Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004 Comunicato Ufficiale n. 263/C del 5 maggio 2004 – pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE S E R I E ” C/1 ” RECLAMO SOCIETA’ S.S. SAMBENEDETTESE CALCIO S.R.L. AVVERSO REGOLARITA’ SVOLGIMENTO DURATA E TERMINE DELLA GARA (DELIBERA GIUDICE SPORTIVO C.U. 244/C DEL 20/4/2004 GARA SAMBENEDETTESE-VITERBESE DEL 21/3/2004).
Lega nazionale professionisti Serie – C – STAGIONE SPORTIVA – 2003/2004
Comunicato Ufficiale n. 263/C del 5 maggio 2004 - pubbl. su www.lega-calcio-serie-c.it
DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE
S E R I E " C/1 "
RECLAMO SOCIETA’ S.S. SAMBENEDETTESE CALCIO S.R.L. AVVERSO
REGOLARITA’ SVOLGIMENTO DURATA E TERMINE DELLA GARA
(DELIBERA GIUDICE SPORTIVO C.U. 244/C DEL 20/4/2004 GARA
SAMBENEDETTESE-VITERBESE DEL 21/3/2004).
Il Giudice Sportivo, con decisione 19 aprile 2004, pubblicata nel C.U. n.
244/C del successivo 20 aprile, ha respinto il reclamo della società S.S.
Sambenedettese Calcio S.r.l., proposto avverso la regolarità della gara di
campionato Serie C1, Sambendettese - Viterbese, disputata il 21 marzo 2004
e conclusasi col risultato di 2 - 2.
La reclamante aveva dedotto:
- che l’arbitro non aveva esercitato la funzione di cronometrista ufficiale
demandatagli dalla regola 5 del “Regolamento del Giuoco del Calcio” anche in
relazione alla durata del tempo di recupero (regola 7 del citato Regolamento);
- che tale omissione veniva a configurare un fatto non valutabile con criteri
esclusivamente tecnici (art. 12, comma 4) del C.G.S.) e in quanto tale, non
escluso dalla giurisdizione del Giudice Sportivo (art. 24, comma3) del C.G.S.).
Avverso la decisione di rigetto del reclamo ha ora proposto gravame, in
seconda istanza, formulando censure alla deliberazione del Giudice Sportivo.
Insiste acchè venga disposta la ripetizione della gara perchè il fatto accertato
avrebbe influenzato la regolarità della gara o comunque costituirebbe
circostanza di carattere eccezionale, tale da portare all’annullamento e quindi
alla ripetizione della stessa.
Sostiene la reclamante, con riferimento al supplemento del rapporto arbitrale
ed al supplemento di quello del Collaboratore dell’Ufficio Indagini, che,
contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice Sportivo, l’arbitro avrebbe
riconosciuto di non aver fatto disputare l’intero recupero da lui fissato in
cinque minuti alla fine del secondo tempo, ma soltanto uno solo dei cinque
predeterminati.
Afferma che lo stesso Collaboratore dell’Ufficio Indagini aveva riconosciuto
nel suo rapporto del 13/4/2004 che l’arbitro “non effettuava il recupero
previsto” e “sanciva la fine della partita”, ritirandosi assieme agli assistenti
negli spogliatoi.
In relazione a tale ultimo rapporto la reclamante critica che il Giudice Sportivo
abbia escluso l’importanza probatoria dello stesso definendolo mero
apprezzamento “esterno” a carattere valutativo.
Ciò premesso, la reclamante fa discendere dalla ritenuta omissione la
irregolarità della gara, perché l’arbitro concesso un recupero non ne avrebbe
permesso lo svolgimento, decretando la fine dell’incontro, “senza che si siano
giocati ben 4 (quattro) minuti su 5 (cinque) concessi.”
Con una seconda censura la reclamante deduce falsa applicazione, da parte
del primo Giudice, dell’art. 64 delle N.O.I.F. relativo ai poteri dell’arbitro, della
regola 7 delle ridette “Regole del Giuoco del Calcio e delle decisioni arbitrali”,
nonché degli artt. 12 e 24 del C.G.S., ribadendo che proprio in base a tali
norme l’arbitro non aveva il potere di ridurre discrezionalmente la durata del
tempo di recupero, una volta che lo stesso era stato da lui quantificato.
Tale fatto, a dire della reclamante, sarebbe sufficiente a ritenere irregolare la
gara in quanto la inosservanza del tempo di recupero equivale
all’inosservanza del tempo regolamentare.
La Commissione osserva:
la ricostruzione dei fatti emerge con chiarezza dalla decisione del Giudice
Sportivo.
Per migliore precisazione e ad integrazione deve porsi in rilievo che la
segnalazione del recupero effettuata dall’arbitro, avvenuta all’inizio del 46°
minuto del secondo tempo, precede la concessione del calcio di rigore alla
Viterbese (vedasi supplemento rapporto Collaboratore Ufficio Indagini in data
13/4/2004); che dopo la concessione della punizione, secondo il supplemento
al rapporto del 21/3/2004, avveniva il lancio di un petardo “direttamente sul
terreno di gioco aI 47° minuto del secondo tempo, in occasione
dell’effettuazione del calcio di rigore a favore della Viterbese. In questo caso il
petardo scoppiava a pochi metri dal sottoscritto e dai calciatori schierati al
limite dell’area di rigore mettendo a serio rischio l’incolumità di soggetti citati.
Nonostante questo episodio il calcio di rigore poteva essere battuto
regolarmente”.
Lo stesso arbitro, nel successivo scritto a chiarimento in data 5/4/2004,
precisa che “tra la concessione e la trasformazione del calcio di rigore
trascorreva più di un minuto” proprio a causa del ridetto lancio del petardo.
Se questo è il susseguirsi degli eventi non si vede come possa la reclamante
sostenere che sia stato giocato soltanto un minuto dei cinque di recupero
segnalati dall’arbitro dal momento che tenendosi conto della predetta
sequenza temporale appare evidente che il gioco, nel recupero, sia durato
certamente due se non più minuti.
Non vi è dubbio che il restante periodo sia stato impegnato dalle baruffe in
campo, dal tentativo di invasione e aggressione da parte dei sostenitori della
Sambenedettese, dalla necessità della terna arbitrale di sedare la rissa
generale tra calciatori, tanto che alla ripresa del gioco l’arbitro verificava che i
cinque minuti di recupero erano scaduti e decretava la conclusione della gara.
Ciò posto, va rilevato che l’art 24, comma 3) del C.G.S. richiamato dalla
reclamante così letteralmente si esprime:
“I Giudici Sportivi giudicano, altresì, in prima istanza sulla regolarità dello
svolgimento delle gare, con esclusione dei fatti che investono decisioni di
natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro, o che siano
devoluti alla esclusiva discrezionalità tecnica di questi ai sensi della regola 5
del Regolamento di Giuoco”.
Ora, non può essere dubbio che le funzioni di cronometrista e di controllo che
la gara abbia la durata stabilita, prolungandola eventualmente per recuperare
tutto il tempo perduto per incidente o per qualsiasi altra causa (Regola 5)
siano squisitamente tecniche e quindi investano decisioni di natura tecnica,
come nella specie in esame, perciò escluse dalla cognizione del Giudice
Sportivo per espressa disposizione regolamentare.
E’ indiscutibile che l’arbitro abbia decretato la conclusione della gara trascorso
il 50° minuto; così risulta dai suoi rapporti, e a fronte di tale risultanza, non
dovendosi ignorare il contenuto delle rispettive funzioni e competenze, iI
diverso avviso del Collaboratore dell’Ufficio Indagini non può essere preso in
considerazione sia perché l’affermare che l’arbitro non effettuava il recupero
previsto, senza ulteriori riferimenti e specificazioni, costituisce apprezzamento
generico e che contrasta con la realtà, essendo emerso con certezza dagli atti
(neppure la reclamante lo nega) che il gioco, quanto meno in una parte del
recupero, vi è stato, sia perché il calcolo del tempo rientra, come giustamente
osservato dal primo Giudice, nell’ambito delle esclusive e insindacabili
competenze tecniche dell’arbitro.
Non può pertanto essere in alcun modo disattesa quella parte del
supplemento richiesto dal Giudice Sportivo all’arbitro, laddove questi così si
esprime letteralmente:
“Dopo aver ristabilito le condizioni per poter riprendere il gioco potevo
constatare che i 5 minuti di recupero segnalati erano trascorsi interamente
tant’è che il mio orologio indicava 50 minuti.
Pertanto decretavo regolarmente la fine della gara dopo i 5 minuti di
recupero...”.
Se poi per una parte di tale tempo di recupero, a causa esclusiva del
comportamento rissoso dei calciatori in campo, non è stato possibile giocare,
ciò non significa, come pretende la reclamante, che l’arbitro abbia “ridotto
discrezionalmente” la durata del tempo di recupero, tanto meno che tale
riduzione sia stata disposta “ad libitum “dello stesso.
La questione anche esaminata sotto diverso profilo, non prospettata però
dalla parte, non porta a diversa conclusione.
Poiché la regola 7 prevede la possibilità di prolungamento del già disposto ed
esaurito recupero, si potrebbe in ipotesi addebitare all’arbitro di non aver
utilizzato il relativo potere - dovere, ma tale imputazione, come si ripete, non è
stata dedotta a censura dalla reclamante la quale fonda la propria tesi sulla
diversa ipotesi di mancata osservanza da parte dell’arbitro del termine del
recupero disposto al 46° minuto del secondo tempo.
Comunque il secondo profilo sopra accennato non potrebbe trovare esito
diverso poiché investe pur sempre decisione di natura tecnica (prolungamento
del recupero), la cui impugnazione quindi è inammissibile.
Il reclamo risulta infondato anche quanto alla ulteriore censura mossa dalla
reclamante.
Appellandosi al disposto di cui all’art 12, comma 4) del C.G.S. essa sostiene
che il gioco di una sola parte del tempo di recupero ha avuto influenza sulla
regolarità di svolgimento della gara.
Una tale tesi, salvo quanto di seguito, potrebbe avere rilievo se il giudizio del
fatto, definito anomalo, non comportasse un sindacato della decisione
dell’arbitro; vale a dire se comportasse l’influenza del fatto medesimo sulla
gara indipendentemente e con salvezza della decisione arbitrale: agli Organi
della disciplina sportiva spetta infatti di determinare l’influenza sulla gara di
qualsiasi fatto anomalo però ad eccezione di quello valutabile con criteri
esclusivamente tecnici.
La Commissione in proposito ritiene la inscindibilità nella fattispecie, della
valutazione del fatto, definito anomalo, col sindacato della decisione
dell’arbitro perché, per la contraddizione che non lo consente, non si può
ritenere ad un tempo l’anomalia del fatto e la inattaccabilità della decisione
dell’arbitro.
Ma anche ammesso che ciò fosse possibile e cioè che si potesse giudicare
del fatto lasciando integra la determinazione dell’arbitro, la valutazione di esso
non potrebbe assolutamente prescindere dalla sua causa genetica, e cioè
dalle circostanze che l’avrebbero determinato.
La reclamante ha ipotizzato che a tanto si sarebbe determinato a causa di un
suo “stato confusionale” in conseguenza dei fatti violenti, dentro e fuori il
recinto di giuoco, correttamente stigmatizzati e sanzionati, dal Giudice
Sportivo.
In questo quadro si imporrebbe però non già la pura e semplice ripetizione
della gara, bensì la sanzione, diversa da quella pecuniaria irrogata dal
Giudice Sportivo (parte della decisione non reclamata), della perdita della
gara, aggravamento ora possibile ai sensi dell’art. 32, comma 3) del C.G.S.
postoche ve ne sarebbero, come già accertato, tutti gli estremi.
Infine la Commissione, nonostante quanto sopra esposto, volendo farsi carico
anche di giudicare se ed in quale misura i due o tre minuti dal recupero,
durante i quali non si è potuto svolgere gioco effettivo per lo scorretto
comportamento dei calciatori di entrambe le squadre, cosicché il periodo
assegnato è in parte decorso per sedarne le intemperanze, ritiene il fatto di
entità e portata tali da non aver avuto influenza determinante sulla regolarità
di svolgimento della gara, né tanto meno che esso possa inquadrasi tra quelle
“circostanze di carattere eccezionale” che potrebbero indurre la giudicante ad
annullare la gara ed a disporne la ripetizione.
Per questi motivi la Commissione
d e l i b e r a
di respingere il reclamo proposto dalla società S.S. Sambenedettese Calcio
S.r.l.-.
La tassa va addebitata.
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