CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 43 del 10/06/2025 – omissis / Federazione omissis
Decisione n. 43
Anno 2025
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SECONDA SEZIONE
composta da
Attilio Zimatore - Presidente
Piero Sandulli - Relatore
Ferruccio Auletta
Giorgio Vercillo
Roberto Vitanza - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. n. 21/2024, proposto, in data 3 aprile 2024, dal sig. [omissis], rappresentato e difeso, disgiuntamente tra loro, dagli avv.ti Luca Ghelfi e Marco Bigretti, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, sito in Modena, via Rua Pioppa, n. 2,
contro
il dott. [omissis], nella sua qualità di Presidente pro tempore della Federazione [omissis], rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo Viglione, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, al Lungotevere dei Mellini, n. 17,
per l’annullamento
della decisione n. 0089/CFA-2023-2024 della Corte Federale d’Appello FIGC, resa a definizione del procedimento disciplinare n. 0084/CFA/2023-2024, pubblicata in data 4 marzo 2024, con la quale, in accoglimento del reclamo del Presidente Federale avverso la decisione del Giudice Sportivo Territoriale presso il Comitato Regionale Emilia-Romagna della FIGC, di cui al C.U. n. 47 del 29 novembre 2023, che aveva comminato al suddetto ricorrente la sanzione della sospensione sino al giorno 28 agosto 2024, è stata riformata la decisione impugnata e, per l'effetto, è stata irrogata, a carico del sig. [omissis], la sanzione della squalifica di anni 1 (uno) e mesi 2 (due).
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 28 aprile 2025, il difensore della parte ricorrente - sig. [omissis] - avv. Marco Bigretti, anche in sostituzione dell’avv. Luca Ghelfi; l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente [omissis], nonché il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Prof. Avv. Piero Sandulli.
Ritenuto in fatto
I. In data 3 aprile 2024, il sig. [omissis] ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport avverso la decisione n. 0089/CFA-2023-2024 della Corte Federale d'Appello FIGC (di seguito CFA) resa a definizione del procedimento disciplinare n. 0084/CFA/2023-2024 e pubblicata in data 4 marzo 2024.
II. La vicenda che qui ci occupa trae origine da un episodio avvenuto in occasione della gara [omissis], disputatasi in data 25 novembre 2023, in cui il ricorrente – allenatore della Società Calcistica [omissis] (di seguito [omissis]), partecipante al Campionato Under 19 Élite Regionale, Girone B, Emilia Romagna – si è reso autore di una violazione disciplinare descritta nel relativo referto arbitrale come segue: «L’allenatore [omissis] veniva ammonito e subito espulso per essere entrato nel terreno di gioco e per aver protestato in modo irriguardoso nei confronti del direttore di gara al 48’ del primo tempo».
III. Nel successivo supplemento di rapporto è stato specificato che: «Al 48’ del primo tempo, a recupero quasi scaduto, ho assegnato un calcio di rigore a favore della squadra [omissis]. L’allenatore, il sig. [omissis] si precipitava in campo, senza l’autorizzazione del sottoscritto, e per la precisione nell’area di rigore per protestare in modo irriguardoso circa questa decisione dicendo “Hai guardato l’orologio, stavi per fischiare, il recupero é finito, stavi per fischiare!” Per questo motivo è stato ammonito, ma subito dopo si è alterato ulteriormente protestando ancora a gran voce ripetendo le soprascritte parole e venendo a tu per tu con il sottoscritto, il quale ha proceduto estraendo il cartellino rosso, espellendo così l’allenatore. Questi, accortosi del cartellino, mi ha tirato uno schiaffo sull’avambraccio destro causandomi un lieve fastidio e facendomi cadere il cartellino. A causa del gesto violento subito non ero più nelle condizioni di proseguire con tranquillità, serenamente e imparzialmente la direzione della gara. (…)».
Il Direttore di Gara, quindi, non si è più sentito nelle condizioni di proseguire la gara, che è stata sospesa al 48esimo minuto del primo tempo.
