F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezioni Unite – 2025/2026 – figc.it – atto non ufficiale – DECISIONE N. 0020/CSA pubblicata del 14 Ottobre 2025 – Sig. Paolo Bravo
Decisione/0020/CSA-2025-2026
Registro procedimenti n. 0007/CSA/2025-2026
LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Antonino Savo Amodio – Presidente
Patrizio Leozappa – Componente
Fabio Di Cagno – Componente
Roberto Caponigro - Componente
Claudio Contessa - Componente (relatore)
Franco Granato - Rappresentante A.I.A.
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul procedimento 0007/CSA/2025-2026, proposto dal Sig. Paolo Bravo in data 4.09.2025, per la riforma della decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie B Com. Uff. n. 17 del 26.08.2025;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza del 3 ottobre 2025, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Claudio Contessa e uditi gli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Filippo Pandolfi per il reclamante.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Come già esposto con l’ordinanza di rimessione della I Sezione in data 15 settembre 2025, con reclamo in data 4 settembre 2025, il sig. Paolo Bravo (Dirigente sportivo della soc. Sϋdtirol) ha chiesto la riforma della sanzione inflitta dal Giudice sportivo della Lega Nazionale Professionisti di Serie B, pubblicata il 26 agosto 2025, con cui è stata irrogata nei suoi confronti l’ammenda di euro 10.000 (diecimila) in relazione alle condotte da lui poste in essere in data 24 agosto 2025, al termine della partita Catanzaro – Sϋdtirol.
Per come desumibile dal referto arbitrale e dal provvedimento di irrogazione della sanzione, all’odierno reclamante è stata contestata una condotta di carattere sostanzialmente unitario ma astrattamente riconducibile alle previsioni di cui all’art. 36 del C.G.S. FIGC (‘Altre condotte nei confronti degli ufficiali di gara’, con particolare riguardo alle condotte ingiuriose o irriguardose che non concretizzino un contatto fisico) e di cui al successivo art. 37 (‘Utilizzo di espressioni blasfeme’). Tali disposizioni non sono state comunque richiamate in modo espresso nella decisione qui impugnata.
Si osserva che nessuna delle disposizioni sanzionatorie astrattamente applicabili al caso in esame contempla l’irrogazione della sanzione dell’ammenda.
Con un unico motivo di reclamo (rubricato ‘Eccessiva severità, gravosità ed afflittività della ammenda inflitta al sig. Paolo Bravo – Totale assenza di critica irrispettosa nei confronti del direttore di gara’), il sig. Bravo ha censurato il merito della decisione e ha concluso: a) in via principale, per la riduzione della sanzione dell’ammenda alla misura di euro 3.000 (tremila); b) in via subordinata per la riduzione della sanzione dell’ammenda alla misura di euro 5.000 (cinquemila); c) in via ulteriormente subordinata, per la commutazione della gravata sanzione pecuniaria in mesi uno (1) di inibizione, ai sensi dell’art. 37 C.G.S. FIGC.
In particolare, in sede di reclamo il sig. Bravo, pur richiamando il principio di tassatività nella materia sanzionatoria, non ha domandato il radicale annullamento dell’irrogata sanzione ma ha, in sostanza, concluso nel senso dell’irrogazione di una sanzione di carattere più lieve rispetto a quella in concreto disposta.
Con ordinanza adottata in data 15 settembre 2025 la I Sezione ha rilevato che nel caso in esame occorresse individuare un adeguato punto di equilibrio fra (da un lato) il principio della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato in relazione al canone della specificità dei motivi, intesi quali princìpi generali del processo sportivo richiamati dall’art. 2, comma 2 dei Princìpi di giustizia sportiva del CONI e (dall’altro) il potere di valutare diversamente, in fatto e in diritto, le risultanze del procedimento di primo grado espressamente riconosciuto a questo Giudice sportivo di appello dall’art. 73, comma 2 del C.G.S., anche in relazione al canone di tipicità delle sanzioni in concreto irrogabili.
Ha quindi ritenuto che, ai sensi dell’art. 70, comma 4, del C.G.S., la questione di diritto sottoposta al Collegio potesse dar luogo a contrasti giurisprudenziali e ha quindi ravvisato l’opportunità di rimettere alle Sezioni unite la seguente questione: “Se l’articolo 73, co. 2 C.G.S. FIGC (il quale consente a questo Giudice di appello di valutare diversamente “in fatto o in diritto” le risultanze del procedimento di primo grado, decidendo nuovamente nel merito con possibilità di rideterminare la sanzione), letto in combinazione con il principio di specificità dei motivi di cui all’art. 71, comma 4 C.G.S. FIGC (riconducibile al principio della domanda quale canone del giusto processo ai sensi dell’articolo 2, comma 2 dei princìpi di Giustizia sportiva CONI) e al principio di tipicità e tassatività delle sanzioni, consenta a questo Giudice sportivo di appello (non solo di rideterminare il quantum sanzionatorio, ma) di modificare in toto la natura e la tipologia stessa della sanzione irrogabile”.
All’udienza del 3 ottobre 2025, uditi i difensori del reclamante, il reclamo è stato trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il quesito posto dalla Sezione rimettente verte essenzialmente sull’interpretazione dell’articolo 73, co. 2, primo periodo del C.G.S. FIGC, secondo cui “la Corte sportiva di appello a livello nazionale se valuta diversamente, in fatto o in diritto, le risultanze del procedimento di primo grado, riforma in tutto o in parte la decisione impugnata, decidendo nuovamente nel merito con possibilità di aggravare le sanzioni a carico del reclamante”.
Il quesito, per come articolato, pone essenzialmente due questioni:
1) se questa Corte possa procedere a una (del tutto) diversa valutazione in fatto o in diritto dei fatti e delle allegazioni esposti in sede di reclamo (anche attraverso una piena riqualificazione di quanto esposto in sede di atto introduttivo), ovvero se il potere di operare una diversa valutazione incontri comunque il limite delle allegazioni e delle richieste di parte, nonché della qualificazione giuridica dei fatti operata dal primo Giudice;
2) se il principio di tassatività delle sanzioni comporti che, nel caso in cui sia stata irrogata una determinata sanzione in relazione a una condotta per la quale tale sanzione non è in radice prevista, la Corte debba limitarsi ad annullare la disposta sanzione, ovvero se la stessa disponga di un più ampio potere di riqualificazione, fino a poter modificare in toto la natura e la tipologia stessa della sanzione irrogabile.
Al fine di fornire risposta ai quesiti posti dalla Sezione rimettente (e per quanto riguarda, in particolare, l’applicazione dei princìpi della specificità dei motivi e della domanda nel giudizio sportivo) giova premettere: i) che lo stesso reclamante ha pienamente ammesso i fatti contestati nella loro materialità; ii) che lo stesso non ha domandato di andare del tutto esente da sanzione; iii) che, infine, il reclamante ha comunque chiesto (sia pure in via gradata) l’irrogazione nei propri confronti della sanzione dell’inibizione, in effetti prevista dai richiamati articoli 36 e 37 del C.G.S. FIGC.
Ebbene, tanto premesso, ritiene il Collegio che i poteri di cognizione e di decisione delineati dal richiamato art. 73, co. 2 debbano essere intesi nella più ampia latitudine applicativa, conformemente al carattere di giurisdizione di merito delineata dal C.G.S. FIGC.
Vanno qui richiamati in primo luogo i numerosi precedenti dei Giudici sportivi di appello i quali hanno inteso il potere di riqualificazione del casus decisus sino a un’integrale sostituzione della tipologia di sanzione inizialmente irrogata (sul punto – ex
multis -: Corte Federale di Appello, Sez. Un., n. 091/CFA/2020-2021 del 6 aprile 2021 – peraltro richiamata dalla stessa parte reclamante -).
In tali precedenti il Giudice sportivo di appello, pur senza esplicitare il principio di diritto sottostante, ha esercitato in concreto il potere di piena rivalutazione - in fatto e in diritto – della fattispecie, adottando una nuova decisione di merito, non solo nel senso di operare una nuova graduazione nell’ambito della tipologia di sanzione già irrogata, ma anche nel senso di riqualificare in toto gli stessi fatti sottoposti al proprio giudizio. Tale ampio potere di rivalutazione (per come delineato dall’art. 73, co. 2 C.G.S. FIGC) consente di certo di individuare ex novo la sanzione in concreto applicabile (in ipotesi, del tutto diversa da quella inizialmente irrogata) e operare una nuova valutazione dosimetrica ai fini di stabilire il corretto quantum sanzionatorio.
Queste Sezioni Unite ritengono che l’orientamento appena richiamato sia del tutto compatibile con la littera e la ratio sottese alla formulazione del più volte richiamato art 73, co. 2, nonché coerente con l’ampia e peculiare declinazione della giurisdizione di merito riconosciuta al Giudice sportivo.
Si osserva inoltre che il richiamato orientamento (al quale queste Sezioni Unite intendono riconoscere piena continuità), piuttosto che porre questioni di compatibilità con i princìpi di tipicità e tassatività nella materia sanzionatoria, consenta al contrario di garantire in massimo grado l’attuazione di tali princìpi, giungendo all’applicazione proprio della (e solo della) sanzione prevista dall’Ordinamento sportivo per la fattispecie concreta (se del caso, anche rimodulando o sostituendo l’inesatta decisione del Giudice di primo grado nell’an e nel quomŏdo prima ancora che nel quantum).
Per le ragioni esposte al quesito posto dalla Sezione rimettente deve essere fornito riscontro enunciando il seguente principio:
“l’articolo 73, co. 2 C.G.S. FIGC (il quale consente alla Corte sportiva di appello di valutare diversamente “in fatto o in diritto” le risultanze del procedimento di primo grado, decidendo nuovamente nel merito con possibilità di rideterminare la sanzione), letto in combinazione con il principio di specificità dei motivi di cui all’art. 71, comma 4 C.G.S. FIGC e con il principio di tipicità e tassatività delle sanzioni, consente alla Corte (non solo di rideterminare il quantum sanzionatorio, ma) di modificare in toto la natura e la tipologia stessa della sanzione irrogabile”.
Una volta enunciato il principio di diritto, queste Sezioni Unite ritengono che la controversia possa essere definita direttamente, senza necessità di rinvio alla Sezione rimettente.
È infondato il primo degli argomenti articolati dal reclamante, il quale lamenta il carattere generico di quanto riportato nel referto arbitrale al fine di contestare una condotta irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara.
Al contrario, il referto arbitrale riporta in modo adeguatamente circostanziato la condotta dell’incolpato, le frasi utilizzate e le modalità con cui le stesse sono state proferite. Il referto in atti consente – contrariamente a quanto ritenuto dal reclamante – di individuare i fatti oggetto di contestazione e di apprezzarne la specifica gravità.
La decisione della CSA n. 124/2024, invocata dal reclamante a supporto delle proprie tesi, si riferisce invece al diverso caso (che qui non ricorre) in cui dal referto arbitrale non era dato comprendere in modo esatto quali fossero le condotte contestate e le frasi proferite.
È inoltre infondato il secondo degli argomenti articolati dal reclamante, il quale osserva che la critica rivolta alla terna arbitrale si sarebbe mantenuta entro i confini dell’(ordinario e legittimo) diritto di critica, pur tenendo conto della comprensibile foga del momento.
Il carattere irriguardoso delle frasi rivolte alla terna arbitrale, secondo il reclamante, dovrebbe essere valutato nel contesto complessivo in cui le stesse di collocano e apprezzato nel suo insieme.
Osserva sul punto il Collegio che, seppure sia astrattamente concepibile l’esercizio di un diritto di critica all’operato arbitrale – anche nell’immediatezza del termine della competizione –, non è invece certamente consentito rivolgere al gruppo arbitrale pubblicamente, genericamente e con clamore una sostanziale critica di parzialità, peraltro con tono aggressivo e condendo la censura con parole blasfeme.
Le modalità con cui la vicenda si è svolta travalicano di certo il fisiologico e legittimo esercizio del diritto di critica e si collocano invece nell’alveo dell’illiceità sportiva.
È poi infondato il terzo degli argomenti articolati dal reclamante, il quale osserva che, nel valutare la specifica gravità delle espressioni utilizzate, il Giudice sportivo di prima istanza avrebbe dovuto tenere conto del contesto culturale di provenienza dell’incolpato (il sig. Paolo Bravo è nato e cresciuto a Brescia e in quel contesto le espressioni blasfeme non presenterebbero un grave disvalore sociale), nonché della “scarica di stress emotivo del post gara”.
Se infatti, in via astratta, è ipotizzabile tenere conto del contesto culturale di riferimento dell’incolpato ai fini della valutazione della specifica gravità della condotta, d’altra parte l’oggettiva gravità della stessa e le modalità con cui essa è stata posta in essere non consentono di annullarne – e neppure di attenuarne – la gravità ai fini sanzionatori.
È importante sottolineare al riguardo la peculiare qualifica soggettiva di dirigente sportivo del reclamante: si tratta di un professionista nei cui confronti è certamente esigibile (pur nel comprensibile stress di alcune fasi della competizione) una condotta particolarmente attenta e continente.
Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per scrutinare il quarto degli argomenti articolati dal reclamante, il quale osserva che, nel valutare la gradualità e la proporzionalità della condotta contestata, risulterebbe irragionevole aver irrogato all’incolpato una sanzione il cui importo (10mila euro) risulta persino superiore rispetto a quello di una mensilità netta di stipendio (9.983,00 euro a luglio 2025, secondo la documentazione in atti).
Non si fa luogo ad esaminare il motivo appena richiamato in quanto – per le ragioni che a breve si esporranno – non verrà qui applicata la sanzione pecuniaria. Non emerge dunque una ragione effettiva per discutere del quantum di tale tipologia di sanzione.
Per le medesime ragioni non sussistono i presupposti per esaminare sia il settimo degli argomenti articolati dal reclamante (secondo cui il primo Giudice avrebbe applicato una sanzione – pecuniaria - eccessivamente afflittiva, con conseguente violazione dei cc.dd. ‘Engel criteria’ e della giurisprudenza ‘Grande Stevens’), che l’ottavo (secondo cui il primo Giudice non avrebbe valutato in modo adeguato le circostanze rilevanti ai sensi del C.G.S. della FIGC, art. 16 - in particolare, la condizione economica dell’incolpato -, così pervenendo all’irrogazione di una sanzione – pecuniaria - complessivamente incongrua e quindi illegittima).
È poi infondato, anche alla luce del principio di diritto dinanzi enunciato, il quinto degli argomenti articolati dal reclamante, il quale osserva che la scelta del Giudice sportivo di irrogare nei propri confronti la sanzione pecuniaria dell’ammenda risulterebbe violativa del principio di tassatività in materia sanzionatoria, atteso che il CGS della FIGC, art. 37 contempla l’irrogazione della sola squalifica/inibizione per sanzionare l’utilizzo di espressioni blasfeme, e non anche la sanzione pecuniaria dell’ammenda.
L’argomento non può condurre ad accogliere la richiesta formulata in via principale dal reclamante, diretta a ridurre l’importo della sanzione pecuniaria. Infatti, alla luce del principio dinanzi enunciato, l’art. 73, comma 2, C.G.S. FIGC, nel consentire a questo Giudice di appello di valutare diversamente – in fatto o in diritto – le risultanze del procedimento, consente allo stesso di rideterminare la sanzione, facendo però applicazione di quella specificamente prevista per la condotta (o le condotte) in concreto sanzionabile(i). Il che, come già rilevato, risulta del tutto conforme all’invocato principio di tipicità e tassatività nella materia sanzionatoria.
Per quanto riguarda la sanzione in concreto irrogabile, il Collegio (anche alla luce dei più volte richiamati poteri di riqualificazione della complessiva fattispecie ex art. 73, co. 2 C.G.S. FIGC) ritiene che l’appellante abbia certamente tenuto una condotta ingiuriosa e irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara (per la quale l’art. 36, co 2, lett. a) del C.G.S. FIGC prevede la sanzione minima dell’inibizione per due mesi) e che abbia utilizzato espressioni blasfeme (per le quali l’art. 37, co 1, del C.G.S. FIGC prevede la sanzione dell’inibizione – pur senza indicare un quantum sanzionatorio minimo -).
Ebbene, valutate la natura e la gravità dei fatti commessi (art. 12, co. 1 C.G.S. FIGC), ivi compresa la prospettata (con il sesto motivo di doglianza) continuazione fra le condotte sanzionabili poste in essere dal reclamante, nonché tutte le circostanze rilevanti del caso, il Collegio, previa riqualificazione della condotta sanzionata (che va ricondotta alle previsioni di cui agli artt. 36, co. 2, lett. a) e 37, co. 1 del C.G.S. FIGC), in riforma della decisione impugnata, ridetermina la sanzione da applicare all’incolpato in mesi 2 di inibizione.
P.Q.M.
Enuncia il principio di diritto di cui in motivazione e, in riforma della decisione impugnata, previa riqualificazione della condotta sanzionata, ridetermina la sanzione nell'inibizione per mesi 2.
Dispone la comunicazione alla parte con Pec.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Contessa Antonino Savo Amodio
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce