LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI 2002 – 2003 COMUNICATO UFFICIALE N. 82 DEL 9 ottobre 2002 – pubbl. su www.lega-calcio.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Luciano Siqueira de Oliveira già tesserato per la Società Chievo Verona con il nome di Eriberto Conceicao da Silva: violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. e art. 71 delle N.O.I.F.; Soc. Chievo Verona: violazione degli artt. 1 comma 1 e 2 commi 3 e 4 C.G.S. Soc. Bologna: violazione degli artt. 1 comma 1 e 2 commi 3 e 4 C.G.S..

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI 2002 – 2003 COMUNICATO UFFICIALE N. 82 DEL 9 ottobre 2002 – pubbl. su www.lega-calcio.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Sig. Luciano Siqueira de Oliveira già tesserato per la Società Chievo Verona con il nome di Eriberto Conceicao da Silva: violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. e art. 71 delle N.O.I.F.; Soc. Chievo Verona: violazione degli artt. 1 comma 1 e 2 commi 3 e 4 C.G.S. Soc. Bologna: violazione degli artt. 1 comma 1 e 2 commi 3 e 4 C.G.S.. Il procedimento Con provvedimento del 10 settembre 2002, il Procuratore Federale ha deferito a questa Commissione: a) il calciatore Luciano Siqueira de Oliveira, nato a Boa Esperanca (Brasile) il 3 dicembre 1975, già tesserato per la Soc. Bologna per le stagioni sportive 1998/1999 e 1999/2000 e per la Soc. Chievo Verona per le stagioni sportive 2000/2001, 2001/2002 e 2002/2003, per aver partecipato complessivamente a 67 gare del Campionato di Serie A facendosi identificare dagli arbitri come Eriberto Coincecao da Silva, nato a Rio de Janeiro (Brasile) il 21 gennaio 1979, in violazione del combinato disposto degli artt. 1 comma 1 del C.G.S. e 71 delle NOIF; b) e c) la Soc. Bologna e la Soc. Chievo Verona ex artt. 1 comma 1, e 2 commi 3 e 4, del C.G.S. e art. 71 delle NOIF per responsabilità oggettiva in riferimento all’operato del loro tesserato. Nell’atto di contestazione si precisava che, dalla relazione dell’Ufficio Indagini datata 28 agosto 2002, risultava che il calciatore, noto in Italia come “Eriberto”, si era presentato il giorno 21 agosto 2002 negli uffici del 15° distretto di polizia dello stato di San Paolo per denunciare la sua vera identità, asserendo di non sopportare l’ulteriore protrarsi dello stato di ambiguità in cui era vissuto negli ultimi anni. Ciò anche su sollecitazione della moglie, in quanto il figlio nato dal loro matrimonio era stato registrato con il solo nome della madre. Nel verbale di autodenuncia (acquisito in copia) il calciatore aveva precisato che nell’anno 1996, versando in condizioni economiche di estremo disagio (orfano di entrambi i genitori e mantenuto dalla sorella e dal cognato) aveva accettato da un non meglio identificato “impresario Moreno” la proposta di sottoporsi ad un provino presso il Palmeiras esibendo il documento di nascita del diciassettenne Eriberto Coinceicao da Silva in quanto la sua età (20 anni) lo rendeva “troppo vecchio” per il tesseramento. Con tale falsa identità era stato effettivamente tesserato dalla Società brasiliana e, nell’anno successivo, aveva ottenuto un documento di identificazione personale (attualmente sequestrato dalle Autorità di polizia brasiliana) ed un passaporto, utilizzato per il trasferimento in Italia ove aveva sempre taciuto le sue vere generalità alle società di appartenenza (Bologna e Chievo Verona). In considerazione della natura e della gravità dei fatti contestati, con provvedimento del 18 settembre 2002 questa Commissione disponeva la sospensione cautelare del calciatore ex art. 15 del C.G.S. Le memorie difensive Nei termini di rito, i deferiti hanno depositato delle memorie difensive in cui: a) la Soc. Bologna, in persona del suo Presidente sig. Renato Cipollini, ha respinto ogni responsabilità, sottolineando che la valenza dei documenti esibiti dal suo ex tesserato (tra l’altro visionato nel corso di un torneo internazionale al quale partecipava nelle file della nazionale brasiliana “under 20”) escludeva l’obbligo di