CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 25 del 14/04/2025 – Folgore Caratese A.S.D. / FIGC / LND
Decisione n. 25
2025
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente e Relatore
Angelo Canale
Piero Floreani
Angelo Maietta
Enzo Paolini - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 20/2025, presentato, in data 19 marzo 2025, dalla Folgore Caratese A.S.D., rappresentata e difesa dall’avv. Federica Ferrari,
nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
della Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio,
avverso
il dispositivo n. 0156/CSA-2024-2025, Registro procedimenti n. 129/CSA/2024-2025, emesso dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC, III Sezione, il 3 marzo 2025, e le relative motivazioni, notificate in data 18 marzo 2025, con le quali, in parziale accoglimento del reclamo della suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale, di cui al
C.U. n. 62 del 3 dicembre 2024 (che aveva irrogato, a carico della odierna ricorrente, la squalifica del campo di gioco per due giornate, con obbligo di disputare le partite in campo neutro ed a porte chiuse, nonché l’ammenda di € 4.000,00), è stata rideterminata la sanzione a carico della Folgore Caratese A.S.D. nell'obbligo di disputare una gara a porte chiuse e nell'ammenda di € 5.000,00.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 9 aprile 2025, il difensore della parte ricorrente - Folgore Caratese A.S.D. - avv. Federica Ferrari, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Presidente e Relatore, avv. Vito Branca.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso del 19 marzo 2025, la Folgore Caratese A.S.D. ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l’annullamento della decisone n. 0156/CSA-2024-2025, emessa dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC, in data 18 marzo 2025, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo della suddetta ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale, di cui al C.U. n. 62 del 3 dicembre 2024 (che le aveva irrogato la squalifica del campo di gioco per due giornate, con obbligo di disputare le partite in campo neutro ed a porte chiuse, nonché l’ammenda di € 4.000,00), è stata rideterminata la sanzione a carico della Folgore Caratese A.S.D. nell'obbligo di disputare una gara a porte chiuse e nell'ammenda di € 5.000,00. La vicenda oggetto di scrutinio attiene ai fatti occorsi in occasione della gara del 1° dicembre 2024, presso lo stadio comunale di Verano Brianza, U.S. Folgore Caratese A.S.D. - Calcio Club Milano, valida per la 16^ giornata del Campionato di Serie D.
Il referto arbitrale, acquisito dal Giudice di prime cure, riportava quanto segue: «Per tutta la durata della gara, nel gabbiotto sopra gli spogliatoi, dirigenti riconducibili alla società di casa Folgore Caratese proferivano offese razziste nei miei confronti come: sei un marocchino di merda, viscido, devi tornare al paese tuo a mangiare le banane. Insultavano anche l'assistente numero 1 proferendo offese di ogni tipo, su di lui e la sua famiglia. Un soggetto non identificato che si presentava come [omissis] entrava nel TDG a fine primo tempo dicendo: sei un negro di merda, sono in grado di farti scomparire dalla faccia della terra a te e tua madre, accorrevano in campo tutta una serie di dirigenti non identificati, lo stesso mi seguiva fin davanti gli spogliatoi, provando a farmi uno sgambetto. I dirigenti della società di casa assistevano alla scena senza intervenire in alcun modo. Lo stesso, dava tre cazzotti alla porta dicendo: se non vi comportate bene io vi sparo alle gambe. Durante il 2’ tempo proferiva offese razziste verso di me, e verso i calciatori ospiti n. 7 [omissis] e n. 9 [omissis]. A fine gara, rimaneva nel gabbiotto al di sopra degli spogliatoi ed insieme ad altri colleghi, sputando ai calciatori che sotto si accingevano negli spogliatoi, colpendo calciatori avversari. A fine gara, derideva i giocatori di colore, facendo così scoppiare una lite violenta di poco fuori dallo spogliatoio, ma comunque fuori dal recinto di gioco. Nella confusione, i Carabinieri accorrevano, lo stesso [omissis] portava il pollice al collo facendo a gesto intimidatorio di tagliarmi la gola. Noi ci chiudevamo nello spogliatoio dopo aver visto dirigenti di casa colpire ospiti, senza identificare chi. Lo stesso si avvicinava a noi a fine gara, minacciandoci e continuandomi a dare del negro e del figlio di puttana e proferire che: sono libero di fare quello che voglio perché con il patrimonio che ho sono riuscito a comprare anche la coscienza di chi giudicherà il tuo referto».
Inoltre, l’arbitro e l’assistente n. 2 riferivano che, subito dopo l’espulsione, il calciatore n. 7 del Club Milano, [omissis], sarebbe stato offeso da circa un centinaio di tifosi della Folgore Caratese, con frasi razziste e con il verso della scimmia.
1.1. Il Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale, oltre a disporre l’inibizione del sig. [omissis] fino al 30 giugno 2026 e il divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche, anche amichevoli, in ambito FIGC fino al 30 giugno 2025, sanzionava l’odierna ricorrente con la «SQUALIFICA DEL CAMPO DI GIUOCO PER DUE GARE EFFETTIVE – CAMPO NEUTRO – PORTE CHIUSE ED AMMENDA € 4000,00 […] Per avere
persone non identificate ma chiaramente riconducibili alla società rivolto espressioni offensive ed implicanti discriminazione per motivi di razza nei confronti del Direttore di gara. Inoltre, propri dirigenti tolleravano ripetuti atteggiamenti intimidatori nei confronti degli ufficiali di gara ed insieme ad altre persone prendevano parte ad una violenta rissa nel corso della quale venivano sferrati calci e pugni all'indirizzo di tesserati avversari. Inoltre, propri sostenitori rivolgevano grida e espressioni implicanti discriminazione razziale all'indirizzo di un calciatore avversario. Infine, per mancanza di acqua calda, volontariamente tolta, dallo spogliatoio arbitrale (R A - R AA)».
1.2. La Folgore Caratese, nelle more, trasmetteva un esposto alla Procura Federale denunciando la falsità e contraddittorietà di quanto riferito nel rapporto di gara dell’arbitro [omissis]; la medesima società depositava la relazione della Polizia Locale presente allo stadio.
La Corte Sportiva adita in appello, all’esito dell’udienza del 13 dicembre 2024, accoglieva l’istanza cautelare della reclamante e demandava alla Procura Federale l’espletamento delle indagini sui fatti controversi.
2. Sulla scorta dell’attività istruttoria compiuta, la CSA, con la decisione quivi impugnata, rideterminava la sanzione, irrogando la squalifica del campo di giuoco per una gara effettiva a porte chiuse e l’ammenda di € 5.000,00.
La Corte di Appello riteneva preliminarmente il sig. [omissis] pienamente assoggettabile alle norme sanzionatorie dell’ordinamento federale nonostante non sia tesserato per la società ricorrente («al [omissis] doveva senz’altro riconoscersi il controllo di fatto della società Folgore Caratese, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, secondo comma, C.G.S.; la previsione del Codice, del resto, è coerente con i principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza in tema di imprese e società, nel senso che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale (tra molte: Cass. Pen., Sez. III, 9 febbraio 2023 n. 5577 ed i precedenti ivi richiamati»).
La Corte Sportiva d’Appello così sul punto argomentava: «Sul piano normativo, viene innanzitutto in rilievo il vigente F.I.F.A. Regulations on the Status and Transfers of Players che, al paragrafo 4
– “Termination of activity”, prevede: “1. Professionals who end their careers upon expiry of their contracts and amateurs who terminate their activity shall remain registered at the association of their last club for a period of 30 months”. Alla norma, espressione di un principio generale di ultrattività temporale dei vincoli e delle regole del diritto sportivo nei confronti dei tesserati (atleti, dirigenti ed ogni altra figura attratta all’ambito soggettivo del Regolamento F.I.F.A. e del Codice di Giustizia Sportiva), è stata da tempo riconosciuta forza espansiva ed immediata vigenza nell’ordinamento federale italiano (cfr. Corte Giust. FIGC, Sez. Un., 20 luglio 2012 n. 13/CGF) […]. Tanto basterebbe per fondare la soggezione del [omissis] alle norme dell’ordinamento sportivo ed alle conseguenti sanzioni disciplinari, quale dirigente della società Folgore Caratese, in relazione ai fatti verificatisi in data 1° dicembre 2024. Per diverso e concorrente profilo, la sussistenza della giurisdizione sportiva nella presente controversia è confermata e discende dall’interpretazione del vigente Codice, il quale definisce il proprio ambito di applicazione oggettivo e soggettivo che comprende, al tempo stesso, l’individuazione del perimetro di operatività sostanziale delle regole, anche con riguardo alla responsabilità disciplinare e, sul piano processuale, la determinazione delle controversie conoscibili dal giudice sportivo […]. Come si è detto, i soggetti tenuti ad osservare le norme generali di comportamento sono sottoposti all’azione disciplinare, all’applicazione delle sanzioni ed alla giurisdizione sportiva. Come chiarito anche dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, “(…) la previsione normativa generale, nella parte in cui menziona ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, intende delineare i confini applicativi del Codice in modo razionale, sotto l’aspetto soggettivo, superando la rigida limitazione incentrata sul mero dato formale dell’appartenenza all’ordinamento sportivo in virtù del conseguito tesseramento. In questo senso, la formula non prevede un’elencazione analitica e nominativa dei soggetti estranei attirati nell’orbita di applicazione del Codice, ma richiede un’attenta operazione interpretativa. A tal fine, peraltro, si impone una lettura rigorosa e puntuale della disposizione, anche alla luce dei principi di tipicità e legalità che informano il sistema della giustizia sportiva, adeguati alla finalità di prevenzione e tutela generale che le regole sanzionatorie impongono. In detta cornice di riferimento è indispensabile qualificare la singola vicenda in giudizio, vagliando accuratamente ogni elemento fattuale e giuridico idoneo a determinare, con assoluta certezza, la sussistenza di un rapporto qualificato tra il soggetto non tesserato e l’ordinamento sportivo” (così Corte Fed. App., Sez. Un., 18 ottobre 2019 n. 13/2019). Orbene, dall’insieme dei documenti e dei fatti di causa pervenuti all’esame del Collegio, può senz’altro attribuirsi al [omissis] una posizione di controllo continuativo, quantomeno indiretto, della società Folgore Caratese, per il concorso di indici rivelatori che di seguito si riassumono: - egli è stato presidente della Folgore Caratese nel recente passato e, proprio in tale veste, ha già subito la sanzione dell’inibizione per un anno e due mesi, di cui si dirà infra (cfr. Corte Sport. App., Sez. III, 1 aprile 2021 n. 137/2021, confermata dal Coll. Garanzia CONI, 6 settembre 2021 n. 73/2021); - egli è stato dirigente delle Folgore Caratese fino alla data del 7 ottobre 2024, cumulando fino a quel momento la posizione di tesserato e quella di sponsor della società, attraverso la [omissis] s.r.l. di cui, per sua stessa ammissione, detiene il controllo e la legale rappresentanza; - in occasione delle partite della Folgore Caratese, egli pubblicamente agisce uti dominus, ben oltre il contegno ed i limiti che si addicono ai giornalisti accreditati, disponendo in esclusiva del gabbiotto (cosiddetto “sky box”) ed accedendo liberamente al terreno di gioco ed agli spogliatoi, finanche nell’intervallo della partita, per interloquire con gli ufficiali di gara ed i calciatori avversari; - in prossimità dell’udienza di trattazione, egli ha depositato in giudizio una scrittura privata (doc. 15) recante il contratto di sponsorizzazione tra la [omissis] s.r.l., di cui è amministratore unico, e la società Folgore Caratese; il contratto riporta su ogni pagina la sottoscrizione del [omissis] per l’azienda sponsor e la sottoscrizione del legale rappresentante per la Folgore Caratese; è verosimile che, per quest’ultima, sia intervenuta alla stipula la signora [omissis], nata ad [omissis] il [omissis], colei che ha sottoscritto la procura alle liti per il presente reclamo, proposto dalla società Folgore Caratese; è fatto notorio che la [omissis] sia legata al [omissis] da rapporto di parentela […]; - infine, tra le testimonianze scritte acquisite dalla Procura Federale, vi è quella resa in data 10 dicembre 2024 dal dott. [omissis], che si qualifica come “medico sportivo presso la società Folgore Caratese ” e dichiara testualmente: “(…) in occasione della partita disputata contro il Club Milano il 1/12/2024 ero presente in panchina ed ho assistito direttamente agli eventi che hanno portato alla squalifica del nostro presidente, [omissis]”, così dando prova della diffusa percezione, anche all’interno della compagine societaria, della posizione apicale e dei poteri riconosciuti, in via di fatto, al [omissis] ».
Il Giudice di seconde cure, pertanto, sulla base degli atti di gara e degli accertamenti istruttori compiuti dalla Procura Federale, riteneva che:
«a) non è provato che il [omissis] abbia sputato verso i calciatori del Club Milano, non è provato che il [omissis] o altri dirigenti abbiano provocato una rissa tra calciatori e tesserati della Folgore Caratese e del Club Milano, non è provato che dirigenti o addetti agli impianti della Folgore Caratese abbiano volontariamente cagionato il guasto della caldaia dello spogliatoio;
b) è provato che il [omissis] ha ripetutamente pronunciato frasi ed espressioni razziste e discriminatorie nei confronti dell’arbitro [omissis] e di alcuni calciatori del Club Milano, è provato che il [omissis] ha pronunciato frasi minacciose ed ingiuriose e compiuto atti violenti (colpi violenti sulla porta dello spogliatoio) nei confronti dell’arbitro [omissis] e degli assistenti di gara [omissis] e [omissis], è provato che un centinaio di tifosi della Folgore Caratese hanno urlato cori e versi razzisti nei confronti di alcuni atleti del Club Milano [...]. Deve rilevarsi, infine, che i dirigenti della società reclamante non sono intervenuti per impedire o far cessare la condotta aggressiva del [omissis] e che, per quanto attiene ai comportamenti discriminatori dei propri tifosi, la reclamante non ha provato di aver adottato le misure di prevenzione e dissuasione di cui all’art. 29 C.G.S. (esimenti ed attenuanti per i comportamenti dei sostenitori), al contrario le espressioni ingiuriose e razziste sono state accertate proprio in capo ad un dirigente della Folgore Caratese, presente nel gabbiotto riservato agli ospiti accreditati della società».
La Corte Sportiva, in tal guisa, si pronunciava sulle sanzioni in capo alla ricorrente, oggetto di censura in questa sede, così statuendo: «La giurisprudenza (cfr. Corte Sport. App., Sez. III, 3 novembre 2023 n. 35/2023; Id., Sez. II, 7 febbraio 2022 n. 161/2022) ha più volte affermato che la prevenzione e repressione dei comportamenti discriminatori nello sport e, per quanto più specificamente riguarda l’art. 28 del Codice, nel contesto delle competizioni calcistiche, ha assunto una rilevanza centrale nell’ordinamento di settore. Lo Statuto delle Federazione prevede che la FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza (art. 2, comma 5). La disposizione di ordine programmatico ha trovato proprio nell’art. 28 C.G.S. una compiuta attuazione, mediante la previsione di sanzioni afflittive a carico dei tesserati (e delle rispettive società) responsabili di offesa, denigrazione o insulto. In primo luogo, viene in rilievo l’art. 28, quarto comma, C.G.S. che prevede la responsabilità delle società sportiva per cori, grida ed ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione (condotte che, direttamente o indirettamente, comportino offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale): in presenza di fatti particolarmente gravi e rilevanti, come nella specie, è prevista l’applicazione di una più delle sanzioni di cui all’art. 8, primo comma; come si è visto, da circa un centinaio di tifosi della Folgore Caratese si sono uditi versi palesemente razzisti nei confronti di alcuni calciatori del Club Milano, circostanza che è stata concordemente riportata a referto dagli ufficiali di gara e confermata in sede di testimonianza dinanzi alla Procura Federale. L’art. 28, quinto comma,
C.G.S. stabilisce che le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci che, in qualunque modo, contribuiscano a determinare fatti di discriminazione; la responsabilità della società concorre con quella del singolo dirigente o tesserato, ai fin dell’applicazione delle sanzioni di cui al quarto comma. Entro tale fattispecie è senza dubbio punibile la condotta del [omissis], connotata da oggettiva gravità e plurioffensività (siccome rivolta, nel contesto del medesimo evento sportivo, ad arbitro e calciatori del Club Milano), stando alla descrizione desumibile dal rapporto di gara ed alla relazione d’indagine trasmessa dalla Procura Federale. Le sanzioni determinate dal Giudice Sportivo nei confronti della Folgore Caratese, alla luce della complessiva ricostruzione dei fatti e della mancata prova di talune delle violazioni ivi contestate (sputi, rissa e manomissione della caldaia), possono essere rideterminate nell’obbligo di disputare una gara a porte chiuse e nell’ammenda di euro 5.000,00».
