F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2025/2026 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0037/CFA pubblicata il 27 Ottobre 2025 (motivazioni) –PFI/sig.ri Croce, Fabriani, Canali, Luci, Di Laurenzio, Ciace, Frattali; sig. Frattali/PFI

Decisione/0037/CFA-2025-2026

Registro procedimenti n. 0026/CFA/2025-2026

Registro procedimenti n. 0027/CFA/2025-2026

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello - Presidente

Antonino Anastasi – Componente

Angelo De Zotti – Componente

Roberto Eustachio Sisto – Componente

Marco Stigliano Messuti - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 0026/CFA/2025-2026, proposto dalla Procura federale interregionale contro Alessandro Croce con Paolo Croce esercente la responsabilità genitoriale, Lorenzo Fabriani con Claudio Fabriani e Cristina Truglia esercenti la responsabilità genitoriale, Nicolò Canali con Simone Canali e Nice Rinaldi esercenti la responsabilità genitoriale, Gabriele Luci con Massimiliano Luci e Claudia Montaldo esercenti la responsabilità genitoriale, Andrea Di Laurenzio con Monica della Vedova esercente la responsabilità genitoriale, Christian Ciace con Alessandro Ciace e Monia Massimiliani esercenti la responsabilità genitoriale, Andrea Frattali con Fabio Frattali esercente la responsabilità genitoriale e la società S.S.D. Elis A.R.L. in persona del legale rappresentante pt;

sul reclamo numero 0027/CFA/2025-2026 proposto dal sig. Andrea Frattali con Fabio Frattali e Stephanie Deveze esercenti la responsabilità genitoriale contro la Procura federale interregionale,

per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale c/o Comitato regionale Lazio, di cui al Com. Uff. n. 44 del 05.09.2025 e notificata in data 9.9.2025;

visti i rispettivi reclami con i relativi allegati;

viste le memorie depositate dalle parti nei rispettivi giudizi; v

isti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza, tenutasi, in parte, in videoconferenza il giorno 15 ottobre 2025, l’Avv. dello Stato Marco Stigliano Messuti e uditi l'Avv. Giulia Conti per la Procura federale; l’Avv. Fabio Giotti in rappresentanza dei signori Croce, Ciace, Luci, Fabriani e Canali tutti esercenti la responsabilità genitoriale rispettivamente, dei signori Alessandro Croce, Christian Ciace, Gabriele Luci, Lorenzo Fabriani e Nicolò Canali e per la società SSD Elis srl; l’Avv. Filippo Pandolfi in rappresentanza del signor Frattali, esercente la responsabilità genitoriale del sig. Andrea Frattali.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Il presente procedimento trova origine nell’attività di indagine svolta in relazione al procedimento disciplinare iscritto al n. 623 pfi 24-25, avente ad oggetto: “Accertamenti in merito alle condotte discriminatorie tenute nei confronti del portiere tesserato per la A.S.D. Santa Francesca Cabrini 98 da calciatori tesserati per la S.S.D. Elis a. r.l. in occasione della gara Elis – Santa Francesca Cabrini 98 del 19.12.2024, valevole per il campionato Under 15, proseguite al termine della stessa con la pubblicazione di una fotografia sul profilo social riconducibile ad un tesserato per la società ospitante”.

In particolare, il Settore giovanile e scolastico inoltrava una segnalazione in data 7.1.2025, con allegata una fotografia che ritraeva otto calciatori tesserati per la società S.S.D. Elis a r.l. con le mani agli occhi al fine di simulare le caratteristiche somatiche orientali del calciatore sig. Q.L.M., all’epoca dei fatti tesserato per la società A.S.D. Santa Francesca Cabrini 98. Tale scatto fotografico veniva poi pubblicato sul profilo Instagram “matt-ia”, di titolarità del calciatore sig. Mattia Piccioni, con apposta la seguente testuale espressione: “Cinese a casa”. L’attività di indagine posta in essere consentiva di identificare i calciatori tesserati per la società S.S.D. Elis ar.l. che avevano preso parte alla condotta poc’anzi evidenziata ed aveva, inoltre, consentito di accertare la commissione da parte dei calciatori sigg.ri Mattia Piccioni, Christian Agresta ed Alessandro Croce di alcuni episodi di discriminazione posti in essere in danno del calciatore avversario sig. Q.L.M. in occasione della gara Elis a r.l. – Santa Francesca Cabrini 98 del 19.12.2024, valevole per il girone F del campionato Under 15 Provinciali. Dalle risultanze dell’attività inquirente svolta, in particolare, era emerso che il sig. Q.L.M. era stato destinatario di plurimi comportamenti di discriminazione razziale anche nel corso dell’incontro appena indicato.

La Procura federale deferiva Mattia Piccioni, Christian Agresta e Alessandro Croce con due capi di incolpazione ciascuno per violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del CGS sia per i comportamenti discriminatori tenuti in campo che per lo scatto fotografico post-partita, anch’esso discriminatorio e pubblicato sui social.

Deferiva altresì Andrea Frattali, Andrea Di Laurenzio, Gabriele Luci, Nicolò Canali, Christian Ciace, Lorenzo Fabriani, contestando un solo capo di incolpazione per violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 28, comma 1, del CGS per il comportamento discriminatorio relativo allo scatto fotografico post-partita e pubblicato sui social; nonché la società S.S.D. Elis a r.l. a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del CGS per i comportamenti contestati ai tesserati.

Nel contraddittorio delle parti, il giudice di I° grado accoglieva in parte in deferimento con la seguente motivazione: “Questo Tribunale federale rileva che i fatti oggetto di incolpazione risultano inequivocabilmente provati dall’istruttoria espletata nonché dalla documentazione prodotta dalla Procura federale e risultano peraltro ammessi dagli stessi deferiti durante la loro difesa. Non tutti tali fatti, comunque, costituiscono un’infrazione e comunque alcuni di essi debbono essere inquadrati giuridicamente in maniera difforme rispetto a quanto dedotto dall’Organo requirente. Innanzitutto, occorre rilevare come le frasi pronunciate dai calciatori Christian Agresta e Mattia Piccioni all’indirizzo dell’avversario Quin Lang Messina “cinese di merda” nonché quella proferita dal primo “stai zitto cinese di merda” risultano in violazione dell’art. 28 C.G.S. costituendo all’evidenza espressioni volte a offendere, denigrare o insultare “per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale”. Deve invece essere esclusa la responsabilità del sig. Alessandro Croce per aver pronunciato le parole “cinese alzati” in quanto in esse non è ravvisabile alcun intento ingiurioso né tanto meno razzista. Bisogna infatti precisare che non tutti le frasi che contengano riferimenti all’origine territoriale (cinese, americano, romano, milanese, napoletano, etc.) di un soggetto possono ritenersi di per sé discriminatorie: il solo richiamo all’origine di una persona non determina automaticamente che si configuri tale violazione, a meno che non si voglia pensare che il solo fatto di essere originari di una nazione o di una città piuttosto che in altra sia di per sé denigratorio. Tanto più che la frase in oggetto non contiene alcuna ingiuria o offesa, ma risulta del tutto anodina. In relazione alla fotografia scattata all’interno degli spogliatoi deve essere effettuata un’attenta valutazione dei singoli protagonisti della vicenda sì da attribuire correttamente le responsabilità a ciascuno di essi. Bisogna innanzi tutto evidenziare come il sig. Christian Ciace, pur essendo ritratto nella fotografia, non compie il gesto di portare le mani agli occhi per simulare le caratteristiche somatiche orientali. Si rileva altresì che non risulta raggiunta la prova che il sig. Andrea Frattali abbia attivamente contribuito all’ideazione della posa della fotografia, poiché emerge dagli atti che si sia limitato esclusivamente a scattare la stessa. Tuttavia, la responsabilità di entrambi i suddetti calciatori non può essere del tutto esclusa in quanto essi hanno certamente partecipato alla realizzazione dello scatto e accortisi di quanto stava accadendo, avrebbero dovuto ritrarsi. Avendo partecipato a una attività comunque contraria ai principi di lealtà, correttezza e probità, essi meritano di essere sanzionati con la squalifica per due giornate di gara. I sigg. Christian Agresta, Alessandro Croce, Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci e Andrea Di Laurenzio, invece, risultano ritratti nello scatto fotografico effettuato nello spogliatoio dopo la partita con le mani sugli occhi simulando tratti orientali, con l’evidente intento di dileggiare l’avversario; pur tuttavia non risulta raggiunta la prova che essi avessero contezza che lo scatto dovesse venir poi pubblicato sui social network, così da esporlo alla conoscibilità generale inclusa quella del sig. Quin Lang Messina. La responsabilità dei detti calciatori deve quindi ritenersi più lieve rispetto a coloro che compiono atti con evidente matrice discriminatoria direttamente percepibili dalla persona offesa o comunque rivolti alla generalità del pubblico e tale fatto deve essere tenuto in considerazione al momento dell’irrogazione della sanzione. La quantificazione della pena, infatti, deve essere effettuata tenendo conto sia della modalità in cui la condotta si è concretizzata sia di tutte le circostanze a esse relative. E ciò in quanto l’art. 13, comma 2, C.G.S., prevedendo espressamente che “Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione”, introduce uno strumento flessibile, affidato al prudente apprezzamento del giudice, per rendere quanto più adeguata possibile la sanzione all’entità e gravità dei fatti accertati (CFA, SS.UU. n. 119 /2023-2024). Nel caso in oggetto, pur essendo assumibile un intento denigratorio, non risulta raggiunta la prova della consapevolezza che lo scatto dovesse essere portato all’attenzione di soggetti esterni né al destinatario del dileggio. Bisogna inoltre considerare le attenuanti generiche, l’assenza di recidiva e la collaborazione prestata dai calciatori alla Procura federale nell’accertamento delle responsabilità. Questo Tribunale federale ritiene dunque che i sigg. Alessandro Croce, Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci e Andrea Di Laurenzio debbano essere sanzionati con la squalifica per 6 giornate di gara. Per quanto attiene invece la posizione del sig. Christian Agresta, ritratto nella fotografia e avendo precedentemente pronunciato frasi discriminatorie, questo Tribunale ritiene che l’accordo intervenuto ai sensi dell’art 127 C.G.S. sia conforme alle previsioni regolamentari in ordine alla qualificazione dei fatti e alla congruità della sanzione e, pertanto, ne dichiara l’efficacia. Infine, deve essere scrutinata la condotta del sig. Mattia Piccioni che ha ideato lo scatto poi realizzato con la fotocamera del proprio telefono cellulare e infine ha modificato la foto aggiungendovi le parole “cinese a casa” per poi pubblicarla sul proprio profilo Instagram “mattia”. È evidente, quindi, che le azioni complessivamente tenute rappresentano una condotta discriminatoria che ha perdipiù esposto il sig. Quin Lang Messina al pubblico oltraggio, risultando più gravi rispetto all’agire degli altri protagonisti dello scatto. Il comportamento del calciatore, già resosi autore di un insulto di matrice razziale nei confronti del sig. Quin Lang Messina durante lo svolgimento della partita e in assenza di qualsiasi resipiscenza, deve quindi essere adeguatamente sanzionato attesi l’antigiuridicità delle azioni dallo stesso compiute e il particolare disvalore della condotta. A riguardo, questo Giudice federale ritiene che la sanzione richiesta dalla Procura non sanzioni adeguatamente il deferito, dovendosi invece comminare la squalifica per 16 giornate di gara. Dalla responsabilità dei tesserati consegue la responsabilità oggettiva della società; la predisposizione di un modello di comportamento e la lodevole iniziativa assunta a seguito dei fatti della predisposizione di un corso contro il bullismo non sono infatti sufficienti a escludere l’applicazione di sanzioni nei suoi confronti. Tuttavia, considerando tali elementi e avendo applicato ai calciatori squalifiche in misura complessivamente minore rispetto a quanto richiesto dalla Procura federale, l’ammenda da irrogare alla Elis a r.l. deve essere quantificata in 600,00.

Tanto premesso, questo Tribunale federale Territoriale ritenuta corretta la qualificazione dei fatti e congrua la sanzione indicata in relazione alla posizione del calciatore Agresta Christian, di dichiarare l’efficacia dell’accordo ex art.127 C.G.S. e, per l’effetto, di comminare allo stesso la seguente sanzione: - Agresta Christian, n. 10 gare di squalifica, da scontare nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2025/2026. Di ritenere altresì i rimanenti deferiti responsabili delle violazioni loro ascritte e, per l’effetto, di comminare agli stessi le seguenti sanzioni: - Piccioni Mattia, n.16 gare di squalifica, da scontare nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2025/2026; - Croce Alessandro, Fabriani Lorenzo, Canali Nicolò, Luci Gabriele e Di Laurenzio Andrea, n.6 gare di squalifica, da scontare nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2025/2026; Ciace Christian e Frattali Andrea, n.2 gare di squalifica, da scontare nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2025/2026; Elis A.R.L., euro 600,00 di ammenda. Le sanzioni decorrono dal giorno successivo dalla ricezione della notifica, ovvero al termine di eventuali ulteriori sanzioni in corso di esecuzione”.

Avverso la predetta decisione, hanno proposto autonomi reclami la Procura federale interregionale e Andrea Frattali.

La Procura federale, reclamo n. 26/2025-2026, ha articolato due autonomi motivi di gravame.

Il primo per “Erronea valutazione e qualificazione giuridica in ordine alla ritenuta insussistenza della violazione dell’art. 28, comma 1 del CGS di cui al punto A del capo di incolpazione nei confronti del calciatore sig. Alessandro Croce”.

Ha in particolare dedotto la Procura che: “Il Tribunale federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio ha ingiustamente prosciolto il calciatore sig. Alessandro Croce dall’addebito disciplinare di cui al punto A) del capo di incolpazione ritenendo che l’espressione “cinese alzati” proferita all’indirizzo del calciatore avversario sig. Q.L.M. non assuma alcun connotato discriminatorio; per l’effetto, poi, il Giudicante di prime cure ha rimodulato la sanzione richiesta dalla Procura federale in n. 6 (sei) giornate di squalifica. L’invito ad alzarsi, infatti, con ogni evidenzia non ha e non può avere alcuna correlazione con la nazionalità cinese del calciatore al quale lo stesso è rivolto. Purtroppo, invece, la realtà è che il riferimento all’origine territoriale, nel caso di specie è correlato all’invito al calciatore ad alzarsi dopo aver subito un fallo per il quale l’autore dell’espressione ha subito un’ammonizione, con la conseguenza che l’espressione costituisce in maniera evidente reazione che ha proprio l’intento di colpire l’avversario. Il calciatore è stato deferito non soltanto per l’espressione pronunciata, ma anche per un ulteriore comportamento discriminatorio, il cui intento lesivo si palesa in tutta la sua evidenza nell’adesione incondizionata ad uno scatto fotografico in cui lo stesso, al termine della gara, si è fatto ritrarre unitamente ai propri compagni di squadra con le mani agli occhi al fine di simulare le caratteristiche somatiche orientali dello stesso avversario destinatario dell’espressione a sfondo razziale; comportamento quest’ultimo che rappresenta oggettivamente il riflesso dell’avversione circa le origini etniche del sig. Q.L.M.. A tanto, poi, deve aggiungersi che lo stesso calciatore di origine orientale è stato destinatario di espressioni a sfondo razziale anche ad opera di altri calciatori avversari, con la conseguenza che il contesto nel quale è stata pronunciata l’espressione da parte del sig. Croce era univocamente rivolto a rivolgere nei confronti del medesimo avversario plurime espressioni offensive per motivi di razza. Non è assolutamente ragionevole, infatti, ritenere che tutte le espressioni riferibili all’origine territoriale del calciatore orientale abbiano avuto contenuto razziale ad eccezione di quella pronunciata nello stesso contesto dal sig. Croce”.

Con il II° motivo di reclamo viene censurata la decisione di prime cure per “Erronea valutazione del materiale probatorio acquisito agli atti del procedimento in merito allo stesso grado di partecipazione di tutti i calciatori deferiti alla condotta di cui agli artt. 4, comma 1, e 28 comma 1, CGS posta in essere nei confronti del sig. Q.L.M. al termine della gara”.

Ha in particolare dedotto la Procura che: “Allo stesso modo, poi, non sono condivisibili le motivazioni sulla scorta delle quali il Tribunale federale Territoriale ha diversificato il grado di gravità delle condotte contestate e, per l’effetto, ha irrogato sanzioni in misura ridotta rispetto a quelle richieste dalla Procura federale nei confronti dei calciatori sigg.ri Alessandro Croce, Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci, Andrea Di Laurenzio, Christian Ciace ed Andrea Frattali; il Giudice di prime cure, infatti, ha ritenuto ingiustamente la sussistenza di un diverso grado di adesione alla condotta che hanno posto in essere in occasione dello scatto fotografico realizzato all’interno dello spogliatoio della squadra della società S.S.D. Elis a r.l. nel quale sono tutti ritratti con le mani agli occhi al fine di simularne le caratteristiche somatiche orientali del calciatore sig. Q.L.M.. Tale assunto si rivela oltremodo fuorviante se solo si considera che le dichiarazioni di tutti i calciatori ascoltati nel corso dell’attività inquirente svolta hanno confermato la riconducibilità dei comportamenti disciplinarmente rilevanti loro ascritti, descrivendo in maniera puntuale l’esatta collocazione di tutti i partecipanti ritratti nello scatto fotografico. Nel contesto delineato emerge, dunque, in tutta la sua portata l’evidente volontà discriminatoria collettiva, che tutti i calciatori deferiti hanno inteso manifestare apertamente; tanto a prescindere dalla circostanza, del tutto marginale rispetto alla sussistenza delle contestazioni loro rivolte, di chi tra loro abbia “contribuito all’ideazione della posa fotografica” o abbia “compiuto il gesto di portare le mani agli occhi”. Il Giudice di prime cure, infatti, ha ingiustamente svalutato la portata discriminatoria della denigrazione che i calciatori hanno espresso in maniera chiara ed inequivocabile attraverso lo scatto fotografico all’interno dello spogliatoio, motivando la propria pronuncia sulla considerazione secondo la quale la loro responsabilità dovrebbe “ritenersi più lieve rispetto a coloro che compiono atti con evidente matrice discriminatoria direttamente percepibili dalla persona offesa o comunque rivolti alla generalità del pubblico”. Nel caso di specie, poi, lo scatto è stato pubblicato su Instagram con la possibilità di fruizione da parte di un numero pressoché illimitato di utenti. Sul punto, poi, non può non evidenziarsi che nel caso di specie il Tribunale di prime cure ha ritenuto “che i fatti oggetto di incolpazione risultano inequivocabilmente provati dall’istruttoria espletata nonché dalla documentazione prodotta dalla Procura federale e risultano peraltro ammessi dagli stessi deferiti durante la loro difesa”; tutto ciò con la conseguenza che la pronuncia Procura federale 11 di primo grado si appalesa evidentemente erronea, in quanto dagli atti del procedimento non emerge alcun elemento che possa consentire di operare alcuna distinzione in merito all’effettiva ed incondizionata adesione di tutti i calciatori deferiti ad una condotta che esprime il chiaro intento di colpire la sfera personale e le origini razziali del calciatore sig. Q.L.M., rispetto alla quale la circostanza che lo scatto fotografico è stato successivamente pubblicato mediante social network vale quale circostanza aggravante nei confronti di colui che ha esposto a pubblico dileggio il calciatore avversario, ma non certamente a sminuire il valore di una condotta già autonomamente connotata da particolare gravità.

Chiedeva l’accusa, in riforma della decisione di I° grado, l’irrogazione delle seguenti sanzioni: “al calciatore sig. Alessandro Croce la sanzione di n.15 (quindici) giornate di squalifica da scontarsi in gare ufficiali; ai calciatori sigg.ri Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci, Andrea Di Laurenzio, Christian Ciace ed Andrea Frattali la sanzione di n.10 (dieci) giornate di squalifica da scontarsi in gare ufficiali; alla società S.S.D. Elis A.R.L. la sanzione dell’ammenda di euro 2.000,00 (duemila/00)”.

La richiesta veniva confermata in sede di udienza da parte del rappresentante dell’organo inquirente.

Si costituivano chiedendo il rigetto del gravame con autonome memorie, con il patrocinio dell’Avv. Giotti, i sigg.ri Croce, Fabriani, Canali, Luci, Ciace e la SSD Elis srl e, con il patrocinio dell’Avv. Pandolfi, il sig. Frattali.

Il sig. Andrea Frattali, con il reclamo n. 27/2025-2026 deduceva i seguenti motivi: “I. Violazione da parte del giudice di prime cure dell’art. 112 ccp per omessa pronuncia su una eccezione/domanda decisiva”.

In particolare osservava: “con memorie difensive ex art. 93, comma 1, C.G.S. del 25 agosto 2025, la scrivente difesa, in via preliminare e pregiudiziale, ha sollevato assorbente eccezione di improcedibilità e/o nullità e/o inammissibilità del deferimento di cui trattasi per lesione e violazione del diritto di difesa del sig. Andrea FRATTALI, attesa la mancata evasione nei termini di rito, da parte della Procura federale, della richiesta di trasmissione atti afferenti al procedimento n. 623pfi24-25 al fine dell’espletamento dell’attività difensiva, con annessa preclusione della possibilità di produzione di memorie difensive ante deferimento, con possibilità di richiesta di archiviazione e/o di motivata richiesta di patteggiamento ai sensi e per gli effetti dell’art. 126 C.G.S”.

Nel merito viene dedotta l’insussistenza e l’infondatezza di ogni addebito a carico del Frattali e conseguentemente il suo proscioglimento attesa, anche, la tenuità del fatto e la buona fede dell’incolpato.

Si costituiva con memoria difensiva la Procura federale chiedendo il rigetto del reclamo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente deve disporsi la riunione dei reclami n. 26 e n. 27 per connessione soggettiva ed oggettiva trattandosi di gravami proposti, sebbene in via autonoma, avverso la medesima decisione.

2. Quanto al merito della vicenda si procede allo scrutinio del primo reclamo proposto dalla Procura federale che il Collegio ritiene meritevole, seppure in parte, di condivisione.

2.1 Da un punto di vista probatorio in relazione “all’an” si ritiene che la vicenda fattuale sia coperta da giudicato interno, atteso che nessuna delle due impugnazioni ha censurato tale profilo.

In tal senso depone il passaggio motivazionale della sentenza di I° grado che si riporta divenuto incontestabile: “Questo Tribunale federale rileva che i fatti oggetto di incolpazione risultano inequivocabilmente provati dall’istruttoria espletata nonché dalla documentazione prodotta dalla Procura federale e risultano peraltro ammessi dagli stessi deferiti durante la loro difesa”.

Il tutto non senza rilevare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il valore probatorio per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece richiesto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (Cfr. tra le tante CFA, Sez. I, n. 24/2025/2026).

Il tema pertanto sottoposto all’attenzione del Collegio rimane il “quantum” delle sanzioni irrogate, limitatamente alle sole posizioni processuali oggetto di reclamo.

2.2 Prima di scrutinare queste ultime si impone una premessa di carattere metodologico e sistematico in ordine alla rilevanza, nel sistema giustizia sportiva, dei comportamenti “discriminatori” violativi dell’art. 28 CGS, nonché della natura e della misura delle sanzioni disciplinari che trovano fondamento negli artt. 12 e 44, comma 5, del CGS.

2.3 Quanto al primo profilo si osserva quanto segue.

Costituiscono principi consolidati che le disposizioni di cui all’art. 2 dello Statuto della FIGC e quella di cui all’art. 28 CGS sono volte a reprimere comportamenti che determinino una compromissione della personalità dell’uomo come singolo e come soggetto di comunità e ledano il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale, anche in attuazione del principio del mutuo rispetto, posto a base di ogni convivenza civile e democratica (Cfr. CFA, SS.UU., n. 105/2020-2021). Ne consegue – in coerenza con quanto specificamente previsto nell’ordinamento sportivo internazionale – che il discrimine tra la mera espressione offensiva o ingiuriosa, sanzionabile ai sensi dell’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva, e la condotta discriminatoria, sanzionabile invece ai sensi dell’articolo 28, comma 1, del Codice stesso, risiede nel fatto che la fattispecie della discriminazione è integrata allorché l’espressione offensiva o ingiuriosa mira specificamente a ledere il decoro, la dignità o l’onore della persona o del gruppo cui è indirizzata in ragione della loro diversità per motivi di razza, di colore, di religione, di lingua, di sesso, di nazionalità, di origine anche etnica, di condizione personale o sociale (Cfr. CFA, Sez. I, n. 101/2024-2025).

Ed ancora (CFA, Sez. I, n. 96/2024-2025) che la disposizione dell’art. 28, comma 1, CGS persegue l’intento dell’ordinamento federale di contrastare e punire tutti i comportamenti discriminatori, di ogni genere e tipologia, volti a negare il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale, anche in attuazione del principio del mutuo rispetto, posto a base di ogni convivenza civile e democratica, sostanziandosi la condotta discriminatoria in ogni forma di discriminazione dei diritti fondamentali della persona, che non può̀ non provocare una dura reazione da parte non solo dell'ordinamento giuridico generale, ma anche da parte di quello sportivo, anche alla luce degli inequivoci principi posti dalla Costituzione in materia (CFA, SS.UU., n. 105/2020-2021).

Per quanto di interesse ha affermato la Suprema Corte di Cassazione quanto segue.

Deliberando sull’aggravante di cui all’art. 604 ter c.p., ha statuito che in diritto, si è ritenuta la sussistenza della ricordata aggravante non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente (sezione V°, 07/01/2021, n. 307).

Ed ancora che integra il reato di cui all'art. 604 bis, comma primo, lett. a), cod. pen. la pubblicazione, su un forum di discussione "on line" dichiaratamente costituito e gestito al fine di propagandare idee fondate sulla superiorità della razza bianca e sull'odio razziale ed etnico, di post e commenti dal contenuto discriminatorio, atteso l'elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone, dovendosi, altresì, escludere che la condotta possa essere scriminata dal diritto di critica o dal diritto alla libera espressione del pensiero. (Sez. 1, n. 11976 del 26/03/2025).

2.4 Quanto invece alla misura delle sanzioni disciplinari, si osserva quanto segue.

Costituisce pacifica giurisprudenza di questa Corte federale che l’entità della sanzione va commisurata in primo luogo alla gravità dell’illecito - nel quadro delle circostanze di fatto - in quanto la sua efficacia deterrente, per poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo (Cfr. CFA, Sez. I, n. 31-2022/2023; CFA, Sez. I, n. 70-2022/2023; CFA, Sez. I, n. 7-2022/2023; CFA. Sez. IV, n. 55-2020/2021).

2.4.1 Quanto alla gravità dei fatti – ex art. 12, comma 1, CGS - valga quanto delibato nel giudizio di merito di I° grado e nel giudicato formatosi per come sopra argomentato.

2.4.2 Quanto all’afflittività, proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, ex art. 44, comma 5, CGS, come di recente ribadito da questa Corte (Cfr. CFA. SS.UU., n. 4/2025/2026), si osserva quanto segue.

a) Afflittività: Afflittive, sono le sanzioni, le quali si riflettono sul soggetto che ha agito incidendo su di un bene giuridico del tutto diverso da quello oggetto dell'obbligo.

Le sanzioni afflittive, (Cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 giugno 2020, n. 4068), sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7).

I criteri per individuare tale tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi).

b) Proporzionalità: Il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui siano coinvolti interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Il principio in esame impone un’indagine trifasica che si articola nell’accertamento dell’idoneità della misura allo scopo da raggiungere, della necessità della misura stessa e della proporzionalità con il fine, riconoscendo preferenza alla misura più mite che

permetta, comunque, il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla norma. Si tratta, appunto, del principio del minimo mezzo, che costituisce un importante parametro di riferimento per verificare la legittimità di un atto delle istituzioni. Irragionevole, e perciò sanzionabile sotto il profilo dell’eccesso di potere sarebbe quindi una misura incidente nella sfera privata non giustificata da specifiche e motivate esigenze di interesse pubblico.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).

c) Ragionevolezza: parallelamente, la ragionevolezza costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione e/o il giudicante in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali.

In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza (Consiglio di Stato, sezione V, 20 febbraio 2017, n. 746 e sezione IV, 22 maggio 2013, n. 964).

Facendo corretta applicazione dei suddetti principi, in un’ottica di contemperamento dei diversi interessi contrapposti, la sanzione, come detto, deve poter svolgere la funzione propria di prevenzione speciale e generale in ordine alla reiterazione della condotta illecita, deve necessariamente essere proporzionale al disvalore sociale della condotta, rispetto alla quale deve avere un adeguato effetto dissuasivo e, da ultimo, deve essere suscettibile anche di una valutazione di natura equitativa (CFA, SS.UU. n. 672022/2023).

2.5 Quanto sopra delineato costituisce il perimetro normativo, come interpretato da consolidata giurisprudenza, all’interno del quale muoversi.

Applicando detti principi al caso di specie ne deriva quanto segue.

2.5.1 La posizione di Alessandro Croce – I° motivo di reclamo.

Il giudice di prime cure ha escluso la responsabilità del Croce quanto al primo capo di incolpazione così motivando: “Deve invece essere esclusa la responsabilità del sig. Alessandro Croce per aver pronunciato le parole “cinese alzati” in quanto in esse non è ravvisabile alcun intento ingiurioso né tanto meno razzista. Bisogna infatti precisare che non tutti le frasi che contengano riferimenti all’origine territoriale (cinese, americano, romano, milanese, napoletano, etc.) di un soggetto possono ritenersi di per sé discriminatorie: il solo richiamo all’origine di una persona non determina automaticamente che si configuri tale violazione, a meno che non si voglia pensare che il solo fatto di essere originari di una nazione o di una città piuttosto che in altra sia di per sé denigratorio. Tanto più che la frase in oggetto non contiene alcuna ingiuria o offesa, ma risulta del tutto anodina”.

Il capo della sentenza in esame deve essere riformato.

La decisione del giudice sportivo deve essere motivata ai sensi dell’art. 44, comma 3, del Codice di giustizia sportiva, dell’art. 2, comma 4, del CGS CONI e, in via generale dell’art. 111 della Costituzione. L’indispensabilità della motivazione è stata ribadita dalle Sezioni Unite del Collegio di garanzia dello sport (Sezioni Unite, n. 17/2019) che hanno evidenziato che tale obbligo - sancito dalla Costituzione all’art. 111 e riconosciuto altresì a livello sovranazionale, dovendosi ritenere ricompreso nei principi enunciati dall’art. 6 CEDU - deriva dalla funzione che la motivazione tipicamente svolge nel processo, quale strumento di controllo della decisione nelle fasi di impugnazione a garanzia del diritto di difesa delle parti, nonché́ quale strumento che consente al giudice dell’impugnazione di sindacare compiutamente il provvedimento giurisdizionale oggetto di gravame. L’obbligo di motivazione ha quindi funzione di garanzia e di trasparenza della giustizia sportiva dinanzi ai cittadini, siano essi tesserati, affiliati ovvero istituzioni; in tal senso la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è espressione della coerenza dell’ordinamento della giustizia sportiva con i principi generali dello Stato di diritto. (CFA, SS.UU., n. 16/2024-2025; CFA, Sez. I, n. 101/2024-2025).

Per contro la motivazione del Tribunale territoriale appare tautologica, frutto di un ragionamento circolare, generico e non supportato da elementi concreti e, per questo, equivale a una motivazione mancante, atteso soprattutto che non è in linea con i consolidati e citati orientamenti giurisprudenziali.

Peraltro, il comportamento discriminatorio del Croce va valutato complessivamente sia per quanto detto in campo e sia per l’attiva partecipazione allo scatto fotografico post-partita e proprio lo scrutinio complessivamente considerato degli accadimenti consente di poter acclarare l’evidenza di una condotta discriminatoria sanzionata dall’art. 28 CGS.

Quanto all’entità della sanzione da irrogare per il comportamento discriminatorio si osserva quanto segue.

L’art. 28 CGS al comma 2 prevede che “il calciatore che commette una violazione di cui al comma 1 è punito con la squalifica per almeno dieci giornate di gara o, nei casi più gravi, con una squalifica a tempo determinato e con la sanzione prevista dall’art. 9, comma 1, lettera g) nonché, per il settore professionistico, con l’ammenda da euro 10.000,00 ad euro 20.000,00”.

Se è vero che l’art. 13 CGS, disciplinando le circostanze attenuanti, pur non prevedendo tra quelle tipiche (comma 1) la minore età dell’incolpato, consente tuttavia (comma 2) che “Gli organi di giustizia sportiva possono prendere in considerazione, con adeguata motivazione, ulteriori circostanze che ritengono idonee a giustificare una diminuzione della sanzione”, non vi è ragione per discostarsi dal consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la minore età non è una circostanza attenuante atipica, costituendo semmai sintomo della necessità di una profonda riflessione sullo spirito e sui valori cui deve essere improntata sempre l’attività sportiva, rappresentando pertanto, con la sua implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza, un vero e proprio disvalore aggiunto.

È stato anche sottolineato che, in tal senso, la pena irrogata ai giovani calciatori, per quanto debba pur sempre rispondere a criteri di ragionevolezza e proporzionalità, svolge anche una funzione educatrice al rispetto delle regole sportive di comportamento, secondo principi di lealtà, rispetto e correttezza (Cfr. CFA, Sez. I, n. 59/2023-2024; CFA, Sez. I, n. 15/2024-2025; CFA, Sez. I, n. 57/20242025; CFA, SS.UU., n. 15/2025-2026; CFA, SS.UU., n. 30/2025-2026).

La gravità dei fatti per i due capi di incolpazione addebitati al Croce escludono - ad avviso di queste Sezioni Unite - che possa tenersi conto della giovane età, considerato peraltro che le condotte contestate scontano, ai sensi dell’art. 14, comma 1, lettera n), una circostanza aggravante.

A tanto consegue l’accoglimento del primo motivo di reclamo della Procura, la riforma in parte qua della decisione reclamata e l’irrogazione al calciatore Alessandro Croce della sanzione della squalifica di 15 (quindici) giornate da scontarsi in gare ufficiali, così come richiesto dalla Procura stessa, trattandosi, nel caso di specie, di una sanzione congrua e proporzionata alla gravità dei fatti e comunque coerente con la previsione dei ricordati artt. 28 e 44, comma 5, CGS.

2.5.2 Le posizioni di Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci, Andrea Di Laurenzio, Christian Ciace ed Andrea Frattali – II° motivo di reclamo.

Il Tribunale federale territoriale ha diversificato il grado di gravità delle condotte contestate e, conseguentemente ha irrogato sanzioni in misura ridotta rispetto alle richieste dell’organo inquirente.

Osserva il Tribunale: “In relazione alla fotografia scattata all’interno degli spogliatoi deve essere effettuata un’attenta valutazione dei singoli protagonisti della vicenda sì da attribuire correttamente le responsabilità a ciascuno di essi. Bisogna innanzi tutto evidenziare come il sig. Christian Ciace, pur essendo ritratto nella fotografia, non compie il gesto di portare le mani agli occhi per simulare le caratteristiche somatiche orientali. Si rileva altresì che non risulta raggiunta la prova che il sig. Andrea Frattali abbia attivamente contribuito all’ideazione della posa della fotografia, poiché emerge dagli atti che si sia limitato esclusivamente a scattare la stessa. Tuttavia, la responsabilità di entrambi i suddetti calciatori non può essere del tutto esclusa in quanto essi hanno certamente partecipato alla realizzazione dello scatto e accortisi di quanto stava accadendo, avrebbero dovuto ritrarsi. Avendo partecipato a una attività comunque contraria ai principi di lealtà, correttezza e probità, essi meritano di essere sanzionati con la squalifica per due giornate di gara. Avendo partecipato a una attività comunque contraria ai principi di lealtà, correttezza e probità, essi meritano di essere sanzionati con la squalifica per due giornate di gara. I sigg. Christian Agresta, Alessandro Croce, Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci e Andrea Di Laurenzio, invece, risultano ritratti nello scatto fotografico effettuato nello spogliatoio dopo la partita con le mani sugli occhi simulando tratti orientali, con l’evidente intento di dileggiare l’avversario; pur tuttavia non risulta raggiunta la prova che essi avessero contezza che lo scatto dovesse venir poi pubblicato sui social network, così da esporlo alla conoscibilità generale inclusa quella del sig. Quin Lang Messina. La responsabilità dei detti calciatori deve quindi ritenersi più lieve rispetto a coloro che compiono atti con evidente matrice discriminatoria direttamente percepibili dalla persona offesa o comunque rivolti alla generalità del pubblico e tale fatto deve essere tenuto in considerazione al momento dell’irrogazione della sanzione”.

Le medesime considerazioni svolte sulla motivazione (tautologica ed apparente) espresse sul primo motivo di reclamo, valgono anche per il secondo motivo di censura.

2.5.2.1 Preliminarmente va respinta l’eccezione formulata negli scritti difensivi dall’Avv. Giotti di acquiescenza parziale all’applicazione delle circostanze attenuanti sia specifiche che generiche.

Il reclamo rispetta quanto previsto dall’art. 101, comma 3, CGS e, come replicato anche dalla Procura in sede di udienza, l'impugnazione dell’organo inquirente investe la quantificazione delle sanzioni e le motivazioni ad essa sottese nella loro interezza e, quindi, anche l'applicazione delle attenuanti sia specifiche che generiche.

2.5.2.2 Analogamente infondata è l’eccezione prospettata nella memoria difensiva depositata nell’interesse di Alessandro Ciace di inammissibilità dell’appello per aver la Procura contestato all’incolpato un fatto diverso con il mezzo di gravame.

Al riguardo, sin dal deferimento datato 25/7/2025, emerge in misura evidente che al Ciace viene contestato “l’aver preso parte ad uno scatto fotografico all’interno dello spogliatoio al fine di schernire il calciatore avversario sig. Q.L.M.” e che il richiamo alle mani agli occhi al fine di simulare le caratteristiche somatiche orientali sia riferito agli altri compagni di squadra.

2.5.2.3 Nel merito si osserva quanto segue.

Il Tribunale sembra ricondurre la responsabilità dei soggetti che hanno partecipato allo scatto fotografico alla sola violazione dell’art. 4, comma 1, CGS con esclusione della fattispecie discriminatoria di cui al successivo art. 28. Si legge nel corpo della motivazione: “Avendo partecipato a una attività comunque contraria ai principi di lealtà, correttezza e probità” ed ancora “La responsabilità dei detti calciatori deve quindi ritenersi più lieve rispetto a coloro che compiono atti con evidente matrice discriminatoria direttamente percepibili dalla persona offesa o comunque rivolti alla generalità del pubblico”; ed infine “nel caso in oggetto, pur essendo assumibile un intento denigratorio, non risulta raggiunta la prova della consapevolezza che lo scatto dovesse essere portato all’attenzione di soggetti esterni né al destinatario del dileggio. Bisogna inoltre considerare le attenuanti generiche, l’assenza di recidivae la collaborazione prestata daicalciatori alla Procura federale nell’accertamento delle responsabilità”.

Per le considerazioni già espresse, questa Corte dissente dall’avviso espresso dal Tribunale di I° grado.

La valutazione sulla natura discriminatoria o meno dei comportamenti tenuti dai tesserati è il frutto di una valutazione complessiva che si concretizza nell’aver preso parte allo scatto con evidente finalità discriminatoria. A nulla rileva - come obietta il Tribunale che i tesserati non erano a conoscenza o che non è dimostrato che lo fossero.

Il giudice di I° grado vincola, erroneamente, la violazione dell’art. 28 CGS alla circostanza che lo scatto fotografico fosse reso pubblico (come peraltro poi avvenuto).

La condotta discriminatoria, sanzionabile invece ai sensi dell’articolo 28, comma 1, del Codice stesso, risiede nel fatto che la fattispecie della discriminazione è integrata allorché l’espressione offensiva o ingiuriosa mira specificamente a ledere il decoro, la dignità o l’onore della persona o del gruppo cui è indirizzata in ragione della loro diversità per motivi di razza, di colore, di religione, di lingua, di sesso, di nazionalità, di origine anche etnica, di condizione personale o sociale (Cfr. CFA, Sez. I, n. 101/2024-2025).

Facendo corretta applicazione di detti principi, emerge la concorrente, solidale ed identica responsabilità di tutti i soggetti che hanno partecipato allo scatto fotografico, senza distinzione e diversa gradazione delle varie responsabilità in base al presunto diverso apporto dato dagli stessi e, quindi, a prescindere se l’incolpato abbia solo scattato la foto (Frattali), o sia stato ritratto nella foto senza compiere il gesto di portare le mani agli occhi simulando le caratteristiche orientali (Ciace).

Quanto alle circostanze attenuanti osserva il Tribunale che “bisogna inoltre considerare le attenuanti generiche, l’assenza di recidiva e la collaborazione prestata dai calciatori alla Procura federale nell’accertamento delle responsabilità”.

La statuizione sul punto appare generica ed immotivata.

Quanto alla “recidiva”, va osservato che il codice la prende in esame solo come circostanza aggravante ex art. 18 CGS e mai come un’attenuante.

Quanto alle attenuanti generiche, l’art. 13, comma 2, CGS impone per la loro applicazione “un’adeguata motivazione” del tutto carente nel caso di specie (ex multis: CFA, SS.UU., n. 121/2024-2025).

Quanto alla “collaborazione prestata dai calciatori alla Procura federale” la stessa deve ritenersi di natura puramente confessoria nel senso che gli incolpati non hanno mai negato in sede di indagini quanto successo, ma l’istruttoria eseguita dalla Procura esclude che la collaborazione sia intervenuta “per la scoperta o per l’accertamento degli illeciti disciplinari”, così come richiesto dall’art. 13, comma 1, lettera e).

Peraltro, laddove il Tribunale intenda fare riferimento all’art. 128 CGS (Collaborazione degli incolpati) l’applicazione della norma sconta la “Proposta della Procura federale”, non rinvenuta nel caso di specie.

In ogni caso, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, “In particolare, l’impiego della congiunzione ‘e’ fra la locuzione ‘ ammissione di responsabilità’ e ‘collaborazione’ implica che i due requisiti richiesti per la riduzione della sanzione debbano essere presenti congiuntamente, quindi che all’ammissione delle proprie responsabilità debba aggiungersi una collaborazione, concetto diverso da quello di confessione, che implica quantomeno un aiuto agli organi inquirenti nell’accertamento delle responsabilità e quindi un contributo diverso ed ulteriore dalla semplice ammissione di responsabilità volto all’accertamento - cioè alla precisazione ed alla individuazione delle responsabilità - di violazioni già note.” (cfr. CFA, Sez. I, n. 15/2022-2023; CFA, Sez. I, n.  101/20242025).

Da ultimo, atteso che la qualificazione giuridica dei fatti spetta all’organo giudicante, va detto che, nel caso di specie, ricorrendo così come contestato dalla Procura-  le circostanze aggravanti ex artt. 14, comma 1, lettera l) e lettera n), il Tribunale non ha operato il giudizio di prevalenza ed equivalenza di cui all’art. 15, comma 3, in forza del quale, attesa l’esclusione di tutte le attenuanti, la norma impone di tenere conto esclusivamente delle aggravanti.

2.5.2.4. Da quanto esposto consegue chiaramente, a giudizio di questa Corte, da un lato che Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci, Andrea Di Laurenzio, Christian Ciace ed Andrea Frattali vanno sanzionati anche per la grave violazione dell’art. 28 del Codice di giustizia sportiva da loro volontariamente posta in essere; dall’altro che la sanzione minima edittale (dieci giornate di squalifica) prevista dal citato articolo e in concreto richiesta dalla Procura, appare adeguatamente afflittiva, in relazione appunto alla inciviltà inescusabile del comportamento di stampo razzistico tenuto dai deferiti.

2.5.3 La posizione della società S.S.D. Elis A.R.L.

La Procura federale con il mezzo di impugnazione chiede irrogarsi alla società sportiva, in riforma della decisione del Tribunale (euro 600,00 di ammenda), la sanzione dell’ammenda di euro 2.000,00 (duemila/00).

Sul punto, come puntualmente eccepito nella memoria difensiva depositata nell’interesse della società, il reclamo deve ritenersi inammissibile per violazione dell’art. 101, comma 3, CGS il quale impone l’indicazione delle specifiche censure contro il capo della decisione impugnata.

Infatti, solo nell’ultimo capoverso del gravame, prima delle conclusioni si legge: “l’incongruità sotto il profilo sanzionatorio della decisione resa nei confronti dei sigg.ri…..nonché della S.S.D Elis arl”.

Questo semplice richiamo, sebbene la società risponda a titolo di responsabilità oggettiva, ex art. 6 CGS, non soddisfa quanto imposto dal citato terzo comma dell’art. 101 CGS, fosse anche solo in relazione al quantum richiesto.

3. Reclamo del sig. Andrea Frattali.

L’accoglimento del reclamo della Procura federale comporta il conseguente rigetto del gravame del Frattali, non senza tuttavia fare una necessaria precisazione.

Con il mezzo di impugnazione l’interessato, in via preliminare, censura la sentenza di I° grado per violazione dell’art. 112 cpc “per omessa pronuncia su una eccezione/domanda decisiva”.

In particolare: “con memorie difensive ex art. 93, comma 1, C.G.S. del 25 agosto 2025, la scrivente difesa, in via preliminare e pregiudiziale, ha sollevato assorbente eccezione di improcedibilità e/o nullità e/o inammissibilità del deferimento di cui trattasi per lesione e violazione del diritto di difesa del sig. Andrea FRATTALI, attesa la mancata evasione nei termini di rito, da parte della Procura federale, della richiesta di trasmissione atti afferenti al procedimento n. 623pfi24-25 al fine dell’espletamento dell’attività difensiva, con annessa preclusione della possibilità di produzione di memorie difensive ante deferimento, con possibilità di richiesta di archiviazione e/o di motivata richiesta di patteggiamento ai sensi e per gli effetti dell’art. 126 C.G.S”.

Il motivo di censura è privo di pregio.

L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato all’incolpato in data 12/06/2025.

La richiesta di accesso agli atti del procedimento è stata evasa dalla Procura in data 22/07/2025, laddove il termine per la produzione di memorie difensive indicato dalla comunicazione di conclusione delle indagini scadeva in data 27/06/2025.

Il deferimento interveniva il successivo 25/07/2025.

Costituisce principio consolidato che i termini endoprocessuali, quali quelli in esame, non hanno natura perentoria, ma svolgono solo una funzione acceleratoria al servizio del termine ultimo (Cfr. CFA, Sez. I, n. 3/2025-2026).

Conseguentemente la tardiva evasione dell’istanza di accesso non costituisce violazione del contraddittorio, senza dire poi che la trasmissione degli atti richiesti è intervenuta comunque in data anteriore al deferimento.

Nel merito il parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura federale comporta ex se una statuizione di rigetto del gravame proposto dal Frattali.

P.Q.M.

Riunisce i reclami in epigrafe.

Accoglie in parte il reclamo numero 0026/CFA/2025-2026 e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga le seguenti sanzioni:

- al  sig. Alessandro Croce: la sanzione della squalifica di 15 (quindici) giornate da scontarsi in gare ufficiali;

- ai sig.ri Lorenzo Fabriani, Nicolò Canali, Gabriele Luci, Andrea Di Laurenzio, Christian Ciace ed Andrea Frattali la sanzione della squalifica di 10 (dieci) giornate da scontarsi in gare ufficiali.

Conferma la sanzione dell’ammenda di 600,00 (seicento/00), irrogata alla società S.S.D. Elis A.R.L..

Respinge il reclamo numero 0027/CFA/2025-2026.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Marco Stigliano Messuti                                           Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2025 Dirittocalcistico.it