ogni ulteriore attività di controllo e di verifica; b) la Soc. Chievo Verona, in persona del suo Presidente Luca Campedelli, con analoga argomentazione, respingeva ogni addebito, precisando di aver provveduto con la massima tempestività, non appena ricevuta la copia dell’autodenuncia presentata dal calciatore agli organi di polizia brasiliani, a comunicare tale documento all’Ufficio tesseramento della LNP (nonché all’Ufficio stranieri della Questura di Verona), con conseguente rettifica dei dati anagrafici nell’archivio federale (e rilascio di un nuovo visto d’ingresso per l’Italia); c) il calciatore Luciano Siqueira de Oliveira reiterava la versione dei fatti già resa alle Autorità brasiliane, auspicando un’equa sanzione (indicata nella squalifica per giorni venti, oltre ad un’eventuale ammenda) in considerazione delle motivazioni personali e socioeconomiche che lo avevano indotto ad assumere una falsa identità e del fatto che a tale giovanile errore aveva spontaneamente posto rimedio. Il dibattimento Alla riunione odierna, è comparso il V. Procuratore Federale il quale, ribadendo le argomentazioni già espresse nell’atto di contestazione, sottolineava la gravità della condotta addebitabile al calciatore per il protrarsi nel tempo della condizione di illegalità in cui versava, riteneva non credibili le motivazioni che lo avrebbero indotto all’autodenuncia e concludeva richiedendo la condanna del calciatore alla squalifica per anni due e la condanna di entrambe le società alla sanzione dell’ammenda di Euro 750.000,00. E’ comparso altresì il Presidente della Soc. Bologna che, sulla base dei motivi già esposti nella memoria difensiva, concludeva richiedendo il proscioglimento della società stessa. E’ comparso poi il difensore della Soc. Chievo Verona e dell’incolpato, il quale – illustrando ulteriormente le argomentazioni esposte nella memoria difensiva – concludeva, anche in riferimento alla diminuente di cui all’art.14 n.4 C.G.S., per la condanna del calciatore alla sanzione della sospensione per giorni 20 ed il proscioglimento della società deferita. Successivamente, è intervenuto il calciatore deferito che confermava la versione dei fatti già resa in precedenza, escludeva di essere stato oggetto di pressioni o ricatti di alcun genere ed auspicava l’applicazione di una sanzione che tenesse conto della sua vicenda umana. Infine, il Presidente della Soc. Chievo Verona affermava la totale estraneità della società ed escludeva l’adozione di provvedimenti disciplinari da parte della società stessa nei confronti del calciatore, riconducendo la condotta del calciatore ad uno stato di necessità. I motivi della decisione La Commissione, letti gli atti e valutate le conclusioni delle parti, ritiene provata la responsabilità dei deferiti in ordine agli addebiti contestati. Le dichiarazioni confessorie rese all’odierna riunione dal calciatore Luciano Siqueira de Oliveira, conformi a quanto già denunciato alle Autorità brasiliane e ribadito nella memoria difensiva, rendono superfluo ogni approfondimento della materialità dei fatti di causa. Deve ritenersi del tutto pacifico che il calciatore abbia partecipato, così come contestato, a quattro campionati di Serie A (dalla stagione sportiva 1998/99 a quella 2001/2002) facendosi sempre identificare con le false generalità con le quali aveva già tratto in inganno le Autorità (sportive e non) all’atto del suo tesseramento presso il Palmeiras e del suo trasferimento in Italia. E’ parimenti pacifico che tale condotta, concretatasi in una pluralità di atti di falsità personale e documentale - finalizzati a trarre in inganno tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti - e costantemente reiterata in un rilevantissimo arco temporale, integri una grave violazione di quei principi di lealtà, correttezza e probità sancita dall’art. 1 comma 1 del C.G.S., in relazione alla normativa dettata dall’art. 71 delle N.O.I.F. La Commissione rileva poi che il calciatore, assumendo e mantenendo per lunghi anni una falsa identità, ha comunque tratto dei