F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1993/1994 Comunicato ufficiale n. 5/CF del 10 dicembre 1994 – pubbl. su www.figc.it DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. ONORATO DI TULLIO, GIUDICE SPORTIVO PRESSO IL COMITATO REGIONALE MOLISE DELLA L.N.D., PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMI 1 E 3, DEL CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA, PER AVER ESPRESSO PUBBLICAMENTE GIUDIZI LESIVI DELLA REPUTAZIONE DEL DIRETTORE DELLA GARA PESCOPENNATARO/CARACENO DEL 17.10.1993.

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE – 1993/1994 Comunicato ufficiale n. 5/CF del 10 dicembre 1994 – pubbl. su www.figc.it DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. ONORATO DI TULLIO, GIUDICE SPORTIVO PRESSO IL COMITATO REGIONALE MOLISE DELLA L.N.D., PER VIOLAZIONE DELL'ART. 1 COMMI 1 E 3, DEL CODICE GIUSTIZIA SPORTIVA, PER AVER ESPRESSO PUBBLICAMENTE GIUDIZI LESIVI DELLA REPUTAZIONE DEL DIRETTORE DELLA GARA PESCOPENNATARO/CARACENO DEL 17.10.1993. In data 19 ottobre 1993 il Giudice Sportivo presso i1 Comitato Regionale Molise della Lega Nazionale Dilettanti, Sig. Onorato Di Tullio, trasmetteva all'Ufficio Indagini della F.I.G.C. i1 rapporto arbitrale relativo alla gara A.S. PESCOPENNATARO - A.S. CARACENO del Campionato di 2° categoria, disputata a Pescopennataro il 17 ottobre 1993, affinché si svolgessero indagini in ordine alla segnalazione fatta dallo stesso arbitro, Sig. Nicandro De Luca della Sezione di Isernia, proprio nei confronti di esso Giudice Sportivo. L'Arbitro De Luca segnalava infatti: "Sugli spalti era presente il'Sig. Onorato Di Tullio (attuale Giudice Sportivo e da me riconosciuto, essendoci salutati nel pre-partita) il quale mi ha insultato dicendomi che ero un "figlio di puttana" e "che non capivo un cazzo". A conclusione delle indagini, in occasione delle quali venivano sentite le parti in causa ed alcune persone indicate dal Sig. Di Tullio nonché venivano altresì acquisiti alcuni documenti, in particolare copia del rapporto arbitrale e del foglio di censimento dell'A.S. Caraceno, il Procuratore Federale ha deferito a questa Corte il Sig. Onorato Di Tullio, Giudice Sportivo presso i1 Comitato Regionale Molise della L.N.D., perché risponda di violazione dall'art. 1 commi 1 e 3, del Codice di Giustizia Sportiva, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal Sig. Onorato Di Tullio, risultava veritiero il referto arbitrale relativo alla gara PESCOPENNATARO/CARACENO del 17/10/1993 redatto dall'Arbitro Sig. De Luca Nicandro, laddove veniva evidenziato che il Sig. Onorato Di Tullio, dall'Arbitro stesso riconosciuto come Giudice Sportivo, e salutato peraltro prima della gara, lo insultava dicendogli "figlio di puttana" "non capisci un cazzo". L'incolpato ha fatto pervenire deduzioni a difesa in data 14/5/1994 concludendo, in via principale, per il proscioglimento per non aver commesso il fatto e, in subordine, perché la Corte richieda ulteriori accertamenti "in ordine all'alterazione del supplemento del referto" ed "alla mancata deposizione del tesserato Nerone Maurizio e degli altri tesserati individuati dall'Arbitro". Il Procuratore Federale ha concluso per la dichiarazione di colpevolezza del Di Tullio, chiedendo, per le violazioni contestate, l'irrogazione della sanzione della inibizione temporanea per un anno. La Corte Federale,esaminati gli atti,ritiene di dover rilevare quanto segue. La violazione contestata al Di Tullio è connessa allo svolgimento della gara ed emerge da segnalazione contenuta in un documento ufficiale, il rapporto dell'Arbitro, che fa piena prova non solo sullo svolgimento della gara, ma anche sul comportamento del pubblico (art. 25 del Codice di Giustizia Sportiva). Non è in dubbio che i1 Di Tullio assisteva alla gara quale semplice spettatore, anche particolarmente interessato al suo svolgimento per quanto è emerso dall'indagine e, conseguentemente, non può non considerarsi parte della collettività di persone costituente il pubblico. Non può avere rilievo, in contrario, i1 fatto che l'episodio sia stato riferito dall'Arbitro in una sezione del rapporto