presso la FIGC, non costituitasi in giudizio,

nonché nei confronti

della Procura Generale dello Sport presso il CONI,

per l’annullamento

della decisione della Corte Federale di Appello della FIGC n. 71/CFA/2024-2025 del 20 dicembre 2024, con cui è stato respinto il reclamo proposto dalla suddetta ricorrente e, per l'effetto, è stata confermata la decisione del Tribunale Federale della FIGC n. 92/TFNSD/2024-2025 (anche essa oggetto di impugnazione) del 6 novembre 2024, con la quale è stata disposta, a carico della Società Ternana Calcio S.p.A., la sanzione di n. 2 punti di penalizzazione in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva; nonché di ogni atto presupposto e conseguente, ad esse connesso.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 19 febbraio 2025, i difensori della parte ricorrente - Ternana Calcio S.p.A. - avv.ti Eduardo Chiacchio, Fabio Giotti e prof. Enrico Lubrano; l’avv. Noemi Tsuno, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Maria Elena Castaldo, per la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. prof. Angelo Maietta.

Ritenuto in fatto

1.         Con ricorso del 14 gennaio 2025, la Società Ternana Calcio S.p.A. (d’ora in poi anche solo la Ternana) ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere l’annullamento della decisione della Corte Federale di Appello della FIGC n. 71/CFA/2024-2025 del 20 dicembre 2024, con cui è stato respinto il reclamo proposto dalla suddetta ricorrente e, per l'effetto, è stata confermata la decisione del Tribunale Federale della FIGC n. 92/TFNSD/2024-2025 del 6 novembre 2024, con la quale è stata disposta, a carico della Ternana, la sanzione di n. 2 punti di penalizzazione in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva.

La vicenda trae origine dal deferimento spiccato dalla Procura Federale della FIGC, con atto del 7 ottobre 2024, a carico, tra l’altro, della Ternana Calcio S.p.A., per rispondere della violazione di cui all’art. 4, comma 1, del CGS, in relazione a quanto previsto dall’art. 85, lett. A), par. VI), punto 2), ultimo capoverso delle NOIF e dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023 (Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione ai Campionati Professionistici di Serie A, di Serie B e di Serie C 2024/2025), Titolo I), par. IX, lett. L), punto 1), in ordine al tardivo pagamento delle ritenute IRPEF per le mensilità di maggio e giugno 2024.

Risulta dagli atti come, in data 30 settembre 2024, la Co.Vi.So.C. inviava alla Procura Federale la nota prot. n. 4052/2024, in cui si segnalava che “… nella riunione del 26 settembre 2024, ha riscontrato all’esito delle verifiche effettuate dall’Ufficio federale preposto al supporto delle attività degli organi di controllo …, che la Società Ternana Calcio S.p.A. non ha provveduto, entro il termine del 16 settembre 2024, al versamento delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati dalla competente Lega, relative alle mensilità di maggio e giugno 2024, per un importo pari a circa 519.224,00 Euro, così come previsto dal Titolo I), par. IX), lett. L), punto 1) del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023…. Per completezza di informazione si rappresenta che la medesima Società alla scadenza federale del 16 settembre 2024, depositava copia della dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante e dal Revisore dei conti con la quale attestava

– non barrando l’apposita casella – il mancato assolvimento dell’adempimento in oggetto …”. Sulla base di tale segnalazione, la Procura Federale avviava il procedimento disciplinare prot. n. 244pf24-25,  che  confluiva  nel  citato  deferimento  del  sig.  Nicola  Guida,  all’epoca  dei  fatti Presidente del Consiglio di amministrazione e dotato di poteri di rappresentanza della Ternana, e di quest’ultima, a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 6, comma 1, nonché a titolo di responsabilità propria, ai sensi di quanto previsto dall’art. 85, lett. A), par. VI), punto 2), ultimo capoverso, delle NOIF e dal Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21 dicembre 2023, titolo I), par. IX), lett. L), punto 1), che pongono gli obblighi in esame a carico anche delle Società in modo diretto.

2.         Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, con decisione del 6 novembre 2024 n. 92/TFNSD/2024-2025, accogliendo le richieste avanzate dalla Procura Federale, ha irrogato la sanzione di n. 3 mesi di inibizione per il sig. Guida e la sanzione di n. 2 punti di penalizzazione in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva, in capo alla Ternana.

Si legge tra l’altro nella decisione di prime cure: «… Con riferimento alla posizione del sodalizio societario occorre preliminarmente ricordare che secondo l’ormai granitico orientamento della giustizia endofederale, le disposizioni volte a garantire il corretto adempimento delle obbligazioni delle società nei confronti dei tesserati - e del conseguente obbligo di riversamento delle ritenute fiscali e contributive - risponde ad esigenze di garanzia della stabilità economico – finanziaria dei partecipanti al campionato e, conseguentemente della par condicio dei predetti che potrebbero trarre vantaggio da inadempimenti verso il fisco e verso gli enti previdenziali. Il sistema federale ha, quindi, creato un rigido meccanismo sanzionatorio che intende salvaguardare la par condicio tra tutte le squadre, che potrebbe essere compromessa qualora non venissero immediatamente intercettati e sanzionati eventuali sviamenti finanziari incidenti sulle obbligazioni assunte dalle società, come tali possibile fonte di ingiustificate posizioni di vantaggio. Tale principio, quindi, ispira ogni possibile chiave interpretativa della norma in questione essendo orientato a garantire il corretto adempimento di tutte le scadenze federali. Orbene, in tale quadro non possono accogliersi le argomentazioni difensive volte a prospettare un quadro “sanzionatorio” diverso rispetto a quello ormai da tempo fissato dalla giurisprudenza endofederale che pone, giustamente, su piani diversi le contribuzioni erariali rispetto a quelle contributive e che prospetta quindi autonome sanzioni derivanti dalla mancata ottemperanza dei relativi pagamenti, in ragione dell’applicazione del principio di proporzionalità che, in tale fattispecie, non risulta in alcun modo violato, atteso che la violazione contestata ha ad oggetto due mensilità e che la sanzione prevede la penalizzazione di punti due per ciascun inadempimento. Né possono porsi sullo stesso piano le diverse sanzioni previste dal comunicato federale che, invero, impongono autonome scadenze e riguardano fattispecie diverse – sebbene sostanziantesi in omessi pagamenti e/o versamenti. La richiesta di midiazione della sanzione per l’omesso pagamento di due mensilità, quindi, si porrebbe al di sotto di quel minimo edittale che più volte è stato ritenuto non derogabile dalla giurisprudenza endofederale. Al riguardo va ricordato che la Corte Federale d’Appello ha statuito, sul punto, che "Per quanto riguarda le sanzioni previste a carico della società con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica, non è possibile una graduazione che tenga conto della gravità dell’infrazione (così come avviene per le persone fisiche), né è consentito al giudice sportivo quantificare una sanzione inferiore al minimo edittale previsto puntualmente della normativa federale e ciò in ossequio al principio della parità di condizioni tra i soggetti in competizione e all’esigenza di non creare indebite distorsioni dei campionati (SS.UU. n. 101/2022/2023; n. 78/2022/2023; n. 88 e 89/2019-2020). L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis, assimilabile a quello penale. Invero, mentre per quest’ultimo, la funzione (non assorbente ma certamente) principale della pena è – per esplicito dettato costituzionale – la rieducazione (rectius: risocializzazione) del condannato, per l’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente scopo e funzione retributiva, e restauratrice della par condicio nelle competizioni agonistiche. Di talché sembra conseguente ipotizzare, in tale ultimo ordinamento, la sussistenza di una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione generalpreventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione.  Conseguentemente  mentre, nel primo  caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. La ragione è quella cui si è fatto prima cenno: la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere – più o meno – avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali” (Corte Federale d’Appello, SS.UU. 23 aprile 2024, n.109) …».

2.1.      Avverso tale decisione, in data 13 novembre 2024, la Ternana proponeva reclamo innanzi alla Corte Federale di Appello, affermando che, stante l’erroneità della decisione di primo grado, la stessa andasse riformata con la riduzione della sanzione ad un punto di penalizzazione, in virtù della erronea applicazione dell’art. 33 CGS FIGC e della violazione delle disposizioni contenute nel C.U. n. 140/A del 21 dicembre 2023, nonché anche alla luce dei principi di uguaglianza sostanziale, di par condicio, nonché di proporzionalità, di effettività e di ragionevolezza delle sanzioni disciplinari.

La CFA, con la decisone quivi impugnata, respingeva il gravame, confermando le sanzioni irrogate in primo grado sulla base delle seguenti argomentazioni: «1. Secondo la reclamante, il punto 1), lett. L), par. IX), titolo I), del Sistema  Licenze  Nazionali 2024/2025, componendosi di due adempimenti relativi ad Irpef ed Inps, dovrebbe portare all’applicazione di un solo punto di penalizzazione, essendo tale complessivo adempimento rimasto solo in parte inadempiuto con riguardo alle ritenute Irpef ed adempiuto con riguardo ai contributi Inps. In sostanza l’appellante introduce un frazionamento della fattispecie sanzionatoria, ritenendo che la penalizzazione di due punti in classifica debba essere comminata solo in presenza dei due inadempimenti Irpef e Inps laddove, in presenza di uno solo degli stessi, la sanzione dovrebbe essere dimezzata. Inoltre – sempre secondo la reclamante – il Tribunale avrebbe applicato al caso di specie una norma non contestata nell’atto di deferimento, ovvero l’art. 33 CGS. 2. Al riguardo, in primo luogo, deve osservarsi come la decisione del Tribunale federale non fa alcun riferimento all’art. 33 C.G.S., tanto che è la stessa reclamante a dover ammettere l’assenza nel provvedimento impugnato di richiami espliciti a tale norma (“seppur non citandola direttamente …”). L’unica ragione di collegamento con l’art. 33 C.G.S. è costituita dal richiamo del Tribunale federale alla decisione CFA, SS.UU., n. 109/2023-2024 che, nel decidere una contestazione sulla violazione dell’art. 33 C.G.S., ha stabilito alcuni principi di portata generale applicabili, pertanto, anche al caso di specie.

3. Le ulteriori considerazioni svolte nel reclamo, pur apprezzabili, non possono essere condivise. Sotto un primo profilo finalistico, secondo l’impostazione di questa Corte federale (CFA, SS.UU.,

n. 109/2023-2024), sussiste una rilevanza causale autonoma nell’ipotesi dell’omesso versamento anche di una sola delle obbligazioni previste (ritenute Irpef e contributi Inps): che “ognuna di quelle obbligazioni sia in realtà autonoma ed indipendente rispetto alle altre si desume agevolmente dal fatto che diversi sono i soggetti creditori (Stato, Inps), diversa è la loro natura giuridica (tributaria nel caso delle ritenute Irpef, previdenziale nel caso dei contributi Inps) e diversa ancora è la loro finalità (di fiscalità generale quella delle ritenute Irpef, sostanzialmente di garanzia per i lavoratori del settore quella dei contributi Inps)”. 4. In secondo luogo, sotto un profilo letterale, occorre rammentare che il punto 1 della lettera “L”, paragrafo IX, del Comunicato Ufficiale n. 140/A del 21.12.2023, stabilisce il seguente adempimento per le società di serie B e di serie C, entro il termine del 16 settembre 2024: “assolvere il pagamento, anche attraverso le disposizioni legislative in vigore, laddove applicabili, delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati, per le mensilità di maggio e giugno 2024 e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati dalla competente Lega per la mensilità di giugno 2024 depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o dal sindaco unico, attestante detto adempimento. In caso di transazioni e/o di rateazioni concesse dagli enti impositori, le società devono depositare presso la Co.Vi.So.C. i medesimi atti di transazione e/o di rateazione, ed assolvere il pagamento delle rate scadute al 30 giugno 2024”. In sostanza, quindi la disposizione prevede una pluralità di adempimenti per le società di serie B e di serie C devono assolvere successivamente all’ottenimento della licenza nazionale. Dopo il n. 4 della stessa disposizione, è stabilito il conseguente regime sanzionatorio: “L’inosservanza del suddetto termine del 16 settembre 2024, anche con riferimento ad uno soltanto degli adempimenti previsti dai precedenti punti 1), 2), 3) e 4) costituisce illecito disciplinare ed è sanzionata, su deferimento della Procura federale, dagli organi della giustizia sportiva con la penalizzazione di due punti in classifica, per ciascun inadempimento, da scontarsi nel Campionato Professionistico di competenza 2024/2025”. Al riguardo, si impongono due considerazioni: la prima è costituita dal fatto che il superamento del termine del 16 settembre 2024 è applicabile anche all’ipotesi di cui al n. 1, della lettera “L” (cioè, al caso in esame); la seconda è rappresentata dalla formulazione letterale della disposizione sanzionatoria, che espressamente prevede: “con riferimento ad uno soltanto degli adempimenti” e la “penalizzazione di due punti in classifica, per ciascun inadempimento”. Come risulta dagli atti di deferimento, la fattispecie concreta è rappresentata dal tardivo versamento della Ternana Calcio SpA per euro 519.224,00 di ritenute Irpef relative ai mesi di maggio e giugno 2024. Pur a voler considerare le due mensilità di mancato pagamento di maggio e giugno 2024 come un inadempimento unico, è insuperabile la formulazione della disposizione secondo cui anche da uno soltanto degli adempimenti previsti dai punti 1), 2), 3) e 4) consegue la penalizzazione di due punti. In buona sostanza, questa Corte non può disapplicare la disposizione sopra detta, introducendo un sistema di dimezzamento della sanzione sulla base di una interpretazione riduttiva della condotta. Tale operazione ermeneutica non appare possibile sia in ragione della espressa previsione della regola contestata e (ammessa dalla stessa reclamante come) violata, sia in ragione del disvalore della condotta violativa del precetto di cui alla lettera “L”, n. 1, il cui termine del 16 settembre 2024 era ben e tempestivamente conosciuto dalla società sportiva, essendo stato il Comunicato Ufficiale della FIGC n. 140/A pubblicato il 21.12.2023. E ciò, pertanto, pur applicando al caso di specie - come richiede la appellante - “solo” la normativa di cui al C.U. n. 140/A del 21 dicembre 2023. Anche con tale normativa, difatti, il legislatore federale - secondo la pregevole decisione del Tribunale, oggi impugnata - ha creato un rigido meccanismo sanzionatorio che intende salvaguardare la par condicio tra tutte le squadre, che potrebbe essere compromessa qualora non venissero immediatamente intercettati e sanzionati eventuali sviamenti finanziari incidenti sulle obbligazioni assunte dalle società, come tali possibile fonte di ingiustificate posizioni di vantaggio. Non giova alla reclamante, sotto questo profilo, il richiamo ai precedenti CFA, SS.UU., n. 39/2024-2025 e n. 40/2024-2025. Con la prima decisione, difatti, questa Corte ha confermato la sanzione della penalizzazione di due punti in classifica in relazione al solo mancato versamento delle ritenute Irpef e, con la seconda, ha confermato la medesima sanzione in relazione al mancato versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps. In tal modo escludendo la visione - per così dire - parcellizzata della disposizione in esame che è propugnata dalla reclamante. 5. La stessa pronuncia CFA, SS.UU., n. 109/2023-2024 ha poi affrontato la questione se, in concreto, sia possibile scendere al di sotto del minimo edittale previsto per la sanzione. E, in tal senso, è stato ritenuto che “per quanto riguarda le sanzioni previste a carico della società con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica, non è possibile una graduazione che tenga conto della gravità dell’infrazione (così come avviene per le persone fisiche), né è consentito al giudice sportivo quantificare una sanzione inferiore al minimo edittale previsto puntualmente della normativa federale e ciò in ossequio al principio della parità di condizioni tra i soggetti in competizione e all’esigenza di non creare indebite distorsioni dei campionati (SS.UU. n. 101/2022/2023; n. 78/2022/2023; n. 88 e 89/2019- 2020). In questo senso, in tali decisioni è stato considerato che “L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis, assimilabile a quello penale. Invero, mentre per quest’ultimo, la funzione (non assorbente ma certamente) principale della pena è – per esplicito dettato costituzionale – la rieducazione (rectius: risocializzazione) del condannato, per l’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente scopo e funzione retributiva, e restauratrice della par condicio nelle competizioni agonistiche. Di talché sembra conseguente ipotizzare, in tale ultimo ordinamento, la sussistenza di una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione generalpreventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione. Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. La ragione è quella cui si è fatto prima cenno: la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere – più o meno – avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali”. (così, CFA SS.UU. n. 109/2023-2024). Tali motivazioni, che hanno riguardato una contestazione relativa all’art. 33 C.G.S., hanno indubbiamente una portata di carattere generale e, quindi, sono applicabili anche al caso di specie. La norma, la cui violazione è stata ammessa dalla stessa reclamante, prevede una sanzione di due punti per ogni inadempimento e senza una specificazione normativa che distingua il ritardo nel versamento delle ritenute Irpef da quelle dei contributi Inps, applicando ad ognuna un punto, non è possibile frazionare e qualificare l’inadempimento meno grave della condotta, con riduzione della sanzione minima edittale. 6. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, il reclamo deve essere respinto».

3.         Ha proposto ricorso la Ternana affidandosi ai seguenti motivi di diritto.

I.         “Violazione dei generali principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento della attività amministrativa (costituita dalla corretta gestione sostanziale della giustizia sportiva) (art. 97 Cost.). Violazione ed erronea applicazione dell’art. 33 C.G.S. della

F.I.G.C. e del C.U. n. 140/A del 21 dicembre 2023 della F.I.G.C. insufficiente motivazione sui punti decisivi della controversia, alla luce della manifesta illogicità, incoerenza ed irragionevolezza della motivazione (violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990)”.

In primo luogo, viene contesta la decisone della Corte Federale di Appello laddove ha respinto il motivo secondo il quale il Tribunale Federale Nazionale avrebbe applicato, al caso di specie, una norma non contestata nell’atto di deferimento, ovvero l’art. 33 CGS, ritenendo che il Tribunale di primo grado abbia unicamente fatto riferimento alla suddetta normativa in virtù del richiamo ad una decisione della medesima CFA contenente principi di portata generale.

Parimenti illegittimo sarebbe l’incedere della CFA ove si afferma l’impossibilità di adoperare un dimezzamento della sanzione. Invero, secondo la prospettazione della ricorrente, il punto 1), lett. L), par. IX, titolo I), del Sistema Licenze Nazionali 2024/2025 prevede due distinte condotte autonome (con due distinti “disvalori”), relative rispettivamente al tardivo pagamento di IRPEF (prima condotta) ed INPS (seconda condotta). Tale disciplina - nel caso in questione (sussistenza di una sola condotta, ovvero la prima, relativa solo al tardivo pagamento IRPEF) - doveva necessariamente condurre all’applicazione, nei confronti della Società Ternana, di un solo punto di penalizzazione. In altri termini, con la locuzione “ciascun inadempimento” nel Sistema Licenze Nazionali si fa riferimento, in tesi, non al numero dei mesi inadempiuti né agli adempimenti collegati a tali mensilità, ma al “pacchetto” delle singole condotte previste da ciascun punto/paragrafo da ottemperare alla scadenza federale prevista dal Sistema Licenze Nazionali al Titolo I), par. IX). L'interpretazione letterale della norma non sarebbe suscettibile di alcun dubbio in ragione della indicazione testuale della congiunzione “e” posta tra IRPEF ed INPS.

Vengono, infine, riproposti e trascritti i motivi di impugnazione della decisione di primo grado.

II. “Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), nonché di effettività e di proporzionalità delle sanzioni disciplinari, non potendo essere irrogata, nel caso di specie, la sanzione di due punti di penalizzazione al verificarsi di una duplice condotta prevista dalla norma contestata (C.U. n. 140/A, allegato n. 4, C.D. “Manuale Licenze Nazionali”, titolo  primo, paragrafo 9, lettera  l, punto n. 1)  - ovvero tardivo pagamento sia delle ritenute IRPEF, sia dei contributi INPS (rispetto al termine del 16 settembre 2024) - laddove, invece, nel caso di specie, è stata posta in essere una sola condotta (tardivo pagamento IRPEF, essendo, invece, stato regolarmente effettuato il pagamento INPS, entro il termine del 16 settembre 2024).

Violazione del principio di uguaglianza sostanziale e del principio di par condicio, laddove la decisione impugnata irroga la sanzione prevista per la sussistenza di due diverse tipologie di condotte (IRPEF ed INPS), nei confronti della società ricorrente, la quale ha, invece, tenuto soltanto una delle due diverse tipologie di condotte contestate (IRPEF)”.

La sanzione irrogata in primo grado e confermata dalla CFA sarebbe, a detta della ricorrente, manifestamente discriminatoria ed in violazione della par condicio, oltre che irragionevole e sproporzionata, posto che la gravità della sanzione si deve accompagnare alla gravità della violazione realizzata: l’inadempimento solo parziale della previsione normativa (punto n. 1 della lettera L richiamata) non potrebbe essere assimilata all’inadempimento integrale della stessa, con la conseguenza che la relativa sanzione debba essere graduata e proporzionata alla entità della violazione.

La illegittimità della sanzione, in tesi, sarebbe, altresì, da scorgere in due ulteriori circostanze: i) che la Società Ternana abbia prontamente provveduto, pochi giorni dopo la scadenza federale, ad effettuare il pagamento delle ritenute Irpef non ottemperate alla scadenza del 16 settembre 2024; ii) il fatto che le condotte contestate siano state ammesse dalla Società Ternana Calcio, senza, quindi, alcuna contestazione del fatto in re ipsa, ma unicamente in relazione alla sanzione da irrogarsi nei confronti della stessa Società.

3.1. Si è costituita in giudizio la FIGC concludendo per l’inammissibilità ed in ogni caso per il rigetto del ricorso. Il contraddittorio processuale si è ulteriormente sviluppato attraverso il deposito, da parte della Ternana e della Federazione resistente, delle memorie ex art. 60, c. 4, CGS CONI.  La Procura Generale dello Sport, intervenuta in udienza, ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

 Considerato in diritto

 Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In virtù del principio della ragione più liquida - secondo il quale, come è noto, una domanda o un ricorso possono (e in alcuni ordinamenti debbono) essere respinti o accolti sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata (e quindi senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto, per esempio, nel diritto processuale dell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana dagli artt. 276 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.) - si ritiene di iniziare dall’esame dal secondo motivo di gravame, concernente “Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), nonché di effettività e di proporzionalità delle sanzioni disciplinari, non potendo essere irrogata, nel caso di specie, la sanzione di due punti di penalizzazione al verificarsi di una duplice condotta prevista dalla norma contestata (C.U. n. 140/A, allegato n. 4,

C.D. “Manuale Licenze Nazionali”, titolo primo, paragrafo 9, lettera l, punto n. 1) - ovvero tardivo pagamento sia delle ritenute IRPEF, sia dei contributi INPS (rispetto al termine del 16 settembre 2024) - laddove, invece, nel caso di specie, è stata posta in essere una sola condotta (tardivo pagamento IRPEF, essendo, invece, stato regolarmente effettuato il pagamento INPS, entro il termine del 16 settembre 2024).

Violazione del principio di uguaglianza sostanziale e del principio di par condicio, laddove la decisione impugnata irroga la sanzione prevista per la sussistenza di due diverse tipologie di condotte (IRPEF ed INPS), nei confronti della società ricorrente, la quale ha, invece, tenuto soltanto una delle due diverse tipologie di condotte contestate (IRPEF)”.

La ricorrente sostiene, interpretando pro domo sua la normativa federale sancita dal Manuale di Licenze Nazionali (specificativo in subjecta materia di alcune norme del Codice di Giustizia Sportiva), che questa norma, nel prevedere due punti di penalizzazione per le società che al 16 settembre 2024 non abbiano (rectius, avessero – ratione temporis) effettuato i prescritti versamenti relativi alle ritenute IRPEF e alle ritenute INPS, sia da ritenersi dimidiabile quanto alla penalizzazione, laddove uno dei due versamenti sia stato correttamente eseguito, valorizzando la lettera “e” congiuntiva della prescrizione endofederale. In buona sostanza, l’articolata argomentazione della ricorrente ritiene che i punti di penalizzazione previsti si riferiscano al cumulo delle violazioni, nel senso che la congiunzione “e” intenda affermare che se non vengono versate entrambe le obbligazioni (INPS e IRPEF) la penalizzazione è di due punti, di guisa che il pagamento di una di esse comporti lo sconto di un punto; apertis verbis, la sanzione dei due punti comprenderebbe il cumulo delle due posizioni violate insieme e, pertanto, laddove una di esse non fosse stata commessa, un punto vada “scontato”.

Orbene, la tesi è sicuramente suggestiva, ma non coglie nel segno. Invero, la lettera della norma non pare voler disgiungere le due obbligazioni, ma semplicemente elencarle e, sia linguisticamente che stilisticamente, la lettera “e” congiuntiva assolve esattamente a questa funzione trattandosi di sole due prescrizioni; infatti, se le obbligazioni da assolvere entro il termine prescritto (nel caso che ci occupa, il 16 settembre 2024) fossero state più di due si sarebbe proceduto ad elencarle con la virgola di separazione e con la “e” congiuntiva finale per l’ultima di esse: è in pratica una tecnica di linguaggio legislativo. La previsione dei due punti di penalizzazione non è altro che la tipizzazione di una sanzione che si applica quale prescrizione secca in presenza delle violazioni elencate nel medesimo articolo e tanto sia nel caso di violazione di una soltanto delle obbligazioni (come nella vicenda in esame) sia nel caso di entrambe. Si tratta, in buona sostanza, di una soglia minima di penalizzazione, come peraltro il Collegio di Garanzia e in particolare Questa Sezione hanno avuto modo di affermare all’uopo, sottolineando che trattasi di un limite edittale minimo al di sotto del quale non può scendersi neppure all’esito di valutazioni su attenuanti o altre circostanze di esonero di responsabilità. Milita in tale direzione anche un ragionamento a contrario laddove, ad esempio, la norma stabilisse una sanzione con la locuzione “fino a 10 punti”, cioè fissando un tetto massimo, e ciò tanto perché la certezza della sanzione deve essere ben chiara nel suo “effetto fisarmonica”, costruendo, cioè, un tracciato, con una linea di partenza ed una di traguardo, all’interno del quale e solo in quella forbice operare una rimodulazione della sanzione in un senso o nell’altro (Collegio di Garanzia, Prima Sez., decisione n. 42/2020).

Diversamente opinando e seguendo l’opzione ricostruttiva della ricorrente, la quale pretenderebbe che il Collegio di Garanzia, ma più in generale gli organi di giustizia sportiva, determinino le sanzioni a propria discrezione sulla base di valutazioni fattuali (si paga una contribuzione e quindi si ha diritto alla dimidiazione della sanzione), si realizzerebbe una distorta applicazione della norma di cui all’art. 12 del C.G.S.; invero, se risulta condivisibile l’assunto della determinazione delle sanzioni sulla base delle valutazioni dei fatti, rectius circostanze aggravanti e/o attenuanti, non può non rilevarsi come tali valutazioni e determinazioni siano esercitabili all’interno di un range normativo ben preciso nel quale muoversi (come nel caso che ci occupa), atteso che sfugge all’invocato sindacato di questo Collegio che, ad accogliere la pretesa ricorrente, dovrebbe sostituire la sua funzione di “giustizia sulla fattispecie” a quella di “costruzione di una fattispecie”, cioè di un’azione di governo dell’organizzazione sportiva che sfugge a qualsivoglia giudice (Collegio di Garanzia, Sez. Unite, decisione n. 27/2020).

Nessuna censura, pertanto, può essere ascritta al ragionamento del Giudice a quo, che ha correttamente interpretato il dettato normativo endofederale; peraltro, proprio su tale specifico punto è bene anche precisare che, pur non menzionando nella rubrica del motivo di gravame scrutinato il concetto di interpretazione, dal ricorso si desume esattamente il contrario, ovvero che la norma dovevasi interpretare in una modalità differente rispetto alla ricostruzione della Corte di Appello e tale prospettazione è da ritenersi finanche inammissibile.

Infatti, la censura della Ternana altro non è che un tentativo di far passare come violazione di legge una diversa - secondo l’onomastica del capitolo di gravame di “Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.)” - e pro domo sua interpretazione della norma e tanto non è consentito dinanzi a Questo Collegio, in quanto la richiesta di modifica interpretativa è una valutazione che attiene al merito e non alla legittimità.

Sul punto, si è correttamente affermato che “il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sè che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice del merito ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica con conseguente inammissibilità di ogni critica ricostruzione operata dal giudice del merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati” (Cass. Civ., sez. I^, 26 febbraio 2019, n. 5670). In buona sostanza, la parte che, in un giudizio di legittimità, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell'interpretazione di una norma non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l'onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest'ultima non deve essere l'unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra (Cassazione civile, sez. III, 28 novembre 2017, n. 28319).

Proprio in forza di tale assunto, e in corretta applicazione della funzione nomofilattica che l’ordinamento sportivo tributa al Collegio di Garanzia, e onde evitare future distorte applicazioni della normativa di dettaglio, va chiarito che la norma criticata deve essere interpretata come contenuta nel seguente perimetro, che, pertanto, viene enunciato come principio di diritto cui uniformarsi: la lettera “e” di congiunzione delle violazioni inerenti al mancato versamento degli oneri IRPEF e INPS deve ritenersi quale elemento sintattico-linguistico utile alla mera elencazione delle violazioni e non già come un espediente di separazione tra le stesse utile a dimezzare la sanzione della penalizzazione dei punti in classifica che, per tale effetto, va intesa come soglia minima edittale ogni qual volta una o più delle violazioni richiamate dalla norma siano poste in essere.

Ad adiuvandum, va ricordato come il Collegio di Garanzia (sez. I, decisione n. 20/2025) ha recentemente precisato che, anche a mente dell’art. 2086 c.c., l’imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita di continuità aziendale.

Obbligo nuovo, ma non più così nuovo, considerato che la previsione risale ancora ad un intervento legislativo del 2019. Nuovo, ma non così sconosciuto, atteso che l’elemento organizzativo è da sempre insito nella natura  stessa del fenomeno impresa  ed il compito dell’imprenditore è esattamente quello di organizzare mezzi e attività onde evitare di compromettere il corretto esercizio dell’impresa (calcistica) e minare la sostenibilità, rectius stabilità finanziaria della società (cfr. Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 44/2023),

Resta assorbito dalle precedenti considerazioni l’altro motivo di gravame, che, in ogni caso, non avrebbe condotto a differenti esiti del giudizio, attesane la palese infondatezza alla luce del monolitico orientamento del Collegio di Garanzia e in particolare di Questa Sezione (cfr. decisioni Sezioni Unite, n. 44/2023, Prima Sezione, nn. 26/2024 e 11/2025, con tutti i richiami giurisprudenziali e giustiziali in esse richiamati).

Le spese seguono la soccombenza, attesa la monolitica giurisprudenza del Collegio di Garanzia sui temi oggetto del giudizio e vengono liquidate, in assenza di nota spese, come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

Rigetta il ricorso e conferma la decisione impugnata.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 3.500,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 febbraio 2025.

Il Presidente                Il Relatore

F.to Vito Branca         F.to Angelo Maietta

Depositato in Roma, in data 31 marzo 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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