CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 24 del 01/04/2025 – omissis / FISE

Decisione n. 24

Anno 2025

IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE

composta da

Dante D’Alessio - Presidente

Lucio Giacomardo - Relatore

Wally Ferrante

Giovanni Iannini

Mario Serio - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 14/2025, presentato, in data 20 febbraio 2025, dalla sig.ra [omissis], rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Clarizia, Renato Cravero e Giulio Vitellozzi, come da procura speciale allegata al ricorso,

contro

la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Presidente Federale, avv. Marco Di Paola, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Benincampi,

nonché contro

la Procura Federale della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Procuratore Federale pro tempore, non costituitasi in giudizio,

la Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale pro tempore,

nonché nei confronti

della ASD Centro [omissis], in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio,

per la riforma

della decisione della Corte d’Appello Federale della FISE del 23 gennaio 2025, che ha confermato la decisione del Tribunale Federale FISE, resa nei procedimenti riuniti n. 9/2024 e n. 11/2024, che ha applicato, nei confronti della sig.ra [omissis], la sanzione della sospensione per due anni, ai sensi dell’art. 6 e 6.1, nn. IV, VI e VIII, del Regolamento di Giustizia FISE.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nella udienza del 18 marzo 2025, tenutasi anche a mezzo di videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams:

-           i difensori della ricorrente, avv.ti Paolo Clarizia e Renato Cravero, il secondo in collegamento da remoto, che hanno insistito per l’annullamento della decisione impugnata e per il conseguente proscioglimento da tutte le contestazioni mosse alla ricorrente medesima;

-           il difensore della Federazione Italiana Sport Equestri, avv. Alessandro Benicampi, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso;

-           l’avv. Livia Rossi, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito,  nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno,  il relatore,  avv. Lucio Giacomardo.

Svolgimento del procedimento

1.         Con ricorso proposto ex art. 54 e ss. Codice di Giustizia Sportiva CONI, la sig.ra [omissis] ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport per chiedere l’annullamento e/o la riforma della decisione della Corte d’Appello Federale della FISE del 23 gennaio 2025, che ha confermato la decisione del Tribunale Federale FISE, resa nei procedimenti riuniti n. 9/2024 e n. 11/2024.

In punto di fatto la vicenda può essere così ricostruita. In data 20 dicembre 2023, la sig.ra [omissis] ha inviato alla Procura Generale dello Sport un “atto di segnalazione” con il quale ha richiesto il Commissariamento della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE).

In particolare, in detta segnalazione, che è stata altresì trasmessa anche alla Procura Federale della FISE, la sig.ra [omissis] ha contestato gravi irregolarità nella gestione degli Organi Federali, nonché gravi violazioni dell’ordinamento sportivo, poiché la Federazione avrebbe consentito a tale sig. [omissis], già tesserato e colpito dalla sanzione della radiazione a seguito di una condanna per reati di abuso sessuale in danno di minorenni, di continuare a svolgere attività in ambito federale. Nello specifico, la sig.ra [omissis] nella segnalazione ha evidenziato che, nonostante il citato provvedimento di radiazione, “il Sig. [omissis], risultava essere tesserato come Proprietario di Cavalli in data 09.05.2018” e che la sua scheda di tesseramento risultava “ancora agli inizi del 2023, LIBERA e mai bloccata per radiazione”.

In data successiva, e precisamente il 10 gennaio 2024, la Procura Generale dello Sport ha trasmesso alla Procura Federale della FISE una ulteriore segnalazione della sig.ra [omissis], la quale, a sua volta, ha chiesto il commissariamento della FISE, lamentando la violazione dei Regolamenti Federali da parte della Federazione, rilevando che “il signor [omissis], da documenti da me visionati e in possesso della sig.ra [omissis], è stato ritrovato tesserato almeno nel 2022 e nel 2023 presso la Fise, nonostante la radiazione”.

A seguito delle segnalazioni presentate, la Procura Federale FISE ha iscritto il procedimento disciplinare al n. 2/2024 e ha formulato richiesta di applicazione di un Procuratore Nazionale dello Sport, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI.

A conclusione delle indagini, con atto di deferimento del 28 giugno 2024, il Procuratore Nazionale applicato, previa dichiarazione della propria incompetenza a valutare le richieste di commissariamento pervenute dalle denuncianti, ha ravvisato condotte di  possibile rilevanza disciplinare nei confronti dell’ASD [omissis] e dei sigg. [omissis], [omissis], [omissis], [omissis] ed [omissis].

2.         Per quello che attiene al presente procedimento, la Procura ha deferito la sig.ra [omissis], istruttrice federale di terzo livello e tesserata presso l’A.S.D. [omissis], per la violazione delle seguenti disposizioni:

-           art. 1.2 del Regolamento di Giustizia FISE, poiché la stessa sarebbe stata a conoscenza dell’intervenuto provvedimento di radiazione a carico del sig. [omissis] e, ciononostante, avrebbe agevolato la partecipazione di quest’ultimo a “eventi federali” che hanno avuto luogo presso il Centro Equestre [omissis], in particolare al “Memorial Marco Falco” del 16 ottobre 2022 e al concorso sociale del 5 marzo 2023, in occasione dei quali il predetto sig. [omissis] ha svolto il ruolo di speaker della manifestazione;

-           art. 1.2 del Regolamento di Giustizia FISE, poiché la stessa sig.ra [omissis], incaricata di occuparsi dei tesseramenti presso l’ASD [omissis], avrebbe tesserato soggetti che non frequentavano gli impianti dell’Associazione, e in particolare tale sig.ra [omissis], la quale si sarebbe recata presso la struttura del sig. [omissis], agevolando in tal modo il predetto soggetto radiato ad eludere gli effetti del provvedimento sanzionatorio;

-           art. 1, comma 3, lett. c), del Regolamento di Giustizia FISE, poiché, permettendo al soggetto radiato, sig. [omissis], di prendere parte a delle “manifestazioni federali”, la sig.ra [omissis] poneva in essere un comportamento offensivo e irriguardoso nei confronti della sig.ra [omissis], partecipante alle manifestazioni stesse in qualità di spettatrice;

-           art. 10, comma 1, dello Statuto FISE, poiché la stessa sig.ra [omissis] avrebbe permesso, o comunque agevolato, la partecipazione del radiato, sig. [omissis], alle predette “manifestazioni federali” e poiché avrebbe permesso il tesseramento presso il Centro Equestre [omissis] di soggetti che non ne avrebbero frequentato gli impianti.

3.         La sig.ra [omissis] contestava l’inammissibilità e l’infondatezza dell’azione disciplinare avviata dalla Procura Federale.

All’esito del procedimento celebratosi innanzi al Tribunale Federale, l’Organo di primo grado, con decisione del 27 novembre 2024, ritenuto fondato il deferimento, dichiarava la responsabilità disciplinare della sig.ra [omissis], infliggendo alla stessa la sanzione della sospensione per due anni, ai sensi dell’art. 6, 6.1, nn. IV, VI e VIII, del Regolamento di Giustizia FISE.

4.         Avverso detta decisione del Tribunale Federale la sig.ra [omissis] e l’A.S.D. [omissis] hanno proposto reclamo alla Corte d’Appello Federale della FISE.

In particolare, la sig.ra [omissis] formulava una serie di eccezioni circa presunte irregolarità procedurali, sia con riferimento alla inconferenza e inutilizzabilità di una dichiarazione acquisita in data 5 aprile 2024 quale “persona informata sui fatti”, sia in relazione alla inattendibilità dei mezzi di prova acquisiti dalla Procura e posti dal Tribunale Federale alla base del proprio convincimento. Nel merito, inoltre, contestava di non aver avuto conoscenza della radiazione del sig. [omissis], specie in considerazione del fatto che lo stesso, sia nel 2022 che nel 2023, risultava tesserato presso la FISE quale proprietario di cavalli; di non aver agevolato la partecipazione del sig. [omissis] ad alcun evento federale, dal momento che sia il “Memorial Marco Falco” del 16 ottobre 2022 che il “concorso sociale” del 5 marzo 2023 erano dei semplici “eventi sociali” e non erano qualificabili come “eventi federali” e che, in ogni caso, la partecipazione del sig. [omissis] ai suddetti eventi è stata estremamente limitata, essendo lo stesso rimasto chiuso in un gabbiotto per tutta la durata degli stessi. La sig.ra [omissis], inoltre, deduceva di non aver agevolato il sig. [omissis] a “eludere” gli effetti del provvedimento di radiazione - radiazione che, peraltro, neppure risultava dal database della Federazione, dal quale il sig. [omissis] risultava normalmente iscritto quale “proprietario di cavalli” - e che, ad ogni buon conto, le dichiarazioni de relato delle sig.re [omissis] e [omissis] non costituivano adeguati mezzi di prova idonei a dimostrare la fondatezza degli asseriti illeciti disciplinari contestati.

5.         Con decisione del 23 gennaio 2025, la Corte Federale d’Appello della FISE ha rigettato il reclamo e confermato la decisione del Tribunale Federale.

In particolare, l‘Organo disciplinare di secondo grado ha ritenuto che la sig.ra [omissis] avrebbe avuto contezza già nel 2022 del provvedimento di radiazione del sig. [omissis] e le dichiarazioni da questa rese “il 18.4.2024 non smentiscono la sua conoscenza del provvedimento di radiazione del sig. [omissis], ma la collocano temporalmente in coincidenza con l’evento dell’ottobre 2022, allorché la sorella di [omissis] le riferiva le lamentele ricevute dalla sig.ra [omissis] a tale proposito”; che, ancora, appariva “inverosimile” che la sig.ra [omissis] “non fosse a conoscenza del provvedimento di radiazione, tenuto conto, tra l'altro, che per integrare la violazione contestata deve ritenersi sufficiente la probabile fondatezza di un comportamento riconducibile alla fattispecie dell'illecito sportivo”; che, ancora, “la partecipazione del sig. [omissis] come speaker al concorso sociale del marzo 2023, risultava confermata dai video e dalle dichiarazioni della sig.ra [omissis] e della segnalante [omissis]”.

Secondo la Corte Federale di Appello della FISE, inoltre, la “responsabilità della sig.ra [omissis] [emergerebbe] anche qualora non si [considerasse] la dichiarazione spontanea resa dalla medesima nel corso dell'audizione del 5.4.2024; ciò a prescindere da ogni valutazione sulla applicabilità dell’art. 63 c.p.p. ad un procedimento retto dalle regole del codice di procedura civile, ai sensi dell'art. 20.6 del Regolamento di Giustizia, caratterizzato da informalità, in cui è previsto l'obbligo di patrocinio legale solo nella fase dinanzi agli Organi di Giustizia” e, comunque, sarebbe privo di pregio il rilievo relativo alla “presunzione del superamento del provvedimento di radiazione in ragione del tesseramento del sig. [omissis] quale proprietario dei cavalli”, poiché “all’epoca dei fatti non era possibile un simile accertamento a causa del malfunzionamento del sistema” e “la radiazione del sig. [omissis] [sarebbe risultata] sul sito, mentre il tesseramento on line, come successivamente appurato, era stato accettato automaticamente dal sistema in quanto era stato fornito un nome di battesimo diverso”.

6.         Con ricorso in data 20 febbraio 2025, la sig.ra [omissis] ha impugnato davanti al Collegio di Garanzia dello Sport la predetta decisione della Corte Federale d’Appello, chiedendo, in riforma integrale della decisione, il proscioglimento da ogni addebito mosso nei suoi confronti e, in subordine, la riduzione della sanzione.

Il ricorso è affidato a quattro distinti motivi di diritto che saranno esaminati nella parte in diritto. Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce il difetto di giurisdizione degli Organi disciplinari della FISE, dal momento che la stessa ricorrente non avrebbe posto in essere alcun comportamento rilevante sul piano disciplinare dell’ordinamento sportivo idoneo a giustificare l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni.

In particolare, a dire della ricorrente, la tesi della Procura in base alla quale sarebbe stato disposto il deferimento si baserebbe sull’erroneo presupposto che la sig.ra [omissis] avrebbe agevolato la partecipazione del sig. [omissis] a presunti “eventi federali”, che hanno avuto luogo presso il Centro Equestre [omissis], e nello specifico al “Memorial Marco Falco” del 16 ottobre 2022 e al “concorso sociale” del 5 marzo 2023, in occasione dei quali il predetto sig. [omissis] ha svolto il ruolo di speaker della manifestazione.

Viceversa, come pure più volte chiarito dalla stessa ricorrente, dette manifestazioni non erano in alcun modo qualificabili come “eventi federali”, ovvero eventi organizzati dalla Federazione, ma erano dei semplici “concorsi sociali”, organizzati in autonomia dal centro sportivo e senza alcun coinvolgimento degli Organi della Federazione.

Da qui, l’eccepito difetto di giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva della FISE, non essendo le condotte contestate alla sig.ra [omissis] “riferibili all’attività sportiva e/o federale”.

Con il secondo motivo, la ricorrente censura la decisione della Corte Federale di Appello, che avrebbe ravvisato nel comportamento della sig.ra [omissis] una violazione dei “doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva e/o federale”.

Si evidenzia, a tale proposito, che, nonostante l’intervenuto provvedimento di radiazione, “il Sig. [omissis] risultava essere tesserato come Proprietario di Cavalli in data 09.05.2018” e la sua scheda di tesseramento risultava “ancora agli inizi del 2023, LIBERA e mai bloccata per radiazione”.

A dire della ricorrente, pertanto, la Federazione avrebbe di fatto permesso al sig. [omissis] di continuare a svolgere attività in ambito federale, consentendone il tesseramento.

Da qui l’eccezione che la Procura non avrebbe adempiuto all’onere della prova, né avrebbe dimostrato la fondatezza degli addebiti né sotto il profilo oggettivo, né sotto il profilo soggettivo. Con il terzo motivo, la ricorrente eccepisce l’erroneità della decisione impugnata in relazione alla circostanza  che  sarebbe  stata  affermata  la  responsabilità  della  sig.ra  [omissis]  per  aver consentito, quale incaricata dei tesseramenti della ASD [omissis], di tesserarsi a soggetti che non frequentavano gli impianti dell’Associazione, e in particolare la sig.ra [omissis], la quale si sarebbe recata presso la struttura del sig. [omissis], agevolando in tal modo il predetto soggetto radiato ad eludere gli effetti del provvedimento sanzionatorio.

Da ultimo, con il quarto motivo, la ricorrente contesta l’entità della sanzione inflitta, deducendo sia la pregressa attività professionale, svolta in maniera irreprensibile e senza mai aver ricevuto sanzioni disciplinari, sia perché la stessa aveva fatto affidamento sulle risultanze dei tesserati FISE.

7.         Con memoria di costituzione, depositata in data 3 marzo 2025, la Federazione Italiana Sport Equestri ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso.

8.         La FISE ha depositato ulteriore memoria, ai sensi dell’art. 60, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva, in vista dell’udienza di discussione del ricorso.

9.         All’udienza del 18 marzo 2025, i difensori della ricorrente hanno insistito per l’annullamento della decisione impugnata, ribadendo, fra l’altro, che l’attività alla quale aveva preso parte il sig. [omissis] non assumeva valenza federale e che il tesseramento dello stesso sig. [omissis], benché colpito da provvedimento di radiazione, aveva generato nella sig.ra [omissis] un “affidamento” circa il superamento del provvedimento disciplinare.

L’avv. Clarizia, uno dei difensori della ricorrente, dopo l’intervento del Procuratore Generale dello Sport, ha eccepito la violazione del diritto di difesa della medesima ricorrente, posto che la rappresentante della Procura Generale dello Sport presso il CONI era la stessa persona che risultava “applicata” presso la Procura Federale della FISE e, in tale veste, aveva preso parte ai giudizi innanzi agli Organi di Giustizia della stessa Federazione.

Il difensore della FISE ha ribadito la giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva ed ha insistito per il rigetto del ricorso; la Procura Generale dello Sport presso il CONI ha evidenziato l’esistenza di testimonianze e di documentazione inequivocabili sulla vicenda, concludendo per il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1.         Attesa l’eccezione formulata in sede di discussione orale da parte di uno dei difensori della ricorrente, appare necessario evidenziare, in via preliminare, come la partecipazione al presente giudizio del rappresentante della Procura Generale dello Sport non abbia comportato alcuna violazione del diritto di difesa della stessa ricorrente.

Nel corso della discussione orale, infatti, i difensori della ricorrente hanno formulato tale eccezione, invocando una lesione del “diritto di difesa”, senza peraltro specificare in cosa sia consistita tale lesione.

Deve osservarsi, a tale proposito, come, per consolidata giurisprudenza, per investire il Giudice di legittimità di tale eccezione debba necessariamente risultare indicato, in base al principio del pregiudizio effettivo, sia l’erronea applicazione della regola processuale sia il pregiudizio concretamente subito.

È stato condivisibilmente affermato, infatti, in applicazione del richiamato c.d. «principio del pregiudizio effettivo», che l’eventuale violazione della norma processuale non è condizione sufficiente per la pronuncia della nullità, essendo necessario, a tal fine, che la violazione abbia cagionato un pregiudizio effettivo, con la conseguenza che è «inammissibile la censura con cui si lamenti un mero vizio del processo, ove non si prospettino anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo».(cfr. Cassazione, III Sezione civile, Ordinanza 26 settembre 2023, n. 27424).

Orbene, posto che la eccepita violazione del “diritto di difesa” è rimasta una mera affermazione di principio, senza concreti riferimenti al pregiudizio subito, tale eccezione deve ritenersi inammissibile.

Si deve, infatti, ricordare che la partecipazione ai giudizi innanzi a questo Collegio da parte della Procura Generale dello Sport è disciplinata dagli artt. 59, comma 2, lett. b), e 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, e che le attribuzioni di detta Procura, intesa come organismo e non già come singoli componenti, sono ben chiarite dall’art. 51 del richiamato Codice della Giustizia Sportiva del CONI.

Non vi è dubbio, a tale proposito, che la circostanza che la persona fisica del rappresentante della Procura Generale dello Sport in udienza sia coincisa con quella del Procuratore “applicato” presso la Procura Federale della FISE, che ha seguito i giudizi di merito innanzi agli Organi di Giustizia Federale, non possa e non debba ritenersi di per sé idonea a comprimere o, addirittura, violare il diritto di difesa come sostenuto dalla ricorrente.

Nella fattispecie concreta non si ravvisa peraltro alcuna violazione delle citate norme né, per come è stata condotta l’udienza, è stato in alcun modo compresso il diritto di difesa della ricorrente ai difensori della quale il Presidente ha anche concesso di replicare alle affermazioni fatte dal Procuratore Generale nel suo intervento.

L’eccezione risulta quindi inammissibile e infondata.

2.         Con il primo motivo, la ricorrente deduce che la Corte Federale d’Appello avrebbe omesso o insufficientemente motivato su un punto decisivo della controversia attinente alla natura dell’attività alla quale aveva preso parte il soggetto radiato, il sig. [omissis], tenuto conto che si trattava non di “eventi federali”, ma di semplici “eventi sociali” e che, pertanto, esulando dal perimetro dell’attività federale, non rientrerebbero nella giurisdizione degli Organi della Giustizia Sportiva.

Sul punto la difesa della FISE ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di specificità dei motivi.

L’eccezione della Federazione è infondata.

La ricorrente, al di là della rubrica del motivo di diritto contenuta nel ricorso, ha contestato, in buona sostanza, in relazione alla c.d. riferibilità sportiva delle condotte disciplinarmente rilevanti, l’erronea qualificazione di un fatto o di una condotta alla stregua di una determinata disciplina normativa. Tale vizio è pienamente deducibile come motivo di ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS.

Come è stato condivisibilmente affermato, infatti, «nel momento in cui si afferma o si nega che una determinata condotta corrisponda o meno ad una certa, astratta fattispecie normativa, si richiede necessariamente una attività di interpretazione della legge con la conseguenza che ove si contesti tale interpretazione resa in un provvedimento impugnato, si prospetta un vizio di violazione di legge rientrante nella competenza del Collegio di Garanzia dello Sport ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS» (Collegio di Garanzia, Sezione IV, decisione n. 23/20218; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 10/2024).

Il primo motivo di ricorso, tuttavia, è infondato.

Prim’ancora di esaminare se quelli ai quali ha preso parte il soggetto radiato possano essere considerati “eventi federali” o, come eccepito dalla ricorrente, semplici “eventi sociali” e, come tali, sottratti alla giurisdizione degli Organi disciplinari sportivi, appare opportuno soffermarsi sulla valenza e sulla generale portata dei principi di lealtà, correttezza e probità che si ritiene debbano caratterizzare il comportamento dei soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo.