diversa da quella destinata al comportamento del pubblico, perché evidentemente non conta la collocazione nel testo del rapporto a stabilire se si tratta o meno di accertamento costituente "prova legale". L'incolpato, ben consapevole dell'efficacia probatoria del rapporto arbitrale, ha portato a propria difesa un alibi: al momento del fatto, indicata dall'Arbitro come accaduto durante i1 2° tempo della gara, egli non era sul campo perché lo aveva abbandonato alla fine del primo tempo per tornare con due amici a Pietrabbondante. In effetti i due testi Lapesa e Muccillo hanno confermato una tale versione, ma l'alibi fornito dal Di Tullio non convince, in quanto, anche a prescindere dai vincoli di amicizia tra i testi e l'incolpato, la circostanza non appare credibile o meglio più credibile della versione fornita dall'Arbitro. Si consideri infatti che il Di Tullio è marito della Signora Sandra Nerone, che ricopre la carica di Presidente dell'A.S. CARACENO, e cognato di un calciatore che stava disputando la gara in quella squadra, Maurizio Nerone, come tale particolarmente interessato, oltrechè come semplice spettatore, allo svolgimento ed all'esito della partita. Tale interesse particolare emerge ulteriormente dal fatto che si era recato a Pescopennataro, luogo di disputa della gara, affrontando così una trasferta, per assistere alla partita. Ora pare poco credibile che, ciononostante, egli sia tornato a Pietrabbondante appena finito il primo tempo. Ha certo decisivo rilievo il fatto che nessuno dei due testi sopraindicati, né il Di Tullio, abbiano dato la benché minima giustificazione di tale anticipato ritorno che dovrebbe essere avvenuto in un momento propizio per la squadra che stava vincendo. E' ben difficile che un tifoso o comunque una persona fortemente interessata alla gara, come il Di Tullio, possa aver abbandonato il campo dopo il primo tempo nel momento cioè di massima esaltazione per il risultato fin lì ottenuto dalla squadra senza un plausibile motivo, anzi sente motivo. E' al contrario credibile l'Arbitro quando ha affermato di aver rivisto il Di Tullio a fine partita su un'autovettura Fiat UNO (in effetti l'Ufficio Indagini ha appurato che l'incolpato è possessore di un'autovettura di quel modello) che si allontanava dal campo con alcuni calciatori dell'A.S. CARACENO, tra i quali i1 di lui cognato, Nerone Maurizio, conosciuto in quanto aveva fatto i1 vigile del fuoco a Isernia. Così è credibile l'Arbitro quando con tutta sicurezza ha riferito di aver individuato l'offensore nella persona del Di Tullio. Perciò, a parte la natura di prova legale del rapporto, il riferimento ai dati di fatto e l'accusa si presentano spontanei, senza interferenze inquinanti; inoltre,l'accusa si manifesta costante e cioè espressa in modo univoco, senza tentennamenti o reticenze, disinteressata, come si è potuto accertare dalle dichiarazioni rese da tutte le parti in sede di indagini, nel senso appunto che non emerge in concreto il benché minimo interesse dell'Arbitro all'accusa medesima si da renderla sospetta o quanto meno incerta. Nessuna delle argomentazioni difensive, poi, risultanti dalla memoria prodotta dall'incolpato, che tendono a porre in cattiva luce l'operato ed i1 comportamento dell'Arbitro, trasformandolo da colposo, come emergeva dalle anteriori difese, a doloso, può scalfire 1a veridicità delle affermazioni dell'ufficiale di gara. Deve quindi riconoscersi la responsabilità dell'incolpato per violazione dall'art. 1 commi 1 e 3 del Codice di Giustizia Sportiva, per aver egli profferito le frasi ingiuriose come da contestazione. Appare perciò pena adeguata quella indicata nel dispositivo, che viene determinata avendo tenuto conto da un lato della gravità della condotta riferita ad un Dirigente Federale e dall'altro della inesistenza di precedenti. Per questi motivi la Corte Federale, pronunciando sul deferimento come sopra proposto dal Procuratore Federale, dichiara i1 Sig. Onorato Di Tullio responsabile della violazione ascrittagli e gli infligge 1a sanzione dell'inibizione temporanea per mesi 6.
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