F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2025/2026 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0049/CFA pubblicata il 14 Novembre 2025 (motivazioni) – PF/Sig. Davide Lampitelli

Decisione/0049/CFA-2025-2026

Registro procedimenti n. 0043/CFA/2025-2026

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Casula – Componente

Stefano Papa – Componente

Marco Mancini – Componente

Diego Sabatino - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 0043/CFA/2025-2026, proposto dal Procuratore federale e dal Procuratore federale aggiunto in data 17.10.2025; per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare n. 76TFN-sd del 13.10.2025;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore all’udienza dell’11.11.2025, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Diego Sabatino e uditi l’Avv. Luca Zennaro e l’Avv. Francesco Vignoli per i reclamanti, l’Avv. Luca Ulivi per il Sig. Davide Lampitelli.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con reclamo del 17/10/2025, iscritto al n. 0043/CFA/2025-2026, la Procura federale, in persona del Procuratore federale e del Procuratore federale aggiunto, ha chiesto la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale n. 76 del 13/10/2025, comunicata in data13/10/2025, nell’ambito del procedimento iscritto al n. 825/916pf23- 24/GC/SA/mg del 09/07/2024 della stessa Procura, con la quale il Tribunale federale nazionale ha parzialmente accolto il deferimento della Procura federale, omettendo di pronunciarsi su una parte della contestazione, ed ha irrogato nei confronti del sig. Davide Lampitelli la sanzione di mesi 1 (uno) di squalifica, ritenuta incongrua rispetto alla fattispecie posta all’esame del Giudicante di prime cure.

2. Il Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare ha così riassunto i fatti di causa:

“Il deferimento

L’indagine trae origine da una notizia stampa pubblicata in data 22.3.2025 sulla testata giornalistica “La Nazione”, edizione online di Massa Carrara, dal titolo: “Frasi sessiste contro la team manager. Il club si scusa e caccia l’allenatore”, secondo la quale l’allenatore della squadra giovanile della società Massese 1919 S.S.D.R.L., prima di una gara, nel corso di una accesa lite, avrebbe inveito nei confronti della sig.ra Giovanna Santi, Team Manager della medesima società, apostrofandola con frasi sessiste e offensive.

A seguito della segnalazione, il procedimento è stato iscritto nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 10 aprile 2025 al n. 998 pf 24-25.

Al fine di ricostruire compiutamente i fatti, la Procura ha acquisito vari documenti, fra i quali appaiono assumere particolare valenza dimostrativa

Notizia stampa del 22.3.2025;

Foglio censimento della società Massese 1919 S.S.D.R.L. per la stagione sportiva 2024-2025;

Posizione di tesseramento del sig. Davide Lampitelli;

La Procura ha, altresì, disposto l'audizione dei tesserati Giovanna Santi, Giovanni Rossi, Mariano Zaccagna, Gianluca Parducci, Stefano Della Pina.

All’esito dell’istruttoria, la Procura Federale ha notificato, in data 6 agosto 2025, al sig. Davide Lampitelli, individuato come l’allenatore cui fa riferimento il menzionato articolo di stampa, la comunicazione di Conclusione delle Indagini.

In data 21 agosto 2025 l’indagato ha fatto pervenire alla Procura una memoria.

Il 12 settembre 2025 la Procura Federale ha deferito il sig. Davide Lampitelli, allenatore all’epoca dei fatti tesserato per la società Massese 1919 S.S.D.R.L., per rispondere "della violazione dell’art. 4, comma 1, sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto dall’art. 39, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, e dall’art. 37, commi 1 e 2, del Regolamento del Settore Tecnico F.I.G.C., per avere, prima della gara Massese 1919 – Tirrenia 1973 dell’1.3.2025, valevole per il Campionato Juniores Under 19 Provinciali, poi non disputata per le avverse condizioni meteo, rivolto con toni accesi all’indirizzo della sig.ra Giovanna Santi, Team Manager della società Massese 1919 S.S.D.R.L., nel corso di una discussione concernente la disputa o meno dell’incontro, frasi offensive del seguente tenore: “scema”, “scema di merda”, “incompetente” e “fenomena”, definendo contestualmente la propria società di appartenenza “una società di merda”.

La fase predibattimentale

Il Presidente del Tribunale Federale ha fissato quindi l’udienza di discussione del 7 ottobre 2025.

In vista della fissata udienza del 7 ottobre 2025, il sig. Davide Lampitelli, con memoria del 2 ottobre 2025, dopo aver effettuato una ricostruzione dei fatti, ha lamentato la mancata audizione dell’incolpato evidenziando come le accuse della sig. Giovanna Santi non trovino riscontro nei testimoni. La difesa ha invocato, infine, l’art. 599 c.p. per escludere la punibilità in quanto la frase incriminata sarebbe stata una reazione immediata a un’aggressione verbale.

Il dibattimento

All’udienza del 7 ottobre 2025, tenutasi in modalità di videoconferenza, hanno partecipato l’Avv. Alessandro D’Oria e l’Avv. Francesco Vignoli, in rappresentanza della Procura Federale e l’Avv. Luca Ulivi in difesa del sig. Davide Lampitelli.

L’Avv. D’Oria, riportandosi integralmente ai contenuti dell'atto di deferimento e replicando alla memoria di controparte, ha chiesto l’irrogazione di mesi 6 (sei) di squalifica.

L'Avv. Ulivi, riportandosi integralmente alla propria memoria, ha chiesto il proscioglimento del proprio assistito.”

3. Assunta la causa in decisione, il Tribunale federale nazionale – Sezione disciplinare ha pubblicato la decisione n. 76 del 7/10/2025, oggetto del presente reclamo, con la quale è stata irrogata al sig. Davide Lampitelli la sanzione di mesi 1 (uno) di squalifica.

Nel dettaglio, il Tribunale ha ritenuto:

a) la sussistenza del fatto oggetto di deferimento (È stato riscontrato dalle audizioni della sig.ra Giovanna Santi e del sig. Giovanni Rossi che il sig. Davide Lampitelli ha rivolto con toni accesi all’indirizzo della sig.ra Giovanna Santi frasi offensive del seguente tenore: “scema”, “scema di merda”. Tale circostanza è stata, peraltro, ammessa dallo stesso deferito), sebbene in relazione solo ad alcune delle ingiurie oggetto di esame;

b) la sussumibilità del fatto nella fattispecie sanzionatoria indicata nell’atto di deferimento (L’aver proferito frasi come “scema” e “scema di merda” dal tenore chiaramente offensivo e poco consono al suo ruolo nell'organigramma societario nei confronti di un dirigente, configura certamente, in capo al sig. Davide Lampitelli una responsabilità disciplinare per violazione del combinato disposto dell’art. 39, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva, e dell’art. 37, commi 1 e 2, del Regolamento del Settore Tecnico F.I.G.C.);

c) l’inesistenza di elementi scriminanti (Né appare invocabile la non punibilità della condotta ex art. 599 c.p. non potendosi accertare con certezza se le frasi incriminate fossero o meno una reazione immediata a un’aggressione verbale);

d) la rilevanza ai fini della determinazione della pena dei vicendevoli comportamenti ingiuriosi (Ai fini della pena, tuttavia, tenuto conto che la condotta si pone in un contesto di reciproche offese nel corso di una discussione con toni molto accesi, il Collegio ritiene equo irrogare mesi 1 (uno) di squalifica).

4. Con il reclamo qui in esame, la Procura federale impugna la decisione adottata, sulla scorta di due diversi motivi di diritto.

5. Con il primo motivo, rubricato “omessa pronuncia su una parte della contestazione mossa con l’atto di deferimento - violazione del principio della corrispondenza tra il richiesto e il pronunciato”, la Procura federale contesta la mancata pronuncia per non aver considerato le ulteriori espressioni offensive individuate nell’atto di deferimento, ossia gli epiteti “incompetente” e “fenomena” pronunciate dal deferito nei confronti della dirigente sig.ra Giovanna Santi, come pure l’espressione offensiva “una società di merda” rivolta dal sig. Lampitelli all’indirizzo della propria società di appartenenza Massese 1919 S.S.D.R.L., fatti tutti pienamente comprovati in sede di istruttoria disciplinare.