IV. In data 29 novembre 2023, il Giudice Sportivo Territoriale presso il Comitato Regionale Emilia-Romagna della FIGC adottava la decisione pubblicata con C.U. n. 47/2023, con la quale comminava al sig. [omissis] la sospensione fino al 28 agosto 2024 e disponeva la prosecuzione dell’incontro per la rimanente durata, non ritenendo sussistenti i presupposti per la sospensione avvenuta.
V. In data 26 gennaio 2024, il Presidente della [omissis], dott. [omissis], impugnava detta decisione innanzi alla Corte Federale d’Appello con ricorso ex art. 102 CGS FIGC, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 33, comma 4, del Regolamento della Lega Nazionale Dilettanti, nonché dell’art. 35, comma 2, CGS FIGC, e insistendo per la riforma della decisione del Giudice Sportivo Territoriale e per l’aggravio, nei confronti del sig. [omissis], del periodo di sospensione sulla scorta del minimo edittale di due anni di sospensione, di cui all’art. 35, comma 2, CGS FIGC.
Dal canto suo, il sig. [omissis] lamentava l’errata qualificazione giuridica del fatto proposta nell’atto di reclamo, ritenendo dovesse applicarsi al caso di specie non l’art. 35 CGS FIGC rubricato “Condotte violente nei confronti dell’ufficiale di gara”, bensì l’art. 36 CGS FIGC, rubricato “Altre condotte nei confronti dell’ufficiale di gara.”
VI. Con decisione qui impugnata, la CFA rideterminava la sanzione irrogata al sig. [omissis] nella squalifica per un anno e due mesi. Secondo la CFA, «Alla luce di quanto documentato la decisione impugnata non convince sul piano dell’applicazione della norma al caso concreto. Infatti, la reazione del signor [omissis] alla doppia ammonizione e alla conseguente espulsione non si è limitata alla prosecuzione dell’azione indisciplinata e irriguardosa fino a quel momento dallo stesso tenuta da inquadrarsi nei comportamenti sanzionabili ai sensi dell’art. 36 CGS (disposizione alla quale sembra aver fatto impropriamente riferimento il Giudice sportivo pur senza esplicitarla nella succinta motivazione), ma ha assunto i connotati tipici della condotta violenta, come descritta e sanzionata nell’art. 35, commi 1 e 2 CGS.
Non v’è dubbio, infatti, che “lo schiaffo” con cui l’incolpato ha colpito il braccio del direttore di gara debba essere considerato un atto intenzionale, suscettibile di produrre una lesione personale nel contesto di un’azione aggressiva, impetuosa ed incontrollata».
VII. A sostegno del ricorso presentato dinanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport, il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di impugnazione:
- FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 35 CGS FIGC. SULL’ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO.
Con tale primo motivo, il ricorrente non contesta la condotta tenuta, ma sostiene che la qualificazione giuridica del fatto storico operata, prima dalla FIGC in sede di reclamo e, successivamente, accolta dalla CFA, sia giuridicamente errata per l’applicazione dell’art. 35 CGS FIGC e non dell’art. 36, lett. b), CGS FIGC.
Il sig. [omissis] evidenzia che la sua condotta non può essere in alcun modo ricondotta alla fattispecie astratta di cui all’art. 35 CGS FIGC per diverse circostanze: carenza dell’elemento oggettivo; carenza dell’elemento soggettivo; assoluta tenuità della condotta.
Il ricorrente evidenzia che il proprio comportamento non solo non ha causato alcuna lesione personale al Direttore di Gara, ma lo stesso comportamento, oltre a non essere neppure diretto a creare una lesione, non ne era neppure astrattamente idoneo. Tale inidoneità emergerebbe dal referto e dal supplemento di gara, in cui è la stessa “vittima” a descrivere una condotta particolarmente tenue, seppur censurabile: l’odierno incolpato «(…) mi ha tirato uno schiaffo sull’avambraccio destro causandomi un lieve fastidio e facendomi cadere il cartellino».
La CFA sarebbe quindi caduta in un evidente errore, sulla scorta della valorizzazione del “dato naturalistico” dell’effetto della condotta (Par. 4.5 Decisione impugnata, «(…) Sul punto, fermo restando quanto sopra osservato circa l’evidente intenzionalità dello “schiaffo” e sull’atteggiamento aggressivo dell’[omissis], va richiamata la decisione di questa Corte a Sezioni Unite n. 11/2023-2024, la quale ha precisato che la locuzione “lesione personale” contenuta nell’art. 35, comma 4, non deve essere intesa secondo la categoria del diritto penale (che distingue tra percosse – art. 581 cod. pen. - e lesioni personali - art. 582 cod. pen.), dovendo prevalere nell’ordinamento sportivo il dato “naturalistico” dell’effetto della condotta violenta di alterazione dello stato fisico del direttore di gara e la sua certificazione “oggettiva” da parte di struttura sanitaria pubblica»). Secondo il ricorrente, il precedente citato dalla CFA originerebbe da una condotta nettamente più grave rispetto a quella del caso de quo, ovverossia un colpo al petto del Direttore di Gara a mano semichiusa; in quel caso, la questione giuridica non verteva sulla qualificazione giuridica del fatto storico – il quale era certamente idoneo alla produzione di una lesione personale – bensì sulla gravità della condotta in violazione dell’art. 35.
Con riferimento, poi, all’elemento soggettivo, il sig. [omissis] evidenzia che, nel caso concreto, non si vede come lo “schiaffo”, peraltro nemmeno intenzionale, dato all’avambraccio del Direttore di Gara, per la sua intrinseca inconsistenza e debolezza, possa rappresentare l’esecuzione dell’animus del soggetto agente di arrecare una lesione personale al Direttore di Gara richiesto dal disposto letterale dell’art. 35 CGS, che richiede il dolo specifico.
Secondo la tesi di parte ricorrente, mancando, sia l’elemento oggettivo, che l’elemento soggettivo, richiesti nella fattispecie astratta della condotta violenta ex art. art. 35 CGS, altro non si può fare che ritenere il contegno dell’allenatore alla stregua del comportamento irriguardoso che si concretizza in un contatto fisico ricadente nell’art. 36, comma 1, lett. b), CGS FIGC. Diversamente, non valorizzando gli unici elementi che differenziano le due norme, ambedue potrebbero essere applicate indifferentemente dagli Organi di Giustizia Federali, e ciò comporterebbe un effetto assolutamente discriminatorio, in quanto situazioni uguali potrebbero subire trattamenti sanzionatori sensibilmente differenti.
- OMESSA O INSUFFICIENTE MOTIVAZIONE CIRCA LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO STORICO, IN PARTICOLARE, CON RIFERIMENTO ALL’ESCLUSIONE DELL’ART. 36, COMMA 1, LETT. B), CGS FIGC.
Con tale secondo motivo di gravame, il ricorrente sostiene che la decisione impugnata sia lacunosa, poiché la CFA ha mancato di esporre il fondamento giuridico a sostegno della qualificazione della condotta alla stregua di condotta violenta in luogo di condotta gravemente irriguardosa. La CFA non avrebbe chiarito in alcun modo su quali presupposti si sia fondato l’accertamento della norma violata e della corretta qualificazione giuridica della condotta in concreto, né avrebbe fornito alcuna spiegazione alcuna circa l’esclusione dell’art. 36 CGS FIGC.
- IN SUBORDINE: OMESSA O INSUFFICIENTE MOTIVAZIONE CIRCA LA DETERMINAZIONE DELL’ENTITÀ DELLA SANZIONE.
In subordine, il ricorrente rileva che la decisione impugnata comunque sarebbe carente nella parte in cui commina la sanzione della sospensione per un anno e due mesi (aggravando quella irrogata dal Giudice Sportivo Territoriale di ulteriori circa 5 mesi), senza però dare assolutamente conto di come la CFA sia giunta a tale computo. La CFA, da un lato, avrebbe ammesso che, in virtù della tenuità della condotta e dell’assenza di precedenti disciplinarmente rilevanti in capo al sig. [omissis], fosse legittimo concedere l’attenuante “innominata” di cui all’art. 13, comma 2, CGS FIGC («Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione»); dall’altro lato, nulla avrebbe disposto circa il criterio utilizzato in concreto per determinare l’entità della sanzione, pari cioè a un anno e due mesi di sospensione.
VIII. In ragione dei suesposti motivi, il sig. [omissis] ha rassegnato le seguenti conclusioni:
«Voglia il Collegio di Garanzia dello Sport adìto,
- in via principale e nel merito, annullare la Decisione impugnata per i motivi dedotti in narrativa;
- in via subordinata, sempre nel merito, riformare la Decisione impugnata riducendo la sanzione nel minimo ritenuto di giustizia;
- in via ulteriormente subordinata, annullare e rinviare alla CFA la Decisione impugnata per un nuovo esame nel merito, con indicazione di ridurre la sanzione ai sensi di cui all’art. 36 in misura superiore a nove mesi ma comunque non superiore a 14 mesi;
- in estremo subordine, annullare e rinviare alla CFA la Decisione impugnata affinché venga rideterminato il quantum della sanzione ai sensi di cui all’art. 35 in una squalifica comunque inferiore a 14 mesi».
IX. In data 12 aprile 2024, si è costituito il Presidente della [omissis], sviluppando le seguenti eccezioni:
- CON RIFERIMENTO ALLA PRESUNTA “ERRATA APPLICAZIONE DELLA PREVISIONE NORMATIVA DI CUI ALL’ART. 35, INVECE DELLA CORRETTA APPLICAZIONE DI CUI ALL’ART. 36”.
Il dott. [omissis] rileva che, alla luce di quanto riportato dal direttore di gara nel supplemento di rapporto - «l'allenatore, sig. [omissis] (...) mi ha tirato uno schiaffo sull'avambraccio destro» - emergerebbe evidente come la condotta tenuta dall’odierno ricorrente rientri nella fattispecie disciplinata dall’art. 35 CGS FIGC, posto che l’allenatore aggrediva il Direttore di Gara con “uno schiaffo sull'avambraccio destro” integrando, dunque, una “condotta violenta” e non di certo “semplicemente” “irriguardosa”. Inoltre, come anche affermato dalla Corte Federale d’Appello nella decisione impugnata, affinché possa ritenersi applicabile la disciplina di cui all’art. 35 CGS FIGC è sufficiente che il soggetto ponga in essere una condotta “connotata da una volontaria aggressività” e che produca nel Direttore di gara “una alterazione dello stato fisico”, senza dover integrare necessariamente gli elementi richiesti dal diritto penale.
- CON RIFERIMENTO ALLA PRESUNTA “OMESSA O INSUFFICIENTE MOTIVAZIONE CIRCA LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO STORICO DISCIPLINARMENTE RILEVANTE”.
Il resistente osserva che dalla semplice lettura della decisione impugnata emerge evidente come la Corte Federale d’Appello motivi ampiamente circa la scelta di inquadrare “il comportamento del tecnico (...) nell’ipotesi della condotta violenta nei confronti del direttore di gara” piuttosto che in quello “sanzionabile ai sensi dell’art. 36 CGS”.
Ed infatti così, tra l’altro, si legge a pag. 4 della decisione de qua:
«Alla luce di quanto documentato la decisione impugnata non convince sul piano dell’applicazione della norma al caso concreto. Infatti, la reazione del signor [omissis] alla doppia ammonizione e alla conseguente espulsione non si è limitata alla prosecuzione dell’azione indisciplinata e irriguardosa fino a quel momento dallo stesso tenuta da inquadrarsi nei comportamenti sanzionabili ai sensi dell’art. 36 CGS (disposizione alla quale sembra aver fatto impropriamente riferimento il Giudice sportivo pur senza esplicitarla nella succinta motivazione), ma ha assunto i connotati tipici della condotta violenta, come descritta e sanzionata nell’art. 35, commi 1 e 2 CGS. Non v’è dubbio, infatti, che “lo schiaffo” con cui l’incolpato ha colpito il braccio del direttore di gara debba essere considerato un atto intenzionale, suscettibile di produrre una lesione personale nel contesto di un’azione aggressiva, impetuosa ed incontrollata(...)».
