CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 57 del 01/07/2025 – OMISSIS / FIGC / CR ABRUZZO

Decisione n. 57

Anno 2025

IL COLLEGIO DI GARANZIA

SECONDA SEZIONE

composta da

Piero Sandulli - Presidente

Raffaele Tuccillo - Relatore

Alessandro di Majo

Silvio Martuccelli

Antonio Poli – Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 1/2025, presentato, in data 2 gennaio 2025, dalla sig.ra [omissis], in qualità di esercente la potestà genitoriale sul minore [omissis], rappresentata e difesa dall’avv. Michele Cozzone, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Isernia, via S. Spirito, n. 6,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), con sede in Roma, Via Gregorio Allegri, n. 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, Dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,

nonché contro

la Procura Federale della FIGC, con sede in Roma, alla Via Campania, n. 47, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio,

con notifica effettuata anche

alla Procura Generale dello Sport presso il CONI,

e

al Comitato Regionale Abruzzo FIGC-LND, con sede in L’Aquila,  in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, Dott. Concezio Memmo, non costituitosi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale d’Appello della FIGC n. 0057/CFA/2024-2025, pubblicata il 2 dicembre 2024, con la quale l'Organo giudicante, in accoglimento del reclamo proposto dal Procuratore Federale Interregionale avverso la declaratoria, da parte del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo della FIGC-LND, di nullità della notificazione della Comunicazione di Conclusione delle Indagini della Procura medesima e del conseguente atto di deferimento, relativi  al  procedimento disciplinare n.  949 pfi 23-24, statuiva, inter alia, di irrogare al precitato calciatore, sig. [omissis], la squalifica per due anni.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 12 maggio 2025, il difensore della parte ricorrente - sig.ra [omissis], in qualità di esercente la potestà genitoriale sul minore [omissis] - avv. Michele Cozzone; l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Aristide Police, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Dott. Raffaele Tuccillo.

Ritenuto in fatto

I.         In data 2 gennaio 2025, la sig.ra [omissis], in qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio minorenne sig. [omissis], ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport per l’annullamento e/o riforma, ai sensi degli artt. 54 e 62 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, della decisione della Corte Federale d'Appello della FIGC n. 0057/CFA/2024-2025, pubblicata, completa di motivazioni, il 2 dicembre 2024, con la quale l'Organo giudicante, in accoglimento del reclamo proposto dal Procuratore Federale Interregionale avverso la declaratoria, da parte del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo della FIGC-LND, di nullità della notificazione della Comunicazione di Conclusione delle Indagini della Procura medesima e del conseguente atto di deferimento, relativi al procedimento disciplinare n. 949 pfi 23-24, statuiva, inter alia, di irrogare al precitato calciatore, sig. [omissis], la squalifica per due anni.

II.        La controversia trae origine dai seguenti fatti. In data 13 marzo 2024, perveniva presso la Procura Federale una segnalazione (protocollata 23179/SS 23-24) da parte della “mamma di un ragazzino tesserato nella squadra under 14 dello [omissis]”.

In tale segnalazione così, tra l’altro, si legge:

«Qualche giorno fa, l’allenatore della squadra (...) è stato sollevato dall’incarico, poiché ritenuto dalla società responsabile di un presunto grave atto di bullismo accaduto all’interno dello spogliatoio, al termine dell’allenamento. (...) Con la presente, prima di rivolgermi ai media ed alla Procura Ordinaria, Vi chiedo di indagare ed intervenire nel miglior modo possibile».

III.      Il successivo 10 aprile 2024, il Procuratore Interregionale trasmetteva ai collaboratori della Procura Federale la nota prot. n. 25610/949 pfi 23 24/PM/ag, avente ad oggetto “Accertamenti in merito alle presunte condotte di prevaricazione che sarebbero avvenute nell’ambito della squadra under 14 della società [omissis]” e con la quale “chiede(va) di riferire sulle iniziative da intraprendere”. Successivamente la Procura Federale iscriveva il procedimento de quo nel relativo registro al n. 949 pfi 23-24.

IV.      In data 10 giugno 2024, il giovane calciatore, sig. [omissis], nato a [omissis] il [omissis], all'epoca tesserato con la Società [omissis], veniva ascoltato, quale persona sottoposta ad indagini, dalla Procura Federale Interregionale.

Nel corso della prefata audizione, il sig. [omissis], in quanto minore di età, veniva assistito dalla sig.ra [omissis] – odierna ricorrente – nata a [omissis] il [omissis], esercente la potestà genitoriale sul nominato figlio.

V.        In data 16 luglio 2024, il Collaboratore della Procura Federale trasmetteva al Sostituto Procuratore la relazione di indagine relativa al procedimento n. 949 pfi 23- 24 ed avente ad oggetto “Accertamento in merito alle presunte condotte di prevaricazione che sarebbero avvenute nell’ambito della squadra under 14 della società [omissis]”. Il successivo 5 agosto 2024, la Procura Federale notificava, tra gli altri, al [omissis] la comunicazione di conclusione delle indagini prot. 3214/949 pfi 23 24 PM/ag.

VI.      In data 12 settembre 2024, la Procura Federale interregionale «DEFERI(VA) innanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo:

1. (...)

2. il sig. [omissis], all’epoca dei fatti calciatore minorenne tesserato per la società [omissis]; (...)

per rispondere: (...)

della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva che impone a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo di mantenere una condotta conforme ai principi di etica, correttezza, lealtà e rettitudine morale per avere lo stesso, il giorno 2.2.2024 al termine della seduta di allenamento della squadra Under 14, in concorso con il proprio compagno di squadra sig. [omissis], all’interno dello spogliatoio e durante la doccia, posto in essere una condotta contraddistinta da prevaricazione, sopraffazione e bullismo, idonea a turbare e suscitare nella vittima una condizione di diffuso disagio, persuadendo il calciatore minorenne sig. [omissis], suo compagno di squadra, a farsi baciare da costui per due volte consecutive il pene».

VII.     Il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo, con decisione pubblicata sul C.U. n. 31 del 21 ottobre 2024, «dichiara(va) la nullità della notifica della conclusione delle indagini preliminari della Procura Federale per l’irregolare notifica del relativo avviso a due soggetti poi deferiti e la conseguente nullità dell’atto di deferimento della Procura Federale del 12.9.24 e del conseguente deferimento di questo Tribunale del 13.9.24».

VIII.   La Procura Federale proponeva reclamo avverso la decisione de qua innanzi alla Corte Federale d’Appello, la quale, con decisione n. 57 del 2 dicembre 2024, «accoglie(va) il reclamo (...) (e) irroga(va) le seguenti sanzioni:

-           al sig. [omissis]: inibizione di mesi 18 (diciotto);

-           al sig. [omissis]: squalifica di anni 2 (due);

-           al sig. [omissis]: squalifica di anni 2 (due);

-           alla società [omissis]: ammenda di € 10.000,00 (diecimila/00)”. In tale decisione così, tra l’altro, si legge:

“10.2. Ugualmente fondato è il motivo di reclamo là dove la Procura ha rivendicato la regolarità e validità della notifica dell'avviso della comunicazione di conclusione delle indagini (...) alla signora [omissis], quale esercente la potestà genitoriale sul minore [omissis] ».

IX.      A sostegno del ricorso presentato dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di impugnazione: violazione e falsa applicazione dell’art. 53, commi 1 e 5, CGS della FIGC; violazione e falsa applicazione degli artt. 44, comma 1, e 123 CGS della FIGC, mancato rispetto dei principi del giusto processo, omessa trasmissione nei modi e nelle forme di cui all’art. 53, commi 1 e 5, CGS della FIGC, della comunicazione di conclusione delle indagini della Procura Federale; profili di illegittimità della impugnata decisione della Corte Federale d’Appello; altri aspetti e profili affrontati dalla Corte Federale d’Appello nella emanata pronuncia, non istaurazione né accettazione del contraddittorio nella presente sede ad opera della ricorrente.

X.        Si costituiva la FIGC chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o, in via subordinata, il rigetto del ricorso.

XI.      Nel corso dell’udienza la parte ricorrente e la FIGC concludevano come da atti depositati, mentre la Procura concludeva per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1.         Il ricorso proposto non può trovare accoglimento.

In data 12 settembre 2024, la Procura Federale Interregionale deferiva innanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo il ricorrente, per rispondere “della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva che impone a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo di mantenere una condotta conforme ai principi di etica, correttezza, lealtà e rettitudine morale per avere lo stesso, il giorno 2.2.2024 al termine della seduta di allenamento della squadra Under 14, in concorso con il proprio compagno di squadra sig. [omissis], all’interno dello spogliatoio e durante la doccia, posto in essere una condotta contraddistinta da prevaricazione, sopraffazione e bullismo, idonea a turbare e suscitare nella vittima una condizione di diffuso disagio, persuadendo il calciatore minorenne sig. [omissis], suo compagno di squadra, a farsi baciare da costui per due volte consecutive il pene”.

Il Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Abruzzo, con decisione pubblicata sul C.U. n. 31 del 21 ottobre 2024, «dichiara(va) la nullità della notifica della conclusione delle indagini preliminari della Procura Federale per l’irregolare notifica del relativo avviso a due soggetti poi deferiti e la conseguente nullità dell’atto di deferimento della Procura Federale del 12.9.24 e del conseguente deferimento di questo Tribunale del 13.9.24».

In seguito al reclamo proposto dalla Procura Federale, la Corte Federale d’Appello FIGC, con decisione n. 57 del 2 dicembre 2024, accoglieva il reclamo e irrogava al ricorrente la squalifica di anni 2.

La decisione veniva, quindi, impugnata dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI.

2.         Con un primo motivo di impugnazione, la parte ricorrente contestava la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, commi 1 e 5, CGS della FIGC, in quanto tutti gli atti del procedimento disciplinare in oggetto non sono stati comunicati mediante PEC come richiesto dalla citata disposizione.

Ai sensi dell’art. 53, commi 1 e 5, CGS della FIGC, ”1. Tutti gli atti del procedimento per i quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse, sono comunicati a mezzo di posta elettronica certificata (…)

5. Gli atti per i quali è prevista dal Codice la comunicazione agli interessati devono essere comunicati con le seguenti modalità, da considerarsi alternative fra loro:

a) per le persone fisiche: 1) all'indirizzo di posta elettronica certificata del tesserato o della società di appartenenza, comunicato all'atto del tesseramento. La società ha l'obbligo di trasmettere la comunicazione al tesserato. In caso di mancata trasmissione al tesserato da parte della società, nei confronti della stessa possono essere inflitte una o più sanzioni di cui all'art. 8, tranne che la stessa non ne dimostri la impossibilità; 2) nell'ipotesi in cui l'interessato non risulti tesserato al momento della instaurazione del procedimento, all'indirizzo di posta elettronica certificata della società dell'ultimo tesseramento. La società ha l'obbligo di trasmettere la comunicazione all'interessato dandone prova all'organo procedente. In caso di mancata trasmissione all'interessato da parte della società, nei confronti della stessa possono essere inflitte una o più sanzioni di cui all'art. 8, tranne che la stessa non ne dimostri la impossibilità; 3) all'indirizzo di posta elettronica certificata formalmente comunicato agli organi di giustizia sportiva ai fini del procedimento. Tale indirizzo può essere modificato nel corso del procedimento unicamente con atto separato notificato alle altre parti del procedimento e alla segreteria dell'organo giudicante [...]".

Nel caso di specie, all’epoca dei fatti, come evidenziato dalla stessa parte ricorrente, il minore [omissis] era tesserato della società [omissis].

In mancanza di indicazione di un indirizzo PEC personale, la comunicazione di conclusione delle indagini della Procura Federale (doc. 8 allegato alla memoria di costituzione della FIGC) è stata correttamente comunicata a mezzo PEC alla società [omissis], la quale avrebbe dovuto, in conformità a quanto previsto dal citato art. 53, trasmettere la comunicazione agli interessati. Dalla lettura del citato atto emerge in tutta evidenza la ritualità della comunicazione e la presenza di propri tesserati tra i destinatari dell’avviso ha determinato la costituzione dell’obbligo per la società di trasmettere la comunicazione prescritta dalla citata disposizione. Per maggiore garanzia di tutela del contraddittorio, la Procura, oltre ad inviare la comunicazione a mezzo PEC alla società, ha anche effettuato la comunicazione alla madre del minore presso il suo indirizzo, mediante raccomandata a/r. Il procedimento di trasmissione relativo all’avviso di conclusioni delle indagini si è tempestivamente perfezionato, mediante compiuta giacenza, mentre quello avente ad oggetto la trasmissione dell’atto di deferimento si è ritualmente concluso mediante ritiro dell’atto da parte della stessa madre del ricorrente che ne ha, pertanto, avuto completa conoscenza.

Ne discende, da un lato, che non si riscontra alcuna violazione dell’art. 53 e, dall’altro, che risulta fornita adeguata prova della conoscenza o quanto meno della conoscibilità di entrambi gli atti da parte del tesserato, il quale, tuttavia, ha preferito attendere la decisione della Corte Federale d’Appello piuttosto che far valere immediatamente il dedotto vizio ed esercitare tempestivamente e compiutamente le proprie difese nel procedimento disciplinare e dinanzi agli Organi della Giustizia Sportiva.

Occorre d’altro canto evidenziare che la ratio dell’art. 53 è di semplificare gli oneri comunicativi per la Procura Federale, in un procedimento in cui si tende ad attribuire rilevanza pregnante alla lealtà e semplicità dei rapporti e alla strumentalità delle forme rispetto all’obiettivo della conoscenza o della conoscibilità degli atti. Al tempo stesso, dall’analisi delle disposizioni emerge lo stretto legame intercorrente tra società e tesserato, tanto che la comunicazione dell’atto alla prima esonera la Procura da qualsiasi ulteriore onere comunicativo, determinando la ricezione della PEC, da parte della società, una presunzione di conoscenza legale dell’atto anche per il tesserato.

Il legislatore del codice non ha, d’altro canto, disciplinato la successiva trasmissione della comunicazione dalla società al tesserato, lasciando sul punto libertà nella relativa scelta alla stessa società che potrebbe procedere mediante consegna a mani dello stesso tesserato ovvero mediante raccomanda a/r. La conseguenza dell’omessa trasmissione (qualificata come vero e proprio obbligo per la società) è una sanzione pecuniaria, inidonea però a incidere sulla regolarità del procedimento di trasmissione dell’atto al tesserato. Nel caso di specie, come detto, la Procura non solo ha trasmesso l’atto alla società mediante PEC (con la conseguenza che quest’ultima avrebbe dovuto trasmettere la comunicazione ai propri tesserati), ma ha anche inviato entrambi gli atti mediante raccomandata a/r alla parte ricorrente. In tal modo non solo ha garantito adeguata conoscibilità dell’atto all’incolpato a prescindere dalla successiva trasmissione della comunicazione dalla società al tesserato, ma ha anche effettuato un adempimento di spettanza della società (che avrebbe potuto provvedere a tale adempimento mediante consegna a mani o raccomanda a/r o altro mezzo consentito dall’ordinamento giuridico).

Posta tale premessa, il Collegio di Garanzia dello Sport, seppur con riferimento a una diversa normativa di riferimento, ha già ritenuto che “in applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c., richiamati dall’art. 2 CGS del CONI, la nullità non può essere mai pronunciata in presenza di un atto che abbia raggiunto il proprio scopo, né può essere rilevata dalla parte che vi ha dato origine. Ne consegue la piena validità ed efficacia della comunicazione di un atto di deferimento alla parte personalmente e al difensore, nonché presso la segreteria del Tribunale Federale, nel caso di omessa indicazione negli atti giudiziari dell’indirizzo di posta elettronica certificata” (Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 7 dicembre 2016, n. 60). Ne discende che la conoscenza o conoscibilità dell’atto costituiscono elementi sufficienti a superare l’eventuale irregolarità della comunicazione.

Il motivo di ricorso non può, pertanto, trovare accoglimento.

3.         Con un secondo motivo di ricorso, la parte ricorrente contestava la mancata notifica della comunicazione di conclusione delle indagini con le conseguenti violazioni del diritto di difesa e la lesione del contraddittorio.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento, per le assorbenti ragioni espresse al punto 2 della motivazione della sentenza, essendo stato rispettato il procedimento di trasmissione della comunicazione descritto all’art. 53 CGS della FIGC e avendo la parte ricorrente ricevuto presso la propria residenza il medesimo atto, circostanza idonea a garantirne la conoscibilità anche in conformità a quanto previsto dall’art. 1335 c.c..

4.         Con un terzo motivo di ricorso, la parte ricorrente ha contestato la violazione dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo, CGS, ai sensi del quale “La Corte federale di appello... Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall'organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l'esame del merito, all'organo che ha emesso la decisione”.

Secondo la ricostruzione di parte ricorrente, pertanto, la Corte Federale d’Appello avrebbe dovuto annullare la decisione impugnata (che aveva dichiarato la nullità della notifica della conclusione delle indagini preliminari) e rinviare al primo grado.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento; le ipotesi di annullamento con rinvio al primo giudice sono tassativamente ed analiticamente descritte dal legislatore, senza che gli Organi di Giustizia Sportiva possano ampliare ovvero estenderne analogicamente il relativo ambito di applicazione. Nel caso di specie, il Tribunale Federale non ha dichiarato l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso legato a motivi processuali, ma ha contestato la fase procedimentale precedente, orientandosi per la nullità della notifica dell’atto di conclusione delle indagini e dell’atto di deferimento.

Le ipotesi descritte appaiono, pertanto, differenti da quelle espressamente e tassativamente descritte dalla norma primaria. In senso conforme la giurisprudenza sportiva ha avuto modo di ritenere, con riferimento al citato art. 106, che “la disposizione è identica a quella contenuta sub art. 37, comma 4, del Codice previgente. Sul tema dell’annullamento con rinvio da parte del giudice d’appello si confrontano due principi contrapposti: da un lato, l’esigenza di garantire il doppio grado di giurisdizione, che agisce nel senso di ampliare i casi di annullamento con rinvio; dall’altro, la necessità di definire speditamente il giudizio, che agisce ovviamente nel senso opposto. Il Legislatore federale - in via generale - ha privilegiato quest’ultima prospettiva, limitando le ipotesi di rinvio al primo giudice, visto che nel processo sportivo le esigenze di celerità devono essere considerate prevalenti sull’altro principio sopra detto. Conseguentemente i casi di rimessione al giudice sportivo di primo grado devono essere considerati eccezionali, in quanto derogatori di un principio generale, come del resto avviene nel Codice del processo amministrativo e nel Codice di procedura civile” (Corte Federale d’Appello FIGC, Sez. Un., decisione n. 96 CFA del 22 giugno 2022). La doppia cognizione garantita dal legislatore alle parti contendenti riguarda la lite, intesa nella sua totalità, cioè nel complesso dei profili di natura sostanziale e di natura processuale che essa presenta e non, invece, le singole questioni di rito o di merito, suscettibili di autonoma considerazione, nelle quali è logicamente scomponibile la lite medesima. Né, d'altronde, può dubitarsi che il giudice decide l'intera controversia sia allorché risolve tutti i punti in contestazione della causa, sia allorché - correttamente o meno - ne risolve solo alcuni, con una pronunzia il cui contenuto precluda l'esame di ogni questione di merito o di una parte di esso (Cons. St., Ad. plen., n. 18/1978). In tali casi, in effetti, il processo si instaura e si svolge regolarmente, concludendosi con una sentenza che, pronunciandosi sulla domanda proposta, ravvisa la carenza di una delle condizioni per l’esame del merito (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2018).

Ne discende il rigetto del motivo di ricorso.

All’interno del terzo motivo si contesta nuovamente la violazione dell’art. 53 CGS della FIGC, in relazione al quale si ritengono assorbenti le argomentazioni sviluppate nei precedenti punti della sentenza.

5.         Con un quarto motivo di ricorso, la parte ricorrente contesta ulteriori vizi della procedura e, in primo luogo, la violazione dell’art. 118, comma 2, CGS, ai sensi del quale “Il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima o priva della compiuta identificazione del denunciante”.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

Come già osservato dal Collegio, se è vero che il documento anonimo, così come la segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente il “denunciante”, non possono essere utilizzati come elementi di prova e non integrano neppure una notizia di illecito in senso proprio (la quale presuppone sempre la riconoscibilità della relativa “fonte”), è altrettanto vero che deve considerarsi legittima l’attività d’investigazione dell’organo inquirente finalizzata di “propria iniziativa” a verificare se dall’anonimo e/o dalla segnalazione di cui non sia stato identificato compiutamente l’autore possano, in concreto, ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di una notizia di illecito; notizia, la quale, dunque, viene a formarsi per iniziativa libera e ‘propria’ dell’organo inquirente, ‘propria’ ancorché soltanto stimolata dal documento anonimo (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 17/2022). In senso conforme è stato evidenziato che, se è vero che la denuncia anonima non può assurgere ad elemento di prova, è tuttavia consentita l’attività di indagine volta ad acquisire riscontri ulteriori e distinti sui fatti contenuti nella denuncia pervenuta. Non può essere, infatti, negato alla Procura Federale di esercitare d’ufficio l’azione disciplinare, procedendo all’attività di indagine, avendo appreso notizia degli illeciti di propria iniziativa oppure ricevendo le notizie presentate o comunque pervenute (art. 44 del Codice di Giustizia Sportiva) (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 35 del 2024).

Nel caso di specie, la denuncia, oltre a non apparire anonima, essendo identificabile il relativo autore, appare aver costituito il momento prodromico allo svolgimento delle indagini che hanno determinato in concreto l’avvio del procedimento disciplinare. Posta questa premessa, la condotta della Procura Federale appare conforme al disposto dell’art. 118, comma 2, in base al quale il Procuratore Federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa. L’art. 118, comma 2, infatti, va inteso nel senso di escludere l’obbligo per il Procuratore Federale di ricevere le notizie presentate in forma anonima, ma non gli preclude di svolgere le proprie attività di indagini ovvero di aprire un procedimento nel caso in cui la denuncia, come nel caso di specie, descriva fatti gravi e circostanziati e in cui l’autore della denuncia sia agevolmente identificabile all’interno di un gruppo ristretto di persone.

Posta questa premessa, in ogni caso, l’eventuale violazione della disposizione ha carattere di mera irregolarità non idonea a invalidare l’iter procedimentale o a incidere sulla validità degli atti del procedimento di incolpazione, non riscontrandosi nell’eventuale violazione della disposizione alcuna lesione del diritto di difesa ovvero del contraddittorio dell’incolpato.

6.         Con ulteriore motivo di ricorso, la parte ricorrente contesta la qualificazione del fatto all’interno dell’art. 28 bis CGS, all’epoca dell’accadimento non ancora in vigore, a fronte dell’applicabilità dell’art. 4, comma 1, CGS.

Il motivo di ricorso appare destituito di fondamento in quanto sia l’avviso di conclusione delle indagini, che il reclamo della Procura fanno espresso e univoco riferimento all’art. 4, comma 1, CGS, con la conseguenza che non si ravvisa nel caso di specie l’applicazione, da parte degli Organi di Giustizia Sportiva, della diversa disposizione indicata da parte ricorrente, tanto è vero che la Corte Federale d’Appello precisa che “E tali regole erano evidentemente già esistenti e, comunque, immanenti al sistema, al di là del formale recepimento di cui al C.U, n. 69/A del 27 agosto 2024 con cui - come detto - è stato introdotto l'art. 28 bis del Codice di giustizia sportiva”. Ne deriva che la stessa Corte evidenzia la non applicabilità dell’art. 28 bis e non lo applica nel caso di specie.

7.         Con un ulteriore motivo di ricorso, la parte ricorrente contesta la violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione.

Come noto, questo Collegio può valutare la legittimità della misura di una sanzione solo se la stessa è stata irrogata in palese violazione dei presupposti di fatto o di diritto o per la sua manifesta irragionevolezza (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 6 settembre 2019, n. 71); e ancora, che la determinazione della sanzione è insindacabile in sede di legittimità, ove si collochi nell’ambito stabilito dalla norma sanzionatoria e sia assistita da una congrua motivazione (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, 8 marzo 2015, n. 46). Pertanto, non è ammissibile dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport la censura volta a contestare la valutazione del Giudice di merito nella concreta determinazione della misura della sanzione, ove si collochi nell’ambito della norma sanzionatoria e sia assistita da una congrua e logica motivazione (Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 30 gennaio 2019, n. 7; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 7 marzo 2017, n. 19; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 14 febbraio 2017, n. 13; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 14 gennaio 2016, n. 2; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 10 agosto 2015, n. 35; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 13 maggio 2015, n. 14).

Nel caso di specie, la Corte Federale d’Appello ha adeguatamente motivato sulla sanzione e sulla scelta di applicare la tipologia di sanzione della squalifica e la relativa durata, tenuto conto della gravità della condotta posta in essere e della grave sopraffazione in cui la stessa si è tradotta, con minacce, in danno di un altro minore.

Le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport (13 giugno 2017, n. 44) hanno sottolineato che la norma di cui all’art. 54 CGS consente al Collegio non soltanto di verificare che di nessun fatto decisivo sia stato omesso l’esame, ma anche di sindacare la sufficienza della motivazione, ancorché rimanendo sul piano logico e formale e senza rinnovare valutazioni di merito. Quanto alla sufficienza, le medesime Sezioni Unite hanno evidenziato che tale requisito non può essere vagliato su un piano puramente quantitativo, come se dipendesse soltanto dal numero degli argomenti portati a sostegno di una decisione, ma deve necessariamente apprezzarsi anche su un piano qualitativo, il che comporta una verifica della sufficienza, intesa come congruità e adeguatezza, sia pure su un piano logico e formale, dello svolgimento motivazionale. In tale prospettiva, il Collegio ha ricondotto nel vizio motivazionale di cui all’art. 54 CGS – sebbene letteralmente riferito alla “omessa o insufficiente motivazione”

– anche la “contraddittoria motivazione”, osservando che anche la contraddittorietà, vale a dire l’incompatibilità logica tra gli argomenti portati dal giudice di merito a sostegno delle sue conclusioni, può denotare un’insufficienza della motivazione (beninteso, ove la denunciata contraddittorietà non riguardi profili di semplice dettaglio, ma sia ravvisabile tra argomenti muniti di pari rilevanza): infatti, se gli argomenti forniti, quelli che dovrebbero integrare la ratio decidendi del provvedimento, sono tra loro contrastanti,  se ne deve concludere che le conclusioni espresse nella sentenza sono prive di una motivazione sufficiente; pertanto la decisione risulta censurabile per insufficienza.

Nel caso di specie, gli argomenti dedotti non appaiono illogici, irragionevoli o contraddittori, ma la motivazione del provvedimento appare idonea a giustificare l’iter argomentativo seguito dalla Corte e il relativo esito.

La decisione appare ampiamente motivata anche in termini di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, con conseguente rigetto anche del citato motivo di ricorso.

8.         Le spese di lite seguono la soccombenza per legge e sono liquidate d’ufficio come  in dispositivo.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione

Respinge il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 500,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGC.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 12 maggio 2025.

Il Presidente   Il Relatore

F.to Piero Sandulli      F.to Raffaele Tuccillo

Depositato in Roma, in data 1° luglio 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2025 Dirittocalcistico.it