benefici economici non certo marginali. Se anche, infatti, le generalità del (falso) Eriberto non modificavano lo “status federale” del (vero) Luciano, in quanto calciatore extracomunitario venne considerato il primo e tale sarebbe stato (ed è) considerato il secondo, è di tutta evidenza che l’attribuirsi un’età di oltre tre anni inferiore a quella reale ha consentito al calciatore non solo di ottenere l’iniziale tesseramento con il Palmeiras, ma anche successivamente in Italia di acquisire un “valore di mercato” e di lucrare dei livelli retributivi correlati ad un presumibile residuo di attività agonistica ben maggiore di quello reale. E l’assunto trova puntuale riscontro in quanto affermato all’Ufficio Indagini dal sig. Giovanni Sartori, direttore sportivo della Soc. Chievo Verona, in merito al trasferimento del calciatore: “è di tutta evidenza che se lo avessimo saputo non avremmo offerto al Bologna una cifra così elevata, atteso che, comunque, la Società petroniana aveva offerto a sua volta una cifra ragguardevole”. Tuttavia, questa Commissione, tenuto conto delle condizioni personali e socio-economiche che indussero il calciatore, in giovane età, ad assumere una falsa identità, ritiene apprezzabile il ravvedimento dimostrato dallo stesso autodenunciandosi alle Autorità brasiliane, pur consapevole delle conseguenze penali, disciplinari ed economiche che tale gesto avrebbe comportato sia in Brasile che in Italia. A tale proposito, occorre rilevare che le motivazioni addotte dal calciatore (essenzialmente riconducibili al desiderio di regolarizzare la situazione familiare, anche nell’interesse del figlio, registrato con il solo nome della madre) destano alcune perplessità: non si può escludere che all’origine della confessione – indipendentemente dalla volontà di regolarizzare la posizione del figlio – vi fossero altre e diverse ragioni, tra cui l’esigenza di sottrarsi a ricatti o pressioni da parte di terzi (come riferito dal predetto sig. Sartori, all’Ufficio Indagini, in relazione a quanto a sua volta appreso dal procuratore del calciatore, sig. Pedro Vicencote, nel corso di una conversazione telefonica). Tali ulteriori ipotesi, in ogni caso, non svaluterebbero la “spontaneità” del ravvedimento. Contemperando i sopra esposti elementi di valutazione, ritenuta l’ininfluenza nel caso in esame della previsione premiale di cui all’art.14 n.5 C.G.S., la cui sfera di operatività è limitata alle ipotesi di illecito sportivo e di violazione in materia gestionale ed economica, la Commissione ritiene equo infliggere al calciatore Luciano Siqueira de Oliveira la sanzione della squalifica per la durata di mesi 7 e dell’ammenda di Euro 150.000,00 (centocinquantamila). Per quanto attiene alle Società Bologna e Chievo Verona, chiamate a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva per l’operato del calciatore, la Commissione ritiene che il principio sancito dall’art.2 n.4 del C.G.S., che permea di sé il vigente sistema sanzionatorio, non preveda eccezioni o limiti alla responsabilità a titolo oggettivo delle Società per l’operato dei propri tesserati. E’ tuttavia pacifico in causa che entrambe le società siano state tratte in inganno dal loro tesserato ed è altrettanto pacifico, per le considerazioni in precedenza esposte, che entrambe abbiano patito un danno. Inganni e danni non altrimenti evitabili, avendo ragionevolmente attribuito affidabilità a documentazione proveniente da pubblica autorità. Per questi motivi, la Commissione ritiene congrua l’applicazione ad entrambe le Soceità deferite della sanzione di cui al dispositivo. Il dispositivo Per tali motivi, la Commissione delibera di infliggere al calciatore Luciano Siqueira de Oliveira la sanzione della squalifica per la durata di mesi sette e dell’ammenda di Euro 150.000,00 (centocinquantamila), alla Società Bologna la sanzione dell’ammenda di Euro 75.000,00 (settantacinquemila) e alla Società Chievo Verona la sanzione dell’ammenda di Euro 75.000,00 (settantacinquemila).
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