- CON RIFERIMENTO ALLA SANZIONE IRROGATA.
Sul punto, il resistente eccepisce che la censura è inammissibile e comunque infondata, date le motivazioni fornite dalla CFA, la quale, ripercorrendo i fatti, ha ritenuto che «la sanzione da irrogare all’incolpato per ragione di equità debba essere proporzionata alla giusta intensità e gravità della condotta tenuta in concreto», irrogando all’odierno ricorrente una squalifica di un anno e due mesi e, dunque, “scontando” la sanzione di minima due anni prevista dalla norma. Il resistente chiede di respingere il ricorso.
X. In data 28 aprile 2025, si è svolta l’udienza davanti a questo Collegio, in cui le predette parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni ut supra indicate; la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, ha richiesto che sia valutata l’inammissibilità di tutti i motivi del ricorso, poiché volti sostanzialmente a richiedere un riesame dei fatti (il primo e il secondo motivo) e una rideterminazione della sanzione (il terzo motivo), e – in subordine – che il ricorso venga rigettato.
Considerato in diritto
I. Con riferimento al primo motivo di ricorso, osserva, preliminarmente, questo Collegio, che la questione rientra certamente nella sua competenza, dovendosi dare continuità al consolidato orientamento per cui la qualificazione di un fatto o di una condotta alla stregua di una determinata disciplina normativa è deducibile come motivo di ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS. Infatti, nel momento in cui si afferma, o si nega, che una determinata condotta corrisponda, o no, ad una certa astratta fattispecie normativa, si richiede necessariamente una attività di interpretazione della legge con la conseguenza che, ove si contesti tale interpretazione resa in un provvedimento impugnato, si prospetta un vizio di violazione di legge rientrante nella competenza del Collegio, ai sensi dell’art. 54, comma 1, CGS (così, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 6 febbraio 2015, n. 4; Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 13 ottobre 2017, n. 76; Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 3 maggio 2018, n. 23).
Operata questa premessa, tuttavia, il Collegio ritiene di disattendere il motivo di ricorso in quanto infondato, dovendosi ritenere corretta la qualificazione giuridica del fatto compiuta dalla CFA nella decisione impugnata.
Giova rammentare che la fattispecie astratta della condotta violenta perpetrata nei confronti dell’Ufficiale di Gara, ai sensi dell’art. 35, comma 1, CGS FIGC, è descritta come «(…) ogni atto intenzionale diretto a produrre una lesione personale e che si concretizza in una azione impetuosa e incontrollata, connotata da una volontaria aggressività, ivi compreso lo sputo, in occasione o durante la gara, nei confronti dell’ufficiale di gara».
Al contrario, l’ipotesi astratta della condotta irriguardosa, di cui all’art. 36, comma 1, lett. b), ricompresa nella più ampia categoria delle “Altre condotte nei confronti degli ufficiali di gara”, è così descritta: «Ai calciatori e ai tecnici responsabili delle infrazioni di seguito indicate, commesse in occasione o durante la gara, è inflitta, salva l’applicazione di circostanze attenuanti o aggravanti, come sanzione minima la squalifica (…) b) per 8 giornate o a tempo determinato in caso di condotta gravemente irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara che si concretizza in un contatto fisico».
Orbene, nel caso in esame la condotta posta in essere dal ricorrente – per come già accertata in sede di merito – presenta sia l’elemento oggettivo, che l’elemento soggettivo, della fattispecie di cui all’art. 35, comma 1, CGS FIGC.
