Decisione T.F.N.- Sezione Tesseramenti: Decisione n. 1/TFNT del 17 Luglio 2025 (motivazioni)
Impugnazione Istanza: Ricorso proposto dall'A.E. R.M.,avverso la delibera resa dal Comitato Nazionale A.I.A., pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 122 del 29 aprile 2025, con la quale è ratificato il ritiro della tessera nei confronti del ricorrente ai sensi degli artt. 30, lett. f), e 58 del Regolamento A.I.A.
Massima: Rigettato il ricorso proposto dall’arbitro d avverso la delibera del Comitato Nazionale A.I.A., con la quale è ratificato il ritiro della tessera adottato dal Collegio Regionale dei Probiviri del Molise per l’assenza “assenza ingiustificata per oltre cinque riunioni tecniche nella medesima stagione sportiva”…Permane il testo dell’art. 42, comma 3, lettera K) che al comma 3 prevede che gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono altresì obbligati a frequentare le riunioni tecniche (è soppresso l’inciso “obbligatorie”), giustificando anticipatamente eventuali assenze, ad eccezione degli associati che fanno parte degli Organi direttivi nazionali, regionali e provinciali ... etc. Ecco, dunque, che è normativamente stabilito nell’ordinamento federale, sia l’obbligo di partecipare alle riunioni tecniche, sia l’obbligo di giustificare in anticipo l’eventuale assenza. L’articolo 58 (rubricato “Procedimento di ritiro tessera”) stabilisce il rito del procedimento volto all’adozione del provvedimento di “ritiro della tessera” Resta invariato l’art. 63 del Regolamento (rubricato “Sanzioni”) in base al quale:<<1. Fermo quanto previsto dall’art. 9, comma 7 bis del Codice di Giustizia Sportiva e dal precedente art. 30, gli appartenenti all’AIA che si rendono responsabili della violazione delle norme del presente Regolamento e delle norme secondarie dell’AIA, sono punibili con le seguenti sanzioni: 1. il rimprovero; 2. la censura; 3. la sospensione sino ad un massimo di due anni 4. esclusione dall’AIA. 5. La sanzione è commisurata in considerazione della natura e della gravità della condotta dell’associato, precedente e successiva all’infrazione medesima.>>. E’ opportuno ricordare che l’AIA nel 2011 ha adottato un proprio Codice Etico. Il detto Codice Etico prevede al punto 3 (rubricato “Valori e principi dell’associazione”) secondo capoverso che: <<È valore irrinunciabile ed imprescindibile di tale attività, la correttezza e la lealtà nella vita sportiva come in quella sociale. Il collante tra questi due principi, che allo stesso tempo ne costituisce il fondamento, è la cultura del “fair play”, valore da applicare non solamente sui campi di gioco ma a cui riferirsi come stile di vita, attraverso il rifiuto dell’inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi e/o profitti non parimenti raggiungibili con le sole proprie capacità.>>. Al punto 5 (rubricato “Principi generali”) secondo capoverso del Codice è stabilito che:<<Nell’esercizio delle attività di rispettiva competenza ogni Associato deve dimostrare sempre trasparenza, onestà, lealtà, correttezza, equità, imparzialità, segretezza, riservatezza, probità, terzietà, rispetto delle regole, indipendenza, decoro, rigore, autonomia, autorevolezza, integrità morale, mirando al raggiungimento del c.d. “principio di qualità” >>. All’art. 6 (rubricato “Comportamenti”) paragrafo 6.1 (rubricato “Principi”) del Codice è stabilito che:<<Il comportamento dell’Associato deve essere espressione di legalità ed apparire come tale, deve riscuotere la fiducia e l’affidamento attraverso comportamenti improntati alla dignità della funzione, alla correttezza ed alla lealtà. I comportamenti oltre a riferirsi al senso di giustizia, devono essere ispirati alla “virtù del ben operare”. - Deve essere alimentato lo spirito di appartenenza; l’orgoglio della propria funzione deve manifestarsi anzitutto con il costante aggiornamento e nell’approfondimento della propria preparazione. - Tutte le attività, in particolare quelle burocratiche (referti, rapporti, ecc.) devono essere improntati alla lealtà, alla sinteticità e alla fedeltà de fatti veramente avvenuti ed essere intellegibili, evitando la superficialità e l’approssimazione. - Gli Associati devono mantenere tra loro rapporti verbali ed epistolari secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti. Le critiche, i modi e i toni devono rientrare sempre nell’alveo regolamentare e non devono essere anonimi, né formulati mediante utilizzo di nomi di fantasia o “nickname” atti ad impedire l’immediata identificazione del loro autore. Tra gli appartenenti all’AIA ci deve sempre essere solidarietà, tutti devono essere accumunati da un sentimento di mutua considerazione e rispetto reciproco, evitando di creare attriti, calunnie e conflitti d’interesse. Non devono essere mai usate espressioni, offensive e ingiuriose, nei confronti degli altri. - L’Associato svolge le proprie funzioni con diligenza ed operosità, cura con diligenza l’organizzazione e l’utilizzo delle risorse personali e materiali disponibili. Garantisce l’indipendenza e la serenità dell’attività di tutti gli addetti, assicurando trasparenza ed equanimità, respingendo ogni ingerenza esterna.>>. Ecco, dunque, che già le regole di comportamento gerarchicamente più prossime all’Associato gli impongono un comportamento che sia ispirato dalla correttezza, secondo i principi di colleganza e di rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti evitando superficialità ed approssimazione. L’art 42 del Regolamento, laddove prevede che gli arbitri, in ragione della peculiarità del loro ruolo, sono altresì obbligati a frequentare le riunioni tecniche, esprime la necessità che gli Associati mantengano una condotta aderente alle esigenze organizzative dell’Associazione in vista dell’importante funzione che ad essa è demandata dall’ordinamento sportivo, vale a dire l’ attività di ufficiali di gara nelle competizioni della FIGC e degli organismi internazionali cui aderisce la Federazione stessa, (articolo 1, comma 1, del Regolamento rubricato “Natura e funzioni”). Il quadro normativo che contempla la violazione, pertanto, non protegge semplicemente il “decoro” che ci si attende dagli Associati su un mero piano comportamentale, qualificandolo come doveroso per ragioni morali. Esso, piuttosto, normativizza una condotta (la partecipazione alle riunioni tecniche) che si pone necessaria e funzionale allo svolgimento dei compiti propri della ragion d’essere della stessa Associazione. La violazione ascritta al ricorrente, pertanto, non è mera espressione di biasimo per essersi discostato dall’attività dei propri consociati sportivi. Essa è, piuttosto, finalizzata a sanzionare coloro che, a causa della mancata partecipazione alla vita associativa, hanno generato un vulnus negli equilibri dell’attività federale, con conseguente pregiudizio per la “buona qualità” dell’attività degli Ufficiali di gara nelle competizioni sportive. Il contenuto ultimo della norma violata, dunque, si sostanzia in un “merito etico” che non è metagiuridico, ma trova concretezza nella necessità imprescindibile del mantenimento degli equilibri e dei rapporti tra le varie componenti federali, le quali nel caso in esame sono immediatamente volte al regolare svolgimento dei Campionati sportivi. Ecco, dunque, che la “misura riparatoria” contemplata dal Regolamento è prevista come diretta a ripristinare il rapporto di “colleganza” dell’Associato con i propri consociati, colmando l’incertezza maturata sul piano del rapporto fiduciario, ma non è necessariamente tale da poter “risanare” le criticità che si sono oramai concretizzate nell’organizzazione della vita federale. Sul piano dell’“effettività”, dunque, il pregiudizio ricevuto dalla A.I.A. potrebbe non essere più reversibile, siccome si è già compiutamente consumato il vulnus, concretizzantesi anche semplicemente nel disagio organizzativo oramai trascorso. Ciò a maggior ragione in quelle realtà federali ove l’attività amministrativa dell’Associazione non dispone di risorse riparatorie di agevole disponibilità ed impiego. Così, se in taluni casi (ed in talune circostanze) è ritenuto sufficiente che per tramite dell’adozione di una “misura riparatoria” si ripristini la fiducia propria del rapporto di “colleganza” dell’Associato con i propri consociati sportivi, in altri casi ciò può non essere ritenuto bastevole, poiché la lesione arrecata dal trasgressore non può più trovare risanamento. In buona sostanza gli impegni che l’Arbitro assume non si pongono quale semplice asserzione di valore morale, ma esprimono la dichiarata consapevolezza del tesserato di essere parte imprescindibile di un mondo “associativo”; mondo che fa ragionevole affidamento sull’attiva partecipazione dei consociati, ciascuno gravato dagli obblighi che ha volontariamente scelto di accettare con l’ingresso nell’ordinamento federale. Il provvedimento del “ritiro della tessera” si pone, allora, come sanzione adeguata poiché producente l’esclusione dall’ordinamento sportivo di quel consociato che si sia rivelato di fatto avulso dalla comunanza di intenti con gli altri “tesserati”. La sanzione inflitta si rivela, quindi, quale misura correttamente “afflittiva” ed “effettiva” per le conseguenze estreme che produce, in perfetta aderenza con le esigenze di celerità e speditezza proprie dell’ordinamento federale. In ordine alle ragioni addotte dall’Arbitro a sostegno delle assenze si può osservare che il testo dell’art. 30, lettera f), del Regolamento AIA, al tempo vigente recitava testualmente:<<…ingiustificate assenze a cinque riunioni tecniche anche non consecutive nella medesima stagione sportiva comunicate per via telematica tramite il portale informatico AIA;>>. Parimenti l’art. 42 del Regolamento, sia nel testo previgente che in quello attuale, prevede la giustificazione anticipata dell’assenza. Il Legislatore, pertanto, con tutta evidenza contempla la possibilità logica dell’assenza ritenendo che l’effetto “lesivo” di essa per la vita associativa possa essere ritenuta sovrastata dalle motivazioni addotte dal trasgressore a propria discolpa. La norma, quindi, con una clausola “aperta” (quella relativa alla giustificazione) consente al prudente apprezzamento dell’Organo federale d ritenere che l vicissitudini del trasgressore possano essere apprezzate come superiori a quelle federali e che, pertanto, lo status di “associato” non si trovi in conflitto (neppure potenziale) con quelle della persona, laddove queste ultime dovessero essere ritenute prevalenti secondo le nozioni del “senso comune” e della ragionevolezza. L’ampiezza consentita dall’ordinamento federale alle giustificazioni possibili opera, pertanto, consapevolmente quale strumento equilibratore dell’appartenenza del consociato federale ad altri ordinamenti, dimodoché lo “status” di associato non si possa trovare a confliggere con gli altri doveri ed obblighi gravanti sul potenziale trasgressore. La flessibilità che la norma riceve dalle consentite “giustificazioni” trova, però, un limite ovvio nei casi in cui vi sia l’impossibilità di conciliare (mediante sovrapposizione) i doveri che gravano sul singolo quale associato con quei doveri che su lui stesso gravino per altre ragioni. E’ di tutta evidenza che laddove questi ultimi doveri si presentino frequentemente prevalenti (per necessità o per arbitrio) su quelli che formano lo “status” di associato sportivo, la posizione del singolo si rivela essere, in realtà, costantemente “esterna” alla vita associativa, sino a rendere priva di significato l’appartenenza del trasgressore all’ordinamento federale. Ecco, dunque, che il provvedimento consistente nel “ritiro della tessera” (collocando il trasgressore al di fuori dell’ordinamento sportivo) si pone contemporaneamente sia come presa d’atto dell’esistenza di una situazione inconciliabile con la vita associativa, sia come volto all’obiettivo che il futuro svolgersi della vita federale possa avere un andamento regolare ed in linea con il progetto che accomuna gli altri consociati sportivi. L’esclusione del trasgressore dall’ordinamento viene, pertanto, ad operare come meccanismo di salvaguardia delle attività lato sensu “amministrative” degli organi associativi, volti al puntuale espletamento delle incombenze ad essi affidate. Rivelatore di tale ratio è il testo dell’art. 42, comma 3, lettera K) del Regolamento (sia nel testo attuale che in quello previgente) laddove si stabilisce che eventuali assenze debbano essere giustificate “anticipatamente”. Appare, infatti, evidente che la necessità di una allerta preventiva dell’assenza sia finalizzata a consentire agli organi federali di adottare quegli accorgimenti che possano eliminare (o ridurre) il pregiudizio provocato dal venir meno di quel “segmento” di attività che era stato affidato al consociato non disponibile. Tale esigenza viene del resto palesata proprio dall’Associazione Italiana Arbitri che nelle comunicazioni a firma Presidente della Sezione AIA di Termoli (datate 27.02.2025 e 21.03.2025) motiva il significato delle comunicazioni stesse, sottolineando che “l’aggiornamento tecnico/associativo è di fondamentale importanza per la crescita individuale di ogni associato” riportando, addirittura, il testo dell’art. 42, comma 3, lettera K) del Regolamento allora vigente. Ecco, dunque, che la condotta omissiva posta in essere dal sig. Maglione, accompagnata dal corrispondente elemento soggettivo, si presenta certamente lesiva dell’interesse protetto dall’ordinamento federale per tramite delle norme poste dal Regolamento Federale dell’A.I.A. Devono aggiungersi, quali ulteriori considerazioni sfavorevoli al ricorrente, il fatto che anche nel presentare l’istanza di revoca a mezzo pec avverso il provvedimento sanzionatorio adottato nei suoi confronti dal Collegio dei probiviri, il …, oltre ad evidenziare la circostanza di non avere riportato alcun altro “provvedimento penale o similare”, ammetteva di essere stato assente solo ad alcune RTO, a fronte, invece, della totalità delle assenze contestategli, motivando tali mancanze “per diverse ragioni, familiari e lavorative come da prove che allego di giustifiche alle quali non ho ricevuta mai risposta alcuna. Sono mesi particolari per me che non mi hanno permesso di essere attivo nell’associazione come sempre fatto negli anni scorsi ma voglio porre rimedio”, ma non fornendo mai, a supporto di tali dichiarazioni, prova documentale della consistenza e della eccezionalità di tali impedimenti che, come già rilevato, hanno rappresentato, di contro, una costante tale da impedirgli di prendere parte a tutte le R.T.O. della stagione sportiva di riferimento.