CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 22/8/2003 TRA L’AQUILA CALCIO S.P.A, e FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
LODO ARBITRALE DEL 22/8/2003 TRA L’AQUILA CALCIO S.P.A, e FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
L’ARBITRO UNICO PROF. AVV. PIERLUIGI RONZANI
ha deliberato il presente lodo nella controversia promossa da: L’AQUILA CALCIO S.P.A. con sede in L’Aquila, viale della Crocerossa n. 115, in persona del legale rappresentante pro-tempore, amministratore unico signor Michele Passarelli, rappresentata e difesa dall’avv. Ruggero Stincardini del foro di Perugia, ivi elettivamente domiciliata in via Martiri dei Lager n. 92/A; parte attrice;
contro
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO con sede in Roma via G. Allegri n. 4, in persona del presidente dott. Franco Carraro, rappresentata e difesa dall’avv. Mario Gallavotti del foro di Roma, ivi elettivamente domiciliata in via Po n. 9; parte convenuta.
Conclusioni delle parti:
per L’AQUILA CALCIO S.P.A.: “l’arbitro unico si compiaccia, contrariis reiectis, di annullare i provvedimenti già impugnati avanti il TAR/Abruzzo, come sopra analiticamente individuati, e per le parti di rilevanza per la società/Aquila, e per la sua ammissione al campionato di serie C/1 per la stagione 2003-04, per l’effetto ordinare alla F.I.G.C. l’adozione dei provvedimenti conseguenti ai fini dell’ammissione della società L’AQUILA CALCIO S.P.A. al campionato di serie C/1 per la stagione 2003-2004.
Con vittoria di spese di rito e di difesa, secondo giustizia”.
Per la FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO: “si chiede
pertanto che il designato arbitro unico rigetti la domanda proposta dalla società L’AQUILA CALCIO S.P.A., e la condanni a rifondere alla F.I.G.C. le spese di questo procedimento e gli oneri della difesa nella misura ritenuta di giustizia”.
Svolgimento dell’arbitrato
Con atto introduttivo di arbitrato del 21 agosto 2003 L’AQUILA CALCIO S.P.A. chiedeva l’annullamento dei seguenti atti:
1) del provvedimento Co.Vi.So.C. di cui al verbale della riunione in data 29 luglio 2003, con il quale veniva espresso parere negativo all’ammissione della ricorrente al campionato di serie C/1 per la stagione 2003-2004, nonché dei provvedimenti Co.Vi.So.C. di cui agli altri verbali delle riunioni tenute prima del 29 luglio 2003 ed aventi ad oggetto l’ammissione della ricorrente al campionato predetto;
2) del provvedimento del Consiglio federale della FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO del 31 luglio 2003, di cui al comunicato ufficiale n. 41/A in pari data, con il quale veniva deliberata la non ammissione di parte attrice al campionato di serie C/1 2003-04;
3) per quanto occorresse, del comunicato ufficiale della F.I.G.C. n.
151/A del 28 aprile 2003, che stabilisce le norme per l’ammissione ai campionati, e del comunicato ufficiale della Lega professionisti di serie C n. 174 del 2 maggio 2003 che recepisce integralmente il precedente atto normativo;
4) del Comunicato Ufficiale della L.P.S.C. n. 9 del 22.07.2003, con
il quale veniva deliberata la non ammissione della società
L’Aquila al Campionato di serie C/1 2003-2004;
5) del provvedimento della Lega Professionisti Serie C di cui al Comunicato Ufficiale, con il quale veniva resa nota la composizione dei gironi dei Campionati di Calcio di Serie C/1 per la stagione sportiva 2003-2004;
6) nonché di qualsiasi altro atto presupposto, e/o conseguente e/o direttamente e/o indirettamente connesso, con gli atti impugnati di cui sopra.
Formulando le proprie premesse di fatto, parte attrice osservava che, al termine della stagione sportiva 2002-2003, L’AQUILA CALCIO S.P.A. conseguiva sul campo il diritto a partecipare per la stagione corrente (2003-2004) al campionato di serie C/1. In ragione del risultato conseguito, L’AQUILA CALCIO S.P.A. presentava nei termini la domanda di iscrizione al predetto campionato.
Con lettera 19 giugno 2003 la F.I.G.C. - secondo la ricostruzione di parte attrice - contestava a L’AQUILA CALCIO S.P.A. un’eccedenza di indebitamento per euro 1.144.000,00 con invito ad annullarla entro il 14 luglio 2003. Con lettera 22 luglio 2003 la L.P.S.C. comunicava a L’AQUILA CALCIO S.P.A. che il proprio Consiglio direttivo aveva deliberato la sua non ammissione al campionato in ragione dei seguenti fatti: a) eccedenza di indebitamento per euro 1.064.000,00 b) irregolare posizione Enpals.
Con la medesima lettera la L.P.S.C. precisava gli ulteriori adempimenti che la società L’Aquila avrebbe dovuto compiere nei
confronti della Lega stessa.
In data 24 luglio 2003 L’AQUILA CALCIO S.P.A. ricorreva avverso la non ammissione, rilevando: 1) che l’eccedenza di indebitamento sarebbe stata coperta principalmente con la dichiarazione liberatoria del debito da parte di primario istituto di credito; 2) che la posizione Enpals era in corso di sanatoria; 3) che gli altri adempimenti richiesti dalla L.P.S.C. erano in corso di esecuzione; 4) che l’esecuzione di cui al pignoramento Promogadget era in corso di definizione.
La società calcistica riservava il deposito dei documenti comprovanti le sanatorie nei termini regolamentari.
Secondo quanto affermato da parte attrice, il predetto ricorso non aveva alcun riscontro, né nel termine tra il suo deposito e la produzione dei documenti, né successivamente fino alla comunicazione della delibera di non ammissione del Consiglio Federale adottata il 31.07.2003.
Il 28 luglio 2003, termine ultimo per la produzione della documentazione probatoria riservata nel ricorso di cui sopra, L’AQUILA CALCIO S.P.A. depositava brevi manu alla Co.Vi.So.C.:
1) propria lettera nella quale specificava che l’eccedenza di indebitamento per euro 1.064.000,00 era stata coperta:
- quanto ad euro 831.000,00 mediante dichiarazione liberatoria della
Banca di Credito Cooperativo di Roma e:
- quanto ad euro 233.000,00 mediante assegni circolari a pagamento
degli emolumenti dei tesserati relativi alla stagione 2002-2003;
2) dichiarazione liberatoria della Banca di Credito Cooperativo di Roma in data 10. luglio.2003 in ordine all’intervenuto intero accollo da parte del signor Domenico Passarelli , socio di parte attrice, dell’esposizione debitoria de L’Aquila Calcio s.p.a. per euro
831.000,00;
3) dichiarazione in data 10. luglio .2003 del socio Domenico Passarelli contenente la rinuncia de L’Aquila Calcio s.p.a. a qualsiasi suo credito derivante dall’ accollo liberatorio della esposizione verso la Banca di Credito Cooperativo di Roma, a cui veniva dato adempimento mediante versamento a mezzo bonifico bancario per complessivi euro 831.000,00;
4) assegni circolari per euro 312.000,00 intestati ai tesserati della stagione 2002-2003 a saldo dei loro emolumenti ancora non pagati;
5) copia delle deleghe bancarie di pagamento (moduli F24 e F23) relativi al saldo dei debiti Enpals scaduti al 30.04.2003 e della prima rata del piano di rientro, così come richiesto dalla F.I.G.C. e dall’ Enpals;
6) dichiarazione in data 28. luglio.2003 del socio Eliseo Iannini con la quale si dichiarava che i versamenti da questi eseguiti per euro
456.680,00 (destinati all’emissione degli assegni circolari ed ai pagamenti dei modelli F23 ed F24 di cui sopra) costituivano versamenti postergati ed infruttiferi volti ad equilibrare il parametro ricavi/indebitamento previsto dalle norme federali.
In data 29. luglio .2003 la Co.Vi.So.C. - nella riunione per la verifica
degli adempimenti riservati da parte attrice in sede di ricorso avverso il C.U. n. 9 della L.P.S.C. e presenti i rappresentanti della stessa L.P.S.C. che documentavano il formale adempimento di tutte le prescrizioni richieste dalla Lega - esprimeva parere di non ammissione de L’Aquila Calcio s.p.a. in quanto riteneva che lo strumento dell’accollo impiegato per ripianare l’eccedenza di indebitamento non rientrasse tra quelli tipicamente e tassativamente previsti nel C.U. 151/A.
In data 30 luglio 2003 la società L’Aquila inviava una diffida al
Consiglio Federale con la quale:
a) rimetteva copia dell’estratto del proprio conto corrente bancario n.
771/92 presso la Banca di Credito Cooperativo di Roma attestante in data 11 luglio 2003 il bonifico a proprio favore per euro 831.693,71, effettuato con la causale: estinzione posizione da Passarelli Domenico, nonché il saldo a zero;
b) specificava le proprie ragioni in fatto e in diritto, in contestazione della assunta non ammissione che riteneva del tutto infondata ed illegittima;
c) invitava il Consiglio Federale della F.I.G.C. a riesaminare l’intera pratica, alla luce dei documenti prodotti e delle considerazioni svolte nella diffida medesima, reclamando la sua ammissione al campionato di serie C/1.
In data 31 luglio 2003 il Consiglio Federale della F.I.G.C. deliberava la non ammissione de L’Aquila Calcio s.p.a. al campionato di serie C/1 per la stagione 2003-2004. Di conseguenza essa veniva cancellata
dal settore professionistico della F.I.G.C..
In data 01 agosto 2003 parte attrice asseriva di aver depositato presso la segreteria della Co.Vi.So.C., al fine di conoscere le motivazioni della sua esclusione, una richiesta di immediato rilascio di copia dei verbali delle riunioni tenute dal 03 luglio 2003 al 29 luglio 2003, nel corso delle quali era stato trattato e deciso il caso che ci occupa, con specifica istanza di rilascio immediato in ragione dell’urgente proposizione di ricorso al T.A.R., nonché di rilascio integrale della documentazione riguardante le decisioni concernenti tutte le altre società esaminate, e ciò in ragione del fatto che una delle censure da interporre riguardava la pretesa disparità di trattamento. La richiesta, regolarmente protocollata, non veniva evasa.
Con atto in data 04 agosto 2003 L’Aquila Calcio s.p.a. ricorreva – in via cautelare e nel merito – al T.A.R. Abruzzo; il presidente di tale organo di giustizia amministrativa pronunciava in data 07 agosto
2003 decreto inaudita altera parte con il quale, accogliendo l’istanza di parte attrice per misure cautelari, disponeva di ammettere con riserva la stessa L’Aquila Calcio s.p.a. al campionato di serie C/1 per l’anno 2003-2004, fissando per il giorno 17 settembre 2003 l’udienza in camera di consiglio per la delibazione dell’istanza di sospensione. Con istanza in data 8 agosto 2003, la F.I.G.C. domandava la revoca del provvedimento cautelare del tribunale amministrativo; tale istanza veniva rigettata.
Lo stesso 8 agosto 2003 L’Aquila Calcio s.p.a., dopo aver diffidato senza esito la F.I.G.C. a dare esecuzione alla misura cautelare
provvisoria, ricorreva ancora al T.A.R. Abruzzo per la nomina di un commissario ad acta; in esito a tale istanza il presidente del tribunale amministrativo disponeva l’anticipazione al giorno 20 agosto 2003 dell’udienza collegiale già fissata per il 17 settembre 2003.
In data 19 agosto 2003 il Consiglio dei ministri emanava il decreto legge con il quale venivano ipso iure sospesi tutti i provvedimenti cautelari concessi dai T.A.R. territoriali, ivi compreso quello pronunciato dal T.A.R. Abruzzo in favore de L’Aquila Calcio s.p.a.. Nelle more la F.I.G.C. e la L.P.S.C. provvedevano comunque – pur nell’efficacia della misura cautelare del T.A.R. Abruzzo – a redigere i gironi ed i calendari della serie C/1 per la corrente stagione sportiva. In data 19 agosto 2003 parte attrice presentava istanza a questa Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport per l’esperimento di un tentativo di conciliazione ex art. 3 del regolamento.
In data 20 agosto 2003 il tentativo di conciliazione veniva esperito dal prof. avv. Maurizio Benincasa, senza esito positivo, come da verbale agli atti.
Nel corso del tentativo di conciliazione, L’Aquila Calcio s.p.a. deduceva che, ferme le eccezioni di efficacia delle operazioni compiute a ripianamento della contestata eccedenza di indebitamento, la società stessa aveva comunque già provveduto a convocare l’assemblea straordinaria per il giorno 22 settembre 2003 in prima convocazione, e per il giorno 24 settembre 2003 in seconda convocazione, con all’ordine del giorno l’aumento di capitale sociale fino ad euro 1.100.000,00; e cioè a somma di gran lunga superiore
all’importo della eccedenza di indebitamento contestata per euro
831.000,00.
Parte attrice versava agli atti del tentativo di conciliazione la documentazione comprovante quanto sopra.
Alla mancata conciliazione seguiva istanza di arbitrato della controversia, con la quale parte attrice formulava i seguenti motivi in diritto:
I) asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione delle norme relative all’ammissione al campionato 2003/2004 (C.U. F.I.G.C. n. 151/A del 28 aprile 2003, recepito nel C.U. L.P.S.C. n.
174 del 2 maggio 2003) per violazione di legge, errata o carente motivazione e per eccesso di potere; II) asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati per errata interpretazione del C.U. n. 151, per violazione di legge e per eccesso di potere; III) asserita illegittimità del C.U. n. 151 per errata interpretazione e/o violazione di legge e per eccesso di potere; IV) asserita disparità di trattamento e violazione della prassi federale.
Il nucleo della controversia, secondo la letterale prospettazione di parte attrice in ordine al primo motivo, consisterebbe nel valutare, gradatamente, se l’operazione di ripianamento eseguita da L’AQUILA CALCIO S.P.A. rientri o meno tra quelle previste dal C.U. n. 151; se il termine “esclusivamente” utilizzato nel C.U. n. 151 sia da interpretarsi in senso tassativo ovvero con riferimento alle finalità che lo stesso C.U. intende perseguire in relazione alla legge
91 del 1981 ed alle N.O.I.F.; se l’eventuale interpretazione tassativa
con riferimento alle sole “modalità” sia legittima e/o compatibile con quanto disposto dalla legge 91 del 1981 e dalle N.O.I.F..
Secondo parte attrice, la motivazione della non ammissione sarebbe poi assolutamente carente (inesistente) laddove farebbe unico riferimento, peraltro non nella parte deliberativa ma nel solo
“cappello”, alle tre contestazioni della L.P.S.C. del 22 luglio 2003
(indebitamento, Enpals ed ulteriori mancati adempimenti precisati nella stessa lettera della LPSC), senza minimamente prendere in considerazione quanto documentato e prodotto dopo il 22 luglio medesimo.
Parte attrice, a pag. 9 dell’istanza di arbitrato, afferma, dopo la intervenuta contestazione dell’eccesso di indebitamento, di averlo ripianato con le modalità e nei termini previsti nel C.U. n. 151 e, comunque, nell’ambito dello spirito e delle finalità che la normativa federale si pone, avendo utilizzato modalità sicuramente più garantistiche di quelle, tassativamente o non tassativamente, individuate nel citato comunicato ufficiale, e comunque in armonia con le norme di diritto comune.
L’Aquila Calcio s.p.a. affermava inoltre (pag. 11 della predetta istanza) di aver rispettato i criteri individuati nel C.U. n. 151, ed in ogni caso di aver conseguito le finalità che i legislatori (ordinario e federale) si erano posti come obiettivo, attuando il ripianamento dell’eccesso di indebitamento con operazioni aventi una valenza di garanzia sicuramente più forte di quelle di cui alle modalità previste dal comunicato stesso.
Quanto alla operazione di accollo attuata dal socio Passarelli, parte attrice osservava come non potessero evocarsi fondati dubbi in relazione al fatto che essa, pur non costituendo formalmente un incremento di mezzi propri da effettuarsi nella forma dell’aumento di capitale ovvero del versamento in conto futuro aumento di capitale, ne rivestisse comunque la sostanza e gli effetti, in quanto costituiva un incremento di mezzi patrimoniali e finanziari della società idonei a ripianare un indebitamento nella forma più ablativa – e
“garantitamente ablativa” – che sia possibile.
Secondo parte attrice, i documenti esibiti dimostrerebbero inequivocabilmente la volontà del Passarelli di rinunciare – e di aver rinunciato – definitivamente nei confronti de L’AQUILA CALCIO S.P.A. a qualsiasi azione derivante dall’accollo liberatorio effettuato nei confronti della banca, nonché la volontà di quest’ultima di liberare anch’essa “definitivamente ed irreversibilmente” la stessa L’Aquila Calcio s.p.a. da qualsiasi debito nei suoi confronti.
Con una serie di circostanziati riferimenti a dottrina e giurisprudenza, L’AQUILA CALCIO S.P.A. concludeva che “a ben valutare, la suddetta immissione per accollo costituisce esattamente – anche nella forma – il puntuale rispetto di quanto dettato dal C.U. n. 151 in tema di incremento di mezzi propri”.
Sin qui il primo motivo di diritto enunciato da parte istante.
Con il secondo motivo, veniva invece dedotto che la Co.Vi.So.C. ed il Consiglio federale della F.I.G.C. avrebbero erroneamente ritenuto che le “modalità” indicate nel C.U. n. 151 per il ripianamento
dell’eccedenza di indebitamento fossero da ritenersi “tassative”, con la conseguente prevalenza rispetto alle generali e specifiche finalità che il C.U. n. 151 persegue, o comunque doveva perseguire, in relazione alle previsioni delle N.O.I.F. e della legge 91 del 1981.
Con il terzo e quarto motivo di diritto parte istante ribadiva, sotto altro profilo, l’asserita illegittimità del C.U. n. 151 e, di più, sollevava specifiche eccezioni in ordine a una pretesa “disparità di trattamento” con “violazione della prassi federale”, di cui L’AQUILA CALCIO S.P.A. sarebbe stato oggetto.
La FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO esponeva le proprie tesi nella memoria difensiva del 22 agosto 2003.
Parte convenuta formulava articolate eccezioni in ordine a tutti i profili di illegittimità sollevati da L’AQUILA CALCIO S.P.A.
In ordine al punto di causa costituito dalla operazione di accollo, la F.I.G.C. osservava come quest’ultima non fosse ricompresa nel novero di quelle categoricamente indicate dalla Federazione e, quindi, non potesse in alcun caso essere considerata idonea a sanare l’indebitamento subito dalla società calcistica, né fosse in alcun modo “assimilabile” ad un aumento di capitale.
Per effetto dell’operazione di accollo liberatorio – secondo la Federazione - il rapporto tra il soggetto debitore e creditore si estingueva e nasceva, in conseguenza dell’accollo, un rapporto tra l’accollante e la banca. L’operazione, in altre parole, non si concludeva con un rapporto tra il socio e la società finalizzato ad incrementare il patrimonio netto di quest’ultima: di talchè non c’era
nessun legame tra il socio Domenico Passarelli e L’Aquila Calcio s.p.a..
In definitiva sarebbe vero che la società L’Aquila Calcio non aveva più un debito nei confronti del creditore banca, ma sarebbe altresì vero che questa riduzione di debito non era finalizzata ad un aumento di capitale o a versamento in conto futuro aumento di capitale. Sarebbe bastato, a detta della F.I.G.C., che il socio Passarelli avesse convertito in capitale il credito derivante dall’accollo per realizzare la fattispecie prevista dalla norma.
Ed ancora, se è pur vero che la cancellazione di un debito comporta una sopravvenienza attiva, la società attrice non avrebbe comprovato che detta sopravvenienza fosse tale da realizzare un utile di esercizio idoneo a ripianare la perdita.
L’Aquila Calcio s.p.a. si era limitata, secondo F.I.G.C., a documentare che in data 12 luglio 2003 si era tenuta l’assemblea straordinaria dei soci nella quale si dava atto che la società – a seguito della sopravvenienza – non versava più nelle condizioni previste dagli artt. 2446-2447 c.c., senza peraltro allegare alcuna situazione patrimoniale aggiornata che comprovasse tale assunto, né – alternativamente – alcuna relazione del collegio sindacale.
Sin qui, dunque, la difesa della F.I.G.C..
Le parti comparivano innanzi l’Arbitro unico all’udienza del 22
agosto 2003.
L’Arbitro esperiva, senza esito, il tentativo di conciliazione e, quindi, i difensori illustravano le rispettive tesi.
L’Avv. Stincardini, per parte attrice, depositava situazione patrimoniale della società al 28 luglio 2003, inviata all’epoca anche alla F.I.G.C., comprovante l’equilibrio finanziario de L’Aquila Calcio s.p.a. ed il rispetto dei parametri di cui al C.U. n.151.
Il difensore della F.I.G.C. produceva copia del fascicolo della Co.Vi.So.C. e si rimetteva alle valutazioni tecniche ivi contenute, rilevando peraltro che nello stesso non risultava depositata la situazione patrimoniale prodotta.
L’Arbitro unico, esaminata la documentazione rimessa dalle parti, riteneva la causa sufficientemente istruita e, previa riserva per la deliberazione, comunicava lo stesso 22 agosto 2003 il dispositivo del lodo.
Motivi della decisione
Il punto nodale della controversia si incentra sulla delibera della Co.Vi.So.C. che, con il proprio parere negativo, costituiva il motivo determinante della delibera della F.I.G.C. con cui L’Aquila Calcio s.p.a. non veniva ammessa al campionato di competenza.
Il provvedimento è basato su una interpretazione meramente letterale e formale della norma (C.U. F.I.G.C. n. 151/A del 28 aprile 2003) che non annovera, tra i mezzi previsti per ripianare un’esposizione debitoria, l’accollo liberatorio.
La norma andava in realtà interpretata riferendosi alla ratio legis, il cui scopo primario è quello di consentire la partecipazione ai campionati alle sole società che rispettino i parametri previsti; conseguentemente, eventuali ripianamenti di perdite devono essere
valutati in senso sostanziale e non formale.
La F.I.G.C. non ha infatti ammesso L’Aquila Calcio s.p.a. al campionato in quanto, a parere della Co.Vi.So.C., nel ripianamento dei debiti la società abruzzese non aveva utilizzato uno degli strumenti previsti espressamente dalla normativa.
A) Per quanto riguarda la violazione e l’erronea interpretazione del
C.U. n. 151/A.
Gli strumenti utilizzati da L’Aquila Calcio s.p.a. per ripianare il debito pari ad euro 1.064.000,00 contestato dalla F.I.G.C. sono:
1) accollo liberatorio, senza diritto di rivalsa, stipulato dal socio
Domenico Passarelli per l’ammontare di euro 831.000,00;
2) assegni circolari per euro 233.000,00 emessi dal socio Eliseo Iannini per gli emolumenti dei tesserati 2002-2003. Detti versamenti venivano qualificati dallo stesso socio come “finanziamenti postergati ed infruttiferi.”
La F.I.G.C. individuava inoltre tra i motivi di non ammissione de L’Aquila Calcio s.p.a. al campionato, l’utilizzo, relativamente all’accollo, di una modalità non prevista dal C.U. n. 151/A, norma da intendersi – secondo gli organi federali - di stretta interpretazione.
La modalità di cui al punto 2) suindicato rientra tra i mezzi di ripianamento previsti dal C.U. n. 151/A, per cui nulla quaestio in ordine alla sua legittimità e ammissibilità.
Il fulcro dell’intera vicenda verte sul valore da attribuire alle espressioni contenute nella normativa federale.
Tali norme sono, ad avviso dello scrivente arbitro, suscettibili di
interpretazione estensiva e sistematica.
E’ fuori dubbio che per ripianare l’eccedenza di indebitamento le società calcistiche possono ricorrere a modalità sostanzialmente equipollenti ai rimedi elencati nel comunicato n. 151/A e, precisamente: ai finanziamenti postergati ed infruttiferi dei soci, all’aumento di capitale ovvero ai versamenti irreversibili in conto futuro aumento di capitale e ai saldi attivi della campagna trasferimenti.
Unico limite da rispettare per ritenere efficaci strumenti alternativi è il rispetto dei principi contabili e di bilancio e delle norme in materia di estinzione delle obbligazioni, al fine di non snaturare il controllo sull’indebitamento.
Scopo preminente di tale sistema è ammettere soltanto società che godano di un “equilibrio finanziario”.
Per valutare l’esistenza di questa condizione, la F.I.G.C. ha assunto un particolare rapporto tra ricavi e debiti, pari al coefficiente 3, indicatore della capacità delle società di iniziare e terminare in bonis il campionato. Al di sotto di tale indice la società non versa in equilibrio gestionale.
La normativa federale prevede un controllo trimestrale del predetto indice, in ragione del fatto che tale equilibrio si modifica continuamente.
Per rispettare lo spirito del C.U. è essenziale pertanto che le società in
deficit ricorrano a mezzi idonei ad incrementare il loro patrimonio.
Nella fattispecie in esame non si mette in discussione, come vorrebbe
F.I.G.C., il mezzo atipico utilizzato da L’Aquila Calcio s.p.a. per
ripianare l’indebitamento, ma la sua efficacia o meno a raggiungere il
risultato prescritto dalla normativa federale e, cioè, la eliminazione
effettiva della perdita, scopo ultimo perseguito dalla normativa di
riferimento.
L’Arbitro Unico, come meglio verrà specificato infra, ritiene che
uno degli strumenti solutori utilizzato da L’Aquila Calcio s.p.a., pur
non rientrando formalmente tra i mezzi elencati nel predetto
comunicato, ne raggiunga comunque la sostanza e gli effetti.
Si tratta dell’accollo liberatorio assunto dal socio Domenico Passarelli e del successivo versamento di euro 831.000,00 a favore della Banca di Credito Cooperativo di Roma.
Nel caso di specie, nel lasso di tempo intercorrente tra l’accertamento dell’indebitamento e la convocazione dell’assemblea straordinaria chiamata a ripianare le perdite e a ricostituire il capitale sociale al minimo legale, le passività di bilancio sono state eliminate con modalità atipiche rispetto ai rimedi previsti dal diritto societario.
Il versamento del Passarelli, accompagnato dalla rinuncia alla rivalsa verso L’Aquila Calcio s.p.a., ha determinato, sul piano giuridico, la liberazione della società dai debiti verso la banca e, sul piano contabile, una situazione economica in cui il capitale è mantenuto integro o, comunque, in limiti tali da rendere superfluo il ricorso alla procedura ex artt. 2446-2447 cod. civ..
L’operazione effettuata dal socio Passarelli - che ha estinto il debito della società nei confronti della banca e ha contestualmente estinto,
con la rinuncia, il debito della società nei suoi confronti – ha natura di conferimento patrimoniale.
Tale incremento, che si traduce in un aumento delle risorse finanziarie della società, deve essere iscritto nel conto economico tra le sopravvenienze attive quale utile soggetto a tassazione.
Esso può rientrare – in senso lato - tra quei versamenti, variamente denominati, che, secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., sez. I, 19 marzo 96 n. 2314) determinano un incremento patrimoniale, talvolta anche sotto forma di copertura di perdite senza influire, o comunque non nell’immediato, sul capitale sociale e senza essere sottoposti al vincolo di destinazione proprio di quest’ultimo.
Il punto di causa, costituito dall’accertamento dell’eventuale efficacia liberatoria per L’AQUILA CALCIO S.P.A. dell’ accollo effettuato dal signor Domenico Passatelli, va ritenuto decisivo ed assorbente.
La successione nel debito, attuata mediante accollo, rispecchia quanto è accaduto dal punto di vista contabile all’interno della società. L’esame della scrittura di accollo deve dunque ritenersi pregiudiziale per la decisione della controversia.
E’ noto che l’accollo costituisce, con la delegazione e l’espromissione, una delle tre fattispecie tipiche per l’intervento di un nuovo debitore nel rapporto obbligatorio.
Secondo la nozione offertaci dall’art. 1273 cod. civ., primo comma, si ha accollo quando il debitore (accollato) ed un terzo (accollante) convengono che questi si assuma il debito del primo verso il
creditore (accollatario), il quale può aderire alla convenzione con l’effetto di rendere irrevocabile la stipula zione a suo favore. Il secondo comma della norma predetta, prescrive che l’adesione del creditore comporti la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisca condizione espressa della stipulazione, o qualora il creditore dichiari espressamente di liberarlo.
Nella fattispecie in esame dunque:
- L’AQUILA CALCIO S.P.A. è debitore (accollato); - il signor Passarelli costituisce il terzo (accollante); - l’istituto di credito è il creditore (accollatario).
Secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, nell’accollo il creditore non è parte del negozio di assunzione del debito altrui, bensì terzo beneficiario degli effetti dello stesso, secondo lo schema tipico del contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 cod. civ.
In questo senso si esprimono chiaramente la Relazione al codice civile, n. 589, nonché la giurisprudenza sin dalle risalenti pronunce della Corte di Cassazione del 23 febbraio 1979 n.1217 in Giust. Civ.
1979, I, 1254, e del 29 giugno 1977 n. 2804, in Giust. Civ. 1978, I,
165.
La convenzione di accollo costituisce sempre parte di un più ampio regolamento di interessi, nel quale trova giustificazione causale lo spostamento patrimoniale che si determina fra debitore (L’AQUILA CALCIO S.P.A.) ed accollante (il signor Passarelli) ed al quale è necessario far riferimento per delineare le reciproche situazioni soggettive posto che, in concreto, l’assunzione del debito altrui può
configurarsi come clausola di un qualsiasi contratto o negozio giuridico intercorso fra le medesime parti.
Proprio la variabilità degli schemi causali specifici induce a ritenere che l’accollo, pur regolato come fattispecie tipica per quanto concerne gli effetti, non possa essere qualificato come autonomo tipo negoziale con propria causa.
In tal senso, quando l’accollo si presenta come patto accessorio di altro negozio, si è in presenza di un “contratto complesso che rimane assoggettato alla disciplina del contratto prevalente”
(giurisprudenza consolidata sin da Cass. 7 maggio 1953 n.1271, in Giust.Civ. 1953, 1536; vedi anche Cass. 15 maggio 1964 n.1186, in Foro It.Mass. 1964, 306).
In sostanza l’accollo, come in genere ogni stipulazione a favore di terzo, va ritenuto semplice patto accessorio e modalità di esecuzione di altro negozio o contratto, nominato od innominato, rimanendo assorbito nella struttura di tale negozio medesimo ed integrandone la causa.
Nella fattispecie che ci occupa, il negozio sottostante all’accollo va individuato in un accordo atipico mediante il quale il signor Passarelli intendeva incidere, come ha fatto in realtà, sul passivo della situazione patrimoniale de L’AQUILA CALCIO S.P.A., eliminando l’obbligazione di quest’ultima verso terzi in modo da evitare e/o alleggerire l’onere dei mezzi finanziari richiesti obbligatoriamente dagli artt. 2446 e 2447 cod. civ. per il funzionamento della società, nonché richiesti dagli organi della F.I.G.C. ai fini della valutazione
dell’entità dell’indebitamento e della conseguente possibilità di ammissione al campionato, secondo le disposizioni normative più volte citate.
In questa prospettiva va interpretata l’operazione, autoqualificata come “accollo”, ai fini di stabilire - in relazione alla predetta finalità perseguita dalle parti - se effettivamente la società calcistica sia stata liberata dalla obbligazione bancaria de qua.
Ciò premesso, come già rilevato, si sottolinea che, per dottrina e giurisprudenza dominanti, sussiste accollo liberatorio solo se il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario, ovvero se il creditore aderisce ad un accollo esplicitamente condizionato alla liberazione del debitore medesimo.
Ai sensi dell’art. 1273 secondo comma cod. civ., la volontà di rinunciare alla garanzia costituita dall’obbligazione dell’originario debitore deve risultare in modo espresso, non essendo sufficiente neppure un comportamento tacito.
L’accollo cumulativo, nel quale l’originario debitore non viene liberato, costituisce dunque la fattispecie legale tipica prevista dall’ordinamento giuridico, e cioè l’acquisto di un nuovo debitore unitamente a quello precedente rappresenta l’effetto naturale del negozio di accollo.
Tale effetto naturale può essere derogato unicamente da una dichiarazione espressa proveniente dall’accollatario, dichiarazione che non ammette equipollenti e che nella fattispecie – ad avviso dell’Arbitro unico – sussiste.
Per una dichiarazione espressa, invero – secondo la migliore dottrina
- non sono necessarie formule sacramentali, ma non sono neppure sufficienti manifestazioni indirette, dalle quali l’intento di liberare il debitore possa evincersi unicamente per l’incompatibilità di essa manifestazione con una volontà contraria.
Non può, quindi, desumersi da comportamenti taciti o da espressioni generiche (Cass. Civ., sez. III, 21 agosto 1985 n. 4469 in Giur. It.
1986, I, 1, 1039; Civ., sez. II, 27 gennaio 1992 n. 861 in Giust. Civ. Mass. 1992, fasc. 1).
In tal senso, la dichiarazione della Banca di Credito Cooperativo di Roma, firmata dal Vice Direttore Generale ed indirizzata alla società calcistica, in cui rilascia formale ampia quietanza nei confronti del L’Aquila Calcio s.p.a. per tutte le sue esposizioni in essere verso l’istituto bancario, considerata “l’espressa natura di accollo liberatorio senza animo di rivalsa dell’accollante Sig. Passatelli Domenico”, può senza dubbio considerarsi una manifestazione espressa della volontà di liberare L’AQUILA CALCIO S.P.A. dalle corrispondenti obbligazioni.
Pertanto si deve ritenere che l’intera prospettazione di parte attrice, in tema di accollo liberatorio da parte dell’istituto di credito de quo, venga confermata sia dal predetto documento, sia per facta concludentia, dai pagamenti successivamente eseguiti, in veste di terzo, dal socio Passarelli (si veda sul punto Cass. civ., sez. III, 1 agosto 1996 n. 6936 in Giust. Civ. Mass. 1996, 1091; Cass. Civ., sez. II, 27 gennaio 1997 n. 821 in Giust. Civ. Mass. 1997, 140; Cass. 26
agosto 1997 n. 8044).
Non vi è dubbio che le modalità adottate da L’Aquila Calcio s.p.a. per il ripianamento, elidendo passività bancarie che incidevano sul rapporto ricavi/indebitamento, sono conformi allo spirito della normativa federale.
L’eccedenza di indebitamento è stata tempestivamente annullata, rendendo illegittimi i provvedimenti di esclusione della società abruzzese dal campionato C/1 per il 2003-2004, in quanto fondati su una errata interpretazione delle norme federali.
Tale accertamento ha carattere assorbente rispetto a tutte le altre eccezioni sollevate da parte attrice, il cui esame, pur se superfluo, viene sommariamente trattato.
B) Presunta disparità di trattamento rispetto ad altre società.
Parte attrice ha formulato le proprie istanze anche con specifico riferimento ad una asserita disparità di trattamento operata dalla Federazione rispetto ad altre società calcistiche.
Sotto questo profilo va preliminarmente affermato che il procedimento arbitrale innanzi questa Camera è sicuramente governato dal principio dell’interesse ad agire e dal principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, che nel processo civile trovano espressione normativa nelle disposizioni di cui agli artt. 100 e
112 cod. proc. civ. e che costituiscono principi generali dell’ordinamento processuale applicabili anche all’arbitrato.
In tal senso, appare evidente che, ai fini della pronuncia sulla domanda de L’Aquila Calcio s.p.a., consistente nella declaratoria
della illegittimità della delibera del consiglio federale avente per oggetto l’esclusione di parte attrice dal campionato di serie C/1, eventuali accertamenti in ordine alle posizioni soggettive di altre società non avrebbero alcuna rilevanza, difettando appunto un interesse giuridicamente tutelabile in questa sede, nella quale non si può certo pronunciare oltre i limiti della domanda.
Di più, è persino superfluo sottolineare come la Camera arbitrale non può arrogarsi funzioni tipiche del giudice della legittimità amministrativa, alla cui giurisdizione compete la tutela di eventuali interessi legittimi che costituiscono – sostanzialmente – il sostrato della censura formulata sul punto da parte attrice, asserendo l’esistenza di una disparità di trattamento.
C) Quanto alla “mancanza di motivazione” lamentata da parte attrice con riguardo alla delibera del Consiglio Federale della F.I.G.C. del 31 luglio 2003, va ricordato che tale delibera indica espressamente i motivi per i quali il Consiglio direttivo della Lega Professionisti di serie C nella riunione del 22 luglio 2003 aveva deliberato, su conforme parere della Co.Vi.So.C., di non ammettere L’AQUILA CALCIO S.P.A. al campionato di competenza per il 2003-2004 .
Tali motivi vengono specificati in: - eccedenza di indebitamento di euro 1.064.000,00; - non regolare posizione Enpals; - mancato deposito della fidejussione bancaria di euro 207.000,00; - mancato deposito di dichiarazioni liberatorie dei tesserati; - mancato deposito della dichiarazione di inesistenza debiti (mod. azzurro); -
pignoramento verso terzi per l’importo di euro 320.000,00 ad istanza di Promogadget ed Alcatraz, per i quali sono stati accantonati euro
71.564,31; - vertenze in corso per euro 445.273,00.
L’arbitro unico ritiene che si tratti di una motivazione certamente sintetica ma che soddisfa pienamente i parametri minimi per ritenere l’atto de quo sufficientemente motivato.
Tutti gli elementi essenziali del procedimento logico compiuto dal Consiglio federale sono infatti evidenziati, così come le circostanze di fatto ascritte a L’Aquila Calcio s.p.a.
E’ persino ovvio ricordare che l'obbligo della motivazione del provvedimento amministrativo può dirsi assolto allorché l'Amministrazione provveda ad indicare le ragioni su cui l'atto si fonda, anche utilizzando un modulo prestampato e mediante apposizione di un segno su una delle caselle che indicano una tra più ragioni possibili (T.A.R. Lazio, sez. III, 28 ottobre 2002, n. 9224).
Di più la motivazione dell'atto amministrativo deve essere essenziale, priva di inutili e fuorvianti formalismi, così da evidenziare l'oggettiva ed immediata rilevabilità delle ragioni sottese all'operato dell'amministrazione e quindi escludere carenze sotto il profilo esplicativo (Consiglio Stato, sez. IV, 29 agosto 2002, n. 4334).
Ed ancora, la motivazione del provvedimento non deve tradursi in una puntuale confutazione delle ragioni espresse in ogni atto interno del procedimento che abbia prospettato una diversa soluzione, né deve espressamente menzionare un parere facoltativo e non vincolante quando comunque risulti che l'autorità decidente ne ha
tenuto conto, ma, ai sensi dell'art. 3 legge 7 agosto 1990 n. 241, deve consistere nell'esposizione dei fatti rilevanti e delle ragioni di diritto della determinazione della p.a. con argomenti non illogici, non contraddittori, ma coerenti e logicamente autosufficienti (Consiglio Stato, sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2642).
Ed infine va sottolineato che nessuna norma o principio dispone che nella parte narrativa di un provvedimento sottoposto a controllo siano esposti i dati salienti del procedimento che l'ha formato (Consiglio Stato, sez. V, 4 maggio 1998, n. 487).
* * *
Sulla base delle precedenti considerazioni, la delibera del Consiglio federale della F.I.G.C. del 31 luglio 2003, nonché le deliberazioni adottate dalla Lega Professionisti serie C e dalla Co.Vi.So.C., devono ritenersi illegittime dal punto di vista sostanziale, nei limiti di quanto esposto in motivazione in ordine al mancato riconoscimento della valenza dell’accollo liberatorio.
Le domande de L’AQUILA CALCIO S.P.A. devono essere conseguentemente accolte.
Le spese dell’arbitrato vanno liquidate come in dispositivo. P.Q.M.
l’Arbitro Unico, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione:
a) in accoglimento della domanda formulata da L’AQUILA CALCIO S.P.A., accertata la non conformità alle normative vigenti del provvedimento CO.VI.SO.C, di cui al verbale della
riunione in data 29.07.2003 con il quale è stato espresso parere negativo all’ammissione de L’AQUILA CALCIO S.P.A. al campionato di serie C/1 per la stagione 2003-2004, annulla il provvedimento del Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) del 31 luglio 2003 e di cui al Comunicato Ufficiale in pari data, con il quale è stata deliberata la non ammissione de L’AQUILA CALCIO S.P.A. al campionato di serie C/1 2003-2004, rimettendo alla Federazione Italiana Giuoco Calcio l’adozione dei provvedimenti di competenza in ottemperanza al presente dispositivo;
b) compensa tra le parti le spese di lite;
c) dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport;
d) pone a carico delle parti, solidalmente tra loro, il pagamento degli onorari e delle spese di arbitrato, liquidati come da separata ordinanza.
Deliberato in Roma il 22 agosto 2003 dall’Arbitro unico prof. avv. Pierluigi Ronzani.
Prof. Avv. Pier Luigi Ronzani