CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 63 del 14/07/2025 – OMISSIS / FISE

Decisione n. 63

Anno 2025

IL COLLEGIO DI GARANZIA

QUARTA SEZIONE

composta da

Dante D’Alessio - Presidente

Lucio Giacomardo - Relatore

Wally Ferrante

Barbara Marchetti

Carlo Polidori - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 31/2025, presentato, in data 31 marzo 2025, dal sig. [omissis], rappresentato e difeso dall'avv. prof. Fabio Pennisi,

contro

la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Presidente Federale, avv. Marco

Di Paola, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Benincampi,

nonché contro

la Procura Generale dello Sport presso il CONI,

per la riforma

della decisione della Corte Federale d'Appello FISE R.G. n. 12/2024 (P.A. n. 24/2024 e P.A. n. 27/2024), pubblicata e comunicata in data 1° marzo 2025, con la quale, nel rigettare il reclamo del suddetto ricorrente, è stata confermata la decisione del Tribunale Federale FISE, pubblicata in data 15 gennaio 2025, che ha applicato, a carico del sig. [omissis], la sanzione della sospensione per 6 mesi e dell’ammenda per euro 2.000,00.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nella udienza del 28 maggio 2025, tenutasi anche a mezzo di videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams:

-           il difensore del ricorrente - sig. [omissis] - avv. Fabio Pennisi, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della decisione impugnata e per il conseguente proscioglimento da tutte le contestazioni mosse al ricorrente;

-           il difensore della Federazione Italiana Sport Equestri, avv. Alessandro Benincampi, che  ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso;

-           l’avv. Massimo Ciardullo, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuto, in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza del ricorso;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Lucio Giacomardo.

Svolgimento del procedimento

1.         Con ricorso proposto ex art. 54 e ss. Codice di Giustizia Sportiva CONI, il sig. [omissis] ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport per chiedere l’annullamento e/o la riforma della decisione della Corte d’Appello Federale della FISE, pubblicata e comunicata in data 1° marzo 2025, che ha

2. confermato la decisione del Tribunale Federale FISE, pubblicata in data 15 gennaio 2025, che ha applicato, nei confronti del sig. [omissis], la sanzione della sospensione per 6 mesi ed una ammenda di Euro 2.000,00.

In punto di fatto la vicenda può essere così ricostruita. Con atti di incolpazione datati rispettivamente 8 ottobre 2024 e 18 ottobre 2024, la Procura Federale della FISE deferiva, innanzi al Tribunale Federale di detta Federazione Sportiva, i sigg. [omissis] e [omissis] per rispondere della violazione delle seguenti disposizioni:

1)         art. 1.1 del Regolamento di Giustizia FISE, il quale prevede che “costituisce illecito disciplinare ogni azione od omissione, sia essa dolosa o colposa, tenuta in ambito federale e/o associativo e/o sportivo, che violi le norme stabilite dai Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali del CONI, delle Discipline Sportive Associate, dal Codice di Comportamento Sportivo emanato dal CONI, dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, dallo Statuto Federale, dalle relative Norme di attuazione, dal Regolamento Generale, dal presente Regolamento nonché dai Regolamenti delle singole discipline sportive, dal Regolamento Antidoping WADA, dal Regolamento Sanitario, dal Regolamento Veterinario e da tutte le altre disposizioni federali”;

2)         art. 1.2 del Regolamento di Giustizia FISE, il quale prevede che costituiscono, altresì, illeciti disciplinari “i comportamenti in contrasto con i doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva e/o federale cui sono tenuti, nei confronti di chiunque, tutti i Tesserati”;

3)         art. 1.3, lett. d), del Regolamento di Giustizia FISE, a norma del quale è sanzionabile “ogni atto irriguardoso, offensivo, minaccioso o di violenza in genere o anche solo potenzialmente lesivo nei confronti di altri tesserati o partecipanti a qualsiasi titolo alle manifestazioni sportive sotto l’egida federale”;

4)         art. 1.3, lett. f), del Regolamento di Giustizia FISE, a norma del quale è sanzionabile ogni dichiarazione lesiva della reputazione, onorabilità e del prestigio di Organi Federali Centrali e Periferici, Enti Affiliati o Aggregati, Ufficiali di Gara, Addetti ai servizi in Manifestazioni Sportive, Comitati Organizzatori e Tesserati”, per aver posto in essere condotte volte ad intimorire ed ingiuriare il sig. [omissis], personalmente e quale Consigliere Federale.

Inoltre, per quello che riguarda il solo sig. [omissis], per rispondere della violazione delle seguenti disposizioni:

1)         art. 1.1 del Regolamento di Giustizia FISE, il quale prevede che “costituisce illecito disciplinare ogni azione od omissione, sia essa dolosa o colposa, tenuta in ambito federale e/o associativo e/o sportivo, che violi le norme stabilite dai Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali del CONI, delle Discipline Sportive Associate, dal Codice di Comportamento Sportivo emanato dal CONI, dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, dallo Statuto Federale, dalle relative Norme di attuazione, dal Regolamento Generale, dal presente Regolamento nonché dai Regolamenti delle singole discipline sportive, dal Regolamento Antidoping WADA, dal Regolamento Sanitario, dal Regolamento Veterinario e da tutte le altre disposizioni federali”;

2)         art. 1.2 del Regolamento di Giustizia FISE, il quale prevede che costituiscono, altresì, illeciti disciplinari “i comportamenti in contrasto con i doveri di correttezza, lealtà e probità comunque riferibili all’attività sportiva e/o federale cui sono tenuti, nei confronti di chiunque, tutti i Tesserati”;

3)         art. 1.3, lett. d), del Regolamento di Giustizia FISE, a norma del quale è sanzionabile “ogni atto irriguardoso, offensivo, minaccioso o di violenza in genere o anche solo potenzialmente lesivo nei confronti di altri tesserati o partecipanti a qualsiasi titolo alle manifestazioni sportive sotto l’egida federale”;

4)         art. 1.3, lett. f), del Regolamento di Giustizia FISE, a norma del quale è sanzionabile ogni dichiarazione lesiva della reputazione, onorabilità e del prestigio di Organi Federali Centrali e Periferici, Enti Affiliati o Aggregati, Ufficiali di Gara, Addetti ai servizi in Manifestazioni Sportive, Comitati Organizzatori e Tesserati”, per aver immotivatamente e con metodi poco opportuni, avvicinando tesserati e comitati organizzatori, tentato di interrompere il regolare svolgimento delle manifestazioni   sportive   programmate   dal   calendario   federale,            ponendo   in   essere   atti assolutamente irriguardosi e lesivi della Federazione Italiana Sport Equestri.

Incardinati i procedimenti, in uno dei due giudizi innanzi al Tribunale Federale la Procura Federale chiedeva l’acquisizione di una registrazione, corredata di trascrizione a firma di un Consulente Tecnico, depositata dalla difesa del sig. [omissis] in altro fascicolo, nonché un rinvio al fine di meglio valutare la formulazione della contestazione.

Il Tribunale, con sospensione dei termini del procedimento, rinviava ad altra udienza anche al fine di valutare la riunione dei due procedimenti pendenti.

Successivamente, disposta la riunione, il Tribunale Federale rigettava l’istanza istruttoria avanzata dalla Procura e, all’esito della discussione, infliggeva, per quello che riguarda il presente giudizio, al sig. [omissis] la sanzione della sospensione per n. 6 (sei) mesi, ex art. 6, nn. IV, V, VI, VIII, IX, XI, Regolamento di Giustizia FISE e un’ammenda di Euro 2.000,00 (duemila), ex art. 6.1, n. III, del citato Regolamento di Giustizia.

3.         Avverso detta decisione del Tribunale Federale, il sig. [omissis] proponeva reclamo alla Corte d’Appello Federale della FISE.

In particolare, il sig. [omissis] formulava una serie di eccezioni e, in primo luogo, la mancata prova della condotta illecita, il travisamento delle prove, e la motivazione illogica ed apparente da parte del Tribunale Federale, deducendo, nello specifico, che, nel depositare la registrazione, la Procura Federale,  che  doveva  considerarsi  “attore  formale”  del  procedimento  disciplinare,  aveva dimostrato di ritenere il relativo documento attendibile, tanto da affermare testualmente “trattasi di documento che potrebbe portare a rivedere l’impostazione accusatoria”, sottolineando, altresì, che la medesima Procura Federale non aveva mai contestato la riferibilità della registrazione al fatto oggetto del procedimento, né aveva contestato l’attribuzione delle frasi ai vari soggetti coinvolti. In guisa che, in ordine alla mancata ammissione della registrazione e della trascrizione come prova, il Tribunale era incorso in una pronuncia ultra petitum, perché assunta in modo contrario ad un fatto pacifico, fatto da tenersi in considerazione ai sensi dell’art. 115 c.p.c., giungendo l’Organo di primo grado ad affermazioni del tutto avulse dall’impianto probatorio, che si sarebbero tradotte in una motivazione apparente ed illogica.

Il [omissis], inoltre, nel proposto reclamo eccepiva la violazione dei principi di legalità e di tassatività della norma incriminatrice, nonché la violazione del principio del giusto processo e della parità delle parti e, ancora, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., posto che, nelle sue conclusioni, la Procura Federale aveva chiesto l'applicazione al sig. [omissis] della sanzione della sospensione per n. 4 mesi, ex art. 6, nn. 4, 5, 6, 8, 9, 11, del Regolamento di Giustizia della FISE, ed una ammenda di euro 2.000,00, mentre era stata inflitta una sanzione diversa e di entità maggiore a quella richiesta.

Nel merito, inoltre, contestava gli addebiti della Procura Federale, evidenziando che i comportamenti contestati non costituivano illeciti disciplinari.

4.         Con decisione pubblicata e comunicata il 1° marzo 2025, la Corte Federale d’Appello della FISE ha rigettato il reclamo e confermato la decisione del Tribunale Federale.

 In particolare, l‘Organo disciplinare di secondo grado, per quanto attiene alla mancata acquisizione della registrazione (e della relativa trascrizione), ha ritenuto che “la circostanza per cui la registrazione (e relativa trascrizione) dell’episodio oggetto della segnalazione a firma del Sig. [omissis] (di cui al P.A. n. 20/24), sia stata acquisita agli atti del procedimento RGT 12/24 su istanza della Procura, non conduce – come erroneamente reputato dal reclamante – a configurare il mezzo di prova, né tanto meno i fatti che asseritamente vi sarebbero testimoniati, come ‘incontestati’ e dunque da considerare acquisiti come pacifici ai fini del giudizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 115 c.p.c.”, aggiungendo a tale proposito che “Se è infatti indubbio che – come nitidamente chiarito dal Collegio di Garanzia dello Sport, «nei gradi di giudizio in ambito federale si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile, in forza del richiamo fatto dall'art. 2, comma 6, del medesimo CGS CONI, e che tra i principi sicuramente applicabili vi è quello della c.d. "non contestazione", di cui all'art. 115 c.p.c.» (CGS sez. I, dec. n. 50/2021), nella fattispecie in esame la mera circostanza che la registrazione (e relativa trascrizione) sia stata acquisita agli atti del procedimento su istanza della Procura, non integra una ipotesi di ‘non contestazione’. Osta, in proposito, anzitutto la stessa motivazione esplicitata dalla Procura a sostegno della istanza di acquisizione che, in effetti, poggia (solo) sull’esigenza – propria dell’Ufficio ed espressione delle sue attribuzioni – di valutare in modo compiuto ed approfondito ogni elemento anche solo potenzialmente utile a far luce sulle questioni oggetto del procedimento disciplinare e così sulle responsabilità dei deferiti, senza che da ciò si possa desumere un giudizio implicito sulla ammissibilità della registrazione medesima. Risulta poi decisivo ad escludere la sussistenza della violazione imputata al Tribunale di prima istanza, la circostanza per cui, se nel processo civile il disposto di cui all’art. 115 c.p.c. deve essere declinato nel senso – più volte ribadito dalla Suprema Corte (cfr. ex multis Cass. civ., sez. III, 09/08/2024, n. 22581) - che il Giudice deve decidere solo sulla base delle prove proposte dalle parti, non altrettanto può sostenersi nel giudizio sportivo. Tanto il Codice di Giustizia Sportiva del CONI, quanto il Regolamento di Giustizia FISE attribuiscono infatti al Giudice Sportivo una propria autonoma funzione ‘istruttoria’ (cfr. art. 27.4), coincidente con il poter «disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di qualsiasi mezzo di prova (inclusi confronti, esperimenti, o perizie), nonché acquisire dati, notizie, informazioni, atti, dichiarazioni o documenti» (art. 50 RGF), che -gioco forza- nel sistema della giustizia sportiva ‘affievolisce’ la portata precettiva del principio dispositivo della prova”.

La stessa Corte Federale di Appello, inoltre, ha evidenziato “l’inconferenza ai fini assolutori di quanto è dato desumere dalla registrazione (e relativa trascrizione), dalla quale – contrariamente a quanto dedotto dal reclamante, che addirittura introduce l’apodittico sillogismo per cui «laddove avesse considerato la prova in questione, il Tribunale avrebbe dovuto assolvere [omissis] dalla contestazione al medesimo ascritta» – non è, invero, possibile trarre alcuna conseguenza in ordine ai comportamenti materiali (costrizione fisica, vicinanza, atteggiamenti corporei aggressivi e/o provocatori, ecc.) effettivamente tenuti dai soggetti presenti e registrati. Né alcun significativo elemento può essere legittimamente tratto dai toni del deferito, non foss’altro perché egli - essendone l’autore - era ben al corrente della registrazione in corso (elemento questo che, oltretutto, certamente non militerebbe a favore della genuinità delle condotte che si vorrebbero spontanee ed incolpevoli)”, osservando come “In entrambi i casi è venuta in rilievo, nelle prospettazioni della Procura, la violazione di alcuni precetti fondamentali posti a presidio dell’Ordinamento Federale (e più in generale di quello Sportivo), quali la violazione delle norme stabilite dai Principi Fondamentali (art. 1.1 RGF); l’aver assunto comportamenti contrari ai doveri di correttezza, lealtà e probità riferibili all’attività sportiva e/o federale (art. 1.2 RGF); l’aver posto in essere condotte anche solo potenzialmente lesive nei confronti di altri tesserati (art. 1.3 lett. d RGF); e l’aver reso dichiarazioni lesive della reputazione, onorabilità e del prestigio degli Organi Federali e dei Tesserati (art. 1.4 lett. d RGF)”.

L’Organo di Appello, inoltre, esaminando congiuntamente i motivi di reclamo relativi all’eccepito travisamento delle risultanze istruttorie/probatorie ed all’illogicità della motivazione con quelli relativi alla violazione del principio di legalità e tassatività delle norme incriminatrici, ha osservato come, alla luce delle contestazioni formulate dalla Procura, dovesse essere “valutato il materiale probatorio acquisito e così – conseguentemente – anche la correttezza dell’apprezzamento che ne ha fatto il Tribunale federale”.

Da ultimo, respingendo il reclamo anche in ordine all’eccepita violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la Corte di Appello Federale della FISE ha osservato come risultava “non censurabile la decisione del Tribunale di applicare la sanzione della sospensione in misura maggiore rispetto alla richiesta della Procura: invero è principio consolidato che ciò rientri nelle prerogative del Giudice Federale, come puntualmente attestato all’art. 12 del Codice di giustizia sportiva”.

5.         Con ricorso in data 31 marzo 2025, il sig. [omissis] ha impugnato davanti al Collegio di Garanzia dello Sport la predetta decisione della Corte Federale d’Appello, chiedendo, in riforma integrale della decisione, il proscioglimento da ogni addebito mosso nei suoi confronti e, in caso di annullamento con rinvio, di disporre il rinvio al Tribunale Federale.

Il ricorso è affidato a cinque distinti motivi di diritto, che di seguito sinteticamente si riportano e che, in ogni caso, saranno esaminati nella parte in diritto.

Con il primo motivo, il ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 2.2 del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione all’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2.6 dello stesso CGS, nonché l’omessa e insufficiente motivazione sulla presunta condotta minatoria ed ingiuriosa ai danni del sig. [omissis]. Secondo il ricorrente, in particolare, il capo della decisione impugnata sarebbe chiaramente contrario a diritto, essendo palese la violazione dell’art. 115 c.p.c. per la mancata ammissione di una prova concordemente prodotta dalle parti. Lo stesso ricorrente, a tale proposito, ha aggiunto che “In modo contrario all’evidenza, la decisione impugnata esclude che dalla produzione da parte della Procura «si possa desumere un giudizio implicito sulla ammissibilità della registrazione medesima». Viceversa, la Procura federale, aveva prodotto tali documenti in modo leale (giacché in senso contrario alla propria posizione processuale e contro i desiderata dei denuncianti, Consigliere e Presidente federale), riconoscendone espressamente una rilevanza nel giudizio e l’assenza di vizi di sorta tanto da affermare «potrebbe portare a rivedere l’impostazione accusatoria”.

Con  il  secondo  motivo,  il  ricorrente  censura  la  decisione  della  Corte  Federale  di Appello, eccependo la violazione dell’art. 2.2 del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione all’art. 115 c.p.c., nonché  la  violazione  dell’art.  25  Costituzione, eccependo,  altresì,  l’omessa  ed insufficiente motivazione, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione.

Nello specifico, a tale proposito, il ricorrente ha sottolineato come il materiale probatorio esaminato, ed in particolare le prove orali richiamate nella decisione, portassero ad un risultato contrario rispetto all’affermazione di responsabilità del deferito, atteso che l’unico testimone oculare aveva escluso ogni responsabilità del ricorrente. Inoltre, errata appariva la motivazione della Corte Federale di Appello, posto che, a dire del ricorrente, era andata oltre le circostanze indicate nel deferimento, che, viceversa, “costituisce il perimetro invalicabile del giudizio (al pari dell’imputazione del processo penale e della domanda nel giudizio civile)”.

Con il terzo motivo, il ricorrente ha eccepito la violazione di legge (in particolare artt. 17, 21, 24, 111  Cost.  e art.  2.2  Codice  di Giustizia  Sportiva  CONI),  nonché l’insufficiente ed omessa motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione.

In particolare, dopo essersi doluto della mancata consegna di un documento oggetto di due istanze formali di accesso agli atti, formulate ai sensi della legge n. 241/1990, il ricorrente, per quanto attiene all’omessa valutazione di fatti decisivi oggetto di disputa, ha eccepito che “nel corso delle indagini era stato sentito il sig. [omissis] le cui dichiarazioni erano state trascritte integralmente nella decisione di primo grado (ivi a pag. 12), ma non considerate ai fini della stessa.” In ordine alla violazione degli artt. 17 e 21 della Costituzione, inoltre, il ricorrente evidenziava che “voler organizzare una protesta contro la Federazione non può costituire illecito disciplinare, costituendo l’esercizio dei suddetti diritti garantiti dalla Costituzione, tanto più che i principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali riconoscono espressamente il principio di democrazia”.

Con il quarto motivo, il ricorrente ha contestato violazione del principio di tassatività degli illeciti contestati (art. 25 Cost.).

Da ultimo, con il quinto motivo, il ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 2.6 e dell’art. 9 CGS, in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), evidenziando come debba ritenersi che la pronuncia ultra petita violi la richiamata norma del codice di rito.

6.         Con memoria di costituzione ritualmente depositata, la Federazione Italiana Sport Equestri, nel contestare ed impugnare il contenuto del ricorso proposto dal sig. [omissis], ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza del ricorso.

7.         La FISE, inoltre, ha depositato ulteriore memoria, ai sensi dell’art. 60, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva, in vista dell’udienza di discussione del ricorso, con la quale, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per la mancata notifica dello stesso alla Procura Federale della FISE, individuando in tale omissione la violazione di quanto previsto all’art. 59, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva, che testualmente prevede che “il ricorso è proposto mediante deposito al Collegio di Garanzia dello Sport entro trenta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata. Copia del ricorso è trasmessa alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio ovvero alle stesse parti personalmente”.

Nello specifico, la difesa della FISE ha sostenuto che la Federazione Sportiva e la Procura Federale hanno posizioni distinte ed autonome e che, “se è vero che dinanzi agli organi giurisdizionali statali non vi è alcuna distinzione tra Procura Federale e Federazione, come tra Collegio di Garanzia/Procura Generale e CONI, nei procedimenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva tale distinzione ha un senso proprio e una funzione specifica”.

8.         Anche il ricorrente ha depositato, in previsione dell’udienza di discussione, memoria ex art. 60, comma 4, del Codice di Giustizia Sportiva, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

9.         All’udienza del 28 maggio 2025, in sede di discussione orale, il difensore del ricorrente ha rilevato l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, come formulata dalla FISE con la citata memoria ex art. 60, comma 4, del CGS, evidenziando il rapporto di immedesimazione organica tra Procura Federale e Federazione Sportiva di appartenenza ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

Il difensore della FISE, a sua volta, ha ribadito le motivazioni a sostegno delle formulate eccezioni di inammissibilità del ricorso e, comunque, ha insistito per il rigetto dello stesso.

Il rappresentante della Procura Generale dello Sport presso il CONI, nell’aderire alle tesi ed alla difesa della Federazione Sportiva costituita, ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, per l’infondatezza dello stesso, con conseguente necessità di integrale rigetto delle domande formulate.

Considerato in diritto

1.         In primo luogo, deve esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, come formulata dalla difesa della FISE con la richiamata memoria ex art. 60, comma 4, del CGS, per l’omessa notifica del ricorso alla Procura Federale, in violazione dell’art. 59, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva.

L’eccezione della Federazione è infondata.

1.1.      Deve, in proposito, evidenziarsi che, pur essendo le disposizioni che regolano lo svolgimento del giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport non particolarmente chiare, proprio nella parte in cui ne disciplinano l’introduzione, tale giudizio è delineato, nella previsione del Codice di Giustizia Sportiva, con l’individuazione delle Federazioni Sportive quale parte necessaria del giudizio.

Davanti al Collegio di Garanzia dello Sport sono, infatti, impugnate le decisioni adottate dagli organi di giustizia sportiva appartenenti alle singole Federazioni, che sono quindi parte necessarie del giudizio.

1.2.      L’art. 59 (Instaurazione del giudizio), del Codice di Giustizia Sportiva del CONI prevede, in proposito, al comma 1, che il ricorso sia proposto “mediante deposito al Collegio di Garanzia dello Sport entro trenta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata” ed aggiunge che “copia del ricorso è trasmessa alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio ovvero alle stesse parti personalmente”.

Il successivo comma 2 stabilisce che “Il ricorso, unitamente al provvedimento di fissazione dell’udienza, è in ogni caso trasmesso, a cura della Segreteria del Collegio: a) alla Federazione interessata, che ha facoltà di intervenire o comunque di presentare memoria; b) alla Procura Generale dello Sport, che ha facoltà di intervenire o di presentare memoria ovvero di prendere conclusioni orali nel corso dell’udienza fissata per la discussione”.

Il comma 4 prevede, poi, che al ricorso “sono allegate… b) l’attestazione dell’avvenuto invio del ricorso agli altri destinatari indicati dal comma 1”.

Il comma 5 dell’art. 59 prevede, infine, che “la parte intimata e le altre parti destinatarie della comunicazione di cui al comma 1… possono presentare … eventuale impugnazione…”.

 1.3.     Il Codice di Giustizia Sportiva non detta quindi disposizioni sulla “notifica” del ricorso alla parte intimata, né un termine (eventualmente ulteriore) per il suo deposito, ma stabilisce un unico termine (di trenta giorni) per la proposizione del ricorso che coincide con il deposito dello stesso al Collegio di Garanzia.

Il Codice prevede solo che il ricorso sia trasmesso alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio (al comma 1) e stabilisce, in ogni caso, che il ricorso sia trasmesso, a cura della Segreteria del Collegio, alla Federazione interessata e alla Procura Generale dello Sport. Prevede, inoltre (al comma 4 dell’art. 59), l’onere per il ricorrente di allegare al ricorso l’attestazione dell’avvenuto invio del ricorso agli altri destinatari indicati dal comma 1”.

1.4.      Da tali scarne e non chiarissime disposizioni, per le quali il Collegio ritiene necessario un intervento normativo, si evince quindi l’assenza di una disposizione che preveda espressamente la necessaria notifica del ricorso alla parte intimata (e ad altri possibili destinatari) prima del deposito dello stesso. Anche se tale notifica può ritenersi necessaria per la struttura impugnatoria del ricorso.

In alcune decisioni, il Collegio di Garanzia ha quindi ritenuto di affermare che deve ritenersi inammissibile un ricorso per omessa notifica alla Federazione, tenuto conto che doveva ritenersi “non dubitabile che le singole Federazioni, ove non già parti nei gradi di giudizio endofederali, debbano ritenersi a tutti gli effetti “parte intimata”, e dunque, necessario contraddittore nel procedimento innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport” (Collegio di Garanzia, Sez. I, 17 luglio 2015 n. 26). Ad analoghe conclusioni è pervenuta altra decisione, laddove è stato affermato che “In punto di diritto appare pacifico che la Federazione costituisca “parte intimata” richiamando in proposito il principio affermato nella decisione n. 26/2015 secondo cui si ritiene «la Federazione necessario contraddittore del ricorso e lo stesso inammissibile ove ad essa non notificato»”. (Collegio di Garanzia, Sez. II, 21 ottobre 2015, n. 56).

1.5.      In ogni caso, a prescindere dalla questione sulla necessità, a pena di inammissibilità, di una notifica del ricorso (o di una notifica prima del deposito del ricorso), è comunque la Federazione sportiva interessata che deve essere necessariamente presente in giudizio, come si ricava dalle disposizioni suindicate e come è stato più volte affermato dal Collegio di Garanzia (anche nelle decisioni prima richiamate).

1.6.      Orbene, pur se l’attuale formulazione dell’art. 59 CGS fa ritenere auspicabile, come si è già detto, un intervento chiarificatore del legislatore sportivo, anche in relazione all’uso di differenti termini, posto che al n. 1 di detta norma si fa riferimento alla “trasmissione“ alla parte intimata di copia del ricorso, termine che viene ripetuto al successivo n. 2, che pone però detto adempimento a carico della Segreteria del Collegio, mentre al n. 5 si fa riferimento ad una “comunicazione” della quale la parte intimata e le altre parti sono destinatarie con riferimento al citato n. 1, deve escludersi, in ogni caso, che possa pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, come eccepito dalla difesa della FISE, per l’omessa notifica dello stesso alla Procura Federale.

1.7.      Peraltro, come ha già chiarito questo Collegio di Garanzia, nella complessiva impostazione del Codice di Giustizia Sportiva, la Procura Federale ha un rapporto organico, di immedesimazione rispetto alla Federazione e, di conseguenza, una volta correttamente notificato

-           o, utilizzando il termine di cui al n. 1 dell’art. 59 CGS, “trasmesso” - il ricorso alla Federazione Sportiva interessata, deve ritenersi che sia stato correttamente e pienamente instaurato il contraddittorio, senza ulteriori conseguenze, sul piano dell’ammissibilità, laddove il medesimo ricorso non venga trasmesso anche alla Procura Federale.

È stato, al riguardo, affermato che “la Procura Federale costituisce un organo della Federazione, quello, peraltro, deputato all’esercizio dell’azione disciplinare: conseguentemente l’indicazione della stessa come controparte non allude ad un soggetto diverso, bensì alla funzione esercitata nell’organizzazione federale” (Collegio di Garanzia, Sez. II, 23 febbraio, 2015, n. 5). Ed ancora, con motivazione che chiarisce ulteriormente il rapporto che intercorre tra Procura e Federazione di riferimento, è stato affermato che “la Procura Federale non può essere considerata come titolare di una autonoma legittimazione processuale, e tanto in ragione del rapporto organico della stessa rispetto alla Federazione, il tutto come chiaramente disciplinato dal Titolo IV del CGS CONI” (Collegio di Garanzia, Sez. I, 25 febbraio 2021, n. 26).

1.8.      A bene vedere, del resto, il richiamato rapporto organico tra Procura Federale e Federazione è confermato anche dalla previsione del Regolamento di Giustizia della stessa FISE, che, all’art. 60, relativo alla “Composizione dell’Ufficio del Procuratore Federale”, al numero 1 prevede espressamente che “Presso la Federazione” è costituito l’Ufficio del Procuratore Federale per promuovere la repressione degli illeciti disciplinari e sportivi.

2.         Sempre preliminarmente, deve esaminarsi l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, come formulata dalla difesa della FISE, per la ritenuta carenza di specificità dei motivi. Anche tale eccezione è infondata.

Il ricorrente, a ben vedere, oltre a specificare le violazioni di legge e i riferimenti normativi sulle questioni proposte, ha, inoltre, contestato l’erronea qualificazione dei fatti o della condotta alla stregua di una determinata disciplina normativa. Tale vizio è pienamente deducibile come motivo di ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS. Come è stato condivisibilmente affermato, infatti, «nel momento in cui si afferma o si nega che una determinata condotta corrisponda o meno ad una certa, astratta fattispecie normativa, si richiede necessariamente una attività di interpretazione della legge con la conseguenza che ove si contesti tale interpretazione resa in un provvedimento impugnato, si prospetta un vizio di violazione di legge rientrante nella competenza del Collegio di Garanzia dello Sport ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS» (Collegio di Garanzia, Sezione IV, decisione n. 23/2018; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 10/2024).

3.         Esaminate le eccezioni preliminari, possono essere esaminati i motivi del ricorso proposto avverso i contenuti della decisione della Corte Federale d’Appello della FISE.

Possono essere, a tale proposito, esaminati congiuntamente i primi tre motivi del ricorso.

Come è stato in precedenza ricordato, con tali motivi il ricorrente ha, nell’ordine, in primo luogo eccepito la violazione dell’art. 2.2 del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione all’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2.6 dello stesso CGS, nonché l’omessa e insufficiente motivazione sulla presunta condotta minatoria ed ingiuriosa ai danni del sig. [omissis], personalmente e quale consigliere federale, per non essere stata ammessa una prova decisiva sullo svolgimento dei fatti concordemente prodotta dalle parti. Ancora, ha eccepito il ricorrente la violazione dell’art. 2.2 del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione all’art. 115 c.p.c., nonché la violazione dell’art. 25

Costituzione, risultando l’impugnata decisione della Corte Federale d’Appello censurabile per l’omessa ed insufficiente motivazione, nonché per l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione e, con il terzo motivo, ha eccepito la violazione di Legge (in particolare artt. 17, 21, 24, 111 Cost. e art. 2.2 Codice di Giustizia Sportiva CONI), nonché l’insufficiente ed omessa motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione.

3.1.      A tale riguardo, occorre ricordare preliminarmente che, ai sensi dell’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il ricorso davanti al Collegio di Garanzia «è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti».

Nella concreta fattispecie le eccezioni formulate dal ricorrente possono farsi rientrare proprio nella previsione della norma da ultimo citata e, come tali, devono ritenersi pienamente ammissibili per quanto attiene al sindacato consentito a questo Collegio.

A tale proposito, infatti, deve sottolinearsi come, secondo il consolidato orientamento interpretativo del Collegio di Garanzia (sia nelle decisioni delle singole Sezioni che nelle decisioni delle Sezioni Unite), mentre l’art. 360, n. 5, c.p.c. consente il ricorso per Cassazione per “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, l’art. 54, comma 1, CGS consente il ricorso al Collegio di Garanzia, oltre che per “violazione di norme di diritto”, anche “per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.

È stato condivisibilmente affermato che “la più ampia formulazione adottata dal legislatore sportivo, che espressamente si riferisce alla motivazione ed espressamente consente un sindacato sulla sua sufficienza, non può certamente reputarsi casuale, tanto più se si considera che la stesura del Codice di Giustizia sportiva è successiva alla riforma del testo dell’art. 360 del Codice di rito, intervenuta nel 2012, ed è pertanto consapevole del dibattito sulla sua evoluzione. Se il testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c. consente alla Cassazione uno scrutinio – sia pure assai limitato

– della motivazione, si deve ritenere che, a maggior ragione, tale sindacato sia permesso al Collegio di Garanzia, il quale, oltre a verificare che di nessun fatto decisivo sia stato omesso l’esame, ben può estendere la sua indagine alla sufficienza della motivazione, ancorché rimanendo sul piano logico e formale e senza rinnovare valutazioni di merito. Quanto al requisito della sufficienza, occorre considerare che esso non può essere vagliato su un piano puramente quantitativo, come se dipendesse soltanto dal numero degli argomenti portati a sostegno di una decisione, ma deve necessariamente apprezzarsi anche su un piano qualitativo. Il che fatalmente comporta una verifica della sufficienza, intesa come congruità ed adeguatezza, sia pure – si ribadisce – su un piano logico e formale, dello svolgimento motivazionale. In questa prospettiva la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, vale a dire l’incompatibilità logica tra gli argomenti portati dal giudice di merito a sostegno delle sue conclusioni, può denotare una insufficienza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 54 del CGS; beninteso, ove la denunciata contraddittorietà non riguardi profili di semplice dettaglio, ma sia ravvisabile tra argomenti muniti di pari rilevanza. Se gli argomenti forniti nella motivazione della decisione, quelli che dovrebbero integrare la ratio decidendi del provvedimento, sono tra loro contrastanti, se ne deve concludere che le conclusioni espresse nella sentenza sono prive di una motivazione adeguata. Onde essa risulta censurabile per insufficienza”. (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, 13 giugno 2017, n. 44; Collegio di Garanzia, Sezione IV, 12 gennaio 2018, n. 3).

3.2.      Facendo applicazione di tali principi, può dunque affermarsi che i primi tre motivi del ricorso proposto dal sig. [omissis] rientrino nel perimetro di competenza delineato dall’art. 54, comma 1, CGS.

A tanto, inoltre, deve aggiungersi che il sindacato del Collegio di Garanzia ben può svolgersi nelle ipotesi nelle quali gli Organi di Giustizia Federali abbiano omesso la motivazione su un punto decisivo della controversia a causa del mancato esame di una prova e, segnatamente, quando la prova non esaminata offra l’asseverazione di circostanze di tale portata “da invalidare l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del Giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” (Collegio di Garanzia, Sezione IV, 1° agosto 2016, n. 30).

3.3.      Orbene, nella fattispecie concreta, in ordine al primo dei due episodi contestati al [omissis], sicuramente contraddittorio e,  per  certi versi, illogico, risulta  l’operato della Corte Federale d’Appello, che, da un lato, ha ritenuto di non ammettere, tra il materiale probatorio in base al quale fondare la propria decisione, la registrazione (e la relativa trascrizione) del colloquio che si era svolto (in presenza di altre due persone) tra l’incolpato e il denunciante, nonostante la produzione di tale registrazione fosse stata fatta proprio dalla Procura Federale - che aveva ritenuto la possibile rilevanza di tale materiale al punto da sostenere che avrebbe potuto portare a rivedere l’impostazione accusatoria - e, dall’altro, ha affermato testualmente “l’inconferenza ai fini assolutori di quanto è dato desumere dalla registrazione (e relativa trascrizione), dalla quale – contrariamente a quanto dedotto dal reclamante, che addirittura introduce l’apodittico sillogismo per cui «laddove avesse considerato la prova in questione, il Tribunale avrebbe dovuto assolvere [omissis] dalla contestazione al medesimo ascritta» – non è, invero, possibile trarre alcuna conseguenza in ordine ai comportamenti materiali (costrizione fisica, vicinanza, atteggiamenti corporei aggressivi e/o provocatori, ecc.) effettivamente tenuti dai soggetti presenti e registrati”.

3.4.      L’avvenuta mancata ammissione della richiamata registrazione (e della relativa trascrizione) risulta, altresì, operata in violazione degli artt. 2712 e 2719 del codice civile e dell’articolo 214 del codice di procedura civile e tanto anche alla stregua delle clausole generali contenute nell’articolo 2, commi 2 e 6, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI («2. Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo»; «6. Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva»); norme senza alcun dubbio richiamabili nell’odierno procedimento quale parametro di misura della violazione di principi e regole processuali generali in materia di ammissione della prova documentale.

Sul punto, in particolare, come condivisibilmente osservato in un caso precedente proprio da questa Sezione, appare “chiara e consolidata la posizione della giurisprudenza civile nel senso che «la registrazione su nastro magnetico di una conversazione può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa; il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali degli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta» (così, da ultimo, Cass., Sez. 3, ord. 19 gennaio 2018, n. 1250). È in sostanza evidente come il diritto vivente, in perfetta consonanza anche coi principi dell’ordinamento sportivo, metta in rapporto il disconoscimento dell’oggettivo valore probatorio della registrazione di una propria conversazione col rigoroso rispetto di un puntuale contraddittorio col soggetto realmente legittimato per controinteresse. Pertanto, il rilievo di asseverazione della predetta prova può essere vanificato nell’immediato (e salva una richiesta di verificazione) soltanto per mezzo di una contestazione fattualmente circostanziata e proveniente da colui contro il quale la prova è prodotta” (Collegio di Garanzia, Sezione IV, 18 gennaio 2019, n. 4).

3.5.      Nella fattispecie concreta, peraltro, la contestazione circa l’ammissibilità e la rilevanza di detta registrazione è stata fatta dagli Organi di Giustizia Federale, soggetti sicuramente diversi dal denunciante, unico legittimato a verificarne ed eventualmente eccepirne la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta.

Ma vi è di più. Come evidenziato dalla stessa Procura Federale, la registrazione e la relativa trascrizione avrebbero potuto portare anche ad una diversa impostazione accusatoria.

E non si può non osservare che, come si rileva dalla lettura della relativa trascrizione, detto materiale probatorio effettivamente avrebbe potuto portare ad una diversa valutazione dei fatti controversi.