3. Ha proposto ricorso la Folgore Caratese affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto.
I. “Eccesso di potere per travisamento dei fatti – violazione di legge per erronea applicazione delle disposizioni FIFA – erroneità della motivazione sulla figura dell’amministratore di fatto”.
Tutte le suddette argomentazioni spese dalla CSA non sarebbero, a detta della ricorrente, in alcun modo in grado di provare che [omissis] sia un amministratore di fatto del club, ruolo che deve essere dimostrato sulla scorta di elementi concreti che comprovino la sua sostituzione di fatto agli amministratori formalmente investiti di tale incarico e di elementi di peso volti a provare una sua effettiva ingerenza gestionale nella vita della società per di più con carattere di continuità. Sottolinea la Folgore Caratese che, in assenza di un vincolo anche di fatto che leghi a qualsiasi titolo il sig. [omissis] alla società Folgore, la stessa non può essere tenuta a rispondere del suo operato. I comportamenti addebitati al sig. [omissis] non possono, in tesi, quindi comportare la responsabilità oggettiva e diretta del club e l’applicazione delle conseguenti sanzioni.
II. “Violazione e falsa applicazione art. 28 comma iv CGS in relazione all’art. 8 CGS. Travisamento dei fatti”.
Nella fattispecie oggetto di scrutinio la Corte d’Appello Sportiva avrebbe commesso un errore nella applicazione della norma di cui all’art. 28, c. 4, CGS FIGC, poiché è stata applicata alla società ricorrente la sanzione di cui all’art. 8, lett. e) ed f) - cioè, la squalifica del campo di giuoco e disputa di una gara a porte chiuse - anziché la sanzione di cui all’art. 8, comma 1, lett. d) - cioè, obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori -.
III. “Travisamento dei fatti – Violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 59 CGS FIGC”.
Si censura la parte di decisione in cui si evidenza come la ricorrente non sia intervenuta, per tramite dei suoi dirigenti, per impedire o far cessare le condotte ascritte al [omissis] e per prevenire o dissuadere, ai sensi dell’art. 29 CGS FIGC, i comportamenti discriminatori dei propri tifosi. Secondo la ricorrente, ciò non sarebbe potuto avvenire in quanto la medesima società non ha mai avuto contezza di quanto stesse accadendo.
3.1. Ha concluso la Folgore Caratese chiedendo al Collegio di Garanzia: «-al Presidente, ai sensi dell’art. 57, comma 2 lettera d) CGS CONI, di sospendere inaudita altera parte il provvedimento impugnato e le sanzioni ivi previste per le ragioni di periculum esposte in ricorso; al Collegio di Garanzia adito, in accoglimento del presente ricorso • di annullare la decisione della Corte Sportiva d’Appello FIGC pubblicata con CU n. 156/CSA e motivazioni del 18 marzo 2025 e per l’effetto annullare le sanzioni comminate; • in subordine, annullare la decisione impugnata e applicare la sanzione di cui all’art. 28 comma 4 CGS FIGC e all’art. 8 comma 1 lettera d) CGS FIGC, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 62 CGS CONI; • in estremo subordine, annullare la decisione impugnata e rinviare alla Corte Sportiva d’Appello perché in applicazione del principio di diritto enunciato da questo Collegio voglia rivalutare i fatti e applicare la conseguente adeguata sanzione».
Con decreto Prot. n. 00283/2025, il Presidente della Prima Sezione del Collegio di Garanzia ha accolto l’istanza cautelare proposta, disponendo così la sospensione del provvedimento impugnato.
3.2. La FIGC non si è costituita in giudizio.
3.3. All’udienza del 9 aprile 2025, la difesa della società ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso; la Procura Generale dello Sport presso il CONI ha concluso per il rigetto del ricorso medesimo.
Considerato in diritto
I. Come cennato, con il primo motivo di ricorso la Folgore Caratese sostiene, in sintesi, che, in assenza di un vincolo anche di fatto che leghi a qualsiasi titolo il sig. [omissis] alla società Folgore, la stessa non può essere tenuta a rispondere del suo operato; così ragionando, secondo la tesi della ricorrente, i comportamenti addebitati al sig. [omissis] non potrebbero quindi comportare la responsabilità oggettiva e diretta del club e l’applicazione delle conseguenti sanzioni.
