F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0117/CFA pubblicata il 24 Giugno 2025 (motivazioni) – PFI-Sig. Valerio Neri-U.S.D. Castelnuovese Calcio ed A.S.D. Trigoria-Sig. Emanuele Ambrosoni
Decisione/0117/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0117/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mariangela Caminiti – Componente
Vincenzo Barbieri - Componente
Salvatore Casula - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0117/CFA/2024-2025, proposto in data 26.5.2025 dal Procuratore federale interregionale,
per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio della F.I.G.C. – L.N.D. pubblicato sul C.U. n. 414 del 16.5.2025;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 16.6.2025, tenutasi in videoconferenza, il Consigliere Salvatore Casula e sentiti l’Avv. Mario Taddeucci Sassolini in rappresentanza della Procura federale e l’Avv. Valentina Ippolito per il sig. Emanuele Ambrosoni; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 26 maggio 2025, il Procuratore federale interregionale della FIGC ha proposto reclamo avverso la decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Lazio della F.I.G.C. – L.N.D, pubblicata nel C.U. n. 414 del 16 maggio 2025, comunicata il successivo 19 maggio 2025, con la quale, in parziale accoglimento delle richieste avanzate nel procedimento n. 487 pfi/24-25:
- è stato prosciolto il signor Valerio Neri, all’epoca dei fatti allenatore tesserato per la società A.S.D. Trigoria, per la violazione dell’art. 4, comma 1, del C.G.S., per avere costui partecipato, al termine della gara Castelnuovo Calcio Trigoria del 10 novembre 2024 valevole per il campionato di prima categoria, allo scontro verbale fisico accesosi tra i tesserati delle due squadre in prossimità dei locali adibiti a spogliatoio dell’arbitro e dei calciatori, assumendo dapprima un comportamento intimidatorio nei confronti di un calciatore tesserato per la squadra avversaria e, successivamente, colpendo lo stesso con una manata al volto; nonché per avere tentato, senza riuscirci, di colpire un altro calciatore tesserato per la società avversaria;
- è stata prosciolta la U.S.D. Castelnuovese Calcio, chiamata a titolo di responsabilità ai sensi dell’art. 26, comma 1, del C.G.S. per la condotta posta in essere dai propri sostenitori, consistita nell’avere costoro, al termine della gara, lanciato bottiglie di plastica piena d’acqua e sedie di plastica all’indirizzo dei tesserati della società Trigoria;
- è stata prosciolta la A.S.D. Trigoria, chiamata a titolo di responsabilità ai sensi dell’art. 26, comma 1, del C.G.S. per la condotta posta in essere da un proprio sostenitore, consistita nell’avere costui fatto ingresso all’interno dei locali adibiti a spogliatoi, colpendo con uno schiaffo un calciatore tesserato per la società Castelnuovese Calcio;
- è stata irrogata la sanzione della squalifica per 3 gare nei confronti del signor Emanuele Ambrosoni, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società U.S.D. Castelnuovese Calcio, per la violazione degli artt. 4, comma 1, e 38 del C.G.S., per avere lo stesso, al termine della gara, preso parte allo scontro verbale e fisico tra i tesserati delle due squadre e per aver colpito con calci l’allenatore della squadra ospite Valerio Neri.
2. I fatti in questione riguardano la gara del Campionato di Prima categoria (C.R. Lazio della F.I.G.C. – L.N.D.) Castelnuovese Calcio – Trigoria del 10.11.2024, al termine della quale si erano verificate varie condotte disciplinarmente rilevanti, poste in essere da tesserati di entrambe le società e dai loro sostenitori.
Nel proprio referto, l’arbitro dell’incontro segnalava che il tecnico del Trigoria, signor Valerio Neri, aveva tenuto un atteggiamento intimidatorio verso di lui, afferrandolo per un braccio (senza provocare dolore) per impedirgli di entrare nello spogliatoio e profferendo la seguente frase: “Fino a quando non mi dai una spiegazione valida, non rientri”.
Immediatamente dopo tale episodio, si era accesa una rissa in campo tra vari tesserati delle due squadre ed il Direttore di gara riusciva ad individuare i principali soggetti coinvolti, tra i quali ancora una volta il tecnico Valerio Neri ed il calciatore della Castelnuovese Fabio Podda, i quali si scambiavano calci e pugni.
Mentre era in corso la rissa, un sostenitore della società Trigoria aveva scagliato una pietra di notevoli dimensioni che arrivava a pochi metri dall’arbitro, tanto da indurlo a fare precipitosamente rientro negli spogliatoi, fino all’arrivo delle Forze dell’ordine.
3. Alla luce delle risultanze del referto di gara, il Giudice sportivo, con C.U. n. 136 del 13.11.2024, irrogava (per quanto qui di interesse) le ammende di € 400,00 nei confronti della società Trigoria e di € 200,00 per la Castelnuovese Calcio; squalificava inoltre l’allenatore del Trigoria Valerio Neri con la seguente motivazione: “Perché a fine gara rivolgeva all’arbitro espressioni irrispettose. Successivamente si poneva di fronte allo spogliatoio di quest’ultimo impedendogli l’ingresso e afferrandolo per un braccio, senza conseguenze, reiterando altresì nelle proteste (art. 36, comma uno, lettera b, del C.G.S.)”.
4. In data 12.11.2024, la società Trigoria inoltrava al Comitato regionale Lazio un esposto con il quale forniva una propria ricostruzione degli accadimenti verificatisi al termine della gara con la Castelnuovese Calcio, rimarcando il fatto che il proprio allenatore Valerio Neri fosse stato aggredito da un calciatore della squadra avversaria “[…] causando uno scontro fisico davanti agli spogliatoi della stessa Castelnuovese (e pertanto alla presenza di tutti i tesserati di questa mentre erano presenti non più di quattro/cinque tesserati del Trigoria). Durante questo scontro il nostro allenatore cadeva e mentre era a terra veniva colpito, in modo a dir poco codardo, da più giocatori della Castelnuovese (fortunatamente senza patire conseguenze di particolare gravità, ma ciò non toglie l’estrema gravità del fatto)”.
Tale esposto veniva tempestivamente inoltrato alla Procura federale, la quale provvedeva ad aprire il procedimento n. 487/pfi/2425.
5. A seguito dell’apertura del procedimento, venivano quindi svolte le più opportune indagini che consentivano di ricostruire i fatti verificatisi al termine della gara con ben maggior dettaglio rispetto a quanto riportato dal direttore di gara nel proprio referto.
In particolare, con riferimento alla rissa scoppiata a fine gara, veniva confermata e meglio dettagliata la attiva partecipazione dell’allenatore Valerio Neri, il quale si era reso protagonista di vari atti intimidatori e di violenza fisica nei confronti di alcuni avversari, e veniva evidenziata anche quella del calciatore della Castelnuovese Calcio, signor Emanuele Ambrosoni (a suo tempo non individuato dall’arbitro), il quale risultava aver colpito ripetutamente il signor Valerio Neri quando costui era ormai riverso in terra.
Per tali specifiche condotte, costoro venivano deferiti dalla Procura federale davanti al Tribunale federale territoriale del Lazio, così come venivano deferite le due società per condotte che l’arbitro non aveva potuto rilevare: la Castelnuovese Calcio perché alcuni suoi sostenitori si erano resi protagonisti di un lancio di sedie e bottiglie d’acqua, e la Trigoria perché un suo sostenitore era entrato nello spogliatoio avversario e aveva colpito con uno schiaffo il calciatore Gianmarco Traversali della società Castelnuovese.
6. Alla riunione del 14.4.2025 davanti al Tribunale federale territoriale del Lazio, il rappresentante della Procura federale concludeva chiedendo l’affermazione della responsabilità di tutti i deferiti e la conseguente squalifica del calciatore Emanuele Ambrosoni per sei gare, del tecnico Valerio Neri per sei gare, nonché un’ammenda di € 500,00 per entrambe le società.
I deferiti si opponevano alle richieste della Procura federale.
In particolare, i difensori della società Castelnuovese e del calciatore Ambrosoni contestavano la ricostruzione dei fatti e ritenevano che non fosse stata raggiunta la prova del coinvolgimento dei propri assistiti nelle vicende che formavano oggetto del deferimento.
Il tecnico Valerio Neri, presentatosi personalmente in giudizio, non contestava invece la sussistenza dei fatti ascritti ed anzi mostrava dispiacere per l’accaduto, ma eccepiva di essere stato già giudicato per i medesimi fatti e squalificato dal Giudice sportivo per otto gare, così come pubblicato nel Comunicato ufficiale del 14.11.2024.
7. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale federale territoriale del Lazio comminava al solo Emanuele Ambrosoni la squalifica per tre gare effettive mentre, in accoglimento dell’eccezione di ne bis in idem formulata, proscioglieva il Neri e le due società sul presupposto che gli stessi fossero stati già giudicati dal Giudice sportivo.
Nella motivazione del provvedimento, il Tribunale federale territoriale evidenziava infatti che il Giudice sportivo avesse avuto piena contezza del comportamento dei sostenitori delle due squadre e dell’allenatore Neri e si fosse regolato di conseguenza, adottando le sanzioni riportate nel Comunicato Ufficiale: “Nel caso di specie l'Arbitro ha visto e descritto con puntualità quanto fatto dall'allenatore Neri sia nei suoi confronti che nei confronti di tesserati avversari e poco importa se in motivazione il Giudice sportivo ha omesso di riportare questa ultima parte che pure emergeva chiaramente dal referto. La sanzione irrogata in prime cure assorbe quindi tutto quanto commesso dall'allenatore e non può essere integrata da ulteriori sanzioni per azioni che pure erano descritte nel referto, violando altrimenti il principio del giudicato che assorbe tutto quanto dedotto e deducibile dal referto arbitrale”.
8. Avverso la decisione del Tribunale federale territoriale del Lazio interponeva appello il Procuratore federale interregionale, chiedendo la riforma della stessa e, affermata la responsabilità disciplinare dei deferiti per i fatti loro ascritti, la squalifica del calciatore Emanuele Ambrosoni e del tecnico Valerio Neri per sei gare, nonché l’ammenda di € 500,00 ciascuno, per le società Trigoria e Castelnuovese Calcio.
Con riferimento all’eccezione di ne bis in idem accolta dal primo Giudice, il reclamante evidenziava come vi fosse una netta differenza tra le condotte contestate nel deferimento e quelle per le quali il Giudice sportivo aveva irrogato le sanzioni, per cui avrebbe errato il Tribunale federale nel ritenere tali condotte già coperte da giudicato.
La erroneità in cui sarebbe incorso il Giudice di primo grado sarebbe poi ancor più evidente perché la stessa Procura federale, nel deferire i soggetti in questione, aveva esplicitamente escluso tutte quelle condotte che erano già state prese in considerazione - ed erano state oggetto di valutazione - da parte del Giudice sportivo.
Il Tribunale federale territoriale avrebbe per giunta negato valenza probatoria agli atti di indagine posti alla base del deferimento, che avevano invece condotto ad una più precisa e completa ricostruzione dei fatti rispetto a quanto riportato nel referto arbitrale.
In tal modo il Tribunale, da un lato avrebbe riconosciuto valore di fede privilegiata al referto arbitrale anche con riferimento a quanto in esso non espressamente riportato, dall’altro avrebbe attribuito a tale referto il valore di prova legale utilizzabile in via esclusiva ai fini dell’accertamento delle condotte poste in essere durante e al termine della gara, escludendo conseguentemente rilevanza probatoria agli accertamenti effettuati dalla Procura.
Il reclamante eccepiva, altresì, che il Giudice di primo grado non avesse svolto alcuna concreta attività di confronto tra il contenuto della decisione del Giudice sportivo e quanto contestato con l’atto di deferimento, ma soprattutto non avesse indicato in maniera specifica le motivazioni che lo avrebbero indotto a non ritenere probanti gli elementi acquisiti agli atti del procedimento.
Ed infine, con riferimento alla posizione del calciatore Emanuele Ambrosoni, il Procuratore federale interregionale contestava la irrogazione della squalifica per tre giornate, ritenendola inadeguata rispetto alla condotta da lui posta in essere, estrinsecatasi in un gesto particolarmente violento e pericoloso, tale da giustificare il ben più grave trattamento sanzionatorio previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 38 del Codice di giustizia sportiva.
9. All’udienza del 16.6.2025, sentiti il rappresentante della Procura federale e il difensore del signor Emanuele Ambrosoni, il procedimento è stato trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
1. Il reclamo merita di essere accolto, pur nei termini che si vanno a esporre.
Questa Corte federale ritiene di non condividere il percorso argomentativo sotteso alla decisione del Tribunale federale territoriale del Lazio che ha portato al proscioglimento del tecnico Valerio Neri e delle società Castelnuovese e Trigoria, in applicazione del principio generale di diritto del ne bis in idem.
Sotto questo specifico profilo, correttamente il reclamante ha infatti rilevato che gli atti ed i comportamenti oggetto delle incolpazioni formulate con l’atto di deferimento sono in realtà del tutto differenti rispetto alle fattispecie per le quali il Giudice sportivo aveva irrogato le sanzioni all’esito dell’esame degli atti di gara.
In particolare, il Giudice sportivo aveva inflitto al tecnico Valerio Neri la squalifica per otto gare, per avere costui afferrato ad un braccio l’arbitro (senza provocargli dolore) per impedirgli di entrare nello spogliatoio e profferendo la seguente frase: “Fino a quando non mi dai una spiegazione valida, non rientri”, mentre il deferimento della Procura federale ha riguardato la sua partecipazione allo scontro verbale e fisico accesosi tra i tesserati delle due squadre, nel corso del quale aveva assunto dapprima un comportamento intimidatorio e poi violento nei confronti di due calciatori della squadra avversaria. Così come nei confronti delle società Castelnuovese e Trigoria erano state irrogate dal Giudice sportivo le sanzioni rispettivamente di € 200,00 e € 400,00 per avere i propri tesserati partecipato alla colluttazione davanti agli spogliatoi (e la sola Trigoria anche perché un proprio sostenitore aveva scagliato una pietra verso l’Arbitro, senza colpirlo), mentre la Procura federale ha deferito la Castelnuovese perché i propri sostenitori avevano lanciato bottiglie e sedie di plastica in campo a fine gara, e la Trigoria perché un proprio sostenitore era entrato negli spogliatoi ed aveva colpito con uno schiaffo un calciatore della squadra avversaria.
Le condotte che hanno formato oggetto di giudizio da parte del Giudice sportivo sono, insomma, del tutto differenti rispetto a quelle evidenziate con l’atto di deferimento e portate all’attenzione del Tribunale federale territoriale, avendo come unico punto in comune la circostanza che tali condotte sono state poste in essere dai medesimi soggetti in occasione della gara del 10.11.2024.
Ora, è ben noto che il principio del ne bis in idem miri ad evitare, da un lato la duplicazione di uno stesso processo, dall’altro la possibilità che si verifichi un conflitto tra giudicati per un medesimo fatto ascritto nei confronti della stessa persona.
Tale principio rappresenta un’articolazione specifica del diritto di difesa e dei principi del giusto processo che - a norma dell’art. 44, comma 1, CGS - valgono anche per il processo sportivo.
A tal riguardo, si è già da tempo pronunciata l’Alta Corte di Giustizia Sportiva n. 118/12: “ Detto principio [del ne bis in idem] è stato, in tempi recenti, considerato come principio generale dell’ordinamento giuridico ed orientamento di sistema dettato ad evitare sia “duplicazione dello stesso processo” (Cass. S.U. pen., n. 34655/2005), sia decisioni e provvedimenti per lo stesso fatto contro la stessa persona, e quindi possibilità di conflitti e di pronunce tra loro contrastanti. In virtù di tali esigenze e finalità il principio è man mano risorto nel diritto contemporaneo, confermandosi ed arricchendosi, dapprima in modo deciso nel diritto processuale, anche per effetto delle proclamazioni costituzionali delle garanzie della persona umana e della tutela dei diritti ed in modo più significativo in quello processuale penale. Il principio progressivamente si è esteso ad ogni tipologia di processo e procedimento nelle forme e con le garanzie giustiziali.”.
Nell’ambito della giustizia sportiva, insomma, assume rilevanza, per applicare o meno il ne bis in idem, non tanto che il giudizio verta solo sullo stesso rapporto o sulla medesima causa petendi, ma che la regiudicanda sia enucleabile e sia rimasta da decidere, perché non poteva o non doveva essere ricompresa nel thema decidendum del primo giudizio, in modo da essere giuridicamente (conformemente a previsione normativa) e logicamente compatibile e non sovrapponibile con la precedente procedura e decisione (Alta corte di giustizia sportiva, 11 maggio 2012, n. 9; adesivamente CFA, Sez. II, n. 76/2019-2020).
Nel caso in esame, l’arbitro dell’incontro aveva espressamente riferito di non essere riuscito a fornire una descrizione chiara ed esaustiva dell’accaduto, proprio per la contingente situazione di pericolosità venutasi a creare, che lo aveva indotto a fare rientro nei propri spogliatoi fino all’arrivo delle Forze dell’ordine, per cui più che correttamente l’attività di indagine della Procura federale ha consentito di pervenire ad una completa ed esaustiva ricostruzione dei fatti verificatisi, compresi quelli non rilevati dall’arbitro e, conseguentemente, non presi in considerazione del Giudice sportivo.
2. Tanto basterebbe per ritenere fondata l’impugnazione, con riferimento al proscioglimento dell’allenatore Valerio Neri e delle due società.
Va tuttavia doverosamente evidenziato che, nel richiamare il principio del ne bis in idem e pervenire al proscioglimento del tecnico Valerio Neri e delle due società, il Tribunale federale territoriale non si è limitato a rilevare una mera sovrapposizione tra i fatti che formavano oggetto del deferimento e quelli per i quali costoro erano stati già sanzionati dal Giudice sportivo (“[…] la questione non è quella della identità o divergenza tra le motivazioni riportate nella delibera del Giudice sportivo e le contestazioni poste alla base del deferimento”), ma ha sostenuto che l’espletamento di una attività inquirente su fatti già rilevati nel referto vanificherebbe il principio della giustizia sportiva che attribuisce a tale documento il valore di prova privilegiata. L’attività inquirente, pertanto, si sarebbe dovuta limitare ad accertare solo quanto non rilevato dall’arbitro e, conseguentemente, non riportato nel referto.
E poiché nel caso in esame il Direttore di gara aveva riportato con puntualità nel proprio referto la condotta complessivamente tenuta dall’allenatore Valerio Neri, tanto nei suoi confronti, quanto nella partecipazione alla colluttazione con i tesserati della squadra avversaria, non avrebbe nessuna rilevanza che, in motivazione, il Giudice sportivo abbia poi omesso di riferire in merito ad una parte di tale condotta - quella cioè relativa alla partecipazione alla “zuffa” con gli avversari - giacché la sua decisione avrebbe comunque riguardato tutto ciò che era stato riportato nel referto; e discorso analogo varrebbe anche per le condotte dei sostenitori delle due società, puntualmente riportate dal Direttore di gara nel suo referto. Qualsiasi diverso ragionamento finirebbe per violare il principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile.
La duplicazione del giudizio su fatti in relazione ai quali, seppure in parte implicitamente e senza farne riferimento nella parte motiva del provvedimento, il Giudice sportivo si sarebbe già pronunciato, a detta del Tribunale federale territoriale determinerebbe, anche sotto questo ulteriore profilo, la violazione del principio del ne bis in idem.
3. Neppure tale ulteriore argomento è condivisibile.
3.1. Certamente non lo è l’affermazione secondo cui l’attività della Procura federale non può integrare quanto riportato nel referto arbitrale, perché ciò ne svilirebbe il valore probatorio privilegiato.
Si è già avuto modo di rimarcare che il valore di fonte di prova privilegiata attribuito al referto arbitrale non conferisce ad esso l’efficacia di prova legale prevista nell’ordinamento statale, ma piuttosto un’efficacia rafforzata, giacché : ”… dal tenore letterale della disposizione [di cui all’art. 35 del previgente Codice di Giustizia Sportiva, oggi trasfuso nell’art. 61 C.G.S.] si evince che i rapporti dell’arbitro costituiscono piena prova del comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare e, dunque, si attribuisce agli stessi una fede privilegiata quanto a efficacia probatoria della ricostruzione dei fatti. Tuttavia, la stessa disposizione prosegue indicando la possibilità che l’Organo giudicante utilizzi ai fini probatori gli atti di indagine della Procura federale. Dunque, la circostanza che il referto arbitrale abbia una fede privilegiata non consente di ritenere che l’Organo giudicante non debba tener conto di ulteriori mezzi di prova al fine di raggiungere il proprio convincimento su determinate circostanze” (Collegio di Garanzia dello Sport CONI, SS.UU., 11.2.2019 n. 12).
Questa Corte federale non intende certo discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (prima fra tutte la decisione CFA, SS.UU., n. 51/2019-2020), secondo cui la fede privilegiata del referto arbitrale non implica evidentemente lo svilimento delle altre fonti di prova, perché altrimenti non avrebbe alcun senso la possibilità di utilizzare l’attività di indagine della Procura federale; né tanto meno è sostenibile una gerarchia tra le fonti di prova, quasi a voler introdurre nel procedimento sportivo una sorta di regime di prova legale.
Il criterio di valutazione del materiale probatorio nel giudizio sportivo, pertanto, altro non può essere che quello del libero convincimento da parte del giudicante, con conseguente adeguata giustificazione nell’apparato motivazionale.
Il fatto che l’Arbitro della gara in questione avesse puntualmente riportato nel proprio referto i fatti che formano oggetto del presente giudizio, non era di impedimento a che la Procura federale - a seguito dell’esposto pervenuto e della conseguente apertura del procedimento disciplinare - potesse (rectius: dovesse) svolgere le indagini ritenute più opportune.
3.2. Ma neppure può essere condivisa l’ulteriore affermazione del Tribunale federale territoriale, ossia che il Giudice sportivo nel prendere contezza di quanto riportato nel referto arbitrale, abbia preso in considerazione anche i fatti non menzionati nella motivazione a sostegno delle sanzioni all’allenatore Valerio Neri ed alle due società, pronunciandosi così - seppure implicitamente anche su di essi.
Ciò per tre ordini di ragioni.
La prima è di carattere letterale. Sarebbe infatti davvero singolare che il Giudice sportivo del Comitato regionale Lazio della F.I.C. – L.N.D., a fronte di episodi talmente rilevanti per un giudizio disciplinare - come appunto una rissa scatenatasi a fine gara tra numerosi tesserati di entrambe le società con pugni e calci reciprocamente inferti, lancio di sedie e bottiglie d’acqua in campo, ingresso di tifosi negli spogliatoi con aggressioni fisiche ai calciatori ospiti - abbia poi omesso di farne cenno nel proprio provvedimento pur avendolo preso in considerazione.
Vi è poi un argomento logico deduttivo insuperabile. Come detto, nel rapporto arbitrale sono state riportate due condotte poste in essere dal tecnico Valerio Neri:
- l’avere afferrato l’Arbitro per un braccio - senza provocare dolore - per impedirgli di entrare nello spogliatoio e profferendo la seguente frase: “Fino a quando non mi dai una spiegazione valida, non rientri” (condotta poi riportata nel provvedimento del Giudice sportivo);
- l’avere partecipato allo scontro verbale e fisico accesosi tra i tesserati delle due squadre, assumendo dapprima un comportamento intimidatorio e poi violento nei confronti di due calciatori della squadra avversaria (condotta per la quale è stato deferito dalla Procura federale).
La prima delle due condotte è certamente sussumibile nella fattispecie prevista dall’art. 36 C.G.S., rubricato “Altre condotte nei confronti degli ufficiali di gara”, che, al primo comma, così testualmente dispone: “Ai calciatori e ai tecnici responsabili delle infrazioni di seguito indicate, commesse in occasione o durante la gara, è inflitta, salva l’applicazione di circostanze attenuanti o aggravanti, come sanzione minima la squalifica: […] b) per 8 giornate o a tempo determinato in caso di condotta gravemente irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara che si concretizza in un contatto fisico”.
Considerato che è stata irrogata al tecnico Valerio Neri, da parte del Giudice sportivo, la sanzione della squalifica per otto gare ossia il minimo edittale - e che nel provvedimento non si fa cenno al riconoscimento di circostanze attenuanti, appare di tutta evidenza che la seconda delle due condotte riportate nel referto arbitrale non sia stata presa in considerazione dal Giudice sportivo.
Né è ipotizzabile che il Giudice abbia inteso (implicitamente) prosciogliere il tecnico Neri dalla seconda condotta, ove si consideri che gli unici soggetti individuati dall’arbitro come coinvolti nella rissa sono stati “… l’allenatore della squadra Trigoria Neri Valerio e il numero 8 della squadra Castelnuovo Calcio Podda Fabio, i quali scambiavano calci e pugni” ed il secondo dei due, ossia Podda Fabio, è stato poi squalificato dal Giudice sportivo per due gare effettive “per condotta violenta nei confronti di un tesserato della squadra avversaria a fine gara”.
Ma soprattutto non si può condividere che, per il solo fatto di essere stato il Giudice sportivo investito della questione nel momento in cui è stato sottoposto alla sua attenzione il referto arbitrale, la questione sarebbe ormai in toto coperta dal giudicato, quanto al dedotto e al deducibile.
E’ ben noto il principio in virtù del quale il giudicato si forma, in maniera implicita, anche sulle questioni che non siano state esplicitamente dedotte, ma che avrebbero potuto dedursi nel processo conclusosi con sentenza passata in giudicato.
E’ evidente che un simile principio, peraltro ammesso anche in materia di giustizia sportiva (cfr. C.F.A., Sez. IV, n. 40/CFA/20202021), mira a circoscrivere l’oggetto del giudicato non solo a ciò che si sia espressamente inteso far valere (tanto in forma di deduzione che di eccezione), ma anche alle questioni che, pur se non specificamente dedotte, siano la premessa necessaria della domanda e dell'accertamento relativo, ponendosi così come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione.
Ma se così è, il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile non è inquadrabile nel giudizio che, come nel caso in esame, è instaurato d’ufficio davanti al Giudice sportivo. Tale giudizio infatti, previsto e regolato dall’art. 66, lett. a), C.G.S., prende avvio senza alcun impulso di parte, né deduzioni o eccezioni di sorta, svolgendosi solo sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali Il richiamo al principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile appare insomma, nel caso in esame, del tutto inconferente.
4. Anche con riferimento alla posizione del calciatore Emanuele Ambrosoni, il reclamo merita accoglimento, salvo quanto si dirà più oltre in termini di entità della sanzione.
Il reclamante, sulla scorta delle risultanze istruttorie, ha eccepito che la condotta da lui posta in essere rientri nella fattispecie prevista dall’art. 38 del Codice di giustizia sportiva relativamente ai fatti di particolare gravità.
Tale ricostruzione è stata fermamente contestata dalla difesa del calciatore Ambrosoni, la quale ha sostenuto che non sarebbe stata raggiunta la prova della gravità della condotta a lui ascritta. In particolare, egli non sarebbe stato individuato dall’arbitro come uno dei partecipanti alla rissa a fine gara ma solo da alcuni tesserati della società Trigoria, evidentemente soggetti interessati e inattendibili, mentre egli si sarebbe soltanto limitato ad intervenire per dividere coloro che in quel momento si stavano “azzuffando”.
Una simile ricostruzione in chiave difensiva appare tuttavia illogica, ove si consideri che il signor Ambrosoni è stato già ritenuto responsabile dal Tribunale federale territoriale per avere preso parte allo scontro verbale e fisico accesosi tra i tesserati e per avere, in tale circostanza, colpito con un calcio l’allenatore Valerio Neri mentre quest’ultimo si trovava in terra. La decisione del Giudice di primo grado, sotto questo profilo, non è stata impugnata per cui la sua partecipazione alla rissa e la condotta violenta perpetrata nei confronti del tecnico Valerio Neri sono da ritenersi inconfutabili.
Tale condotta, nel corso delle indagini è stata descritta con chiarezza da ben tre giocatori della squadra avversaria, i quali - pur con le inevitabili differenze marginali nella ricostruzione dei fatti - hanno tutti individuato il calciatore della squadra avversaria con il n. 4 di maglia (ossia il signor Emanuele Ambrosoni) come uno di coloro che aveva aggredito e colpito l’allenatore Neri quando costui si trovava ormai riverso in terra; ed è stata confermata dallo stesso tecnico Valerio Neri nella sua deposizione (peraltro in parte confessoria). Sono state prodotte in atti, per giunta, una serie di fotografie raffiguranti le ecchimosi riportate dal signor Neri nella colluttazione.
Tanto basta per ritenere raggiunta la prova della sussistenza del fatto, nei termini indicati nel reclamo della Procura federale quanto alla gravità della condotta.
Con riferimento, poi, al valore delle risultanze istruttorie ai fini del giudizio sportivo è appena il caso di rimarcare ancora una volta che, in tema di responsabilità disciplinare, “[…] lo standard probatorio richiesto non si spinge fino alla certezza assoluta della commissione dell'illecito - certezza, che peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione - né al superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale” (cfr. Collegio di garanzia dello sport, Sez. Un., n. 6/2016). È invece sufficiente un “confortevole convincimento” della violazione, a sua volta sostenuto da un “grado di prova […] che superi la semplice valutazione della probabilità [pur potendo restare] comunque inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sezioni unite, Decisione n. 93/2017; Sez. I, Decisione n. 23/2021; Sezioni unite, Decisione n. 71/2021)” (da ultimo si veda Corte federale d’appello, SS.UU., n. 14/2023-2024 e Corte federale d’appello, SS.UU., n. 15/2023-2024).
E’ stato già detto e va ribadito in questa sede, che il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare, insomma, si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. C.F.A. SS.UU., n. 2/2023-24). E come precisato dalla giurisprudenza penale, gli indizi devono corrispondere a dati di fatto certi - e pertanto non consistenti in mere ipotesi, congetture o giudizi di verosimiglianza - e devono essere gravi, cioè in grado di esprimere una elevata probabilità di derivazione dal fatto noto a quello ignoto, precisi e cioè non equivoci, e concordanti, cioè convergenti verso l’unico risultato.
Nel caso in esame, il compendio probatorio lascia ragionevolmente ritenere che la condotta sia stata caratterizzata da particolare gravità, ove si consideri: a) che è stata perpetrata nel contesto di una rissa; b) nei confronti di un soggetto ormai riverso a terra e quindi inerme; c) con esiti evidenti agli arti inferiori.
Se così è, davvero non si comprende quale fattispecie, se non quella in esame, possa essere qualificata come condotta violenta di particolare gravità.
5. Così ricostruita ed affermata la responsabilità disciplinare, sia del tecnico Valerio Neri e delle società Castelnuovese Calcio e Trigoria per i fatti loro ascritti con l’atto di deferimento, non coperti da giudicato e del tutto differenti rispetto ai fatti per i quali costoro erano stati già sanzionati dal Giudice sportivo, sia del calciatore Emanuele Ambrosoni, occorre determinarne le conseguenti sanzioni.
5.1. Per le ragioni che si sono sopra esposte, la condotta posta in essere dal calciatore Ambrosoni è certamente sussumibile nella fattispecie prevista nell’ultima parte relativamente alle condotte violente caratterizzate da particolare gravità, per cui questa Corte ritiene congrua la sanzione della squalifica per otto gare effettive.
5.2. La condotta ascritta al Neri è consistita nell’essere stato uno dei principali soggetti coinvolti nella rissa scatenatasi a fine gara tra i tesserati delle due società e si è estrinsecata dapprima in un atteggiamento intimidatorio nei confronti del calciatore della squadra avversaria Riccardo Sansoni e, successivamente, in una condotta violenta consistita nell’avere colpito lo stesso con una manata al volto e di avere tentato di colpire il tesserato Fabio Podda della Castelnuovese Calcio, senza peraltro riuscirvi, prima di essere spinto a terra ed essere lui stesso fatto oggetto di numerosi colpi.
Tale ricostruzione degli accadimenti, unita alla circostanza che il Neri sia stato già squalificato per 8 giornate di gara dal Giudice sportivo - sebbene per un fatto completamente differente da quello oggetto del presente giudizio - induce a ritenere equa una sanzione pari a 5 giornate effettive di gara.
5.3. Quanto alle due società ed alla violazione dell’art. 26 C.G.S. loro ascritta, va detto che tale norma, come noto, mira ad assicurare il regolare e leale svolgimento delle competizioni sportive in un clima sereno in campo e fuori di esso, “considerando sempre che il principio del 'fair play' costituisce l’in sé dell’ordinamento sportivo” (cfr. decisione della C.F.A. n. 37/CFA/20232024) e le società sono chiamate ad un fattivo apporto affinché sia garantita o comunque siano apportate da loro ogni più opportuna cautela per assicurare la regolarità e la lealtà delle competizioni, assicurando che queste si svolgano in un clima di serenità in campo e fuori.
Ora, se è vero che nel caso specifico, così come per il tecnico Valerio Neri, anche le due società state sottoposte a giudizio per fatti del tutto differenti rispetto a quelli per i quali erano state giudicate e sanzionate dal Giudice sportivo, sulla base di quanto emerso dal referto arbitrale, va detto, però, che sia la condotta di cui le due società devono rispondere nel presente procedimento, sia quella per la quale sono state sanzionate dal Giudice sportivo, rientrano nella medesima fattispecie prevista dalla norma di cui all’art. 26 C.G.S., pur escludendosi - lo si ripete - una duplicazione di giudizi per i medesimi fatti.
Appare quindi equa la irrogazione di una ammenda, per entrambe le società, in misura pari a € 300,00 ciascuna.
P.Q.M.
la Corte Accoglie parzialmente il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga le seguenti sanzioni:
- al sig. Emanuele Ambrosoni la squalifica per 8 giornate complessive di gara;
- al sig. Valerio Neri la squalifica per 5 giornate di gara, ulteriori rispetto a quelle già irrogata dal Giudice sportivo del Comitato regionale Lazio con Com. Uff. n. 136/2024;
- alla società U.S.D. Castelnuovese Calcio l’ammenda di € 300,00, ulteriore rispetto a quella già irrogata dal Giudice sportivo del Comitato regionale Lazio con Com. Uff. n. 136/2024;
- alla società A.S.D. Trigoria l’ammenda di € 300,00, ulteriore rispetto a quella già irrogata dal Giudice sportivo del Comitato regionale Lazio con Com. Uff. n. 136/2024.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Salvatore Casula Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce