Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0047/CFA del 13 Novembre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale territoriale dell’Emilia Romagna di cui al Com. Uff. n. 35 TFT del 1.10.2025

Impugnazione – istanza: Sig. Omissis

Massima: Deve innanzi tutto rilevarsi che la questione relativa alla mancata o insufficiente specificazione della condotta contestata con l’atto di deferimento non è stata oggetto di formale eccezione di nullità del capo di incolpazione, invece, prospettata dinanzi al Giudice a quo soltanto al fine di sostenere che la formulazione dell’addebito, nei termini sopra riassunti, sarebbe stata inidonea a consentire una pronuncia di una condanna ….  La doglianza in rassegna, per quanto accennato, è stata sotto diverso profilo nuovamente riproposta con il reclamo con il quale, questa volta, il OMISSIS si duole dell’assenza di motivazione con riguardo “alle forme attraverso cui il contributo dei singoli partecipanti” – e quindi anche il proprio - si sarebbe manifestato”.  Ritiene il Collegio che la pronuncia gravata abbia dato contezza, sia pure in sintesi estrema, delle ragioni sottese alla irrogazione della sanzione ed alla presupposta ritenuta responsabilità disciplinare. Innanzi tutto deve rimarcarsi come la contestazione formulata con l’atto di deferimento sia puntuale ed esaustiva con riguardo alla condotta che si assume consumata dal reclamante: nel predetto atto si  legge, infatti, che tale condotta è consistita nell’aver il OMISSIS preso parte alla “spedizione punitiva”, con gli altri soggetti indicati nell’incolpazione, di aver isolato il OMISSIS dagli amici con i quali si trovava e di aver in tal modo consentito ad alcuni dei suoi sodali, con il volto coperto, di inseguire lo stesso OMISSIS e di colpirlo ripetutamente con calci e pugni al volto lasciandolo per terra dopo avergli procurato, con i colpi inferti, un trauma facciale e la frattura delle ossa nasali. Trattasi, ad evidenza, di contestazione di illecito consumato in concorso, sulla quale si dirà tra un momento, in relazione alla quale sono indicati i comportamenti che riguardano specificamente il OMISSIS cui si è attribuita una compartecipazione al “pestaggio”. Del resto, appare evidente che la condotta antisportiva rappresentata nell’atto di deferimento sia stata ascritta a tutti coloro che sono stati individuati come partecipanti alla spedizione punitiva, essendo stata contestata ad ogni singolo calciatore la consumazione di una condotta specifica, addebitata a ciascuno di loro perché in contrasto con i principi di lealtà sportiva: ne è dimostrazione la tecnica di redazione dei capi di incolpazione utilizzata dal Procuratore federale interregionale che ha ritenuto di indicare specificamente per ogni singolo deferito la condotta di rilievo disciplinare ritenuta rilevante. Si è trattato, quindi, di responsabilità individuali concorrenti, con piena sovrapponibilità del comportamento tenuto, nel caso di specie, da ciascun calciatore che è stato individuato come compartecipe alla spedizione punitiva. Sta di fatto che la lettura del provvedimento impugnato, da eseguirsi in stretta correlazione con il capo di incolpazione, sembra sufficiente a dare contezza delle ragioni sottese alla pronuncia censurata. Peraltro, ove anche potesse condividersi la tesi contraria sostenuta in reclamo, andrebbe considerato che, “nell’ambito del processo sportivo, la mancanza della motivazione non rappresenta una causa di nullità della pronuncia ed il relativo accertamento non comporta la regressione del processo al grado precedente; difatti, a norma dell’art. 106, comma 2, terzo periodo CGS, il vizio in questione si traduce soltanto in un vizio della decisione impugnata che – in forza del principio devolutivo del gravame – questa Corte federale d’appello è legittimata a eliminare, integrando la motivazione carente o insufficiente e, comunque, decidendo sul merito della causa” (CFA, SS.UU., n. 91/20242025, nonché CFA, Sez. I, decisione n. 003/CFA/2025-2026). Per quanto possa occorrere, dunque, il contenuto della presente decisione deve considerarsi ad ogni effetto come integrativo e suppletivo di quello della decisione di primo grado.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0041/CFA del 31 Ottobre 2025 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n.0059/TFNSD-2025-2026-Registro procedimenti n.0037/TFNSD/ 2025-2026

Impugnazione – istanza: sig. R.M.T.

Massima: Infondata è l’eccezione di nullità del deferimento per la mancata indicazione, nel terzo capo di incolpazione, di quale delle nove fattispecie di abuso, violenza o discriminazione previste dall’art. 4 del Regolamento FIGC (abuso fisico, molestia sessuale, abuso sessuale, negligenza, incuria, bullismo etc.), sia stata effettivamente addebitata al deferito, è sufficiente ribadire quanto chiaramente in proposito affermato nella decisione impugnata. In quella sede, infatti, è stato puntualmente osservato che la Procura ha rispettato il disposto dell’art. 125, comma 4, C.G.S., indicando analiticamente nel capo di imputazione il comportamento posto in essere dal … -anche con la specifica indicazione del numero del documento allegato all’esposto definendolo espressamente “espressione offensiva a connotazione sessuale” integrante, in quanto tale, l’ipotesi della molestia sessuale. Tale molestia, sanzionata dall’art. 660 c.p., è stata dalla giurisprudenza ritenuta configurabile solo in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale, invasivi ed insistiti, diversi dall'abuso sessuale. Qualora, infatti, le molestie comportino un contatto fisico, anche fugace, o limitino in alcun modo la libertà sessuale della vittima, si configura invece il più grave reato di violenza sessuale, disciplinato dagli art.609 bis e seguenti del codice penale. Nel caso di specie, dunque, è stato evidenziato nell’incolpazione che l’immagine (sticker) raffigurante un bambino di colore, in piedi e svestito dall’addome in giù, che nel sollevarsi con una mano la maglietta si tocca con l’altra mano le parti intime, è stata inviata dall’incolpato a ragazzi di circa 15 anni per ben cinque volte (il 13 marzo, 31 maggio, 7 giugno, 10 giugno e 2 settembre 2024, ed è stata accompagnata il 31 maggio dall’ulteriore espressione a connotazione sessuale “suca”); trattandosi di una chat, le espressioni in argomento sono state percepite non solo dal diretto destinatario del messaggio, ma da tutti i giovani partecipanti al gruppo whatsapp. Ed è utile sottolineare sul punto che la specifica e chiara indicazione nell’incolpazione della fattispecie di violazione disciplinare quale “espressione offensiva a connotazione sessuale” abbia consentito alla parte il pieno esercizio del diritto di difesa e di comprendere l’oggetto dell’addebito, a nulla rilevando la mancata specifica qualificazione del comportamento quale “molestia sessuale”. La riprova è data dal fatto che non solo il deferito ha dichiarato nel suo esame “trattarsi di espressione linguistica riferibile all’organo sessuale maschile…..senza però alcun riferimento di natura pedopornografica…” ed ammettendo comunque la natura sessuale dell’espressione, ma si è anche attivato a far sì che le sue indagini difensive (cfr. dichiarazioni di ….) fossero incentrate anche su tale aspetto. Il fatto, pertanto, è stato contestato nei suoi elementi strutturali ed essenziali ed è stato consentito un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 59/TFN - SD del 25 Settembre 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: – R.M.T. - Reg. Prot. 37/TFN-SD

Massima: Infondata è l’eccezione di nullità dell’atto di deferimento per la genericità dei capi di incolpazione L’art. 125, comma, 4, CGS, indica il contenuto dell’atto di deferimento. Secondo detta norma, nel suddetto atto devono essere descritti i fatti che si assumono accaduti, enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare. Nel caso di specie, la Procura ha puntualmente rispettato quanto disposto dalla norma, indicando analiticamente le fonti di prova, le norme violate, le condotte addebitate, riportando, per di più in corsivo, nei singoli capi di incolpazione non solo il contenuto dei messaggi contestati ma anche il riferimento al documento prodotto come allegato all’esposto e contenente la riproduzione del relativo screenshot. Né, per sostenere la nullità dell’atto di deferimento, può valere la circostanza che nei capi di incolpazione 2 e 3 sarebbe stata menzionata la generica violazione dell’art. 4 del Regolamento FIGC per la prevenzione e il contrasto di abusi, violenze e discriminazioni, senza specifica contestazione in ordine alle condotte ivi contemplate. E’, difatti, principio pacifico, sia nella giurisprudenza penale e sia in quella sportiva, quello secondo cui non sussiste alcuna incertezza sull'imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa, non essendo necessaria una indicazione assolutamente dettagliata dell'imputazione stessa (Cass. 2023/2544; Decisione/0091/CFA-2022-2023). Per ritenere la nullità del capo di incolpazione deve sussistere, in altri termini, un’impossibilità per l’incolpato di conoscere l'oggetto dell'addebito e l'attività materiale (nei suoi profili storici essenziali) in ordine alla quale viene chiamato a rispondere. Ebbene, i capi di incolpazione 2 e 3, pur non riportando espressamente l’indicazione della specifica fattispecie di abuso, violenza e discriminazione di cui all’art. 4 del succitato Regolamento FIGC contestata, individuano con assoluta precisione i fatti materiali di cui il … è chiamato a rispondere, consentendogli, pertanto, di svolgere una consapevole difesa. E ciò a prescindere, come si vedrà in seguito, dalla configurabilità o meno, nell’ambito della condotta contestata, delle fattispecie di cui all’art. 4 del Regolamento FIGC.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 5/TFN - SD del 14 Luglio 2025  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: M.M.T., M.M., M.M. - Reg. Prot. 239/TFN-SD

Massima: Infondata è l’eccezione di nullità dell’avviso della conclusione perchè in detto atto la Procura Federale non avrebbe declinato il fatto oggetto di incolpazione specificamente per ciascun indagato, con ciò incorrendo nella nullità denunciata. Ci si limita sul punto a rilevare che secondo il disposto dell’art. 123, comma 2, C.G.S., l’avviso della conclusione delle indagini deve contenere unicamente “una sommaria enunciazione del fatto per il quale si intende procedere, la data e il luogo nel quale è stato commesso e le norme che si assumono violate”, sicché davvero non si comprende – anche alla luce delle ampie difese svolte sin dalla fase delle audizioni in atti e nel corso delle indagini da tutti gli odierni deferiti con ampie memorie – quale possa essere la carenza dell’atto.

Massima: Quanto alla presunta violazione del segreto istruttorio che sarebbe stata commessa dal delegato alle indagini con l’ostensione della copia cartacea della chat “incriminata”, rileva il Tribunale come, contrariamente a quanto lamentato dagli incolpati, nessuna irregolarità risulta commessa. Al contrario, la condotta del collaboratore della Procura Federale, in ossequio ai principi generali dell’ordinamento, si è sostanziata nell’ostensione degli elementi acquisiti sui quali tutti gli odierni deferiti sono stati posti nelle condizioni di esercitare appieno il proprio diritto di difesa. Del resto, anche ai sensi dell’art. 329 c.p.p. gli atti delle indagini preliminari sono coperti da segreto “fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza” ed il momento principe nel quale tale conoscenza si può verificare è certamente la contestazione, in sede di interrogatorio, degli elementi acquisiti a carico dell’indagato.

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