Orbene, l’accertamento circa l’assoggettabilità o meno di un soggetto alla giurisdizione disciplinare sportiva implica un’analisi del rapporto sussistente tra il medesimo e il sodalizio ricorrente.
Orbene, fermo restando che non è argomento di scrutinio la responsabilità del [omissis] in quanto il medesimo non è parte processuale ed opinando diversamente si opererebbe la violazione del principio del contraddittorio che presidia il processo civile cui questo procedimento e, più in generale, l’ordinamento sportivo si conforma in forza dell’art. 2, comma 6, del CGS CONI, deve comunque affermarsi un principio generale dell’ordinamento sportivo medesimo e cioè che, in forza del vincolo di giustizia, sono soggetti alla amministrazione degli organi di giustizia sportiva, i tesserati e gli affiliati laddove, in relazione al [omissis], viene individuata solo la asserita qualifica di amministratore di fatto.
Questa considerazione, giova precisarlo, prescinde dal dato fattuale, che, come è noto, sfugge allo scrutinio dell’odierno Collegio attesane la funzione di legittimità e non di merito, sicché, quale Giudice dell’atto e non del fatto, deve rilevarsi che la responsabilità oggettiva ascritta alla ricorrente per il comportamento del sig. [omissis], nei termini di cui sopra e non del “tesserato” [omissis], non appare configurabile.
Ad avviso dell’odierno decidente, la Corte Sportiva di Appello fa mal governo di un principio di diritto che il Collegio ha l’onere di (ri)affermare, secondo cui (cfr., decisione n. 19/2018, Prima Sezione) il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC fornisce sanzione precisa a condotta precisa ed individuata. Il solco tracciato dalla norma non consente di poter allargare o restringere la portata e il novero delle sanzioni, che, peraltro, possono incidere sui campionati, i cui esiti, è bene ricordarlo, devono essere il frutto del merito sportivo. Di conseguenza, nell’approcciare le condotte violative delle regole, non è possibile discostarsi dalle specifiche previsioni normative, in corretta applicazione del principio generale penalistico del nullum crimen, nulla poena sine lege. In assenza di previsione normativa, non è pertanto possibile adottare una sanzione per una condotta non prevista, né tanto meno si può ricorrere all’analogia, che, come è noto, sconta un divieto applicativo in ambito penalistico (e la sanzione disciplinare in ambito sportivo ne è l’equivalente), in forza del principio c.d. di legalità formale, nonché per quanto previsto dall’art. 14 delle disp. preliminari al c.c., per il quale “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”, né, vieppiù, ci si può sostituire al legislatore creando fattispecie ad hoc basate, peraltro, su ipotesi non assistite da certezza.
E la certezza, laddove si invoca la sussistenza dell’amministrazione di fatto ai sensi dell’art. 2639 c.c., proprio per le caratteristiche estrinseche della fattispecie, non può essere obliata né creata sulla base di indizi di tipo congetturale. Sul punto è utile ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha osservato che la qualifica di amministratore di fatto di una società si desume dal concreto esercizio, in modo continuativo e significativo, di poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (Cassazione penale, sentenza n. 34381/2022), affermando il principio di diritto secondo cui ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto di una società, deve essere valorizzato l'esercizio in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi.
In tale ultimo caso, peraltro, spetterà ai giudici del merito valutare la pregnanza, ai fini dell'attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati, come validamente individuabili in elementi sintomatici di gestione o cogestione della società - 1. il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell'attività di impresa; 2. la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria; 3. la costante assenza dell'amministratore di diritto; 4. la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti - risultanti dall'organico inserimento del soggetto in qualunque fase dell'iter gestionale, decisionale, organizzativo, amministrativo, produttivo e disciplinare dell’azienda.
Orbene, esaminando le motivazioni che conducono il Giudice del gravame alla comminatoria della sanzione nei confronti della ricorrente per responsabilità oggettiva per i fatti ascritti al [omissis] (individuato appunto come amministratore di fatto), non si rinvengono tali argomentazioni, ma altre che la giurisprudenza di legittimità mai ha menzionato e che, pertanto, non risultano idonee alla qualificazione giuridica del citato soggetto come amministratore di fatto.
Sovviene al riguardo, anche, il recente intervento della Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. V, n. 16414 del 28 febbraio 2024), che ha ribadito in modo netto l’ambito dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di amministratore di fatto di una società, rilevando che “la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare”; e tale accertamento risulta “insindacabile in sede di legittimità[…] solo se sostenuto da motivazione congrua e logica[…] in quanto oggetto di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito”.
Dalle superiori argomentazioni emerge che il motivo di ricorso va accolto in parte qua, ma riqualificato, secondo il principio iura novit curia, nel senso che la Corte di Appello non ha correttamente applicato i principi di diritto utili alla configurazione dell’amministratore di fatto e che, come tale, non può essere ritenuto il presupposto della sanzione inflitta alla società ricorrente per responsabilità oggettiva.
Quanto ai comportamenti del [omissis], per contro, il motivo è inammissibile perché il Collegio non ha alcun potere di riesame dei fatti che attengono a profili di merito sottratti ex lege al proprio scrutinio.
II. Per quanto attiene alla prima parte del secondo motivo di gravame, la stessa è, del pari, meritevole di accoglimento. La responsabilità delle società per manifestazioni contrarie ai principi di non discriminazione è prevista dall’art. 28, c. 4, CGS FIGC, a mente del quale: “Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione”.
Il conseguente regime sanzionatorio è così strutturato:
- In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d) [i.e. “obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori”].
- Qualora alla prima violazione si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte, anche congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere e), f), g), i), m) [i.e. “e) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse; f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato fino a due anni; g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; se la penalizzazione sul punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione sportiva in corso è fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente; … i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore; … m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni”].
- In caso di violazione successiva alla prima, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, tenuto conto delle concrete circostanze dei fatti e della gravità e rilevanza degli stessi, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere d), e), f), g), i), m).
Ai sensi del comma 5 della medesima disposizione, “Le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci di cui all'art. 2, comma 2 che in qualunque modo possono contribuire a determinare fatti di discriminazione o ne costituiscono apologia. La responsabilità della società concorre con quella del singolo dirigente, tesserato, socio e non socio di cui all'art. 2, comma 2. Per tali violazioni si applicano le sanzioni di cui al comma 4”.
Nel caso di specie, la società ricorrente è stata sanzionata con «la sanzione della squalifica del campo di giuoco per una gara effettiva a porte chiuse e dell’ammenda di € 5.000,00».
La differenza tra la prima fattispecie, quella più lieve, della disputa di una o più gare con uno o più settori privi di spettatori, e quella più grave, della perdita della gara e l’applicazione congiunta o disgiunta delle sanzioni di cui all’art, 8 comma 1, lettere e), f), g), i), m), risiede nella classificazione dei fatti come “particolarmente gravi e rilevanti”, ovvero che si concretizzino in una condotta particolarmente deplorevole e vergognosa e che allo stesso tempo siano “rilevanti”.
Nel caso che ci occupa i fatti imputabili ai sostenitori della ricorrente sono stati refertati dall’assistente n. 2, che ha parlato di cori che si sarebbero protratti per circa un minuto provenienti dalla tribuna alle sue spalle; tali espressioni non sono state refertate né dall’arbitro né dall’assistente n. 1, che stazionava sul lato opposto del campo in prossimità delle panchine, il quale, evidentemente, non ha udito le predette urla (Rapporto assistente arbitrale n. 2: “tifosi, quantificabili in un centinaio, della Folgore Caratese, riconducibili per via di sciarpe e bandiere della squadra di casa faceva cori razzisti verso il sostituto/espulso per un minuto circa riproducendo il verso scimmiesco U-U-U-U”).
Condivisibile si appalesa la censura della Folgore Caratese laddove denuncia il vizio motivazionale della CFA, che si limita ad assumere i fatti occorsi come “particolarmente gravi e rilevanti”, senza tuttavia dare contezza di alcun percorso logico argomentativo che possa portare a suddetta conclusione.
In altri termini, la decisione impugnata è lacunosa nella motivazione circa la “dimensione e percezione reale del fenomeno” e nella conseguente sanzione in concreto irrogata, giacché non è dato scorgere quale iter argomentativo abbia compiuto la CSA per giungere alla conclusione circa la particolare gravità e rilevanza dei fatti occorsi e, dunque, di ritenere “recessiva” l’ipotesi contemplata dal terzo capoverso dell’art. 28, c. 4 (“In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d)”).
Chiarisce bene tale concetto la giurisprudenza di legittimità (già fatta propria da Questa Sezione, con decisione n. 23/2021) allorquando afferma: «secondo la previsione dell'art. 192 c.p.p., comma 2, ciascuna circostanza di fatto assumibile come indizio deve essere connotata, in primo luogo, dal requisito, non espressamente richiamato ma fondante, della "certezza", che implica la verifica processuale della sua sussistenza (Cass., sez. 4, n. 39882 del 01/10/2008). L'indicato requisito non può assumersi in termini di assolutezza e di verità in senso ontologico, partecipando, invece, di quella specie di certezza che si forma nel processo attraverso il procedimento probatorio (Cass., sez. 1, n. 31456 del 21/05/2008); esso tuttavia conduce ad evitare che la prova critica (indiretta) possa fondarsi su di un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito, inammissibilmente valorizzando - contro indiscutibili postulati di civiltà giuridica - personali impressioni o immaginazioni del decidente o mere congetture (Cass., sez. 1, n. 18149 del 11/11/2015). La caratterizzazione di ogni indizio passa, in secondo luogo, attraverso i requisiti di gravità, precisione e concordanza. Per gravità deve intendersi la consistenza, la resistenza alle obiezioni, la capacità dimostrativa vale a dire la pertinenza del dato rispetto al thema probandum; per precisione la specificità, l'univocità e la insuscettibilità di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile; infine concordanza significa che i plurimi indizi devono muoversi nella stessa direzione, essere logicamente dello stesso segno, e non porsi in contraddizione tra loro. Il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio implica come operazione propedeutica quella di valutare ogni elemento indiziario singolarmente, ciascuno nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarlo, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo» (Cass. Pen., Sez. V, sent. 15 settembre - 28 ottobre 2020, n. 29877). Nella vicenda all’esame del Collegio, a fronte di un referto arbitrale in cui nulla si dice in merito ad eventi che, giova ricordarlo, sarebbero accaduti all’interno del rettangolo di gioco, con margini di assoluta incertezza, rectius non conoscenza, sugli autori delle condotte, la Corte perviene ad ipotesi di gravità e rilevanza in relazione al margine di certezza della commissione del fatto senza considerare il principio di diritto affermato da Questa Sezione (decisione 23/2021), secondo cui il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza nel senso descritto innanzi, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo.
I vizi motivazionali rilevati nell’odierna sede dovranno essere colmati dalla Corte Sportiva di Appello FIGC in sede di rinvio, affinché la medesima inquadri l’assetto sanzionatorio a carico della Folgore Caratese alla stregua dei seguenti principi di diritto a cui la Corte dovrà uniformarsi per arrivare alla corretta individuazione della sanzione e della sua misura:
1) La qualificazione di amministratore di fatto di una società deve essere affermata in applicazione del dettato dell’art. 2639 c.c. alla presenza di oggettivi elementi sintomatici di gestione o cogestione della società - 1. il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell'attività di impresa; 2. la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria; 3. la costante assenza dell'amministratore di diritto; 4. la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti - risultanti dall'organico inserimento del soggetto in qualunque fase dell'iter gestionale, decisionale, organizzativo, amministrativo, produttivo e disciplinare dell’azienda.
2) il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza nel senso sopra descritto, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo, intendendosi per gravità la consistenza, la resistenza alle obiezioni, la capacità dimostrativa ossia la pertinenza del dato rispetto al thema probandum; per precisione la specificità, l'univocità e la insuscettibilità di diversa interpretazione, altrettanto o più verosimile; per concordanza i plurimi indizi devono muoversi nella stessa direzione, essere logicamente dello stesso segno e non porsi in contraddizione tra loro.
Il regolamento delle spese dovrà essere disposto dalla Corte di Appello in sede di rinvio, anche per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Sportiva di Appello FIGC
perché, in diversa composizione, rinnovi la valutazione applicando i principi di diritto descritti in parte motiva ai fini del proprio scrutinio sull’assetto sanzionatorio applicabile.
Le spese saranno liquidate dalla Corte Sportiva di Appello FIGC in sede di rinvio come indicato in motivazione.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 9 aprile 2025.
Il Presidente e Relatore
F.to Vito Branca
Depositato in Roma, in data 14 aprile 2025.
Il Segretario
F.to Alvio La Face