Come ha osservato, proprio di recente, il Collegio di Garanzia dello Sport a Sezioni Unite, “Siffatti precetti hanno contenuto volutamente ampio e generale, mirando a garantire che ogni tesserato sia tenuto ad osservare una condotta «conforme ai princìpi della lealtà, della rettitudine e della correttezza anche morale in tutti i rapporti riguardanti l’attività federale e nell’ambito più generale dei rapporti sociali ed economici». Ed a questo proposito deve essere utilmente richiamata la giurisprudenza del Collegio in ordine alla applicazione dell’art. 4 del CGS della FIGC (le cui disposizioni erano contenute nell’art. 1, e successivamente nell’art. 1 bis CGS), secondo la quale

«per integrare la violazione dell’art. 1 è sufficiente la lesione delle norme generali di comportamento relative ai principi di lealtà, correttezza e probità… L’art. 1 del CGS è infatti norma di chiusura volta a ricomprendere tutte le ipotesi, non analiticamente contemplate nel codice, nelle quali è ravvisabile una violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza che devono avere coloro che svolgono, con le loro diverse funzioni, un’attività sportiva» (Sezioni Unite, decisione n. 35 del 2015)… In argomento, inoltre, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione 18 ottobre 2016, n. 49, secondo cui «la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, imposti dall’art. 1 bis C.G.S. – FIGC, non deve risolversi necessariamente nella violazione di altre prescrizioni, ma, proprio per l’elasticità dei parametri valutativi, ha il suo precipuo ambito applicativo là dove non si ravvisa qualche specifico inadempimento dei doveri previsti dall’ordinamento sportivo. Essa, dunque, configura una ipotesi residuale di responsabilità. L’assenza di collegamento di questa ipotesi di responsabilità disciplinare con qualche concreto pregiudizio esclude, inoltre, l’esigenza che, ai fini dell’esistenza della violazione, sia ravvisato un nesso di causalità tra il comportamento attribuito al deferito e specifici eventi dannosi». Ne discende, pertanto, che nell’ordinamento sportivo, accanto ad illeciti disciplinari tipizzati, vi sono fattispecie disciplinari di carattere generale, come quelle che si fanno rientrare nella violazione del principio di lealtà e correttezza o probità, quali canoni valutativi, assoluti ed imprescindibili del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuate e specificate ab origine, ma devono essere di volta in volta rielaborate alla stregua delle specifiche circostanze ed evidenze del caso concreto (cfr. Collegio di Garanzia, Sez. IV, decisione 13 ottobre 2017, n. 76). Ebbene, la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità - nella vicenda sottoposta allo scrutinio del Collegio, il rispetto degli elementari doveri di probità è imposto dall’art. 4 del CGS della FIGC - deve esser parametrata alla

c.d. riferibilità sportiva, tanto che il Codice della FICG, come ogni codice di giustizia federale, non può non condurre - nell’accezione più ampia e più coerente - ad «ogni rapporto riferibile all’attività sportiva», facendo eco al Codice di Comportamento Sportivo del CONI, ove si ritrova, all’art. 2, la seguente, inequivocabile, definizione del principio di lealtà: «I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo devono comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Detta riferibilità è stata di recente interpretata dal Collegio di Garanzia (Sezione IV, decisione n. 60/2022) nel senso di ritenere che la stessa non implichi che l’oggetto di incolpazione in un procedimento disciplinare debba necessariamente consistere nella sola condotta attuata in campo, bensì sia sufficiente che l’attività sportiva faccia da contesto alla condotta ritenuta disciplinarmente rilevante” (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 10/2024).

Secondo il condivisibile orientamento delle Sezioni Unite, pertanto, per utilizzare le espressioni della decisione da ultimo richiamata, l’oggetto di incolpazione in un procedimento disciplinare non deve necessariamente consistere nella sola condotta attuata in campo, bensì «è sufficiente che l’attività sportiva faccia da contesto alla condotta ritenuta disciplinarmente rilevante».

D’altro canto, come pure è stato rilevato, la scelta strutturale compiuta dal legislatore sportivo, ovverossia “quella di indicare, in incipit, i criteri di formazione giudiziale della regola da applicare, quale clausola generale, risulta decisiva giacché assolve alla funzione di rendere palesi gli obiettivi di policy che, sul punto, con siffatto Codice si è inteso perseguire e, al tempo stesso, mira a delineare la definizione di «manifesto» dell’ordinamento sportivo. L’obiettivo evidente è quello di garantire una più esplicita e palese valenza di quei principi di eguaglianza, non discriminazione, solidarietà che connotano l’essenza stessa dell’attività sportiva rendendo attuali, e attuabili, quelle clausole generali contenute nei codici di condotta che elencano i valori di riferimento dell’ordinamento e fissano le permeanti ed inderogabili linee guida dei comportamenti, imponendo che essi siano sempre conformi alla descritta fonte normativa primaria in linea gerarchica. Sarebbe riduttivo ed incomprensibile ritenere che, nel caso dell’ordinamento sportivo, siffatti obblighi abbiano un rilievo meramente (quanto inefficacemente) etico, laddove la peculiarità dell’ordinamento sportivo fa si, invece, che i principi etici debbono realizzarsi in altrettanti vincolanti principi giuridici del medesimo ordinamento sportivo”, in guisa che può concludersi che «I principi di cui si è detto, dunque, rappresentano modelli di comportamento in ragione del fatto che lealtà, correttezza e probità assumono il superiore valore di etica di condotta» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 10/2024).

Con la richiamata decisione, le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia hanno opportunamente fatto riferimento alla recente Legge Costituzionale n. 1 del 26 settembre 2023, che, modificando l’art. 33 della Costituzione, ha introdotto un nuovo, ultimo comma, a mente del quale “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”, sottolineando come «con tale disposizione, lo sport assurge a primario valore educativo e sociale, costituzionalmente riconosciuto e garantito, dell’intero sistema della pratica sportiva fino a costituirne il riferimento fondativo. Non può esistere, pertanto, una funzione educativa di carattere generale, ed ora anche di rango costituzionale, che sia limitata alla pratica agonistica e che non si estenda a tutte le implicazioni sociali dello sport, elevandosi in tal modo al rango di valore regolatorio generale del sistema sportivo quale elemento unitario e fondante della vita civile e sociale della nazione. Ogni tesserato è, quindi, portatore del dovere di concorrere a realizzare, anche nell’ambito della propria sfera individuale, gli scopi e gli obiettivi propri dell’ordinamento di appartenenza e ciò equivale a dire che anche i più giovani tesserati sono chiamati a fornire il proprio contributo al conseguimento dei fini propri di quella disciplina sportiva, ben condensati nella postulazione di  una funzione sociale, educativa e culturale » (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 10/2024).

Tali principi, peraltro, risultano applicati in precedenti proprio di questo Collegio, laddove è stato affermato “Va preliminarmente, in proposito, ricordato che, come già espresso nel precedente di questo Collegio che qui si richiama (decisione 22 dicembre 2020, n. 66), «il principio di lealtà sportiva, declinato sovente nelle carte federali nella triade del dovere di lealtà, probità e correttezza, informa l’agire di tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo ed il suo contenuto si caratterizza per una spiccata atipicità, tant’è che se ne fa applicazione, in sede di giustizia disciplinare, sotto due species di responsabilità disciplinare. La prima si configura in via diretta, giacché si sostanzia in tutti quei comportamenti che violano esclusivamente tale principio; va precisato al riguardo che il giudizio disciplinare non viene in concreto esercitato sulla base di astratte generalizzazioni concettuali, ma la lesione del dovere di lealtà viene apprezzata in relazione a singoli casi e secondo linee di giudizio che usualmente presentano una certa omogeneità e uniformità tra le varie Federazioni. La seconda è una responsabilità sostanzialmente indiretta, giacché riguarda tutte quelle condotte che infrangono direttamente preesistenti accordi negoziali o la normativa federale. In questi casi la lesione del principio di lealtà si configura soltanto di riflesso e poggia sul presupposto che non può qualificarsi come comportamento leale quello consistente nel mancato rispetto della parola data, o nella violazione delle regole sportive” (Collegio di Garanzia, IV Sezione, decisione n. 12/2024).

Sulla base di tali premesse, per tornare alla fattispecie concreta, appare indubbio che la partecipazione di un soggetto colpito da provvedimento di radiazione a due eventi, organizzati e svoltisi presso una Associazione Sportiva affiliata alla FISE, con la partecipazione di tesserati FISE, con competizioni disciplinate dai Regolamenti e, comunque, nel rispetto delle regole proprie della disciplina sportiva che fa capo alla FISE, non possa considerarsi attività “estranea” all’ordinamento sportivo e, come tale, sottratta alla giurisdizione degli Organi della Giustizia Sportiva.

Con la conseguenza che deve confermarsi la giurisdizione degli Organi di Giustizia Sportiva, in applicazione, per quello che riguarda la concreta fattispecie, del Regolamento di Giustizia Federale della FISE e, più in generale, dell’articolo 1 del Codice di Giustizia Sportiva CONI.

3.         Con il secondo motivo, la ricorrente ha impugnato la decisione della Corte Federale di Appello nella parte in cui avrebbe ravvisato nel comportamento della sig.ra [omissis] una violazione dei doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva e/o federale senza tener conto della circostanza che, nonostante l’intervenuto provvedimento di radiazione, “il Sig. [omissis] risultava essere tesserato come Proprietario di Cavalli in data 09.05.2018” e la sua scheda di tesseramento risultava “ancora agli inizi del 2023, libera e mai bloccata per radiazione”. La ricorrente, a tale proposito, non solo ha affermato di non essere stata a conoscenza, all’epoca dei fatti oggetto del procedimento disciplinare, del provvedimento di radiazione che aveva colpito il sig. [omissis], ma che, a ben vedere, la Federazione avrebbe di fatto permesso al sig. [omissis] di continuare a svolgere attività in ambito federale, consentendone il tesseramento e ingenerando nella stessa ricorrente la convinzione che, in quanto tesserato, il sig. [omissis] poteva prendere parte agli “eventi sociali” organizzati presso il Circolo (rectius : la ASD affiliata) nel quale la stessa ricorrente si occupava del tesseramento.

Tale argomento è stato, altresì, ulteriormente sviluppato dai difensori della ricorrente in sede di discussione orale, richiamando a tale proposito il principio dell’affidamento quale giustificazione del comportamento della ricorrente.

Anche tale motivo è infondato.

Per quanto, sia consentito affermarlo incidenter tantum, l’avvenuto tesseramento di un soggetto radiato da parte della FISE appaia circostanza assolutamente censurabile, soprattutto se si tiene conto del fatto che detta posizione di tesseramento è risultata in essere anche dopo l’avvenuta segnalazione alla Federazione da parte di chi aveva riscontrato tale “anomalia”, risulta non invocabile, nella concreta fattispecie, il richiamato principio dell’affidamento quale motivo che potrebbe giustificare il comportamento della ricorrente.

Com’è noto, infatti, in ambito amministrativo l’affidamento rileva nella misura in cui risulti incolpevole, facendo riferimento all’ordinaria diligenza.

In tema di appalti, ad esempio, è stato osservato che “la responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale,  postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente” (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 19).

Nell’ambito della Giustizia Amministrativa è stato osservato come quello dell’“affidamento” è un principio e non una autonoma situazione giuridica soggettiva: “nella dicotomia diritti soggettivi- interessi legittimi si colloca anche l'affidamento. Esso non è infatti una posizione giuridica soggettiva autonoma distinta dalle due, sole considerate dalla Costituzione, ma ad esse può alternativamente riferirsi. Più precisamente, l'affidamento è un istituto che trae origine nei rapporti di diritto civile e che risponde all'esigenza di riconoscere tutela alla fiducia ragionevolmente riposta sull'esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata. (…) Sorto in questo ambito, l'affidamento ha ad oggi assunto il ruolo di principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche quelli di diritto amministrativo” (cfr. Consiglio di Stato, IV Sez., sentenza 31 luglio 2023, n. 7406).

Nella concreta fattispecie, dunque, nessun “ragionevole convincimento” ha potuto trarre la ricorrente dalla circostanza che, pur se colpito da un provvedimento di radiazione, il sig. [omissis] era legittimato a partecipare ad eventi sportivi - addirittura quale speaker - perché tesserato, quale “proprietario di cavalli”, con la FISE.

L’esperienza della ricorrente, tesserata di lungo corso con la Federazione Italiana Sport Equestri e, in tale veste, perfettamente a conoscenza delle norme dell’ordinamento sportivo e dei Regolamenti della Federazione nell’ambito della quale svolgeva attività sportiva,  avrebbero dovuto portare la stessa a considerare che un provvedimento disciplinare di radiazione avrebbe potuto eventualmente essere ritenuto non più in vigore unicamente laddove fosse stato adottato un provvedimento di “grazia”, per come disciplinato dall’art. 19 del Regolamento di Giustizia della FISE, nei confronti del soggetto precedentemente radiato.

Provvedimento di competenza del Presidente Federale e che, nella fattispecie concreta, in ogni caso non avrebbe potuto mai riguardare il sig. [omissis] posto che, ai sensi del numero 5 del richiamato articolo 19 del Regolamento di Giustizia della FISE, “Nei casi di radiazione il provvedimento di grazia non può essere concesso se non siano decorsi almeno cinque anni dall’adozione della sanzione definitiva”, termine che, all’epoca dei fatti, non è certo che fosse neppure trascorso.

Ugualmente immeritevole di accoglimento appare, altresì, l’eccezione della mancata conoscenza, da parte della ricorrente, del provvedimento di radiazione del sig. [omissis].

Orbene, a voler prescindere, per ipotesi di scuola, dalla circostanza che la notorietà dei fatti, con rilevanza anche mediatica, delle vicende che hanno interessato il sig. [omissis] e che hanno portato al provvedimento di radiazione, rende poco credibile tale versione, soprattutto in considerazione del fatto che, come evidenziato nella decisione della Corte Federale di Appello impugnata, la ricorrente conosceva personalmente il soggetto poi radiato e, in sede di dichiarazioni rese alla Procura Federale, aveva testualmente affermato che “probabilmente era stata una leggerezza”, non è dato comprendere il motivo per il quale la stessa ricorrente ignorava un  provvedimento  di  radiazione,  ma,  viceversa,  era  a  conoscenza  della  situazione  di tesseramento dello stesso soggetto o, comunque, aveva acquisito informazioni su tale circostanza.

D’altro canto, gli episodi oggetto di contestazione non risultano contestati nel loro verificarsi, tenuto conto che la partecipazione ai due eventi in questione, da parte del soggetto radiato, è stata “giustificata” dalla ricorrente in primo luogo in relazione alla circostanza che si trattava di “eventi sociali” privi di rilievo per la Federazione e, comunque, per la mancata conoscenza del provvedimento di radiazione o perché lo stesso si riteneva essere stato in qualche modo superato dall’avvenuto tesseramento dello stesso radiato.

Tali giustificazioni, tuttavia, non possono scalfire il provvedimento sanzionatorio inflitto, che si fonda sulla circostanza di aver “favorito” la partecipazione di un soggetto inibito in via definitiva ad un’attività alla quale non poteva in alcun modo prendere parte.

Del resto, le norme della FISE - ma, a ben vedere, analoghe disposizioni si rinvengono in tutte le Federazioni Sportive - chiariscono in maniera inequivocabile che il provvedimento disciplinare della radiazione consiste nell’espulsione permanente dalla Federazione e dal sistema sportivo federale, con conseguente impossibilità, per un soggetto colpito da tale provvedimento (ma analogo ragionamento vale per il periodo di "inibizione” per un tesserato), di svolgere qualsiasi attività sportiva e/o federale all’interno di Società affiliate, impianti sportivi di loro proprietà o in gestione.

Immeritevole di censure, pertanto, appare l’impugnata decisione della Corte Federale di Appello.

4.         Con il terzo motivo, la ricorrente eccepisce l’erroneità della decisione impugnata in relazione alla circostanza che sarebbe stata affermata la sua responsabilità per aver consentito, quale incaricata dei tesseramenti della ASD Mottalciata, di tesserarsi a soggetti che non frequentavano gli impianti dell’Associazione, e in particolare la sig.ra [omissis], la quale si sarebbe recata presso la struttura del sig. [omissis], agevolando in tal modo il predetto soggetto radiato ad eludere gli effetti del provvedimento sanzionatorio.

Tale decisione, a dire della ricorrente, sul punto specifico sarebbe fondata esclusivamente su testimonianze de relato e, come tali, prive di valore probatorio.

Il motivo è inammissibile prima ancora che infondato.

Ai sensi dell’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il ricorso davanti al Collegio di Garanzia «è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

Orbene, con tale motivo, non viene denunciata alcuna norma di diritto asseritamente violata, né viene indicato quale sarebbe il punto decisivo della controversia sul quale la Corte Federale avrebbe omesso di motivare.

La doglianza, infatti, sembra palesemente volta a sindacare gli elementi istruttori acquisiti e già valutati nella fase di merito e ad ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dai Giudici Federali di primo e di secondo grado, che, con la decisione impugnata, hanno ritenuto la ricorrente responsabile degli addebiti contestati.

Com’è noto, e del resto più volte sottolineato anche da questo Collegio, una nuova valutazione nel merito degli elementi probatori esula dai limiti del sindacato giurisdizionale proprio del Collegio di Garanzia dello Sport, come delineati dal citato art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva. Come è stato rilevato più volte dalle Sezioni Unite di questo Collegio di Garanzia, «nel momento in cui viene impugnato un provvedimento dell’organo di giustizia endofederale di secondo grado, il rimedio proposto dal legislatore sportivo si sostanzia nel ricorso al cosiddetto giudizio di legittimità… nella cui sede è preclusa la possibilità di rivalutare eccezioni, argomentazioni e risultanze istruttorie acquisite nella fase di merito. Il giudizio di legittimità è, dunque, preordinato all’annullamento delle pronunce che risultano viziate da violazioni di norme giuridiche ovvero da omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, ovvero alla risoluzione di questioni di giurisdizione o di competenza, ognuna di esse specificatamente censurata» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 93/2017).

La norma, pertanto, «limita la cognizione del Collegio di Garanzia ai soli profili di legittimità, oltre che di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti, rimanendo precluse indagini e valutazioni tendenti a una rivalutazione dei fatti quali accertati in sede endofederale» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 57/2023 e, più di recente, Collegio di Garanzia, IV Sezione, decisione n. 12/2025). In particolare, secondo tale principio e in aderenza all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, la rivalutazione delle risultanze istruttorie rientra esclusivamente nelle prerogative del Giudice di merito; così come esula dalle funzioni e competenze del Collegio di Garanzia l’esame di censure finalizzate a mettere in rilievo «la debolezza di alcune prove rilevanti nella impugnata decisione» (Collegio di Garanzia, I Sezione, decisione n. 31/2019).

In relazione alle prove testimoniali, inoltre, ed alla doglianza espressa dalla ricorrente circa la mancata escussione di un teste indicato dalla stessa, è stato condivisibilmente affermato che, «per quanto attiene alla prova per testi, tanto la valutazione delle deposizioni testimoniali, quanto il giudizio sull’attendibilità dei testi, sulla credibilità e sulla rilevanza probatoria delle loro affermazioni, sono rimessi al libero convincimento del giudice di merito, il quale può anche fondare la propria decisione sulla deposizione di un solo teste, purché tale decisione sia adeguatamente motivata, non esistendo nell’ordinamento giuridico sportivo, come in quello nazionale, limitazione alcuna in ordine alla valutazione della prova testimoniale in relazione al numero dei testimoni» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 71/2021).

La decisione della Corte Federale di Appello impugnata, sullo specifico punto, risulta adeguatamente motivata e, per quello che riguarda l’esame del materiale istruttorio, risulta immune da censure in ordine all’affermata colpevolezza della ricorrente.

D’altro canto, proprio questo Collegio ha affermato che «lo standard probatorio richiesto per ritenere il soggetto incolpato responsabile di una violazione disciplinare non si spinge sino alla certezza assoluta nella commissione dell’illecito o al superamento di ogni ragionevole dubbio circa la sua responsabilità, ma la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta anche utilizzando la regola del “più probabile che non”» (Collegio di Garanzia, IV Sezione, decisione n. 96/2023).

5.         Con il quarto e ultimo motivo, la ricorrente contesta l’entità della sanzione inflitta, deducendo sia la sua pregressa attività professionale, svolta in maniera irreprensibile e senza mai aver ricevuto sanzioni disciplinari, sia perché la stessa aveva fatto affidamento sulle risultanze dei tesserati FISE.

Il motivo è inammissibile.

Com’ è noto, questo Collegio di Garanzia può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo quando la stessa sia stata irrogata in violazione dei presupposti di fatto e di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza. Non è, invece, consentito al Collegio di valutare la doglianza sulla quantificazione della sanzione, là dove adottata in aderenza ai suddetti presupposti (cfr. Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 71/2019, nonché II Sezione, decisione n. 74/2022).

È stato, altresì, affermato che «il perimetro di competenza del Collegio di Garanzia dello Sport è limitato alle sole questioni di legittimità e non comprende il merito del diniego di applicazione delle circostanze attenuanti da parte del giudice del merito» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 68/2021).

Per tale motivo, pertanto, nessuna diversa valutazione circa l’entità della sanzione inflitta alla ricorrente può essere fatta da questo Collegio.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente conferma della impugnata decisione della Corte Federale di Appello.

Per quanto riguarda le spese, la particolarità delle questioni trattate fanno ritenere equa la integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione

Rigetta il ricorso. Spese compensate.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 18 marzo 2025.

Il Presidente                Il Relatore

F.to Dante D’Alessio  F.to Lucio Giacomardo

Depositato in Roma, in data 1° aprile 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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