Il sig. [omissis], “schiaffeggiando” sul braccio il Direttore di Gara, ha senza dubbio tenuto una “condotta violenta” concretizzatasi in “una azione impetuosa ed incontrollata, connotata da una volontaria aggressività” che, come tale, non può che essere sanzionata ai sensi dell’art. 35 CGS FIGC.
Peraltro, può ritenersi condivisibile quanto affermato dalla CFA circa la differente accezione nell’ambito sportivo della locuzione “lesione personale”, contenuta nell’art. 35, comma 4, rispetto alla categoria del diritto penale (che distingue tra percosse – art. 581 cod. pen. - e lesioni personali - art. 582 cod. pen.), dovendo prevalere nell’ordinamento sportivo il dato “naturalistico” dell’effetto della condotta violenta di alterazione dello stato fisico del direttore di gara e la sua certificazione “oggettiva” da parte di struttura sanitaria pubblica. L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis assimilabile a quello penale (Corte Federale d’Appello, SS.UU., n. 89/2019-2020), soprattutto allorché – come nel caso di specie – non viene in rilievo solo la tutela dell’integrità fisica dell’arbitro, ma, soprattutto, la dignità del ruolo rivestito, oltre il regolare svolgimento delle competizioni calcistiche. Del resto – come rileva la decisione impugnata – le profonde innovazioni del Codice del 2019 sono intervenute a seguito di molteplici episodi di aggressione nei confronti degli arbitri, per cui il Legislatore sportivo ha voluto introdurre un articolo specifico – l’ art. 35 appunto – inasprendo, comunque, le sanzioni rispetto a quanto precedentemente previsto, laddove il preesistente Codice (art. 19, comma 4) si riferiva a categorie parzialmente diverse quali la condotta ingiuriosa o irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara (comma 4, lett. a)) oltre alla condotta violenta” (comma 4, lett. d)) e prevedendo, soprattutto, un apparato sanzionatorio che si era rivelato insufficiente.
II. Il secondo motivo di ricorso è da ritenersi inammissibile, posto che la questione sottoposta allo scrutinio del Collegio, invero, attiene ad aspetti e considerazioni che, più che essere ricondotti al vizio di omessa o insufficiente motivazione, afferiscono sostanzialmente al merito della vicenda, in tal modo esulando dalla competenza di questo Collegio. Sul punto, giova rammentare l’interpretazione tracciata da questa Sezione per cui i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione (Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 13 novembre 2017, n. 82). Nel caso di specie, dalla semplice lettura di tale decisione emerge evidente come la CFA abbia esposto il fondamento giuridico a sostegno della qualificazione della condotta, motivando ampiamente circa la scelta di inquadrare il comportamento del tecnico nell’ipotesi della condotta violenta nei confronti del direttore di gara, piuttosto che in quello sanzionabile ai sensi dell’art. 36 CGS.
III. Del pari inammissibile è il terzo motivo di ricorso. È principio consolidato quello per cui questo Collegio «può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 6 settembre 2019, n. 71); e ancora, che la determinazione della sanzione è «insindacabile in sede di legittimità, ove si collochi nell’ambito stabilito dalla norma sanzionatoria e sia assistita da una congrua motivazione» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 8 marzo 2015, n. 46).
Orbene, si reputa che, nel caso in esame, non ricorrano i presupposti per un sindacato da parte del Collegio, posto che la sanzione è sorretta da una congrua motivazione e non appare sproporzionata, risultando anzi ridotta rispetto al minimo edittale di due anni previsto dall’art. 35, comma 2, CGS FIGC, in virtù della concessione, da parte della Corte, dell’attenuante “innominata” di cui all’art. 13, comma 2, CGS.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione
Respinge il primo motivo di ricorso essendo stato correttamente inquadrato il comportamento, posto in essere dal sig. [omissis], nell’art. 35 del CGS Federale.
Dichiara inammissibili gli altri motivi di ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 500,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 28 aprile 2025.
Il Presidente Il Relatore
F.to Attilio Zimatore F.to Piero Sandulli
Depositato in Roma, in data 10 giugno 2025.
Il Segretario
F.to Alvio La Face