Tale omissione andrebbe quindi ad integrare una “una vera e propria omissione di pronuncia nella decisione di primo grado, con conseguente violazione del principio della corrispondenza tra il richiesto e il pronunciato, sancito dall’art. 112 Codice di procedura civile. Un principio che trova piena applicazione nella giustizia sportiva, in virtù del generale rinvio, in via suppletiva, ai principi del processo civile contenuto nell’art. 2, comma 6, Codice della giustizia sportiva CONI” Con il secondo motivo, rubricato “incongruità della sanzione - violazione ed erronea applicazione del principio generale di afflittività della sanzione – carenza di motivazione in violazione degli artt. 44 e 51 del codice di giustizia sportiva” viene gravata la decisione nella parte in cui porta all’irrogazione di un solo mese di squalifica, sanzione che non è reputata in linea con il principio di proporzionalità. Ciò in relazione a due diversi profili di criticità.

In primo luogo, viene rimarcata la non linearità dell’iter logico-motivazionale seguito dal Giudice di prime cure il quale, da un lato, ha ritenuto provata la responsabilità disciplinare del deferito per il comportamento antiregolamentare e, dall’altro, ha giustificato il mite trattamento sanzionatorio sulla scorta di un ritenuto “contesto di reciproche offese nel corso di una discussione con toni molto accesi”, elemento di fatto non provato agli atti e implicitamente escluso nella precedente parte della motivazione, dove invece si è ritenuta non applicabile l’invocata causa di non punibilità di cui all’art. 599 c.p.

In secondo luogo, l’omessa pronuncia, denunciata con il primo motivo di ricorso, sulle ulteriori offese non accertate, viene considerata rilevante in quanto possibile elemento incidente sulla mite valutazione sanzionatoria oggetto di censura.

Va qui ricordato che la Procura federale, in sede di dibattimento in prime cure, aveva concluso il proprio intervento chiedendo che venisse irrogata al sig. Davide Lampitelli la sanzione di mesi 6 (sei) di squalifica.

6. Con decreto del 17/10/2025, il Presidente della Corte federale, ai sensi dell’art. 99 del Codice, stanti i profili di rilevanza e di principio investiti dalla questione proposta, disponeva che dovesse essere decisa dalle Sezioni unite della Corte federale d'appello.

7. In data 07/11/2025, si costituiva in giudizio il sig. Davide Lampitelli, in difesa rispetto al ricorso della Procura federale.

8. All’udienza del giorno 11/11/2025, tenutasi in videoconferenza, uditi gli avv. Luca Zennaro e Francesco Vignoli per la Procura federale e l’avv. Luca Ulivi per il reclamante, la causa è stata assunta in decisione. All’esito della camera di consiglio il Collegio ha pronunciato il dispositivo, pubblicato nella stessa giornata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

9. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di quanto di seguito precisato.

10. Non è fondato il primo motivo di reclamo.

Nella proposizione del gravame, la Procura ha fatto esplicitamente riferimento, come parametro normativo oggetto di violazione, all’art. 112 del Codice di procedura civile e al principio da esso ricavabile, noto come quello della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Questa Corte, pertanto, è chiamata ad accertare se, in una fattispecie sanzionatoria - quale quella qui in scrutinio - sia applicabile la norma invocata e la regola di giudizio da essa evincibile, sicuramente valevole nella giurisdizione civile, e non altre modalità, utilizzate in ambiti decisionali più simili, quale ad esempio quello penale, dove non si valuta la corrispondenza con la domanda ma la sussumibilità della condotta accertata in giudizio nella fattispecie incriminatrice.

10.1 Al riguardo, occorre preliminarmente considerare che il processo sportivo deve essere svolto alla luce delle norme dell’ordinamento di settore, ordinamento che ha la capacità di regolare fattispecie generali ed astratte con valenza verso la generalità dei soggetti che di esso fanno parte.

Pertanto, non può essere condiviso, in via generale, il tentativo di introdurre regole procedurali e di diritto sostanziale proprie di altri sistemi di giustizia. Diverse sono le posizioni giuridiche coinvolte e la rilevanza delle stesse; diverse sono le finalità perseguite dall’ordinamento sportivo e da quello generale dello Stato. Nel processo sportivo si applicano le disposizioni dell’ordinamento federale e di quello generale sportivo, anche internazionale. Solo in via eccezionale e/o in caso di lacuna vengono in ausilio le regole dettate per altri sistemi di giustizia (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 59/2014-2015).

In sostanza, il ricorso a istituti esterni al Codice, sia in via interpretativa sia in via suppletiva, presuppone una lacuna da colmare nel Codice stesso e, quindi, una struttura argomentativa che si fondi su una pluralità di passaggi, il primo dei quali è il riconoscimento di una lacuna (Corte federale d’appello, SS.UU. n. 102/2024-2025).

Orbene, pur ammesso che sussista una vera e propria lacuna normativa nell’ordinamento sportivo – del che si potrebbe anche dubitare - viene in rilievo l’art. 3, comma 4, CGS, secondo cui (in modo sostanzialmente analogo a quanto previsto dall’art. 2, comma 1, del Codice previgente) “in assenza di specifiche disposizioni del Codice e di norme federali, gli organi di giustizia sportiva adottano le proprie decisioni in conformità ai principi generali di diritto applicabili nell'ordinamento sportivo nazionale e internazionale nonché a quelli di equità e correttezza sportiva.”.

La questione, pertanto, si risolve nel chiedersi se il principio della domanda possa o meno essere considerato un “ principio generale di diritto”. Principio che, com’è noto, è tipico di un processo – quale quello civile - che riguarda, di regola, diritti soggettivi disponibili che appartengono alla sfera di autonomia del singolo, nei cui confronti lo Stato non ha, di solito, un interesse pubblico così intenso da imporre d’ufficio la tutela dei diritti medesimi.

Il che evidentemente non è, poiché tale principio è sostanzialmente estraneo al processo penale, dominato – com’è noto – dall’iniziativa processuale spettante al pubblico ministero, dall’ampiezza dei poteri officiosi del giudice e, soprattutto dalla circostanza che il bene protetto non è solo l’interesse di parte, ma anche l’interesse pubblico alla repressione dei reati.

10.2 Senonchè, occorre anche considerare l’art. 2, comma 6, del Codice CONI, secondo cui “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva.”.

In merito, la dottrina ha evidenziato subito l’inadeguatezza del richiamo ai soli principi e norme generali del processo civile, tralasciando ogni riferimento ai principi e alle norme generali del processo penale, sottolineando altresì che fino all’entrata in vigore di tale disposizione, molti codici di giustizia sportiva federale prevedevano un richiamo esplicito ai principi del diritto processuale penale.

In ogni caso, pur in presenza di tale previsione, il richiamo ai “principi e alle norme generali del processo civile” deve essere inteso cum grano salis, in relazione alla difficoltà della reductio ad unitatem dell’oggetto del procedimento sportivo.

E, in effetti, il procedimento disciplinare sportivo, com’è evidente, è caratterizzato da una finalità tipicamente punitiva, in quanto ha la funzione di colpire con sanzioni coloro che contravvengono alle regole che vigono nell’associazione.

Tale finalità si traduce in giudizio di carattere oggettivo, affine alla giurisdizione del giudice penale, tesa all’accertamento della colpevolezza del soggetto.

Basti osservare, a tale fine, a titolo d’esempio:

- l’art. 118, comma 1, CGS, secondo cui il Procuratore federale “esercita in via esclusiva l’azione disciplinare” verso tesserati, affiliati e altri soggetti; l’azione disciplinare è “esercitata di ufficio” e il suo esercizio “non può essere sospeso né interrotto, salvo sia diversamente stabilito”.  Il procedimento sportivo non nasce, quindi, dalla libera iniziativa di un soggetto privato che può decidere se agire o meno, ma da un ufficio che ha il dovere di perseguire l’illecito: tale disposizione è un tipico indice di modello oggettivo, analogo al principio di obbligatorietà/ufficiosità dell’azione penale, ben lontano dal principio dispositivo del processo civile;

- l’art. 119, comma 1, CGS, secondo cui il Procuratore federale “svolge tutte le indagini necessarie all’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari delle quali abbia notizia”, iscrivendo la notizia di illecito in apposito registro entro termini prefissati, anche se acquisita “di propria iniziativa”. L’iniziativa e l’ampiezza delle indagini non sono determinate da domande di parte, ma da un obbligo officioso di accertamento;

- l’art. 49, comma 6, CGS, secondo la rinuncia o il ritiro del ricorso o del reclamo non ha effetto per i procedimenti di illecito sportivo, per quelli che riguardano la posizione irregolare dei calciatori e per i procedimenti introdotti su iniziativa di organi federali e operanti nell'ambito federale. È chiaro il distacco dal principio dispositivo: la parte non può concludere il processo a suo piacimento quando è in gioco l’interesse federale alla regolarità delle competizioni e alla correttezza dell’ordinamento sportivo;

- l’art. 50, comma 3, CGS, secondo cui agli organi di giustizia sono demandati “i più ampi poteri di indagine e accertamento”, con la possibilità di disporre accertamenti e supplementi di indagine tramite la Procura federale, di richiedere supplementi di rapporto agli ufficiali di gara e disporne la convocazione. E’ palese la distanza di questa previsione dall’art. 115 del Codice di procedura civile, che afferma il principio della disponibilità delle prove in capo alle parti. Nel processo sportivo il giudice è autorizzato a intervenire d’ufficio nell’istruzione probatoria, capovolgendo il principio processual-civilistico. Si tratta, quindi, di un metodo acquisitivo assai ampio, basato sull’interazione tra poteri del giudice sportivo e poteri della Procura federale (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 115-2019/2020). Una diretta conseguenza è che, in tal modo, a differenza di quanto prevede l’art. 2697 del Codice civile, l’onere della prova non grava necessariamente su chi intende far valere in giudizio un proprio diritto. Nel processo sportivo, quindi, le prove sono acquisite anche su iniziativa del giudice, che ha poteri di ricerca autonomi delle fonti materiali di prova e dei fatti ritenuti rilevanti e che può e deve accertare qual è effettivamente la verità (ovviamente di carattere processuale), al di là di da quanto indicato dalle parti;

- l’art. 106 CGS, secondo cui la Corte federale d’appello può riformare la decisione impugnata e decidere nel merito, anche aggravando le sanzioni; può eliminare i vizi della decisione di primo grado (es. per carenze motivazionali) senza rinvio al primo giudice, integrando la motivazione; inoltre le ipotesi di annullamento con rinvio al primo giudice sono circoscritte ai soli casi di lesione del contraddittorio processuale (CFA, SS.UU., n. 2/2023-2024); nel reclamo deve riconoscersi una particolare intensità al cd. effetto devolutivo dell’appello, con la conseguenza che si produce un’automatica riemersione in sede di gravame di tutto il materiale di cognizione introdotto in primo grado, in modo tale che la cognitio della Corte è piena. E ciò in coerenza con l’impostazione secondo cui i giudizi innanzi alla Corte si qualificano solo “tendenzialmente” quale revisio prioris instantiae (Corte federale d’appello, n. 42/2024-2025). Quanto sopra rafforza l’idea di un giudizio di merito orientato all’accertamento oggettivo della violazione, anziché ad una mera verifica “interna” dei limiti posti dalle domande delle parti, come invece avviene nel processo civile governato dall’art. 112 c.p.c.

Tutto ciò nella prospettiva secondo cui, nell’ordinamento sportivo, il fine principale da perseguire, al di là dell’aspetto giustiziale pur fondamentale, è quello di affermare sempre e con forza i principi di lealtà, imparzialità e trasparenza, tipici del movimento sportivo, come pensato sin dalla sua fondazione da Pierre De Coubertin e, quindi, è compito degli Organi di giustizia considerare meno stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali, che siano utili all’accertamento dei menzionati valori (Collegio di garanzia dello sport, Sez. I, n. 56/2018).

In definitiva, il giudizio disciplinare sportivo si distingue decisamente dal processo sportivo attivabile su ricorso dai tesserati o dalle società interessate, che assume caratteristiche soggettive e, pertanto, è più affine alla giurisdizione del giudice civile e amministrativo; ciò che deriva, del resto, chiaramente dall’art. 80 del CGS che differenzia chiaramente i procedimenti instaurati dinanzi al Tribunale federale a seguito di atto di deferimento del Procuratore federale da quelli proposti con ricorso del soggetto interessato.

Conseguentemente è stato ritenuto che, per i giudizi disciplinari sportivi, sembrano più pertinenti, in caso di lacuna normativa, i principi e le disposizioni del Codice di procedura penale (Corte federale d’appello FIGC, Sezione consultiva, 18 febbraio 2020), poiché tali procedimenti sono caratterizzati da una finalità tipicamente punitiva, in quanto hanno la funzione di colpire con sanzioni coloro che contravvengono alle regole che vigono nell’associazione (Corte federale d’appello, SS.UU. n.15/2025-2026).

10.3 Resta comunque il fatto che, sia aderendo al tema in senso civilistico, che comporta quindi l’individuazione dell’azione proposta (tramite i tradizionali criteri del petitum e della causa petendi), come pure propendendo per una soluzione di tipo penalistico, che impone il meccanismo dell’accertamento degli elementi della fattispecie (tramite sussunzione), il Tribunale federale ha adempiuto a ciò che gli era richiesto.

Ciò in quanto compito del giudice è accertare il dato di fatto, il comportamento punibile, il Tatbestand, ossia la mancata osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme organizzative interne FIGC nonché delle altre norme federali e dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, dell’art. 39, comma 2, del Codice di giustizia sportiva (condotta gravemente antisportiva commessa in occasione o durante la gara) e dall’art. 37, commi 1 e 2, del Regolamento del Settore tecnico F.I.G.C. (mancanza nel dovere di esempio di disciplina e correttezza sportiva e di condotta coerente con il principio della deontologia professionale).

Si tratta di fattispecie che valutano condotte, qui intese nel senso penalistico di azione vietata, rilevante sia in sé ma anche come comportamento complessivo, che si ha quando i singoli elementi confluiscono altresì in una valutazione unitaria, che ingloba e supera l’accertamento parcellizzato dei singoli segmenti.

La condotta sanzionata è quindi integrata anche dall’accertamento parziale o anche minimo delle ingiurie pronunciate, senza che spetti al Giudice l’obbligo di soffermarsi su ogni singola offesa, non comportando mutamenti giuridicamente rilevanti in termini di domanda o fattispecie che sia.

11. È invece fondato il secondo motivo di reclamo.

Va infatti rimarcata la non linearità del ragionamento del primo giudice.

Questi, per un verso ha escluso l’applicabilità della scriminante di cui all’art. 599 c.p., non potendosi accertare con certezza se le frasi incriminate fossero o meno una reazione immediata a un’aggressione verbale e, per altro verso, ha ritenuto di fatto adottabile una sanzione mite sulla scorta di una supposta esistenza di una conflittualità verbale in corso, elemento che invece non è emerso dagli atti.

In questo senso, la mancata completa acquisizione dei fatti ingiuriosi, lamentata con il primo motivo e in parte riportata anche nel secondo in quanto presuntivamente indicata dalla Procura come elemento incidente sulla quantificazione della sanzione, appare irrilevante, sia ex se, per le ragioni prima evidenziate, sia perché sovrastata dal tema della dinamica della ponderazione, dove il Tribunale federale ha dato spazio ad un elemento la cui esistenza è stata, se non esclusa, almeno non considerata in sede di accertamento e che, comunque, non avrebbe potuto portare ad una limitazione della sanzione.

12. Assodata la fondatezza del secondo motivo di reclamo, le Sezioni unite devono quindi darsi carico del tema della quantificazione dell’intervento sanzionatorio.

A tal fine, va rimarcato come la funzione del Tecnico federale si connota, giusta il disposto di cui all’art. 37 “Norme di comportamento” del Regolamento del Settore tecnico, di una duplice valenza: da un lato, l’onere di porsi quale “esempio di disciplina e correttezza sportiva”, esempio ovviamente valevole non solo genericamente ma soprattutto nei confronti dei tesserati a loro affidati e, dall’altro, di ispirare la propria condotta, nei rapporti con i colleghi, “al principio della deontologia professionale”. Si tratta di una prescrizione di comportamento che impone un onere di correttezza e di continenza rafforzato che, nel caso in esame, risulta violato doppiamente.

È quindi valutabile il comportamento plurioffensivo, come testualmente definito in sede di discussione, come pure il contesto pubblico in cui l’alterco ha avuto luogo e la presenza di altri soggetti.

Al contrario, non paiono dirimenti altri aspetti, pure evidenziati in sede di discussione, quale il tema del genere della persona destinataria delle ingiurie (atteso che i contenuti ingiuriosi non hanno connotati discriminatori e quindi originano ulteriore disvalore) o quello del successivo licenziamento del tecnico (trattandosi di evento successivo al fatto).

Tutto ciò considerato, le Sezioni unite, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura federale, ritengono di poter rideterminare la sanzione nella misura di mesi 3 (tre) di squalifica.

13. In conclusione, in parziale accoglimento del reclamo proposto dalla Procura federale e in riforma della decisione del Tribunale federale nazionale n. 76 del 7/10/2025, va applicata a carico del sig. Davide Lampitelli la sanzione di mesi 3 (tre) di squalifica.

P.Q.M.

Accoglie in parte il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, irroga al Sig. Davide Lampitelli la sanzione della squalifica di mesi 3 (tre).

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Diego Sabatino                                                       Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

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