F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2025/2026 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0032/CFA pubblicata il 15 Ottobre 2025 (motivazioni) – Sigg.ri Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi
Decisione/0032/CFA-2025-2026
Registro procedimenti n. 0024/CFA/2025-2026
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Giuseppe Castiglia – Presidente
Roberta Landi – Componente
Stefano Toschei - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente:
DECISIONE
sul ricorso numero 0024/CFA/2025-2026 proposto dai signori Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi in data 8 settembre 2025, per la revocazione della decisione del Tribunale Federale Territoriale assunta nella riunione del 30 luglio 2025 e pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 31 del 22 agosto 2025, nella parte in cui dispone la sanzione di n. 3 mesi di squalifica nei confronti di Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi;
Visto il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del 7 ottobre 2025, tenutasi in in modalità mista, il Cons. Stefano Toschei e uditi l’Avv. Leonardo Arnese per i reclamanti e l’Avv. Giovanni Greco per la Procura federale interregionale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso depositato in data 8 settembre 2025 i signori Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi, tutti tesserati come calciatori della società Atletico Roma Nord Lodigiani, hanno impugnato per revocazione la decisione del Tribunale Federale Territoriale assunta nella riunione del 30 luglio 2025 e pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 31 del 22 agosto 2025, con la quale erano irrogate diverse sanzioni nei confronti di alcuni tesserati della predetta società, ma nello specifico nella parte in cui a ciascuno dei tre suindicati calciatori era inflitta la sanzione della squalifica per la durata di tre mesi per avere violato “(l)’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto e disposto dall’art. 23 delle N.O.I.F., e dall’art. 39, lett. Ga), del Regolamento del Settore Tecnico, per avere svolto, nella stagione sportiva 2024 - 2025 fino al 30.4.2025, il ruolo ed i compiti di allenatore della scuola calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani nonostante fosse sprovvisto della qualifica di tecnico di cui all’art. 39 del Regolamento del Settore Tecnico”.
Dalla documentazione presente nel fascicolo digitale posto a disposizione del Tribunale Federale Territoriale nonché da quello del presente giudizio di revocazione emerge che:
- in seguito ad una segnalazione del Gruppo Regionale Lazio dell’A.I.A.C. avente ad oggetto l’attività di allenatore della Scuola Calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani svolta da tesserati privi della necessaria abilitazione, a supporto della quale era allegata una fotografia ritraente un gruppo di calciatori della Scuola Calcio della predetta società con un allenatore, si avviavano delle indagini volte a acquisire elementi utili al fine di verificare l’effettività di quanto segnalato;
- all’esito dell’attività inquirente veniva accertato che la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, nella stagione sportiva 2024 – 2025, aveva effettivamente omesso di tesserare tecnici abilitati per le squadre Under 17, Under 16, Under 15 ed Under 14 nonché per la Scuola Calcio della predetta società sportiva;
- l’attività istruttoria si arricchiva con l’audizione, da parte della Procura Federale, tra gli altri, del presidente della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, signor Marco Natti, il quale riferiva testualmente quanto segue (peraltro riportato puntualmente nel corpo della motivazione della decisione del Tribunale territoriale qui oggetto di ricorso per revocazione): “L’U17 invece era allenata ad inizio stagione dal sig. Simone Corteggiano, che è andato via a gennaio scorso, ed è stato sostituito dal sig. Roberto Lelli. L’U16 invece è seguita, fin dall’inizio della stagione, dal sig. Massimiliano Vigneri. L’U15 invece allena il sig. Mattia Bellini, anche qui da inizio stagione. L’U14 la segue il sig. Roberto Lelli, e per la Scuola Calcio i tecnici sono i sigg.ri Fabio Pirani, Roberto Lelli che fa anche da coordinatore, il sig. Massimiliano Vigneri e 4 ragazzi che militano in prima squadra e seguono gli allenamenti della Scuola Calcio e sono i sigg.ri Lorenzo Lancioni, (che studia Scienze Motorie e ne approfitta per fare del tirocinio), il sig. Giovanni Lombari, il sig. Daniele Asprella ed il sig. Pietro Invernizzi. (…) per ciò che concerne la Scuola Calcio riconosco la nostra posizione irregolare non avendo ancora tesserato tecnici abilitati (…) e quelli titolati, ovvero i sigg.ri Pirami Fabio, Roberto Lelli e Massimiliano Vigneri, sono forse rimasti CRL 31 LND/5 bloccati dalla richiesta di integrazione effettuata dal Settore Tecnico e a noi evidentemente sfuggita. (…). Prendo atto della nostra posizione da regolarizzare, impegnandomi fin d’ora a trovare i corrispettivi opportuni sia per la Scuola Calcio che per le sezioni agonistiche”;
- l’ufficio inquirente dava atto che quanto riferito dal presidente della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, signor Marco Natti, trovava piena conferma negli atti e nei documenti acquisiti durante l’espletamento delle attività di indagine e, in particolare, nell’elenco dei tecnici tesserati per la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani nella stagione sportiva 2024 - 2025 e negli estratti di tesseramento acquisiti.
In ragione di quanto sopra, all’esito dell’attività istruttoria svolta, tenuto conto della richiesta della Procura Federale, il Tribunale Federale Territoriale, nella riunione del 30 luglio 2025, ritenuta la fondatezza di quanto contestato alla predetta società e ad alcuni dei suoi tesserati, disponeva l’irrogazione di numerose sanzioni nei confronti di coloro che si erano dimostrati avere violato le norme contestate. In particolare ai tesserati come calciatori della ridetta società, signori Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi, era inflitta la sanzione della squalifica per la durata di tre mesi per avere violato l’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche con riferimento a quanto disposto dall’art. 23 delle N.O.I.F., e dall’art. 39, lett. Ga), del Regolamento del Settore Tecnico, avendo svolto, nella stagione sportiva 2024 - 2025 fino al 30 aprile 2025, il ruolo ed i compiti di allenatore della scuola calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani nonostante fossero sprovvisti della qualifica di tecnico di cui all’art. 39 del Regolamento del Settore Tecnico.
Nei confronti di tale decisione non emerge, agli atti, la proposizione di alcuno strumento di ordinaria impugnazione da parte dei suddetti interessati.
Con il ricorso qui in esame i signori Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi ritengono di poter proporre ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 63, comma 1, lettere c), d), e) C.G.S. a questa Corte federale d’appello perché:
- il deferimento della Procura Federale è stato trasmesso esclusivamente alla società di appartenenza, così come la notizia della fissazione della data dell’udienza del 30 luglio 2025 dinanzi al Tribunale Federale Territoriale, sicché i deferiti (che ora propongono ricorso) non sono stati posti nella condizione di difendersi, non avendo modo di raccogliere la documentazione che li avrebbe scagionati dall’incolpazione né di prospettare le proprie difese scritte e orali. A ciò si aggiunga che, come gli altri documenti del contenzioso di primo grado, neppure la decisione assunta dal Tribunale Federale Territoriale è stata loro tempestivamente comunicata, avendone acquisito conoscenza casualmente e grazie alla notizia diffusa in una chat di whatsapp solo in data 28 agosto 2025, vale a dire solo un giorno prima del 29 agosto 2025, data di scadenza del termine di decadenza (di sette giorni dalla data di pubblicazione della decisione di prime cure avvenuta con pubblicazione in data 22 agosto 2025 del C.U. n. 31) per proporre l’ordinario reclamo. Lo spazio temporale utile per predisporre una difesa effettiva, incaricare un legale e raccogliere la documentazione necessaria era, dunque, obiettivamente insufficiente, determinandosi un insuperabile impedimento oggettivo alla proponibilità del mezzo ordinario di gravame, tenuto anche conto che di alcuni importanti documenti gli odierni ricorrenti sono entrati in possesso solo in data 30 agosto 2025;
- i fatti per come contestati ai tre odierni ricorrenti non corrispondono a quanto realmente è accaduto, atteso che l’attività da costoro svolta presso la Scuola calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani si limitava a un ruolo di mera collaborazione e supporto, per come emerge evidente dalla denominazione della chat di whatsapp i cui screenshot sono stati prodotti in atti, all’attività dei signori Roberto Lelli e Fabio Pirami, sempre presenti alle sedute di allenamento, con riferimento ai quali nessuno avrebbe potuto mai pensare che fossero privi del necessario titolo abilitativo, comportandosi costoro da tecnici allenatori e tutti considerandoli tali, anche in ragione del fatto che a ciascuno era affidato un preciso settore di aspiranti calciatori, il primo responsabile dei “pulcini” e il secondo degli “esordienti”. Solamente in data 30 agosto 2025, gli odierni ricorrenti scoprivano che il procedimento di tesseramento dei suddetti “allenatori” era stato sospeso in attesa di integrazione documentale e che, quindi, questi ultimi non avessero ancora, formalmente, conseguito il titolo abilitativo a allenare;
- in ragione dello scenario appena descritto, pare evidente che gli odierni ricorrenti in revocazione non solo non potevano conoscere né immaginare l’assenza di titolo per allenare con riferimento ai signori Lelli e Pirami, ma comunque il loro apporto alle attività svolte da costoro presso la Scuola calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani si presentava decisamente marginale e senza alcuna espressione di potere decisionale, non assumendo la direzione degli allenamenti o delle gare, né svolgendo le mansioni tipiche dell’allenatore di calciatori, limitandosi ad affiancare l’attività di base dei ragazzi con compiti esclusivamente strumentali (quali la sistemazione di “conetti” e di “cinesini”, la predisposizione di campi ridotti, la raccolta dei palloni da gioco, ecc..), nulla a che vedere, dunque, con l’attività propria dell’allenatore di un gruppo di calciatori o aspiranti tali.
Riferiti come sopra i fatti oggetto di contestazione, gli odierni ricorrenti sottolineano di avere mantenuto nel corso del tempo un comportamento caratterizzato dalla più genuina buona fede, confidando nell’operato della società e degli allenatori e senza alcuna consapevolezza di incorrere in violazioni regolamentari, tenuto conto anche che i compiti di controllo e la conseguente responsabilità in caso di omissioni sulla posizione di coloro che compongono lo staff tecnico grava interamente sulla società, che proprio per questo è stata oggetto di specifica sanzione inflitta con la sentenza di primo grado della quale si chiede qui la revocazione. Del resto, non appare plausibile sostenere che i calciatori siano tenuti a verificare la regolarità dei tesseramenti dei propri dirigenti e allenatori.
Di conseguenza i ricorrenti deducono i seguenti motivi di revocazione, ai sensi dell’art. 63, comma 1, lettere c), d), e) C.G.S., al fine di ottenere la riforma, in parte qua, della decisione di primo grado e vedere annullata la squalifica inflitta:
- con riferimento all’art. 63, comma 1, lett. c), C.G.S. i ricorrenti ribadiscono di essersi trovati nell’impossibilità materiale di predisporre, entro il termine decadenziale, un reclamo ordinario nei confronti della decisione del Tribunale territoriale in un tempo utile per fatto imputabile alla mancata notifica dell’avvio del procedimento e della decisione del Tribunale, venendo loro così impedito di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa. Nello specifico, pur essendo stata regolarmente notificata alla società calcistica la comunicazione di deferimento e la convocazione per l’udienza del 30 luglio 2025, la predetta non ha mai informato i propri tesserati, che sono così rimasti del tutto ignari della pendenza del giudizio. Posto che la conoscenza del procedimento è maturata soltanto il 28 agosto 2025, ossia a distanza di quasi un mese dalla pubblicazione della decisione di prime cure, quando ormai i termini ordinari di impugnazione della stessa stavano per spirare, è di tutta evidenza che il comportamento omissivo della società calcistica ha provocato due gravi conseguenze a carico degli odierni ricorrenti: a) essi non hanno potuto presentare memorie nel corso del giudizio di primo grado né depositare documenti utili a escludere ogni loro responsabilità in ordine a quanto contestato né, ancora, chiedere di essere ascoltati in occasione della celebrazione dell’udienza; b) essi non hanno potuto proporre un reclamo ordinario nei confronti della sentenza che confermava l’irrogazione della sanzione nei loro confronti. Peraltro mai la società si è preoccupata di avvisare gli odierni ricorrenti di quanto stava accadendo in sede disciplinare, sicché la conoscenza del giudizio e della sentenza è pervenuta loro solo in data 28 agosto 2025, ossia a distanza di quasi un mese dalla decisione, quando ormai i termini ordinari di impugnazione stavano per spirare, oltre al fatto che gli stessi sono venuti in possesso di rilevante documentazione solo in data 30 agosto 2025, a termine di impugnazione scaduto;
- con riferimento all’art. 63, comma 1, lett. d), C.G.S. i ricorrenti, come già in precedenza si è accennato, ribadiscono di avere avuto la disponibilità di documenti nuovi contenenti elementi decisivi che non potevano essere conosciuti nel corso del procedimento originario. In particolare, i ridetti ricorrenti riferiscono che solo in data 30 agosto 2025, quando i termini per la proposizione del reclamo ordinario erano già spirati, sono venuti a conoscenza della decisiva circostanza che i signori Lelli e Pirami, che per chiunque apparivano e si mostravano essere due allenatori della Scuola calcio presso la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani in realtà risultavano privi di tesseramento con tale qualifica per la società stessa. Tale significativa e decisiva circostanza i tre calciatori oggi ricorrenti, non avendo accesso al portale di tesseramento, non potevano che ignorarla, mentre tale condizione poteva essere ben nota alla società, atteso che essa, naturalmente, era legittimata ad accedere al portale “in rete” di tesseramento, ove sarebbe stato semplice accertare che la procedura per il tesseramento dei due allenatori non si era conclusa a causa di una “richiesta di integrazione” avanzata dalla Lega che, di fatto, aveva bloccato la procedura che mai si era conclusa;
- con riferimento all’art. 63, comma 1, lett. e), C.G.S. i ricorrenti segnalano che nella decisione revocanda non vi è traccia di alcuna motivazione circa il coinvolgimento del signor Mattia Bellini, anch’egli calciatore della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani e deferito dalla Procura federale. Tale patologia che ha colpito la decisione del Tribunale territoriale si compendia in un evidente vizio suscettibile di essere qualificato come una irragionevole disparità di trattamento nei confronti degli altri calciatori coinvolti, tra cui i ricorrenti, sicché la mancata menzione di uno dei deferiti, senza alcuna motivazione al riguardo, costituisce l’esempio paradigmatico di errore di fatto che rende revocabile la decisione di prime cure.
A quanto sopra i ricorrenti aggiungono, ai fini della riformabilità della sentenza di prime cure, che quest’ultima è affetta dai seguenti vizi, che qui sinteticamente si indicano per “titoli”:
a) travisamento dei fatti e dalla violazione di norme fondamentali come gli articoli 4 e 6 C.G.S. nonché dai principi che informano il corretto funzionamento dell'ordinamento sportivo, quali la buona fede e il legittimo affidamento;
b) violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, richiamati dall’art. 9 C.G.S. e costituzionalmente garantiti dall’art. 3 Cost., atteso che nel caso in esame, a fronte della sanzione consistente nella squalifica per la durata di tre mesi a carico di ciascuno degli odierni ricorrenti in revocazione, per come inflitta con la sentenza revocanda, si mostra evidente l’erroneità percettiva nella quale è incorso il primo giudice, posto che la condotta che ha dato luogo alla violazione delle norme del C.G.S. per come contestata dalla Procura va imputata esclusivamente e interamente alla società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani e alla negligenza dei suoi vertici nel gestire la posizione degli allenatori, dal momento che gli odierni ricorrenti hanno avuto un ruolo decisamente rispettoso delle regole codicistiche, avendo svolto, al più, un’attività di mero supporto strumentale all’attività dei due allenatori, con riferimento ai quali essi certo non potevano sapere del mancato tesseramento in detta qualità.
A suffragare le tesi come sopra sinteticamente esposte, i tre ricorrenti richiamano numerosi precedenti giurisprudenziali che conforterebbero pienamente i loro assunti e le loro richieste, che si riassumono nelle seguenti conclusioni: A) annullare la squalifica disposta nei confronti dei ricorrenti; B) in subordine, rideterminare la suddetta squalifica in misura meramente simbolica [individuabile in n. 1 (uno) mese o n. 2 (due) mesi dalla data della decisione impugnata]; C) in estremo subordine, riammettere i tesserati al termine per proporre la cd. “applicazione di sanzioni su richiesta dopo il deferimento” ex art. 127 C.G.S., in deroga ai termini ivi previsti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Come si è già riferito, i ricorrenti chiedono, ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. c), d), e), C.G.S., la revocazione della decisione del Tribunale Federale Territoriale assumendo, in primo luogo di non avere conosciuto, per fatto ascrivibile a terzi e segnatamente alla società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, della pendenza del procedimento che li coinvolgeva e dell’adozione della decisione di primo grado che li sanzionava, senza poter avere la possibilità di difendersi nel corso del procedimento e durante il giudizio e senza la possibilità di impugnare (adeguatamente) in via ordinaria la decisione assunta in prime cure e, in secondo luogo, per avere acquisito (nuovi) elementi a discarico solo in epoca successiva rispetto allo spirare del termine per l’impugnazione in via ordinaria della ridetta sentenza, quand’essa dunque era divenuta inappellabile. Detti “fatti nuovi” consistono nell’aver avuto consapevolezza solo in data 30 agosto 2025 della circostanza che i signori Roberto Lelli e Fabio Pirami, che operavano quali allenatori della Scuola calcio della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, riconosciuti in via generale come tali e così operanti da tempo, in realtà non erano stati mai tesserati nella qualità di allenatori, in quanto non si era completato il relativo procedimento, essendo lo stesso rimasto sospeso in conseguenza di richieste istruttorie formulate dalla Federazione alla società di appartenenza, per come gli odierni ricorrenti hanno potuto apprendere in data 20 agosto 2015 in seguito a precise richieste rivolte fagli stessi alla suddetta società.
2. In punto di diritto è utile, in via preliminare, rammentare alcuni principi che sottendono alla proposizione del ricorso per revocazione nei confronti delle decisioni degli organi della giustizia sportiva ormai passate in cosa giudicata perché non oggetto di ordinario rimedio impugnatorio, tornando anche a puntualizzare quali sono i presupposti per l’esercizio dell’azione per revocazione nei confronti delle decisioni degli organi della giustizia sportiva e richiamando (riproducendoli per stralci, in buona parte) i passaggi rilevanti delle più recenti decisioni assunte in materia dalla Sezione (cfr., tra le più recenti, Corte federale d’appello, Sez. I, n. 19/CFA/2025-2026).
3. Orbene, come è noto, per la costante interpretazione delle Sezioni unite (cfr., tra le molte, Corte federale d’appello, Sez. un, n. 13/2023-2024) alla quale il Collegio ritiene, convintamente, di dare continuità, non palesandosi considerazioni di diverso tenore da valorizzare e facendo così richiamo ai principi elaborati in materia dalla giurisprudenza federale:
- la revocazione e la revisione costituiscono un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale e straordinario, che risponde alle esigenze di porre rimedio ai casi in cui un giudizio si manifesti affetto da patologie che ne hanno turbato il percorso e l’esito e in cui, in assenza di tali turbative, la decisione avrebbe potuto essere diversa (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 5/CFA/2025-2026). In questi casi, eccezionalmente, l’ordinamento può considerare che il bisogno di giustizia prevalga su quello della stabilità della decisione (Corte federale d’appello, Sez. un, n. 29/2023-2024). I due istituti sono modellati sull’analogo istituto del Codice di procedura civile per la revocazione e su quello di procedura penale per la revisione. Secondo i principi generali, anche l’art. 63 C.G.S. prevede per la revocazione e per la revisione una valutazione preliminare di verifica sulla ammissibilità (fase rescindente) e, in caso positivo, una nuova richiesta del merito (fase rescissoria) (Corte federale d’appello, Sez. un, n. 102/2023-2024).
- recita l’art. 63, comma 1, C.G.S.: “Tutte le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte federale di appello, entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti: a) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno all'altra; b) se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione; c) se, a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere; d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia; e) se nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa”;
- come è noto, con riferimento al giudizio per revocazione di cui all’art. 63, comma 1, C.G.S., esso si articola in due distinte fasi: A) una fase rescindente, intesa ad accertare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda; B) una fase rescissoria successiva di riapertura della valutazione di merito, possibile solo quando il riscontro preliminare si sia concluso in senso positivo. Lo scrutinio positivo circa la sussistenza di una delle cause di revocazione consente quindi al giudice sportivo di riaprire il giudizio. Solo se in esito a tale esame preliminare si accerta che sussiste una causa di revocazione, la decisione viene “revocata” e si passa alla seconda fase, in cui viene rinnovato il giudizio, emendando i vizi di quello precedente. Il giudizio preliminare di ammissibilità costituisce, dunque, un filtro funzionale a non consentire la celebrazione del giudizio di revocazione qualora questo già risulti all’evidenza inutile perché i nuovi elementi, per come prospettati, appaiono inconferenti o inidonei, per il loro contenuto, ad intaccare la tenuta del compendio probatorio originario;
- sul piano della prova, il soggetto che ricorre per revocazione, invocando l’applicazione dell’art. 63 C.G.S., deve dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria siano stati acquisiti per cause di “forza maggiore” solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’ordinaria impugnazione. In sostanza, deve essere portata all’attenzione dell’organo decidente l’oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico dei soggetti colpiti dalla decisione in contestazione nel termine “ordinario” suddetto. Pertanto, l’omesso esame di fatto decisivo acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive, e non già dall’inerzia della parte incolpata;
- in particolare va ricordato che sia nel giudizio di revisione che in quello di revocazione il relativo ricorso può ritenersi ammissibile solo se la “nuova prova” posta a suo fondamento sopraggiunga o venga scoperta in un momento successivo al passaggio in giudicato della pronuncia di condanna, poiché, se così non fosse, il giudizio ex art. 63 C.G.S. sostanzialmente si trasformerebbe in un’inammissibile e non prevista possibilità di appello sine die, in violazione dei termini processuali (e perentori) di decadenza, e, in ultima analisi, del principio di certezza e definitività delle pronunce giurisdizionali. Pertanto, le decisioni per le quali è scaduto il termine per l’impugnazione ordinaria possono essere impugnate per revisione o per revocazione soltanto se i presupposti che giustificano il ricorso a detti rimedi siano sopravvenuti o divenuti conoscibili e conosciuti dopo la scadenza del termine medesimo. Sul piano della prova, chi intenda avanzare una richiesta di revisione o di revocazione ex art. 63 C.G.S. è tenuto a dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria siano stati acquisiti, per cause di forza maggiore, solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’ordinaria impugnazione. In sostanza, deve essere fornita la prova rigorosa della oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico dei soggetti colpiti dalla decisione in contestazione nel termine “ordinario”. L’omesso esame di fatto decisivo, dunque, acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive e non già dall’inerzia della parte incolpata (in tale senso, sebbene affrontando soprattutto il rimedio della revisione, ma esprimendo principi plasticamente riferibili alla revocazione, cfr. Corte federale d’appello, Sez. I, n. 9/CFA/2025-2026);
- una diversa interpretazione in merito alla “rigidità” dei presupposti del giudizio “rescindente”, determinerebbe altrimenti il rischio che il semplice rinvenimento di nuove opportunità istruttorie travolga la certezza e definitività delle decisioni federali. Pertanto la revocazione ai sensi dell’art. 63 cit. deve dichiararsi inammissibile, allorché il “nuovo” documento sia stato richiesto dopo il deposito della decisione impugnata, senza che vi sia stata alcuna precedente attivazione della parte onerata, in base a canoni di ordinaria diligenza e in assenza di “forza maggiore” o “fatto altrui” incontrollabili dall’interessato ovvero in presenza di eventi imponderabili, sottratti alla volontà e alla disponibilità della parte (Corte federale d’appello, Sez. I, n. 39/CFA/2020-2021).
4. Tenuto conto dei suddetti principi il ricorso per revocazione qui in scrutinio non può che essere dichiarato inammissibile.
Ed infatti:
- i reclamanti intendono affermare di non essersi potuti adeguatamente difendere nel corso del procedimento presso la Procura federale e in occasione dell’udienza del Tribunale territoriale del 30 luglio 2025, per non essere stati notiziati tempestivamente sia della pendenza del procedimento sia della data di celebrazione dell’udienza, atteso che tali informazioni avevano raggiunto solo la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, che colpevolmente non aveva ritenuto di informare gli altri tesserati coinvolti, i quali, in particolare i tre odierni ricorrenti, proprio per il ritardo con il quale avevano ricevuto tali informazioni, non erano stati obiettivamente in grado di proporre tempestiva impugnazione ordinaria nei confronti della sentenza di prime cure con la quale ad essi era stata inflitta la sanzione della squalifica per tre mesi;
- tuttavia i ricorrenti non hanno chiarito al Collegio, con adeguata credibilità, per quale ragione le informazioni, che apprenderanno in data 28 agosto 2025 dalla chat whatsapp “collaboratori scuola calcio”, essi non avevano avuto modo di conoscerle in epoca precedente, dovendosi immaginare che, naturalmente, essendo calciatori tesserati con la società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, frequentassero “ordinariamente” l’ambiente afferente alla società sportiva, nel senso di luoghi, persone, contesti e strumenti social;
- appare perciò fortemente inverosimile che i signori Giovanni Lombardi, Daniele Asprella e Pietro Invernizzi abbiano acquisito la consapevolezza di avere posto in essere una violazione del Codice della giustizia sportiva per avere collaborato nello svolgimento dell’attività di allenatore con i signori Roberto Lelli e Fabio Pirami, che operavano quali allenatori della Scuola calcio della ridetta società senza essere tesserati in tale qualità, solo in seguito alla lettura delle notizie divulgate sulla chat di whatsapp in data 28 agosto 2025, proprio in ragione della verosimile consueta frequentazione dell’ambiente societario da parte dei tre odierni ricorrenti, tanto che non è dimostrato che tale informazione costituisca un “fatto nuovo” acquisito solo all’esito di una richiesta di informazioni rivolta alla società sportiva e alla conseguente risposta intervenuta solo in data 30 agosto 2025. Ciò fa sì che debba affermarsi come il ricorso per revocazione non possa offrire alcun elemento utile volto a dimostrare l’inconsapevolezza del comportamento tenuto dagli esponenti e neppure è idoneo a prospettare nuovi “fatti” la cui conoscenza sia sopravvenuta in un tempo successivo alla pronuncia, basandosi sull’affermazione della condotta incolpevole tenuta dai ricorrenti anteriormente alla pronuncia di primo grado e che ben poteva essere dedotta nel termine ordinario quale motivo di impugnazione della pronuncia medesima. Il che per quanto si è già detto e per quel che emerge in atti non è avvenuto;
- il Collegio intende significativamente rilevare che - come costantemente affermato dalla giurisprudenza civile e da quella amministrativa - la revocazione non costituisce un ulteriore grado di giudizio, ma un rimedio a carattere eccezionale e a critica vincolata, nel senso che non è ammesso rimettere in discussione decisioni inappellabili, se non per ragioni tassative indicate dalla norma. Ne consegue che, laddove ben poteva farsi ricorso ad un ordinario rimedio impugnatorio contro la decisione (poi) oggetto del ricorso per revocazione, all’indomani del passaggio in giudicato di tale decisione la revocazione non può più essere ammissibile. E’ evidente, infatti, che in tal caso (e diversamente opinando) la revocazione da rimedio straordinario si trasformerebbe in un rimedio ordinario la cui proponibilità non può però essere ammessa fuori dai termini entro i quali l’ordinamento ne consente la proposizione. Non risultando dimostrato “oltre ogni ragionevole dubbio” (in ragione di quanto si è sopra ampiamente riferito) che gli odierni ricorrenti non fossero in grado, utilizzando la normale diligenza dell’uomo comune, di conoscere tempestivamente e utilmente, al fine di poter esercitare appieno i propri diritti di difesa, le informazioni sulla pendenza del processo e sulla data della celebrazione dell’udienza e, così anche, sulla data di pubblicazione della decisione di primo grado, stante la consueta frequentazioni degli ambienti societari e, ancora, di sapere, nel corso dell’attività collaborativa contestata come violativa del C.G.S. dalla Procura federale, che i signori Roberto Lelli e Fabio Pirami non fossero forniti dell’abilitazione tecnica quali allenatori, pare evidente che i presupposti per la proponibilità del ricorso per revocazione non sussistono;
- sotto un diverso versante prospettico va evidenziato del resto che, se è vero che il soggetto ricorrente ex art. 63 C.G.S. deve dimostrare inequivocabilmente che i nuovi mezzi di prova posti a sostegno della impugnazione siano stati acquisiti per cause di “forza maggiore” solo in momento successivo rispetto al termine per proporre ordinaria impugnazione, ciò vuol dire che egli dovrà portare all’attenzione del giudicante l’oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a discarico del soggetto sanzionato dalla decisione in contestazione, nel termine “ordinario” di impugnazione. Appare dunque evidente che la scoperta o la sopravvenienza delle nuove prove in un termine successivo a quello ordinario devono essere determinate da ragioni oggettive e non già all’inerzia del soggetto sanzionato;
- sotto un ulteriore versante prospettico, ai fini rescindenti, l’esito delle nuove prove prospettate deve essere idoneo a scardinare la valenza degli elementi probatori che avevano dimostrato e determinato la colpevolezza del condannato. Il Giudice della revocazione è tenuto, preliminarmente, a verificare l’attitudine dimostrativa dei nuovi fatti o documenti, congiuntamente alla decisione del precedente giudizio, rispetto al risultato finale della invocata revisione dello stesso. Nella specie gli elementi probatori dedotti in giudizio dai ricorrenti non hanno valore sufficiente a disarticolare il compendio posto a fondamento della pregressa condanna. In particolare l’ammissione (sulla differenza tra comportamento omissivo, ammissione e confessione e sulla indubbia valorizzazione quale prova privilegiata dell’ammissione si veda Cass., Sez. I, ord. 5 maggio 2021 n. 11808) dei fatti contestati dalla Procura federale da parte del Presidente della società A.S.D. Atletico Roma Nord Lodigiani, signor Marco Natti, non lascia spazio a dubbi. Infatti l’ammissione dei fatti contestati effettuata durante l’audizione dal signor Marco Natti nella parte in cui ammette che “(…) L’U14 la segue il sig. Roberto Lelli, e per la Scuola Calcio i tecnici sono i sigg.ri Fabio Pirani, Roberto Lelli che fa anche da coordinatore, il sig. Massimiliano Vigneri e 4 ragazzi che militano in prima squadra e seguono gli allenamenti della Scuola Calcio e sono i sigg.ri Lorenzo Lancioni, (che studia Scienze Motorie e ne approfitta per fare del tirocinio), il sig. Giovanni Lombari, il sig. Daniele Asprella ed il sig. Pietro Invernizzi. (…) per ciò che concerne la Scuola Calcio riconosco la nostra posizione irregolare non avendo ancora tesserato tecnici abilitati (…) e quelli titolati, ovvero i sigg.ri Pirami Fabio, Roberto Lelli e Massimiliano Vigneri, sono forse rimasti CRL 31 LND/5 bloccati dalla richiesta di integrazione effettuata dal Settore Tecnico e a noi evidentemente sfuggita. (…)” mostra una situazione difficilmente contestabile o ribaltabile e determina inevitabilmente il coinvolgimento consapevole degli odierni ricorrenti, richiamati espressamente per nome e cognome, quali tesserati che “seguono gli allenamenti”. Ora, a voler escludere che tale espressione possa consistere nell’attività di “assistere quali spettatori agli allenamenti”, atteso che sarebbe irragionevole che calciatori della prima squadra assistano “meramente” agli allenamenti dei giovani aspiranti calciatori che frequentano la Scuola calcio, non può che ragionevolmente ritenersi che l’assistenza non fosse “passiva” ma “attiva” e si concretizzasse in una forma di “collaborazione” con soggetti non tesserati come allenatori, ma operanti come tali;
- l’esplicita ammissione del Presidente della società in questione, assume dunque un ruolo dirimente nel coinvolgimento dei tre odierni reclamanti e costituisce indizio grave, se non addirittura accertamento effettivo, della condotta a loro ascritta nel capo di incolpazione. Come è noto, infatti, secondo principi pacifici, “nel procedimento disciplinare non è richiesta la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come previsto nel processo penale, essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata sicché la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito può essere anche provata mediante indizi, qualora essi siano gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non” (cfr. CFA, Sez. I, n. 116/CFA/2022-2023/A e n. 142020/2021). Nel medesimo senso si sono espresse anche le Sezioni Unite, con decisione n. 0002/CFA/2023-2024 ove si ribadisce che “(i)l valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr., ancora, CFA, Sez. I, n. 24/2022-2023; Sez. IV, n. 18/20222023; CFA, Sez. I, n. 87/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 81/2021-2022; CFA, sez. I, n. 76/2021- 2022; CFA, Sez. III, n. 68/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 35/2021-2022 nonché CFA, Sez. un., n. 105/2020-2021);
- d’altronde, a voler ulteriormente valorizzare la portata probatoria dell’ammissione resa dal Presidente della società in sede di audizione, va ricordato che questa Corte, in più di una occasione, ha chiarito come la dichiarazione di un solo teste ben possa essere posta a base di una sentenza di condanna se scrupolosamente vagliata sotto ogni profilo (cfr. tra le molte, (CFA, Sez. I, n. 59/CFA2023-2024). E tanto vale finanche nell'ipotesi in cui l'accusa provenga da chi è portatore di un chiaro interesse contrastante con lo stesso accusato, precisando la Suprema Corte: “(i)n tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva” (cfr. CFA, Sez. un., n. 114 /2020-2021nonché CFA, Sez. I, n. 52/2022-2023, n. 92/2021- 2022 e n. 118-2019/2020);
- inoltre la dichiarazione del Presidente della società trova conferma nella relazione di indagine, là dove il collaboratore della Procura federale afferma:
“L’attività d’indagine svolta ha ricompreso anche un sopralluogo effettuato personalmente in via del Baiardo il giorno martedì 29 aprile 2025, verso le ore 17,45 che mi ha consentito di verificare la presenza in almeno due (dei diversi) campi di calcio di bambini frequentanti la scuola calcio, ed in entrambi i campi a gestire i bambini ed in qualche modo dirigere le loro attività ed i loro allenamenti vi erano due ragazzi molto giovani.
Nel corso del sopralluogo, parlando con uno dei genitori che assistevano agli allenamenti, ho potuto apprendere il nome di uno dei due giovani che dirigevano gli allenamenti, e si trattava del sig. Lorenzo Lancione, del quale ho chiesto conto all’Ufficio Tesseramento del Settore Tecnico, che mi ha risposto di non avere alcuna posizione a nome del sig. Lancione.
Ho potuto personalmente verificare, per la mezz’ora circa in cui mi sono intrattenuto presso i campi, che i due ragazzi (il sig. Lancione e l’altro di cui non ho potuto conoscere il nome) dirigevano i bambini, impartendo loro istruzioni su come svolgere i diversi esercizi, ed i bambini tutti si rivolgevano ai due giovani appellandoli come ’mister’”.
In considerazione dei comportamenti ascritti agli odierni ricorrenti in revocazione, violativi delle norme indicate espressamente nella sentenza qui oggetto di revocazione, va ulteriormente chiarito che:
- con riferimento alla violazione dell’art. 4 C.G.S., i precedenti di questa Corte federale stabiliscono inequivocabilmente che: a) l’art. 4, comma 1, CGS è norma perfettamente autosufficiente e opera da norma di chiusura del sistema. Il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva in senso stretto (c.d. fair play), ha assunto una dimensione più ampia, che si estende anche oltre l’ambito della competizione sportiva in sé e per sé considerata e della corretta applicazione delle regole di gioco, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva (cfr., in tal senso, CFA, Sez. I, n. 38-2019/2020); b) la "lealtà sportiva" costituisce, infatti, "una clausola generale che si sostanzia, da un lato, in una regola di comportamento oggettivamente valutabile e, dall’altro, in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo" (cfr., in termini, CFA, Sez. I, n. 53-2021/2022; c) non è dunque necessaria alcuna concorrente violazione di altra norma del C.G.S. perché possa dirsi violato il dovere di lealtà e correttezza, atteso che un tale dovere è autonomamente e oggettivamente valutabile. Ne consegue che i soggetti di cui all'art. 2 C.G.S. sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva. In caso di violazione degli obblighi previsti dal comma 1, si applicano le sanzioni di cui all'art. 8, comma 1, lettere a), b), c), g) e di cui all'art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), f), g), h), tenendo conto che l'ignoranza dello Statuto, del Codice e delle altre norme federali non può essere invocata a nessun effetto e che i comunicati ufficiali si considerano conosciuti a far data dalla loro pubblicazione (cfr. CFA, Sez. un., 3 gennaio 2022 n. 53);
- l’art. 23 delle Norme organizzative interne della F.I.G.C. stabiliscono che: “ 1. Le società possono avvalersi soltanto dei tecnici iscritti negli albi, elenchi o ruoli del Settore Tecnico. 2. I tecnici sono tenuti all'osservanza delle norme contenute nel Regolamento del Settore Tecnico e di tutte le altre norme federali. 3. I tecnici tesserati sono soggetti alla disciplina ed agli organi della giustizia sportiva ordinari per le infrazioni inerenti l'attività agonistica, salvo la speciale competenza prevista dal Regolamento del Settore Tecnico (…)”. A ciò si aggiunga che l’art. 39, lett. Ga), del Regolamento del settore tecnico stabilisce che “ Ga) Le Società che svolgono attività di Settore Giovanile e Scolastico in almeno una delle categorie di base (Piccoli Amici, Primi Calci, Pulcini ed Esordienti) devono tesserare un Responsabile Tecnico dell’Attività di Base, con qualifica di allenatore rilasciata dal Settore Tecnico (…)”. E’ quindi del tutto conseguente, ad avviso di questa Corte, ritenere che il legislatore federale abbia inteso imporre regole di portata generale non limitate al settore professionistico, recanti adempimenti particolarmente stringenti, per quanto riguarda la obbligatorietà del possesso delle specifiche abilitazioni, in difetto delle quali l’attività di allenatore non può essere espletata e il suo esercizio integra illecito disciplinare, tenuto anche conto che l’illecito deve ritenersi integrato allorché emerga una situazione in cui il tecnico titolare è tale solo di nome, in quanto tutte o parte delle mansioni vengono svolte di fatto da un altro tecnico privo delle necessarie abilitazioni (cfr., in tal senso, CFA, Sez. un., n. 96 CFA 2023-2024), sicché il comportamento di soggetti tesserati come calciatori della società che assistevano e aiutavano negli allenamenti altri soggetti neppure tesserati (al momento dei fatti) come allenatori non può che determinare la violazione dell’art. 23 NOIF.
Da tutto quanto sopra, in conclusione, discende che la revocazione proposta non sarebbe comunque utile al fine di poter accogliersi alcuna delle conclusioni rassegnate dai ricorrenti e ciò anche con riferimento alla censura con la quale costoro ritengono affetta da vizio di motivazione la sentenza di prime cure nella parte in cui non esplicita le ragioni del coinvolgimento del signor Mattia Bellini e dell’irrigazione della sanzione a suo carico, per un evidente difetto di interesse all’impugnazione nei confronti di un soggetto diverso rispetto a coloro che hanno proposto l’odierno ricorso.
5. In ragione di quanto sopra si è illustrato, il ricorso per revocazione, con riferimento a ciascuna delle ragioni che avrebbero dovuto sostenerlo ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. c), d), e) C.G.S., va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Toschei Giuseppe Castiglia
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce
