CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 25/2/2002 TRA Massimiliano Ferrigno e Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 25/2/2002 TRA Massimiliano Ferrigno e Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) Il Collegio Arbitrale composto da Prof. Avv. Luigi Fumagalli Presidente Dott. Sergio Gaddi Arbitro Avv. Tito Lucrezio Milella Arbitro riunito in conferenza personale in data 25 febbraio 2002, in Milano, via del Lauro 7, ha deliberato a maggioranza il seguente L O D O nel procedimento arbitrale con sede in Roma presso la Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso il C.O.N.I. tra Massimiliano Ferrigno, calciatore tesserato presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio, nato a Gela (CL) il 27 gennaio 1974 e residente a Marina di Ravenna, viale Spalato, 30, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Cristina Forgione di Como, e domiciliato, ai fini dell’arbitrato, presso lo studio della stessa sito a Como, viale Giulio Cesare, 5 - ricorrente - e Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), con sede a Roma, via G. Allegri, 14, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore dott. Giovanni Petrucci, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giancarlo Gentile e Cesare Persichelli di Roma, e domiciliata ai fini dell’arbitrato presso lo studio del secondo, in Roma, via Oslavia, 12 - resistente - avente ad oggetto l’impugnazione della decisione della Corte d’Appello Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) del 29 marzo 2001 (C.U. n. 25/C), confermativa della decisione della Commissione Disciplinare della Lega Professionisti Serie C del 31 gennaio 2001 (C.U. n. 135/C) in relazione alla clausola compromissoria stabilita dall’art. 27 comma 4 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), del seguente tenore: “A seguito di esito negativo del tentativo di conciliazione di cui al precedente comma 3, la Federazione ed i soggetti di cui al precedente comma 1 accettano di risolvere la controversia in via definitiva mediante arbitrato, promosso su istanza di una delle parti davanti alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport istituita presso il C.O.N.I., con nomina degli arbitri e svolgimento della procedura sulla base dello Statuto del C.O.N.I. e del relativo regolamento di attuazione, nel rispetto delle disposizioni inderogabili degli articoli 806 e seguenti del Codice di procedura civile in materia di arbitrato”. FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO 1. Con decisione pubblicata il 31 gennaio 2001 (C.U. n. 135/C) (la “Decisione della Disciplinare”) la Commissione Disciplinare della Lega Professionisti Serie C, rilevato che il comportamento ascritto a Massimiliano Ferrigno ed oggetto di deferimento costituiva violazione dell’art. 1 del vigente Codice di giustizia sportiva (“C.G.S.”) della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) (“F.I.G.C.”), deliberava di infliggergli la “squalifica fino al tutto il 31.12.2003”. In particolare al Ferrigno (già sospeso in via cautelare dall’attività sportiva dal 21 novembre 2000: provvedimento pubblicato in C.U. n. 70/C) veniva addebitata dalla Procura Federale della F.I.G.C. una condotta antiregolamentare (in violazione dell’art. 1 C.G.S.) consistente nell’avere, “nel corridoio che collega gli spogliatoi con l’atrio, dopo circa un’ora dal termine della gara Como-Modena del 19.11.2000”, aggredito “improvvisamente” e colpito “con un pugno al viso il calciatore Francesco Bertolotti del Modena, che, cadendo a terra e battendo con violenza il capo sul pavimento, riportava gravi lesioni celebrali, che rendevano necessario il ricovero nella struttura sanitaria locale e il successivo trasporto presso l’ospedale di Lecco, ove veniva sottoposto ad immediato intervento chirurgico”. Esperita l’istruttoria, la Commissione Disciplinare rilevava in primo luogo, anche sulla base delle risultanze di essa, “che l’episodio di che trattasi” poteva essere ricollegato “ad altro fatto riguardante gli stessi calciatori avvenuto durante la gara: all’8° del secondo tempo, a causa dell’intervento di un calciatore ospite in danno dell’avversario, l’arbitro decretava una punizione in favore della squadra di casa, a seguito della quale sorgeva una mischia nel cui corso il Bertolotti, particolarmente agitato, veniva spinto dal Ferrigno e cadeva al suolo. Tale fatto si concludeva con l’espulsione del Ferrigno. Dal canto suo il Bertolotti, al 30° del secondo tempo, era sostituito e raggiungeva gli spogliatoi senza avere più contatti con il Ferrigno sino al momento delle interviste, svoltesi dopo circa un’ora dal termine della partita”. La Commissione Disciplinava sottolineava quindi che “dalle relazioni federali” risultava “che, terminata l’intervista, il Bertolotti si dirigeva dagli spogliatoi verso l’atrio, percorrendo il corridoio di collegamento, senonché, come riferito dal collaboratore ‘tuttofare’ del Como Livio Prada e dalla moglie del magazziniere del Como Emilia Cappellini, il calciatore Ferrigno, proveniente dalla opposta direzione, colpiva improvvisamente con un pugno al viso il Bertolotti che rovinando al suolo batteva il capo sul pavimento, riportando le gravi lesioni per cui si procede. Dopo l’aggressione, sempre a detta dei suddetti testimoni, il Ferrigno, senza girarsi indietro, si allontanava alla volta dei locali adiacenti la sala stampa”. Alla luce di tali accertamenti, e sulla base degli elementi raccolti, la Commissione Disciplinare riteneva di rigettare la versione dei fatti fornita dal Ferrigno, secondo la quale il Bertolotti avrebbe colpito il Ferrigno, il quale avrebbe reagito colpendo a sua volta l’antagonista, che sarebbe scivolato sul pavimento bagnato riportando le gravi lesioni. Affermata la responsabilità del Ferrigno, la Commissione Disciplinare riteneva comunque non integralmente accoglibile la richiesta del Procuratore Federale, che aveva concluso chiedendo che al Ferrigno fosse irrogata una squalifica per anni cinque con proposta di preclusione a permanere nei ranghi federali, poiché la premeditazione (sulla quale tale istanza era fondata) doveva essere esclusa. La Commissione Disciplinare, invece, irrogava la squalifica fino a tutto il 31 dicembre 2003: tale misura appariva infatti al giudicante “adeguata alla particolare gravità del fatto, desunta dalla proditoria aggressione in danno del Bertolotti e dalla gravità delle lesioni inferte, ma tiene però conto sia del raptus che ha connotato con evidenza la condotta dell’inquisito alla vista dell’antagonista, sia della circostanza che le conseguenze patite dal Bertolotti sono andate sicuramente al di là delle effettive intenzioni dell’autore del gesto violento”. 2. La Decisione della Disciplinare, impugnata sia dal Ferrigno sia dalla Procura Federale della F.I.G.C., veniva confermata dalla Corte d’Appello Federale (“C.A.F.”) della F.I.G.C. con la decisione n. 25/C del 29 marzo 2001 (la “Decisione della C.A.F.”), notificata al Ferrigno in data 8 giugno 2001. In particolare, la C.A.F., in primo luogo, respingeva le eccezioni pregiudiziali di nullità della Decisione della Disciplinare e dell’intero procedimento presentate dal Ferrigno, tra l’altro, per difetto assoluto di giurisdizione: riteneva infatti la C.A.F. che fosse incontestabile la sussistenza di un legame tra l’avvenimento per cui si procedeva e l’evento agonistico che lo aveva proceduto; che sussistesse competenza degli organi disciplinari a reprimere atti violenti compiuti dai tesserati nell’ambito dell’impianto sportivo, nonché la violazione dell’art. 1 C.G.S.; che la giustizia sportiva fosse autonoma rispetto alla giustizia penale e che pertanto la parallela pendenza di procedimento penale per gli stessi fatti non precludesse lo svolgimento dell’azione disciplinare; e che nel procedimento non fosse stato violato il diritto di difesa del Ferrigno. La C.A.F., quindi, ritenute attendibili le testimonianza assunte, confermava la responsabilità del Ferrigno e la congruità della sanzione inflittagli. Mentre rigettava, infatti, l’impugnazione del Ferrigno, la C.A.F. respingeva anche l’appello proposto dalla Procura Federale della F.I.G.C., confermando come fosse del tutto fuori luogo parlare di premeditazione, e non potendosi addebitare una “omissione di soccorso” (peraltro neanche contestata). 3. Avverso la Decisione C.A.F. (e la Decisione della Disciplinare da questa confermata) il Ferrigno, con atto datato 23 ottobre 2001 recante “Istanza per l’instaurazione del procedimento arbitrale con richiesta di nomina dell’arbitro unico da parte della Camera e contemporanea assunzione delle conclusioni” (la “Istanza di Arbitrato”), ha proposto impugnazione ai sensi dell’art. 7 ss. del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (il “Regolamento”). In particolare il Ferrigno ha presentato ricorso alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, istituita presso il C.O.N.I (la “Camera”), “per richiedere – sussistendone i presupposti – l’instaurazione della procedura arbitrale per la riforma totale o parziale” della Decisione della Disciplinare e della Decisione della C.A.F. (congiuntamente, le “Decisioni Impugnate”). In particolare il Ferrigno, fornita una propria ricostruzione dei fatti e riassunta la propria storia personale, allega la “nullità della decisione”: a parere del Ferrigno “la Commissione ha pronunciato in maniera contraddittoria; la decisione assunta è contraria a ogni altro precedente; l’organo ha inflitto una sanzione giudicando in un ambito non di propria competenza”. A tale proposito, il Ferrigno sostiene che “non esiste nel Regolamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio alcuna norma che dia rilevanza disciplinare ad un fatto, seppure penalmente rilevante, commesso fuori dal recinto di gioco o comunque nell’ambito di una gara”. Ulteriormente, poi, il Ferrigno allega “nullità della sanzione disciplinare per essere il fatto accaduto al di fuori della competizione sportiva: il provvedimento disciplinare non può che ritenersi applicato al di fuori dei limiti di spazio e di tempo nei quali la Federazione Italiana Giuoco Calcio può esercitare il proprio potere disciplinare senza incorrere in una situazione di abuso di potere”. Il Ferrigno, quindi, censura la “nullità e inefficacia della sanzione disciplinare per essere stato il provvedimento assunto in assenza della preventiva previsione della fattispecie da parte del regolamento della federazione”. A parere del Ferrigno, mancherebbe infatti nei regolamenti F.I.G.C. una disposizione che faccia assumere rilievo disciplinare a fatti penalmente perseguibili (o a condanne penali irrogate per fatti) avvenuti al di fuori della gara sportiva, ovvero alla “preterintenzione”. Il Ferrigno allega quindi che nella determinazione della sanzione non si sarebbero applicati “giusti parametri” (ed in particolare il “diritto a un equo processo”; il “principio della giusta individuazione delle norme e delle sanzioni”; il “principio di ‘proporzionalità’ delle sanzioni”; il “principio di ‘terzietà’ del giudice”), ma soprattutto che non si sia in alcun modo tenuto conto dei precedenti, che, “in casi analoghi e anche più gravi”, avrebbero portato a squalifiche molto più lievi di quella inflittagli. Sotto altri profili, infine, il Ferrigno censura le Decisioni Impugnate per “violazione del principio di proporzionalità” (p. 25, 31 dell’Istanza di Arbitrato); per “diversità tra quanto contenuto nella contestazione degli addebiti e nella sanzione disciplinare irrogata” (p. 30 dell’Istanza di Arbitrato); per “aver giudicato in base a presunzioni che però non sono forme di prova valide per l’ordinamento” sportivo (p. 12 – ma già p. 9 – dell’Istanza di Arbitrato); per essere state influenzate dalle notizie della stampa e dell’opinione pubblica (p. 9-10 dell’Istanza di Arbitrato); nonché per aver “valutato solo l’effetto finale dell’episodio”, mentre “la sussistenza dell’intenzionalità deve essere valutata al momento dell’inizio dell’azione non in base al ‘risultato’ della stessa” (p. 24 dell’Istanza di Arbitrato). Infine, il Ferrigno allega che la sanzione disciplinare irrogatagli, nulla e/o illegittima, gli ha recato un grave pregiudizio “economico, di immagine e psichico”. 4. Sulla base delle proprie argomentazioni, dunque, il Ferrigno ha chiesto che l’organo arbitrale “Nel merito e in via principale: preso atto delle difese assunte dalla sottoscritta avvocato in fatto e diritto, voglia annullare il provvedimento disciplinare in quanto emanato in maniera illegittima dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio perché assunto su un comportamento extrasportivo del sig. Massimiliano Ferrigno sul quale l’organo procedente non aveva potere decisionale. Nel merito e in via subordinata: preso atto delle difese assunte dalla sottoscritta avvocato in fatto e diritto, voglia annullare il provvedimento disciplinare e/o giudicarlo inefficace in quanto la sanzione disciplinare è stata assunta in assenza della preventiva previsione della fattispecie da parte del regolamento della federazione. Nel merito in via di estrema subordinazione: voglia drasticamente ridurre la sanzione disciplinare, - o comunque ritenerla già ampiamente scontata – preso atto: - dell’effettivo accadimento dei fatti; - dell’assenza di precedenti da parte del calciatore; - delle decisioni assunte dalla CAF in casi simili e in sede di conciliazione avanti il conciliatore del CONI; - dell’ingente danno che sta subendo il giocatore in quanto è privato da un anno dei mezzi necessari per sopravvivere; - dei principi dettati in materia. In tutti i casi disporre a carico della Federazione Italiana Giuoco Calcio il risarcimento dei danni a favore di Massimiliano Ferrigno per tutte le motivazioni assunte nel presente atto che dovrà essere liquidato in £. 5.000.000.000.= (cinquemiliardi) o quanto il magistrato riterrà equo e di giustizia; con vittoria di spese, diritti, e onorari di causa. In via istruttoria: si chiede: - l’acquisizione dell’atto di richiesta di conciliazione della sottoscritta Avvocato avanti la Camera di Arbitrato e conciliazione con tutti i documenti allegati; - l’acquisizione del fascicolo della conciliazione; - l’acquisizione del verbale di mancata conciliazione”. [Neretto nell’originale] 5. Con atto datato 6 novembre 2001 la F.I.G.C. ha formulato, ai sensi dell’art. 9 del Regolamento, la propria risposta all’Istanza di Arbitrato, depositando una serie di documenti. In tale atto la F.I.G.C., in primo luogo, ha espresso la propria preferenza affinché la risoluzione della controversia insorta con il Ferrigno venisse affidata ad un collegio composto da tre arbitri, piuttosto che ad arbitro unico. E per l’effetto, ha provveduto a nominare l’avv. Tito Lucrezio Milella di Roma quale componente del Collegio arbitrale, e contestualmente ha chiesto la nomina del Presidente del Collegio ai sensi dell’art. 13 comma 2 del Regolamento. In secondo luogo la F.I.G.C., contestata la ricostruzione dei fatti avversaria, ha respinto le censure mosse alle Decisioni Impugnate ed ha, tra l’altro, sostenuto (i) che “la sanzione inflitta al Ferrigno è … ponderato frutto del rapporto fra causa ed effetto, come ampiamente spiegato nelle motivazioni dei provvedimenti” adottati dalla Commissione Disciplinare e dalla C.A.F.; (ii) che “il calciatore Ferrigno è sicuramente un violento, privo di quelle doti di pacatezza ed equilibrio che il ricorso vorrebbe attribuirgli”; (iii) che sussiste un legame tra condotta addebitata al Ferrigno ed evento sportivo e che pertanto il giudizio sull’evento rientra nella competenza degli organi disciplinari; (iv) che gli organi disciplinari “hanno fondato il proprio convincimento su validi ed esaurienti accertamenti”; (v) che i precedenti invocati dal Ferrigno riguardano “situazioni di tempo e luogo notevolmente differenti da quelli oggetto di causa”; (vi) che la domanda di risarcimento proposta dal Ferrigno è sfornita di supporto probatorio. 6. La F.I.G.C., pertanto, ha chiesto all’organo arbitrale di: “respingere e disattendere le domande di merito avanzate dal sig. Massimiliano Ferrigno condannando il ricorrente alle spese e onorari di giudizio”. 7. Con comunicazione del 28 novembre 2001, l’avv. Tito Lucrezio Milella, arbitro designato dalla F.I.G.C., ha dichiarato, ai sensi dell’art. 14 del Regolamento, di accettare l’incarico e di non trovarsi in situazioni di incompatibilità. 8. Aderendo alla preferenza espressa dalla F.I.G.C. (per la nomina di un collegio arbitrale, piuttosto che di un arbitro unico), il Ferrigno, con atto del 21 novembre 2001, nominava quale componente del Collegio arbitrale l’avv. Ugo Lisi di Lecce, attribuendo allo stesso la possibilità di farsi sostituire in caso di assenza o impedimenti dal dott. Massimo Forgione di Como. Rilevando un errore materiale, il Ferrigno, in data 23 novembre 2001, provvedeva a rettificare tale comunicazione: indicando una involontaria inversione di nomi, si specificava l’intenzione di nominare quale componente del Collegio arbitrale il dott. Massimo Forgione, con possibilità di sostituzione da parte dell’avv. Lisi. 9. In data 3 dicembre 2001 la F.I.G.C. proponeva, in base all’art. 15 del Regolamento ed in riferimento agli articoli 815, 51 n. 2 e 53 cod. proc. civ., istanza di ricusazione dell’arbitro Massimo Forgione, in ragione della sua parentela con il difensore del Ferrigno. Tale istanza, peraltro, non aveva seguito, poiché da un lato il dott. Massimo Forgione dichiarava di non accettare la nomina, dall’altro lato il Ferrigno, con atto datato 4 dicembre 2001, revocate le precedenti nomine, provvedeva a nominare quale proprio arbitro il dott. Sergio Gaddi di Como. 10. Il dott. Gaddi, con comunicazione datata 3 novembre [leggasi: dicembre] 2001, ha dichiarato, ai sensi dell’art. 14 del Regolamento, di accettare l’incarico e di non trovarsi in situazioni di incompatibilità. 11. Nel frattempo, con provvedimento del presidente della Camera, assunto ai sensi dell’art. 13 comma 2 del Regolamento e comunicato alle parti in data 28 novembre 2001, veniva nominato terzo arbitro, con funzioni di presidente del Collegio arbitrale, il prof. avv. Luigi Fumagalli di Milano. Il prof. Fumagalli ha dichiarato, ai sensi dell’art. 14 del Regolamento, di accettare l’incarico e di non trovarsi in situazioni di incompatibilità. 12. A seguito di convocazione datata 11 dicembre 2001 ed inviata ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Regolamento, il 9 gennaio 2002 ha avuto luogo in Milano la prima udienza del procedimento. 13. All’udienza del 9 gennaio 2002 gli arbitri, ribadita la propria accettazione della nomina, si costituivano formalmente in Collegio e nominavano l’avv. Enrico Banchero di Milano quale segretario dello stesso. 14. In occasione della stessa udienza il Ferrigno, avvalendosi della facoltà conferitagli dall’art. 17 comma 2 del Regolamento, depositava “Note di replica alla Comparsa di Costituzione della F.I.G.C.”, unitamente a cinque documenti. In tali Note, in particolare, il Ferrigno ha ribadito la propria eccezione di “incompetenza del giudice sportivo … in merito ad un comportamento tenuto in limiti spazio-temporali diversi ed estranei all’azione di gioco ed in ogni caso all’attività agonistica”; ed ha respinto l’accusa di essere un giocatore particolarmente violento, paragonando il numero di espulsioni subite a quelle inflitte ad altri calciatori. 15. In esito all’udienza, il Collegio, provvedendo in ordine al procedimento, con il consenso delle parti, acquisiva agli atti i documenti allegati alla richiesta di conciliazione presentata alla Camera dal Ferrigno, il fascicolo della conciliazione e il verbale di mancata conciliazione, disponeva l’acquisizione del fascicolo del procedimento disciplinare, nonché della videocassetta depositata dal ricorrente presso la Camera nell’ambito della procedura di conciliazione, e fissava termini per lo scambio di memorie e nuova udienza per l’ulteriore trattazione ed eventuale discussione. Con separato provvedimento, il Collegio arbitrale, delibati sommariamente il tempo presumibilmente necessario all’espletamento della funzione arbitrale, la complessità della controversia e la capacità finanziaria delle parti, disponeva in ordine al fondo spese ed all’acconto sugli onorari spettanti agli arbitri. 16. Con “Memoria autorizzata dal Collegio” del 15 gennaio 2002, depositata nel termine fissato dal Collegio arbitrale, il Ferrigno ha ribadito ed illustrato gli argomenti e le domande già articolati nei pregressi atti, in particolare sotto il profilo della: “nullità della sanzione per assoluta incompetenza dell’organo che ha irrogato la sanzione”; “nullità del provvedimento per assoluta inesistenza della norma interna che si intende violata (tale figura che nel diritto amministrativo viene individuata come eccesso di potere deriva da un errore dell’organo giudicante circa l’estensione del potere esercitato”; “eccesso di potere per ingiustizia manifesta della sanzione”; “eccesso di potere per disparità di trattamento”; “travisamento ed erronea valutazione dei fatti e illogicità e contraddittorietà dell’atto emanato”; “eccesso di potere per contrasto con altra decisione emessa dall’unica autorità competente in materia, che valutati i fatti ha deciso di concordare l’applicazione di 10 mesi di reclusione con la condizionale”. 17. Con la “Replica autorizzata” del 23 gennaio 2002, depositata, assieme ad alcuni documenti, nel termine fissato dal Collegio arbitrale, la F.I.G.C., in via pregiudiziale, ha formulato, con riserva di ulteriore argomentazione, un’eccezione di improcedibilità (e/o inammissibilità) del ricorso avversario, non potendosi, a parere della stessa “considerare il presente procedimento quale terzo grado della causa”; nel merito delle domande avversarie, ha ribadito, invece, la posizione già espressa nei precedenti atti. In via istruttoria, poi, la F.I.G.C. ha chiesto “ammettersi prova per interrogatorio – ed in caso di esito anche parzialmente negativo per testi – sul capitolo “Vero che il sig. Massimiliano Ferrigno, nel corso del campionato 1999/2000, ebbe ad aggredire negli spogliatoi, dopo un allenamento, l’allora compagno di squadra Massimiliano Zazzetta”, indicando quali testimoni i signori Zazzetta, Milanetto e Ungari. 18. Alla luce di quelle argomentazioni, in tale atto, la F.I.G.C. ha così precisato le proprie definitive conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Collegio arbitrale, disattesa ogni altra e diversa contraria istanza, respingere e rigettare siccome inammissibile e/o improcedibile il ricorso proposto dal sig. Massimiliano Ferrigno, e comunque perché infondato nel merito, vinte le spese ed i compensi di giudizio”. 19. In data 25 gennaio 2002, e pertanto sempre nel termine fissato dal Collegio arbitrale, la F.I.G.C. ha depositato una “Integrazione alla replica autorizzata”, con la quale, in via subordinata alle altre istanze istruttorie, ha chiesto al Collegio arbitrale di disporre l’acquisizione di copia del fascicolo relativo al procedimento penale relativo ai fatti per i quali si è svolto il procedimento disciplinare sportivo. 20. All’udienza del 4 febbraio 2002 le parti, invitate alla discussione dal Collegio, svolgevano le proprie difese. Su richiesta delle parti, il Collegio fissava quindi termine per il deposito di memorie illustrative, e si riservava di decidere sulle domande, sia istruttorie sia di merito, formulate dalle parti. 21. In data 18 febbraio 2002 la F.I.G.C. depositava, nei termini fissati dal Collegio, nuova “Memoria autorizzata”, con la quale ha ribadito ed illustrato la propria posizione in ordine a (i) “il fatto”, (ii) “la pretesa incompetenza dell’organo disciplinare”, (iii) “la pretesa inesistenza della norma interna”, (iv) “la inammissibilità del ricorso”, (v) “la natura del procedimento innanzi alla Camera”, (vi) “le ultime eccezioni avversarie”. 22. In pari data, e perciò pure nei termini fissati dal Collegio, il Ferrigno depositava “Note riassuntive e conclusionali”. In esse il ricorrente ha fornito una ricostruzione del “fatto giudicato” “stilata sulla base della documentazione pervenuta ed acquisita dal Collegio arbitrale” ed ha ribadito, illustrandole, le eccezioni e le tesi già esposte, in via gradata, in corso di arbitrato: la “incompetenza dell’organo sportivo nell’emettere il provvedimento disciplinare e pertanto nullità assoluta del procedimento e della sanzione”; la “illegittimità della sanzione in base al principio ‘nulla poena sine lege’” e quindi la “mancanza nel caso specifico di una norma regolatrice”; la “illegittimità della norma per mancata dimostrazione del nesso di causalità tra comportamento e gara”; la “illegittimità della sanzione per disparità di trattamento e quindi eccesso di potere”; nonché la “illegittimità della sanzione per sua illogicità”. Infine ha ripreso e sviluppato la “richiesta risarcitoria” formulata nella Istanza di Arbitrato. MOTIVI DELLA DECISIONE A. Sul procedimento 1. Ammissibilità del ricorso 1.1 Ritiene il Collegio che il ricorso avverso le Decisioni Impugnate sia ammissibile e che sussista la propria competenza a conoscere delle domande proposte, essendo soddisfatte tutte le condizioni a tal riguardo previste dal Regolamento. 1.2 Questo infatti dispone che l’arbitrato da esso disciplinato possa essere attivato: (i) “quando sia previsto nello statuto di una Federazione sportiva nazionale …” (art. 7 comma 1 lett. a); (ii) “a condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale … o comunque si tratti di decisioni non soggette ad impugnazione” (art. 7 comma 2); (iii) “solo dopo l’esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione di cui al presente Regolamento” (art. 7 comma 6) ed (iv) “entro 30 giorni dalla data di chiusura delle procedure di conciliazione” (art. 7 comma 6). Viceversa si prevede che l’arbitrato non possa essere instaurato (v) da soggetti nei cui confronti sia stata irrogata una sanzione disciplinare inferiore a 120 giorni (art. 7 comma 3), ovvero (vi) allorché per la controversia in esso dedotta siano stati istituiti procedimenti arbitrali nell’ambito delle Federazioni (art. 7 comma 4). 1.3 A tal riguardo il Collegio nota che (i) lo Statuto della F.I.G.C. prevede, all’art. 27 comma 4, la risoluzione mediante arbitrato presso la Camera ed ai sensi del Regolamento delle controversie insorte tra la Federazione e i soggetti menzionati all’art. 27 comma 1 (tra i quali sono menzionati gli atleti); (ii) il Ferrigno ha esaurito i mezzi di ricorso interni della F.I.G.C.: la Decisione della C.A.F. non è soggetta ad ulteriore impugnazione (se non di fronte al presente Collegio arbitrale); (iii) si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione disciplinato dagli artt. 3 ss. del Regolamento, chiuso con verbale del 15 ottobre 2001; (iv) la Istanza di Arbitrato è stata inviata a mezzo telefax il 19 ottobre 2001, e perciò nei termini indicati dal Regolamento; (v) la sanzione inflitta con le Decisioni Impugnate eccede i 120 giorni di squalifica; (vi) per la controversia dedotta in questo arbitrato non risulta istituito alcun procedimento arbitrale nell’ambito della F.I.G.C. 2. Natura del procedimento Il presente arbitrato ha natura rituale, secondo quanto espresso dall’art. 7 comma 7 del Regolamento e come confermato dalle parti, direttamente (Ferrigno) o a mezzo dei procuratori (F.I.G.C.), all’udienza del 9 gennaio 2002. B. Sul merito della controversia 1. Le norme applicabili In conformità a quanto previsto dall’art. 7 comma 7 del Regolamento e confermato dalle parti, direttamente (Ferrigno) o a mezzo dei procuratori (F.I.G.C.), all’udienza del 9 gennaio 2002, incombe al Collegio arbitrale decidere la presente controversia applicando le norme di diritto (italiano) e le norme e gli usi dell’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale. 2. Sul potere di esame del Collegio arbitrale 2.1 Il Collegio arbitrale ritiene opportuno affrontare per prima la questione, sollevata in via pregiudiziale dalla F.I.G.C. nella “Replica autorizzata” del 23 gennaio 2002 e poi sviluppata nella “Memoria autorizzata” del 18 febbraio 2002, di improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso proposto dal Ferrigno, nella parte in cui si domanda un riesame del merito delle Decisioni Impugnate. A parere della F.I.G.C., infatti, non si potrebbe considerare il ricorso alla Camera come “un terzo grado di merito del processo sportivo, cioè un procedimento nel quale gli arbitri dovrebbero (ri)valutare per la terza volta la controversia” (“Memoria autorizzata” cit., p. 4). Al Collegio arbitrale istituito ed operante nel quadro della Camera, in base al Regolamento, spetterebbe solo un potere di verifica di legittimità, sulla falsariga del procedimento dinanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali; e di conseguenza di fronte ad esso sarebbero deducibili solo vizi di legittimità, quali l’eccesso di potere o la violazione di legge. Nella prospettazione della F.I.G.C. il difetto di poteri del Collegio arbitrale a giudicare nuovamente il merito discenderebbe, oltre che da considerazioni generali (per essere il terzo grado di merito sconosciuto in qualsiasi ordinamento), in primo luogo dall’art. 3 comma 1 lett. c del Regolamento e dalla previsione, in esso specificata, della “definitività” della decisione impugnata, con la quale sarebbe inconciliabile la rimozione di quella sulla base di una rinnovata valutazione degli stessi elementi di fatto definitivamente considerati dall’organo disciplinare, ovvero anche di nuovi fatti, riconducibili sotto la previsione del giudizio per revocazione. In secondo luogo, tale difetto di poteri discenderebbe, per quanto riguarda la F.I.G.C., anche dall’art. 33 C.G.S., che prevede e disciplina il ricorso alla C.A.F. (organo di ultima istanza) soltanto per motivi di legittimità, dopo un doppio grado di merito. L’esame della questione sollevata dalla F.I.G.C. appare dunque al Collegio assumere priorità logica (e come tale merita di essere esaminata in via preliminare) rispetto al giudizio sulle domande proposte dal Ferrigno, poiché la soluzione di essa condiziona la portata del secondo. 2.2 Il Collegio arbitrale non condivide la ricostruzione (in senso limitativo) dei suoi poteri fatta dalla F.I.G.C. A parere del Collegio, infatti, il Regolamento (e, in definitiva, le parti stesse, che al Regolamento hanno aderito: cfr. art. 27 comma 4 dello Statuto della F.I.G.C.; verbale dell’udienza del 9 gennaio 2002) conferisce all’organo arbitrale un potere di integrale riesame del merito della controversia, senza subire limitazioni (se non quelle derivanti dal principio della domanda e dai quesiti ad esso proposti dalle parti, ovvero dalla clausola compromissoria sulla quale i suoi poteri sono di volta in volta fondati) legate al “tipo” di vizio denunciabile: sotto tale profilo, dunque, appare al Collegio arbitrale che di fronte ad esso siano deducibili questioni attinenti non solo alla “legittimità”, ma anche al “merito” delle Decisioni Impugnate, e che queste non debbano essere necessariamente inquadrate nei tipi di vizi dei provvedimenti amministrativi denunciabili di fronte ai TAR. 2.3 A favore di tale conclusione depongono sia la lettera del Regolamento sia considerazioni sistematiche. Sotto il primo profilo, ed a prescindere dalla considerazione che una limitazione così estesa (quale quella sostenuta dalla F.I.G.C.) dei poteri dell’organo arbitrale avrebbe dovuto essere specificamente prevista (il che non è avvenuto, nemmeno nella clausola compromissoria stabilita dalla stessa F.I.G.C. all’art. 27 comma 4 del suo Statuto), stanno, in senso positivo, le disposizioni stabilite all’art. 17. In particolare, la espressa previsione del possibile svolgimento di una istruttoria testimoniale ovvero della nomina di uno o più consulenti tecnici d’ufficio mal si concilierebbe con una limitazione dei poteri dell’organo arbitrale ad un mero esame dei vizi di legittimità dell’atto impugnato. Né con tale indicazione contrasta la disposizione, invocata dalla F.I.G.C., posta all’art. 3 comma 1 lett. c [corrispondente alla più pertinente, in questa sede arbitrale, previsione dell’art. 7 comma 2] del Regolamento, secondo la quale un procedimento di fronte alla Camera può essere avviato solo avverso “decisioni definitive” degli organi interni delle federazioni sportive. Tale disposizione, invero, si spiega alla luce del sistema istituito con la Camera, limitandosi ad esprimere l’esigenza che, laddove la controversia deferita ad arbitrato abbia ad oggetto la “volontà disciplinare” delle federazioni, questa volontà si sia definitivamente formata. 2.4 In ogni caso, l’arbitrato presso la Camera non può essere costruito quale terzo grado del procedimento disciplinare della federazione sportiva, perché esso non è riferibile al procedimento interno alla federazione con il quale la menzionata “volontà disciplinare” si forma. Attraverso la Camera si è creato, infatti, sulla base dell’art. 12 dello Statuto del C.O.N.I. ed in conformità a modelli internazionalmente affermati, un sistema di risoluzione delle controversie in materia sportiva esterno ai sistemi disciplinari delle federazioni sportive ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria. L’attività della Camera (istituita con atto del C.O.N.I.), per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotta al sistema della federazione sportiva di volta in volta interessata, né l’organo arbitrale che conosca dell’impugnazione di un provvedimento disciplinare può essere ritenuto (neanche in senso lato, o persino improprio) organo della federazione, al pari dei “giudici” interni a quella: nell’arbitrato svolto nel sistema della Camera, fondato sui “principi di terzietà, autonomia e indipendenza di giudizio” (art. 12 comma 8 Statuto C.O.N.I.), la federazione è (solo) parte e non (come invece avviene nei procedimenti interni, pur assistiti da garanzie procedurali) anche giudice. L’organo arbitrale istituito nel quadro della Camera svolge invece una funzione decisoria riferibile anche all’ordinamento generale: i poteri dell’arbitro si fondano su di una clausola compromissoria ex art. 806 cod. proc. civ. (la cui previsione determina – secondo i più recenti orientamenti della Corte di Cassazione: Cass. s.u., 3 agosto 2000 n. 527/SU; 1° febbraio 2001 n. 1403 – un difetto di giurisdizione dei giudici ordinari); il lodo ha natura rituale (ed è pertanto suscettibile di assumere efficacia esecutoria, ex art. 825 cod. proc. civ., anche per l’ordinamento “generale”). 2.5 In definitiva, dunque, oggetto di giudizio, in sede di impugnazione di una sanzione disciplinare, è non il provvedimento disciplinare in quanto atto, ma (come vogliono l’art. 3 comma 1 lett. c e l’art. 7 comma 2 del Regolamento) una controversia relativa alla volontà definitivamente manifestata dalla federazione. Tale controversia può riguardare l’applicazione delle norme così come l’apprezzamento dei fatti alla base del provvedimento in cui quella volontà si è espressa; sulla sua estensione e sulle modalità di sua risoluzione non influisce il numero di passaggi attraverso i quali quella volontà si è formata. La previsione di più gradi nel procedimento disciplinare, garanzia dei diritti dei soggetti coinvolti e, in definitiva, indice di “civiltà”, nonché una differenziazione nei ruoli e nei poteri degli organi in cui esso si svolge, non sono infatti idonei ad influire (salvo specifica limitazione stabilita nella clausola compromissoria) sulla ricostruzione dei poteri della Camera. Diversamente opinando, il sistema dei poteri della Camera, definito unitariamente dal Regolamento, finirebbe per “frantumarsi”, variando di volta in volta a seconda delle modalità (uno o più gradi) nelle quali si articola il procedimento disciplinare interno alla federazione sportiva coinvolta nello specifico caso. Il che appare contrario alla logica del sistema. 2.6 La soluzione affermata da questo Collegio arbitrale, si noti, è in linea con quanto si verifica nell’ordinamento sportivo internazionale (alla cui luce lo stesso Regolamento deve essere interpretato). Infatti, nel sistema del Tribunale arbitrale dello sport (T.A.S.), organismo permanente di arbitrato con sede a Losanna (Svizzera), al quale l’istituzione stessa della Camera si è ispirata, è principio riconosciuto (art. R57 del Codice di arbitrato in materia sportiva) ed applicato (per citare solo alcune pronunce: 23 maggio 1995, CAS 94/129, USA Shooting & Q.; 22 dicembre 1998, CAS 98/208, Wang Lu Na; 7 giugno 1999, CAS 98/211, Smith De Bruin; 19 ottobre 2000, CAS 2000/A/274, Susin), che l’organo arbitrale possa considerare – senza vincoli derivantigli dal procedimento disciplinare contestato – gli aspetti di fatto e di diritto della controversia e proprio a tal fine è dotato (assai significativamente) degli stessi mezzi (audizione delle parti, di testimoni e di esperti, esame del fascicolo disciplinare) di cui il Collegio arbitrale operante in seno alla Camera può avvalersi. 2.7 Alla luce di tale definizione dei poteri del Collegio arbitrale, ed in considerazione del fatto che essi non appaiono limitati dalla clausola compromissoria su cui i poteri di questo Collegio sono fondati, occorre ora esaminare le domande proposte dal Ferrigno, che non possono essere considerate inammissibili per il solo fatto che (e nella misura in cui) tendano ad un riesame del merito delle Decisioni Impugnate. 3. Sulla nullità/illegittimità delle Decisioni Impugnate per carenza di potere degli organi disciplinari sportivi 3.1 In un primo gruppo di osservazioni, il Ferrigno censura le Decisioni Impugnate e ne chiede l’annullamento (“nel merito e in via principale”) per essere intervenute a sanzionare un comportamento che ritiene sottratto alla valutazione degli organi disciplinari sportivi. Nella prospettazione del ricorrente, infatti, avrebbero rilevanza disciplinare unicamente i comportamenti rapportabili indissolubilmente (e quindi non in modo solo occasionale) allo sport; di converso sarebbero irrilevanti quei comportamenti che si svolgono in limiti spazio-temporali estranei all’attività agonistica, poiché l’assoggettamento al potere disciplinare non può estendersi al di là della fase di attuazione dell’obbligazione sportiva. Pertanto, avendo giudicato su di un rapporto inter-soggettivo non attinente alle materie proprie dell’ordinamento sportivo, il giudice della F.I.G.C. avrebbe emesso un provvedimento eccedente la sfera di attribuzioni riservata all’organo; e tale difetto di competenza comporterebbe la nullità del procedimento e della sanzione. 3.2 Tale tesi, per quanto sostenuta con passione dalla difesa del Ferrigno, non appare al Collegio condivisibile: a parere del Collegio, infatti, il vizio denunciato non sussiste, non potendosi ritenere che la valutazione dello specifico comportamento censurato al Ferrigno fosse sottratta, sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista processuale, al “potere” sportivo. 3.3 Il ricorrente sostiene che il comportamento (di natura extra-sportiva) addebitato al Ferrigno sarebbe sottratto alla “presa” materiale dell’ordinamento sportivo. Invero, a tale argomento si oppongono due considerazioni. La prima attiene, in conformità a quanto correttamente sottolineato dalla C.A.F., alle circostanze di tempo e di luogo in cui il comportamento addebitato al Ferrigno ha avuto luogo: “persona offesa” è un altro tesserato; il fatto è avvenuto all’interno di un impianto sportivo dopo una gara; durante quella gara tra il Ferrigno e il Bertolotti si era verificato “uno screzio”; il fatto è avvenuto allorché l’arbitro non aveva ancora lasciato il suo spogliatoio (come risulta dal rapporto steso dallo stesso direttore di gara, allegato al fascicolo del procedimento disciplinare acquisito agli atti di questo arbitrato). E di conseguenza appare chiaro come il comportamento addebitato al Ferrigno sia comunque ricollegabile ad una “vicenda” sportiva. La seconda attiene invece più in generale all’estensione materiale delle prescrizioni dettate dai regolamenti F.I.G.C. ed in particolare dell’art. 1 comma 1 C.G.S., la cui violazione è stata addebitata al Ferrigno. Tale disposizione, come è noto, pone l’obbligo per ogni tesserato (e quindi anche per il Ferrigno) di mantenere una “condotta conforme ai principi sportivi della lealtà, della probità e della rettitudine nonché della correttezza morale e materiale in ogni rapporto di natura agonistica, economica o sociale”. In ciò la disposizione esprime un’esigenza che corrisponde allo stesso fine educativo dello sport: la lealtà, la probità, la rettitudine, la correttezza sono valori che dovrebbero derivare dalla attività sportiva ai praticanti; e che i praticanti (e soprattutto gli sportivi di vertice, idonei ad essere additati come esempio) dovrebbero esprimere non solo nell’attività sportiva e nei rapporti con i colleghi, ma anche nella vita di relazione, a prescindere dai limiti spazio-temporali (non previsti dalla norma) in cui l’attività agonistica si svolge. Non si può ritenere, dunque, che con l’adozione di tale disposizione (e con la repressione delle sue violazioni) la federazione abbia ecceduto la sfera di competenza del sistema sportivo. 3.4 Il lamentato difetto di competenza non può essere rilevato neanche da un punto di vista processuale: una volta imputata ad un tesserato una condotta antiregolamentare, ben potevano gli organi disciplinari della F.I.G.C. giudicare sulla sua riconducibilità a fattispecie illecite secondo le regole applicabili. E quand’anche questi organi avessero ritenuto il comportamento addebitato al Ferrigno estraneo al mondo dello sport, le loro decisioni assolutorie avrebbe dovuto riguardare un punto di merito (il fatto non è illecito), e non comportare una declinatoria di giurisdizione. 4. Sulla nullità/inefficacia delle Decisioni Impugnate per assenza della preventiva previsione della fattispecie da parte delle norme F.I.G.C. 4.1 Il Ferrigno, in un secondo gruppo di osservazioni, censura la “nullità e inefficacia” delle Decisioni Impugnate “per essere stato il provvedimento assunto in assenza della preventiva previsione della fattispecie da parte del regolamento della federazione” e pertanto in violazione del principio “nulla poena sine lege”. L’art. 1 comma 1 C.G.S., la cui violazione è stata addebitata al Ferrigno, in quanto privo di sanzione specifica e determinata, non potrebbe costituire “il paradigma dell’illecito sportivo”. Tale disposizione si limiterebbe ad esprimere un principio generale, tradotto in una serie di disposizioni specifiche, cui lo stesso Codice ricollega altrettante specifiche sanzioni, ma che non avrebbe sfera applicativa autonoma e residuale. 4.2 Il Collegio arbitrale non condivide la censura svolta dal Ferrigno. A parere del Collegio arbitrale, infatti, l’art. 1 C.G.S. conserva una sfera applicativa propria, ancorché residuale rispetto a quella delle ulteriori previsioni dello stesso C.G.S. La sanzione fondata sulla sua violazione non può pertanto essere considerata nulla e/o illegittima. 4.3 In primo luogo, la norma non può essere ritenuta inapplicabile in quanto (ritenuta) priva di sanzione. Questa, infatti, è indicata dall’art. 9 comma 1 C.G.S., il quale determina le sanzioni a carico di dirigenti, soci e tesserati responsabili della violazione delle norme federali, e perciò anche dell’art. 1 comma 1 C.G.S. Ed in effetti al Ferrigno è stata inflitta la sanzione (squalifica a tempo determinato) prevista alla lett. h) di tale articolo. 4.4 In secondo luogo, la (apparente) indeterminatezza dei comportamenti vietati dall’art. 1 comma 1 C.G.S. non comporta la inapplicabilità dello stesso per asserito contrasto con il principio di legalità delle pene. Infatti, la previsione di una norma che descrive in termini assai generali il comportamento doveroso dell’atleta (e per la cui violazione si ritiene applicabile una sanzione indentificabile solo attraverso il riferimento a disposizioni generali), se può apparire criticabile nell’ottica dell’ordinamento statale, improntato a severe esigenze di certezza del diritto e di tipicizzazione degli illeciti penali (art. 25 Cost.), trova comunque piena giustificazione nell’ambito dell’ordinamento sportivo, in cui manifestano dignità preminente, tra le altre, le esigenze di semplicità (e sinteticità) dei regolamenti e di adeguamento della sanzione al caso giudicato: risultato ottenibile anche attraverso la previsione e la sanzione di “clausole generali”. Ed in effetti l’attribuzione agli organi disciplinari sportivi del potere di valutare di volta in volta la sussistenza di una violazione del precetto generale, adeguando la sanzione alla specifica circostanza, è stata ritenuta legittima dai giudici dello Stato. Il Consiglio di Stato (sez. VI), nella sentenza 20 dicembre 1993 n. 996 (in Cons. Stato, 1993, I, 1661 ss.), ha infatti rilevato, senza censurare, la circostanza che “[n]ell’ambito della giustizia sportiva, il procedimento disciplinare … non sempre prende le mosse dalla commissione di un illecito astrattamente predeterminato dalle norme sostanziali, che si limitano, in alcuni casi, a descrivere genericamente il comportamento dovuto o vietato e rimettono al giudice sportivo il potere di individuare, in concreto, in una certa condotta, la commissione dell’illecito”. 4.5 Né in contrario possono essere invocati (come fa il ricorrente a p. 29 dell’Istanza di Arbitrato) principi di diritto del lavoro, i quali, anzi, confermano come la sanzione disciplinare possa essere adottata nei confronti del lavoratore pur in assenza di una specifica qualificazione come illecito, nel rilevante codice disciplinare, del comportamento addebitato, allorché quel comportamento si ponga in contrasto con l’etica comune o con doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione (tra le molte: Cass., sez. lav., 16 maggio 2001 n. 6737; 21 novembre 2000 n. 14997; 20 ottobre 2000 n. 13906; 27 marzo 1999 n. 2954; 26 giugno 1998 n. 6352; 23 febbraio 1996 n. 1434; 18 febbraio 1995 n. 1747). 5. Sulla responsabilità del Ferrigno e la misura della sanzione 5.1 Il Ferrigno, nel terzo ed ultimo gruppo di censure, lamenta che nella determinazione della sanzione non si sarebbero applicati “giusti parametri” (ed in particolare il “diritto a un equo processo”; il “principio della giusta individuazione delle norme e delle sanzioni”; il “principio di ‘proporzionalità’ delle sanzioni”; il “principio di ‘terzietà’ del giudice”), ma soprattutto che non si sia in alcun modo tenuto conto dei precedenti, che, “in casi analoghi e anche più gravi”, avrebbero portato a squalifiche molto più lievi di quella inflittagli. Sotto altri profili, infine, il Ferrigno censura le Decisioni Impugnate per “diversità tra quanto contenuto nella contestazione degli addebiti e nella sanzione disciplinare irrogata”; per “aver giudicato in base a presunzioni che però non sono forme di prova valide per l’ordinamento” sportivo; per essere state influenzate dalle notizie della stampa e dell’opinione pubblica; nonché per aver “valutato solo l’effetto finale dell’episodio”, mentre “la sussistenza dell’intenzionalità deve essere valutata al momento dell’inizio dell’azione non in base al ‘risultato’ della stessa”. Pertanto, il Ferrigno chiede al Collegio di “drasticamente ridurre la sanzione disciplinare, - o comunque ritenerla già ampiamente scontata” applicando i criteri che indica come corretti: l’effettivo accadimento dei fatti; l’assenza di precedenti da parte del calciatore; le decisioni assunte dalla C.A.F. in casi simili e in sede di conciliazione avanti il conciliatore del C.O.N.I.; l’ingente danno subito; nonché “i principi dettati in materia”. 5.2 Il Ferrigno, dunque, allega in primo luogo una violazione del suo diritto ad un equo processo. A sostegno di tale censura il ricorrente non indica, peraltro, le circostanze specifiche in cui tale lesione si sarebbe realizzata, se non, genericamente, invocando il mancato rispetto del principio della terzietà del giudice rispetto alle parti, ovvero la circostanza dell’essere stati gli organi giudicanti della F.I.G.C. influenzati dai commenti della stampa e dalla pressione dell’opinione pubblica. Tale censura non merita accoglimento. Il Collegio, infatti, rileva, da un lato, che la concreta violazione dei diritti della difesa deve essere provata in relazione alle circostanze specifiche in cui si sarebbe realizzata (il che non è avvenuto); dall’altro lato, e soprattutto, il Collegio sottolinea che lo svolgimento del presente arbitrato ha offerto un rimedio sostanziale per eventuali vizi del procedimento disciplinare (anche ammettendone, ma non concedendone, l’esistenza). I poteri esercitabili da questo Collegio (come specificato al par. 2 che precede), infatti, consentono una integrale revisione, su domanda della parte, anche del merito delle decisioni adottate dagli organi disciplinari della F.I.G.C., tanto da consentire un pieno esercizio da parte del ricorrente della facoltà di far valere i propri diritti; e nel presente arbitrato, svoltosi in un clima sereno ed esente da ogni genere di pressione, si è certamente assicurato il rispetto dei principi di garanzia del contraddittorio, di terzietà del giudice e, più in generale, del giusto processo. 5.3 Il Ferrigno, poi, allega una censura di carattere procedurale, ma comunque idonea ad incidere sull’accertamento della sua responsabilità e sulla determinazione della sanzione. Il ricorrente sostiene, infatti, che vi sia una diversità tra quanto contestatogli nel deferimento e quanto posto alla base delle Decisioni Impugnate: mentre gli era addebitata una condotta antiregolamentare, la sanzione disciplinare sarebbe stata assunta sulla base delle conseguenze di essa. Il Collegio arbitrale non condivide la censura e ritiene che le Decisioni Impugnate siano esenti dal vizio lamentato. L’atto di deferimento del 28 novembre 2000 (doc. 1 del fascicolo del procedimento di conciliazione, acquisito agli atti dell’arbitrato su istanza del Ferrigno), infatti, contesta al Ferrigno, quale condotta antiregolamentare contrastante con l’art. 1 comma 1 C.G.S., l’aver aggredito il Bertolotti sferrandogli un pugno che causava gravi lesioni cerebrali. In altre parole, l’azione (pugno) ed evento (lesione) erano ritenute costitutive, allo stesso modo, della fattispecie oggetto di deferimento. Gli organi di giustizia sportiva, dunque, per aver tenuto conto delle conseguenze dell’azione, comunque “presenti” nel giudizio a seguito del deferimento, non hanno violato alcun principio di carattere procedurale. 5.4 Il ricorrente allega, infine, una serie di censure, direttamente ricollegabili al merito delle Decisioni Impugnate, per non aver queste debitamente tenuto conto di corretti criteri di valutazione, sia al momento della determinazione della sussistenza di una sua responsabilità, sia in ordine alla fissazione della misura della sanzione. Quanto alla responsabilità del Ferrigno per i fatti addebitatigli, il Collegio nota, invero, che gli organi disciplinari della F.I.G.C., lungi dall’aver giudicato sulla base di semplici presunzioni (che, non si capisce per quale motivo, dovrebbero essere estranee all’ordinamento sportivo), hanno fondato le proprie decisioni sulle risultanze di un’accurata attività investigativa ed istruttoria, ed in particolare sulle testimonianze delle persone che risultavano presenti all’avvenimento. Inoltre, sono state considerate le dichiarazioni rese dai testi introdotti dalla difesa del Ferrigno, ritenute peraltro, con adeguata motivazione, inidonee a scalfire il convincimento raggiunto circa le modalità di svolgimento dei fatti. E tale convincimento va confermato anche in questa sede arbitrale, sulla base dell’esame del fascicolo disciplinare acquisito agli atti, le cui risultanze confermano come fondate in fatto ed in diritto le conclusioni formulate in punto di responsabilità degli organi giudicanti della F.I.G.C. Ed infatti, sotto il profilo del diritto, un pugno sferrato “di sorpresa” e “per offesa” ad un collega, che causa a questo gravi lesioni cerebrali, costituisce certa violazione dei principi (di lealtà e correttezza) espressi dall’art. 1 comma 1 C.G.S. Quanto alla misura della sanzione, applicabile in conseguenza della ritenuta responsabilità per violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., il Collegio nota che i criteri di sua determinazione sono fissati dall’art. 9 comma 1 C.G.S., il quale prevede che i tesserati, responsabili della violazione delle norme vigenti, sia punibili “secondo la natura e la gravità dei fatti commessi”. Natura e gravità dell’illecito sono dunque criteri-guida ai fini della determinazione della sanzione. E gli organi disciplinari della F.I.G.C. appaiono averli correttamente applicati. La natura dei fatti, oggetto di forte riprovazione da parte dell’ordinamento giuridico e della coscienza sociale, è stata adeguatamente considerata dalla C.A.F., a parere della quale “si è trattato di aggressione proditoria, al di fuori del furore agonistico, con gravi conseguenze”. Il grado elevato della gravità dei fatti è poi indubitabile. Si considerino, a tal proposito, le risultanze della “Perizia medico-legale e neurochirurgica sulla persona di Francesco Bertolotti” compiuta dai dott. Lazzaro e Dibello su richiesta del GIP del Tribunale di Como (doc. 8 per la F.I.G.C.), in cui (p. 15 ss.) si sottolinea che: “L’intero complesso lesivo … è frutto sia di trauma diretto che indiretto. In particolare il meccanismo di produzione consiste in un colpo violento inferto al viso, vale a dire l’applicazione di una forza meccanica improvvisa e violenta diretta contro una struttura rigida (mandibola) con successiva comparsa di frattura per il superamento della soglia di resistenza di tali strutture ossee. In accordo con i dati anamnestico-circostanziali, i mezzi utilizzati per la produzione di tali lesioni appaiono compatibili con un pugno sferrato all’improvviso e con violenza contro il viso del Sig. Bertolotti. Tale pugno ha determinato la frattura dell’angolo mandibolare destro, cui ha fatto seguito immediata perdita di coscienza e caduta successiva su una struttura rigida (pavimento), con frattura cranica, ematoma extradurale e sottodurale, focolai lacero-contusivi, proprio sotto la sede della frattura. [Sottolineatura aggiunta] (...) La genesi del trauma interessante il complesso lesivo encefalico che ha colpito il Sig. Bertolotti è da ricondursi in sintesi ad una aggressione con un pugno contro il viso e specificatamente la mandibola. (...) L’assenza di lesioni di afferramento, escoriazioni ed ecchimosi, oltre a quelle uniche lesioni ecchimotiche riscontrate e sopradescritte al capo, in altri distretti corporei indica che non si è verificata alcuna colluttazione tra il Sig. Bertolotti e l’aggressore. Così come l’assenza di lesioni contusive negli altri distretti corporei rende sempre più probabile l’ipotesi di un unico colpo diretto contro il viso responsabile dell’intero complesso lesivo cranio-encefalico. (...) Si tratta di un unico colpo inferto all’improvviso e quindi con ‘effetto sorpresa’ che momentaneamente mette a disagio il soggetto aggredito ma che può, se inferto con particolare violenza, provocare perdita transitoria di coscienza del soggetto aggredito con comparsa di ulteriori lesioni da impatto al suolo. Nel caso specifico si ribadisce che non vi sono lesioni indicative di colluttazione, in altre parole l’aggredito non si è difeso, ma in seguito al colpo violento ha subito perdita di coscienza con rovinosa caduta a terra. Tale caduta sarebbe stata meno drammatica se il soggetto avesse potuto mettere in atto dei meccanismi di difesa, principalmente basati sul movimento degli arti allo scopo di attenutare l’impatto e le sue conseguenze. Tutto ciò nel caso specifico non si è verificato perché il soggetto non ha potuto mettere in atto tali meccanismi a causa di perdita di coscienza”. In altre parole, i consulenti del giudice di Como hanno sottolineato come al Bertolotti sia stato inferto a sorpresa un pugno, il quale ha determinato la frattura della mandibola, la perdita dei sensi e quindi la rovinosa caduta a terra con impatto al suolo. Il Bertolotti, dunque, non è svenuto “per la sorpresa” come sostenuto dal ricorrente, né è “caduto a terra per la rapidità del pugno” (p. 4 delle “Note conclusionali e riassuntive”): il Bertolotti è svenuto e caduto a terra a corpo morto per la violenza del pugno sferratogli a sorpresa. Con tale rilevazione non è in contrasto, come invece vorrebbe il ricorrente, la circostanza che all’indomani degli avvenimenti si sia accertata (come risulta dalla “Relazione di ispezione personale su Francesco Bertolotti” compiuta dal dott. Tricomi, su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica di Como, allegata alle “Note di replica alla Comparsa di Costituzione della F.I.G.C.” depositate dal Ferrigno all’udienza del 9 gennaio 2002) solo l’esistenza di una “piccola abrasione di cm 0,5-0,6 all’emimandibola destra …, di colore rosso-violaceo, circondata da tenue alone rossastro presente all’atto del ricovero”. L’estensore della Relazione sottolinea, infatti, in accordo con il consulente tecnico di parte nominato dal Ferrigno, che la scarsità di lesioni esterne “può essere giustificata dalle caratteristiche anatomiche dei tessuti molli e muscolari del collo”, che avrebbero favorito l’assorbimento dell’ematoma, nonché dalle caratteristiche del pugno, inferto con direzione dal basso verso l’alto: “questo genere di impatto giustificherebbe appieno sia gli scarsi elementi obiettivabili all’esterno, sia la frattura dell’emimandibola e la notevole efficacia del colpo stesso” (p. 7-8 della Relazione). Infatti, a parere del dott. Tricomi, la frattura dell’emimandibola destra è riconducibile all’unico pugno inferto al Bertolotti e certamente né rappresenta un’irradiazione di quella dell’osso temporale (prodottasi all’atto della caduta), né è antecedente, anche di pochi minuti, all’episodio addebitato al Ferrigno (p. 7 della Relazione). Alla luce di quanto precede, appare adeguata, in considerazione della gravità del fatto commesso, la misura della sanzione, pari a circa i 3/5 del massimo irrogabile (ai sensi dell’art. 9 comma 2 C.G.S.). Anche sotto il profilo della misura della sanzione, dunque, le Decisioni Impugnate appaiono corrette: tale misura è stata, infatti, determinata considerando “natura, tempo e luogo dell’azione, gravità del danno”, e non si pongono in contrasto con i precedenti invocati dal Ferrigno, all’evidenza riferiti a fatti ben diversi da quelli addebitatigli. Inoltre, a parere del Collegio, correttamente gli organi disciplinari della F.I.G.C., nel graduare la pena sulla base del criterio della “gravità” del fatto commesso, hanno tenuto conto delle conseguenze dell’azione: in primo luogo, perché il comportamento antiregolamentare imputato ed addebitato al Ferrigno consisteva non nell’aver sferrato un pugno tout court, ma nell’aver sferrato un pugno che causava gravi danni cerebrali; in secondo luogo, perché tale rilievo è conforme a fattispecie di diritto penale sostanziale (ed in particolare agli art. 582 e 583 cod. pen.), in cui la pena è graduata sulla base della sola considerazione delle diverse conseguenze della stessa azione, commessa a parità di elemento psicologico; ed in terzo luogo, perché, non considerando le conseguenze dell’azione, si dovrebbe concludere, in contrasto con le esigenze di coerenza, razionalità e proporzionalità insite in ogni sistema sanzionatorio, che il pugno che non provoca danni debba essere punito con la stessa pena con cui sarebbe punito il pugno che cagiona gravi lesioni. Alla luce di quanto precede, pertanto, le Decisioni Impugnate vanno confermate. 5.5 Per effetto della conferma delle Decisioni Impugnate, devono essere ritenute assorbite, e quindi superate, le istanze istruttorie formulate in atti dalla F.I.G.C., e ciò a prescindere dalla considerazione della loro ammissibilità, che comunque sarebbe apparsa dubbia, quanto meno nella parte in cui con esse la resistente intendeva provare un preteso carattere violento del Ferrigno. 6. Sulla domanda di risarcimento del danno 6.1 Accanto alle domande, proposte in via gradata in relazione ai vizi dedotti, di annullamento delle Decisioni Impugnate, il Ferrigno ha svolto in arbitrato anche una domanda di risarcimento dei danni. 6.2 Tale domanda, alla luce delle conclusioni raggiunte nei paragrafi che precedono, non può essere accolta. A prescindere dalla rilevazione della povertà di elementi probatori offerti dal Ferrigno al fine della individuazione e della quantificazione del danno che pretende di aver sofferto, al Collegio appare insussistente il requisito della antigiuridicità del comportamento (identificato nell’adozione delle Decisioni Impugnate) addebitato alla F.I.G.C.: il danno che il Ferrigno abbia subito in conseguenza della sanzione inflittagli non può, ad avviso del Collegio, essere ritenuto ingiusto. C. Sulle spese Omissis P.Q.M. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, così statuisce: 1. Le domande proposte da Massimiliano Ferrigno sono respinte. 2. La decisione della Corte d’Appello Federale Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) pronunciata il 29 marzo 2001 (C.U. n. 25/C) e notificata l’8 giugno 2001, confermativa della decisione della Commissione Disciplinare della Lega Professionisti Serie C del 31 gennaio 2001 (C.U. n. 135/C), è confermata. 3. Dichiara assorbita ogni istanza istruttoria formulata in atti dalle parti. 4. Omissis Prof. Avv. Luigi Fumagalli Dott. Sergio Gaddi Avv. Tito Lucrezio Milella
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