3.6.      In proposito è stato affermato che “nel processo sportivo possono essere ammesse nuove prove, compresi i documenti, laddove utili a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, così da consentire, in sede di legittimità, il necessario controllo sulla congruità e sulla logicità del percorso motivazionale seguito e sulla esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2016, n. 7971). Infatti, vale la pena ricordare che, a mente dell’art. 2 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, i principi che ispirano il processo sportivo sono principi tesi alla piena tutela degli interessati secondo regole di informalità, pur facendo riferimento alle regole del processo civile, in quanto compatibili; ma quest’ultima locuzione non può far perdere di vista che nell’ordinamento sportivo il fine principale da perseguire, al di là dell’aspetto giustiziale pur fondamentale, è quello di affermare sempre e con forza i principi di lealtà, imparzialità e trasparenza, tipici del movimento sportivo e, quindi, è compito degli Organi di giustizia considerare meno stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali, che siano utili all’accertamento dei menzionati valori” (Collegio di Garanzia, Sezione I, 31 agosto 2021, n. 70).

3.7.      Alla luce di queste considerazioni, la decisione della Corte Federale d’Appello risulta violativa delle norme di diritto richiamate dal ricorrente, integrando per tale via un error in iudicando che, entrando con assoluto rilievo nel percorso logico argomentativo del giudice di merito, ne ha condizionato la decisione finale, la quale, pertanto, va cassata con riguardo al relativo capo, dovendo la Corte Federale d’Appello procedere ad una nuova valutazione dei fatti tenendo conto anche del contenuto della citata registrazione e della relativa trascrizione.

4.         Anche in ordine al secondo episodio oggetto di contestazione nei confronti dell’odierno ricorrente e sempre esaminando congiuntamente i primi tre motivi del ricorso, la decisione della Corte Federale d’Appello risulta, almeno in parte, contraddittoria e illogica.

Anche nel secondo episodio, nel quale (a differenza del primo episodio contestato) dagli atti emergono con più chiarezza le condotte contestate, non vi è dubbio che l’aver valorizzato, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’odierno ricorrente [omissis], una dichiarazione ([omissis]) ed averne, viceversa, trascurata un’altra ([omissis]), che appariva di senso contrario, pur se riferibili ad due soggetti che erano stati, allo stesso modo, ascoltati in sede di indagini dalla Procura Federale, e non aver motivato adeguatamente tale scelta, costituisce sicuramente, come correttamente denunciato dallo stesso ricorrente, un vizio di omessa motivazione su fatto decisivo oggetto di disputa.

Senza contare che anche le dichiarazioni di [omissis] avrebbero potuto essere valutate diversamente alla luce di quanto emerge dalla trascrizione della telefonata intercorsa fra lo stesso [omissis] e il ricorrente [omissis].

Nell’impugnata decisione della Corte Federale d’Appello manca, quindi, sul punto specifico, una sequenza logico-argomentativa, che, all’esito dell’esame del motivo di reclamo, desse conto puntuale e completo delle ragioni di non condivisione dell’impugnativa.

4.1.      A tale proposito, giova richiamare, risultando assolutamente condivisibile, quanto affermato da questa Sezione circa il fatto che “sulla falsariga del giudizio di Cassazione, nelle formule recate dall’art. 360, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, come vigente fino alla prima modifica operata dal d.lgs. n. 40 del 2006, quello innanzi al Collegio di Garanzia, quanto alla motivazione, è quindi incarnato da «un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto che, senza spingersi a verificare nel merito la ricostruzione stessa di questo, appartiene in quanto tale a pieno titolo al giudice di legittimità,  tanto più che la motivazione dei provvedimenti rappresenta un aspetto di importanza fondamentale nell’esercizio della giurisdizione» (in questi termini la decisione n. 63 del 2016 di questa Sezione)” (Collegio di Garanzia, Sezione IV, 28 marzo 2019, n. 23).

Anche in relazione alla seconda questione oggetto del deferimento, pertanto, la decisione va cassata, dovendo la Corte d’Appello Federale procedere ad una nuova completa e specifica valutazione del punto in questione.

5.         In applicazione del principio della ragione più liquida, che potrebbe essere sintetizzato con il brocardo “nihil fit plura quod fieri potest per pauciora”, non è necessario esaminare gli ulteriori due motivi di ricorso, come richiamati in premessa, che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, possono quindi ritenersi assorbiti.

Si ritiene, peraltro, di dover brevemente aggiungere, anche ai fini della nuove valutazioni che dovranno essere compiute dalla Corte Federale, che il quinto motivo di ricorso, come ha osservato nella sua memoria anche la resistente FISE, è infondato avendo il Collegio di Garanzia più volte affermato che l’Organo giudicante deve basarsi sui fatti descritti nel deferimento, ma, oltre a poter attribuire a tali fatti una diversa qualificazione giuridica, nel rispetto dei diritti di difesa, può sanzionare tali fatti anche in una misura diversa dalla richiesta della Procura, rientrando la determinazione della sanzione disciplinare nella discrezionalità degli organi di giustizia sportiva, che non può essere sindacata se non nei casi di manifesta irragionevolezza.

6.         Per quanto riguarda le spese, tenuto conto del disposto rinvio, per un nuovo esame, alla Corte Federale d’Appello, le stesse saranno liquidate al definitivo.

P.Q.M.

il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione

Accoglie  il  ricorso  e,  per  l’effetto,  rinvia  alla  Corte  Federale  d’Appello  FISE  in  diversa composizione.

Spese al definitivo.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 28 maggio 2025.

Il Presidente               Il Relatore

F.to Dante D’Alessio  F.to Lucio Giacomardo

Depositato in Roma, in data 14 luglio 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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