CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 16/9/2003 TRA Avvocati Ettore Petrucci e Gianfranco Tobia., e Federazione Italiana Pallacanestro
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
LODO ARBITRALE DEL 16/9/2003 TRA Avvocati Ettore Petrucci e Gianfranco Tobia., e Federazione Italiana Pallacanestro
Il Collegio Arbitrale, composto da
1) dott. Renato Papa in qualità di Presidente del Collegio
nominato dal Presidente della Camera ai
sensi dell’art. 13.2. del Regolamento
2) Prof. Avv. Massimo Zaccheo in qualità di Arbitro nominato dagli avv.ti
Petrucci e Tobia ai sensi dell’art. 11 del
Regolamento
3) Dott. Giovanni Ariolli in qualità di Arbitro nominato dalla
Federazione Italiana Pallacanestro ai sensi
dell’art. 11 del Regolamento
istituito per la risoluzione della controversia insorta tra
Avvocati Ettore Petrucci e Gianfranco Tobia, che si difendono personalmente ex art. 86 CPP,
entrambi elettivamente domiciliati in Roma, Viale G. Mazzini 11 presso lo studio dell’Avv. Tobia
attori
contro
Federazione Italiana Pallacanestro, in persona del Presidente e legale rappresentante Sig, Fausto Maifredi, con sede in Roma, Viale Vitorchiano, 113, domiciliato in Roma, Viale delle Melizie n. 106 presso lo studio dell’Avv. Prof. Guido Valori, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente dall’ Avv. Paola M.A. Vaccaro come da Procura rilasciata a margine della memoria ex art. 9 del regolamento della Camera;
convenuta
riunito in conferenza personale in data 16 settembre 2003, in Roma, ha deliberato il seguente
LODO ARBITRALE
Con istanza di arbitrato depositata presso la segreteria di questa Camera in data 8 luglio 2003, gli avvocati Ettore Petrucci e Gianfranco Tobia, premesso che:
- avevano svolto le funzioni di membri del collegio arbitrale della Federazione Italiana Pallacanestro per la risoluzione della controversia insorta tra il giocatore Alessandro De Pol e la Società Fortitudo Pallacanestro di Bologna;
-
- che il detto collegio aveva emesso il lodo in data 18 giugno 2002 e che tale lodo era stato ratificato dalla Commissione Vertenze Arbitrali della FIP nella seduta del 4 luglio 2002;
- che non avendo la società adempiuto a quanto disposto dal lodo arbitrale nei termini assegnati, il Consiglio Federale, nella seduta del 28 settembre 2002, aveva dichiarato lo stato di morosità della società preanunciando l’applicazione dell’art. 125 Regolamento Organico che prevede la revoca della affiliazione e la esclusione dai campionati;
- che anche a seguito di tale delibera la società non aveva provveduto al pagamento di quanto dovuto;
- che la società aveva raggiunto un accordo transattivo con il giocatore De Pol e aveva provveduto al pagamento dei compensi liquidati ai difensori del giocatore;
- che la società aveva successivamente impugnato il lodo avanti al Tribunale di Bologna, Sezione lavoro, senza rispettare la condizione del previo pagamento dei compensi al collegio arbitrale, imposta dal Consiglio Federale con la delibera che aveva autorizzato l’impugnazione stessa;
- che a causa di ciò il Procuratore Federale della FIP aveva disposto il deferimento al Giudice Sportivo Nazionale del legale rappresentante della Fortitudo Bologna;
- che con delibera del 30 maggio 2003 il Consiglio Federale aveva modificato la parte del lodo relativa alla liquidazione delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale, effettuata sulla base della tariffa approvata in data 11 novembre 2000, applicando invece le nuove tariffe approvata dallo stesso Consiglio in data 14 dicembre 2002 e quindi in epoca abbondantemente successiva alla ratifica del lodo.
Tutto ciò premesso gli istanti osservavano che la delibera del Consiglio Federale del 30 maggio 2003 deve ritenersi macroscopicamente viziata sotto molteplici aspetti in quanto:
- a norma dell’art. 170 del Regolamento Organico l’unico organo legittimato ad intervenire sui lodi arbitrali è la Commissione Vertenze Arbitrali che ha il potere di rinviare gli atti al presidente del collegio quando ritenga che il collegio stesso “abbia deliberato oltre le richieste delle parti o sulla base di atti o comportamenti in contrasto con i regolamenti federali”;
- la Commissione Vertenze Arbitrali aveva ratificato il lodo (senza che peraltro la società soccombente impugnasse tale decisione);
- le motivazioni addotte dal Consiglio Federale sono in contrasto con il principio della non retroattività delle leggi (sancito dall’art. 11 delle Preleggi);
- nella stessa delibera del 30 maggio 2003 vi è un implicito riconoscimento della illegittimità delle decisioni assunte in quanto si fa riferimento alle garanzie pretese dalla FIP nei confronti della Lega Basket e della società Fortitudo in ordine ad eventuali azioni risarcitorie dei componenti del Collegio Arbitrale conseguenti all’assunzione della delibera stessa;
Conseguentemente gli istanti avanzavano a questa Camera le seguenti domande:
1 dichiarare se rienti fra i poteri del Consiglio Federale quello di modificare un lodo arbitrale ratificato dalla Commissione Vertenze Arbitrali;
2 dichiarare se le norme regolamentari della FIP attribuiscano ad organi federali il potere di modificare decisioni di merito assunte da un collegio arbitrale;
3 dichiarare se un lodo arbitrale ratificato possa essere modificato da organi federali;
4 dichiarare se le tariffe arbitrali approvate in data 14 dicembre 2002 possano essere applicate per un lodo emesso in data 18 giugno 2002;
5 dichiarare se la delibera del 30 maggio 2003 risulti conforme ai principi di diritto e alla vigente normativa federale;
6 fornire indicazioni alla FIP per ripristinare la situazione di diritto disapplicando le tariffe approvate il 14 dicembre 2002;
7 fornire indicazioni alla FIP per revocare la delibera del 30 maggio 2003 e rendere esecutiva la delibera del Consiglio Federale del 28 settembre 2002, anche ai fini e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 125 Reg. Org.;
8-9 porre a carico della FIP tutti gli oneri economici (diritti, spese, compensi di difesa e di funzionamento del collegio arbitrale) della presente controversia, compresi quelli della precedente fase conciliativa.
Gli istanti nominavano arbitro di parte il Prof. Avv. Massimo Zaccheo.
La convenuta Federazione Italiana Pallacanestro depositava in data 22 luglio 2003 la propria risposta con la quale chiedeva, in via gradata, che questa Camera dichiarasse;
- la improcedibilità o inammissibilità della domanda;
- la integrazione ovvero la estensione del contraddittorio nei confronti della Fortitudo Pallaca-
nestro;
- il rigetto della domanda.
A sostegno della propria tesi la FIP esponeva le seguenti considerazioni.
Quanto alla eccezione di improcedibilità o inammissibilità delle domande, osservava che gli avvocati Petrucci e Tobia difettano della qualifica di tesserati, indispensabile per la legittimazione ad adire la Camera, in quanto l’art. 166 Reg. Org. equipara i componenti dei collegi arbitrali ai dirigenti federali solo “per il periodo di durata del lodo”. La mancanza di tale qualifica comporta il difetto di patto compromissorio tra gli istanti e la FIP, con conseguente difetto di competenza della Camera
Mancherebbe inoltre, secondo la convenuta federazione, in capo agli istanti un concreto interesse rispetto alla pronuncia richiesta in quanto la revoca della affiliazione della Società Fortitudo non avrebbe alcun effetto – positivo o negativo – nella sfera giuridica dei ricorrenti. Rispetto all’interesse che sta alla base della domanda avanzata dagli avvocati Petrucci e Tobia (ottenere i compensi quali componenti del collegio arbitrale nella misura liquidata nel lodo) non corrisponde, ad avviso di parte convenuta, una posizione di segno opposto in capo alla FIP (che è estranea all’obbligo di corrispondere i compensi medesimi). Mancherebbe quindi l’interesse ad agire degli istanti dal momento che oggetto della loro domanda è quello di ottenere una pronuncia che incide esclusivamente sul piano sportivo. In efffetti, si aggiunge, con la delibera del 30 maggio 2003 il Consiglio Federale non ha in alcun modo modificato il lodo ma ha emesso un provvedimento che agisce solo sul piano sportivo. La FIP non nega agli istanti la possibilità di recuperare le somme liquidate nel lodo.
La FIP eccepiva inoltre il difetto assoluto di competenza e/o giuridizione di questa Camera affermando che manca nel caso in esame il requisito della “ compromettibilità in arbitri della questione”.
Si sostiene nella comparsa di risposta che “è un dato incontestabile che la Camera… non abbia la caratteristiche di organo di controllo delle Federazioni sportive né abbia tra i compiti ad essa attribuiti quello di esercitare il controllo sulle Federazioni sportive, né può essere ritenuto un organo di indirizzo, non avendo peraltro i connotati dell’organo politico”. “Gli atti di amministrazione sportiva diretta espressione di una potestà di imperio e di organizzazione delle federazioni sportive sono sottratti alla cognizione dei Collegi Arbitrali e alla stessa cognizione dei Giudici Ordinari”. “I provvedimenti di ammissione alle competizioni sportive sono caratterizzati dall’assere espressione del potere, di carattere discrezionale, delle federazioni che operano in tali casi quali soggetti di diritto pubblico”
Quanto alla integrazione del contradditorio, osservava la parte convenuta che non è possibile che un giudizio che verte sulla revoca della affiliazione della società, per asserite inadempienze ai regolamenti federali, e che comporta la sua eventuale esclusione dalla partecipazione ai campionati federali sia condotto in assenza dell’unico soggetto titolare di un interesse concreto ed attuale, ossia la società.
La FIP nominava arbitro di parte il Dott. Giovanni Ariolli.
In data 25 luglio 2003 gli avvocati Petrucci e Tobia, preso atto che la FIP si era costituita in giudizio con l’assistenza degli avvocati Guido Valori e Paola M.A. Vaccaro, depositavano un atto con il quale dichiaravano di sollevare eccezione preliminare di inammissibilità della partecipazione al giudizio in qualità di difensore dell’Avv. Guido Valori giacchè lo stesso ricopre la carica di Procuratore Federale in senso alla FIP.
All’udienza del 29 luglio 2003, previa costituzione del collegio arbitrale, comparivano per gli istanti l’Avv. Gianfranco Tobia assistito dal Dott. Mario Tobia e per la parte convenuta il Dott. Paolo Troncarelli e il Dott. Massimo Blasetti, rispettivamente vice presidente e segretario generale della FIP, assistiti dagli avvocati Guido Valori e Paola Vaccaro.
Dopo che i difensori avevano illustrato le rispettive tesi e dopo l’assunzione dell’interrogatorio libero delle parti, il collegio, riservato ogni provvedimento in ordine alle eccezioni preliminari, fissava l’udienza del 16 settembre 2003 per la discussione, assegnando alle parti termine fino al giorno 11 settembre 2003 per il deposito di memoria.
Nell’udienza del 16 settembre 2003, comparivano personalmente gli istanti avvocati Petrucci e Tobia. Comparivano altresì gli avvocati Valori e Vaccaro per conto della Federazione Italiana Pallacanestro.
In detta udienza l’Avv. Petrucci, su richiesta del Presidente di questo collegio, precisava le conclusioni per gli istanti significando che quanto indicato ai punti da 1 a 5 dell’atto introduttivo doveva assumere il valore di “causa petendi”, mentre il “petitum” doveva essere individuato in quanto esposto ai punti 6 e 7 dell’atto introduttivo medesimo e insisteva per una pronunzia che dichiarasse la illegittimità delle delibere della FIP in discorso e imponesse alla stessa FIP di riaffermare i principi di legittimità espressi dal suo ordinamento
Compariva inoltre l’avv. Renato Palumbi, legale rappresentante della Fortitudo Pallacanestro SRL di Bologna il quale aveva depositata, in data 9 settembre 2003, una comparsa di intervento con la quale chiedeva la reiezione delle damande formulate dai ricorrenti.
Avverso il dispiegato intervento si opponevano gli istanti Avvocati Petrucci e Tobia i quali osservavano tra l’altro che il preteso interveniente non aveva prodotto la delibera della società Fortitudo che avrebbe dovuto autorizzare l’Avv. Palumbi a stare in giudizio e non aveva versato la somma dovuta a titolo di diritti amministrativi. La convenuta FIP chiedeva l’ammissione dell’intervento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va in primo luogo dichiarata la inammissibilità dell’intervento della Società Fortitudo Pallacanestro S.R.L. Senza necessità di affrontare le restanti questioni sollevate dalle parti, è sufficiente rilevare che la parte interveniente non ha prodotto alcun documento che provi la legittimazione dell’Avv. Renato Palumbi a stare in giudizio per conto della detta Società. Invero, in presenza della eccezione di parte volta a negare l’esistenza della legittimazione in capo alla persona fisica che si presenta quale legale rappresentante, munito del potere di stare in giudizio per conto della società rappresentata (nella specie una SRL), l’onere di fornire la prova della esistenza delle condizioni sulle quali la legittimazione stessa si fonda grava su chi detta legittimazione assume di possedere.
Passando alla controversia fra le parti, va affrontata per prima la eccezione della FIP concernente il difetto dei presupposti soggettivi in capo agli Avvocati Petrucci e Tobia per essere gli stessi privi della qualifica di tesserati, condizione questa indispensabile per la legittimazione a partecipare al procedimento arbitrale, come statuito degli artt. 3 e seguenti del Regolamento della Camera.
Osserva parte convenuta che l’art. 166 del Regolamento Organico equipara i componenti del collegio arbitrale ai dirigenti federali “per il periodo di durata del lodo”, con la conseguenza che una volta depositato il lodo medesimo tale equiparazione viene a cessare.
A sostegno di siffatta tesi osserva la FIP che fondamento della norma citata è quello di garantire che i componenti del collegio arbitrale svolgano il mandato ricevuto “secondo le regole di correttezza”,avendo rilevanza la norma stessa esclusivamente sotto il profilo sanzionatorio-disciplinare. Ed invero, aggiunge la FIP, “l’unica sanzione comminabile per l’unica infrazione realizzabile è la inibizione temporanea o definitiva a successive nomine, applicata peraltro dal Presidente Federale e non dagli Organi di Giustizia”.
Rileva inoltre la FIP, nella memoria conclusiva dell’11 settembre 2003, che la assunzione temporalmente limitata della qualifica di dirigenti federali non parifica i membri del collegio arbitrale ai tesserati con la conseguenza che gli stessi non sono sottoposti al vincolo di giustizia per cui l’azione degli odierni istanti deve essere dichiarata improcedibile o inammissibile e comunque rigettata per mancanza dell’ulteriore presupposto: il difetto assoluto, appunto, di patto compromissorio.
Aggiunge la FIP che l’azione è, per altro verso, inammissibile perché non è stato esperito alcun grado di giustizia interna (in particolare non è stato proposto ricorso alla Commissione Giudicante Nazionale).
La tesi sostenuta dalla FIP non può essere accolta.
E’ irragionevole pensare che la disposizione di cui all’art. 166 Reg. Org. sia stata dettata solo per imporre abblighi agli arbitri e sanzionare i loro eventuali comportamenti censurabili, senza allo stesso tempo apprestare una situazione di tutela in loro favore.
Dal complesso delle regole che disciplinano lo sport nel nostro paese discende, come principio generale dell’intero ordinamento sportivo, la regola della autonomia della “giurisdizione” interna rispetto a quella generale dello Stato.
Ciò deriva in maniera inequivoca della generale previsione, in seno alle norme che disciplinano la vita delle singole federazioni sportive, della clausola compromissoria.
Non a caso un giurista di indiscusso valore come Santi Romano, enunciando il concetto della pluralità degli ordinamenti, citava come primo e più pregnante esempio a dimostrazione della esattezza della sua concezione proprio quella dell’ordinamento sportivo.
Applicando il detto principio generale, deve escludersi che le norme che regolano la vita delle federazioni sportive possano essere interpretate nel senso che esse consentano che non tutte le controversie che sorgono all’interno della attività federale possano trovare soluzione nell’ambito dell’ordinamento sportivo ma che, per contro, ve ne siano alcune che debbano essere risolte esclusivamente dall’intervento “esterno” della giustizia ordinaria.
Il richiamato principio generale impone invece che qualsiasi tipo di controversia attinente alla vita federale deve trovare una risposta di giustizia all’interno dell’ordinamento sportivo.
Tale affermazione non è in contrasto con il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, e indirettamente rinvenibile nello stesso statuto del CONI (art. 23, comma 1), che prevede l’intervento della giurisdizione statale in quelle vicende nelle quali è individuabile nell’attività delle federazioni sportive (“associazioni con personalità giuridica di diritto privato” a norma dell’art. 15, comma 2 del D. Legislativo 23 luglio 1999 n. 242) la presenza di profili pubblicistici. Si tratta, come è noto, di aspetti della vita dello sport (affiliazione, tutela sanitaria, assicurativa e previdenziale degli atleti, prevenzione e repressione del doping, ecc…) che nulla hanno a che vedere con il tipo di controversia che forma oggetto del presente lodo.
Peraltro, non è inutile sottolineare che la tutela statuale si aggiunge a quella che ogni interessato può richiedere all’interno dell’ordinamento sportivo ma di certo non la esclude.
Sulla base delle superiori considerazioni deve quindi affermarsi che la disposizione dell’art. 166 Reg. Org. della FIP, secondo cui i componenti dei collegi arbitrali rivestono la qualifica di dirigenti federali per la durata del lodo, è stata voluta dal legislatore sportivo non solo per apprestare sanzioni nei confronti di tali soggetti ma anche per predisporre nei loro confronti una adeguata tutela.
A titolo di esempio può farsi riferimento al caso di un componente del collegio arbitrale che, nell’adempimento del suo mandato, sia fatto oggetto di espressioni ingiuriose da parte di un tesserato; l’arbitro non avrà necessità di rivolgersi alla giustizia ordinaria ma potrà trovare tutela nella attivazione di un procedimento disciplinare all’interno della federazione sportiva.
Ciò premesso, va affrontato il problema della interpretazione della espressione “per la durata del lodo”.
Va subito osservato che l’espressione, sotto il profilo letterale, è certamente inesatta essendo il lodo il provvedimento (sostitutivo della sentenza emessa nel rito ordinario) con il quale si conclude il procedimento arbitrale. E’ chiaro quindi che l’espressione deve leggersi “per la durata del procedimento arbitrale”.
Ciò stante, non può condividersi la tesi sostenuta da parte convenuta secondo la quale (con argomentazioni peraltro di per se pregevoli), si fa riferimento alle norme del codice di procedura civile e alla opinione di un illustre processualista, per giungere alla conclusione che il “lodo” (procedimento) finisce, al più, con la ratifica della Commissione Vertenze Federali.
Tale soluzione, invero, si pone in contrasto con il principio di completezza interna dell’ordinamento sportivo sopra enunciato.
Se, come si è detto, la qualifica di dirigenti federali viene attribuita anche per apprestare tutela agli interessati, tale tutela non può essere monca e cessare prima che l’esecuzione del lodo abbia avuto termine, dal momento che la esecuzione del lodo da luogo ad “una fase” dello stesso procedimento arbitrale e non già ad un diverso ed autonomo procedimento.
Deve quindi ritenersi che il lodo-procedimento abbia fine quando siano stati soddisfatti tutti gli interessi (primari e secondari) che hanno formato oggetto dell’intervento del collegio arbitrale. E non vi è dubbio che la esatta quantificazione e la successiva corresponsione dei compensi dovuti agli arbitri rientrino nel novero di tali interessi, certamente secondari rispetto a quello primario della soluzione della controversia ad essi devoluta, ma pur sempre meritevole di tutela, non solo avuto riguardo alla posizione soggettiva dei singoli arbitri ma anche in riferimento a tutto il movimento sportivo per il quale il buon andamento dei rapporti interni alla singola federazione costituisce certamente un valore da salvaguardare.
Va adesso affrontata la eccezione di parte convenuta relativa alla mancanza di interesse degli istanti Petrucci e Tobia rispetto al contenuto della delibera del Consiglio Federale del 30 maggio 2003 in quanto “la revoca della affiliazione della Società Fortitudo non avrebbe alcun effetto -positivo o negativo – nella sfera giuridica dei ricorrenti”. In sostanza, sostiene la FIP: “res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest”.
A ben guardare però la domanda degli Avvocati Petrucci e Tobia, nei termini formulati in sede di precisazione delle conclusioni, mira ad un ben diverso obbiettivo ed esattamente a quello di eliminare dalla delibera in contestazione la parte che concerne il riferimento alla liquidazione dei compensi agli arbitri secondo la “nuova” tariffa del 14 dicembre 2002. Non è quindi in contestazione l’esistenza di una modifica apportata al contenuto del lodo ( come originariamente sostenuto dagli istanti ) e nemmeno una possibile interferenza nelle scelte (politiche) della FIP, come sarebbe quella di disporre o meno la radiazione di una società (ipotesi questa sottoposta a penetranti osservazioni da parte dei difensori della FIP).
Non vi è dubbio che qualunque sia la ragione per la quale il riferimento alla “nuova” tariffa è stato inserito nella delibera (la difesa della FIP sostiene che esso ha il limitato effetto di determinare i limiti entro i quali deve ritenersi sussistente la morosità della Società Fortitudo e non intacca il diritto di credito nella sua interezza vantato da Petrucci e Tobia), si tratta di certo di una enunciazione che, proveniendo dal Consiglio Federale (che è il più alto organo di “amministrazione” della FIP, in quanto “realizza i fini di cui all’art. 1” dello Statuto, e costituisce il vertice di tutta l’organizzazione federale), possiede l’autorevolezza e la presunzione di legittimità che sono proprie degli atti di un consesso di tale tipo con la conseguenza che in qualunque sede (all’interno o all’esterno del sistema di giustizia sportiva) gli Avvocati Petrucci e Tobia si trovassero a fare valere la loro pretesa avrebbero l’onere di affrontare la sicura eccezione relativa alla esatta quantificazione del loro credito, cosa che certamente renderebbe assai più difficoltosa la attuazione della loro pretesa.
E’ chiaro quindi che gli istanti hanno un preciso interesse a vedere eliminata dalla delibera del 30 maggio 2003 la parte relativa alla rideterminazione del loro credito, ferma ed impregiudicata ogni valutazione relativa allo stato di morosità della società Fortitudo che non forma oggetto di questo giudizio.
Rimane ora da affrontare la questione centrale della presente controversia e cioè quella di stabilire se la più volte citata rideterminazione del credito dei componenti del collegio arbitrale effettuata alla luce della “nuova” tariffa possa ritenersi legittima o meno, essendo stata abbandonata, come si è detto, dagli istanti , in sede di precisazione delle conclusioni, la domanda volta ad ottenere una statuizione in ordine alla avvenuta modifica del lodo a seguito dell’intervento operato dal consiglio federale con la delibera del 30 maggio 2003.
La risposta non può che essere affermativa. La disposizione dell’art. 11 delle Preleggi costituisce certamente canone ermeneutico di portata generale e permea di se tutto l’ordinamento giuridico. Essa deve trovare applicazione tutte le volte in cui si tratti di valutare ed applicare alla stessa situazione di fatto discipline diverse succedutesi nel tempo, quando manchino esplicite regole di segno diverso che espressamente prevedano la retroattività (come accade in taluni settori dell’ordinamento statuale).
Nel caso in esame non esistendo alcuna norma federale (emanata dagli organi competenti in materia) che autorizzi la applicazione retroattiva della “nuova” tariffa, il riferimento a questa operato dal Consiglio Federale deve ritenersi illegittimo.
Come risulta evidente dalle argomentazioni che precedono, la soluzione della controversia oggetto del presente lodo, non comporta alcuna valutazione sull’operato del Consiglio Federale in tema di (eventuale) radiazione della Società Fortitudo e non assume quindi rilevanza, ai fini del decidere, l’eccezione di parte convenuta sul difetto assoluto di competenza e /o giurisdizione illustrato in premessa.
Resta da esaminare l’ultima eccezione sollevata dalla FIP concernente il mancato esperimento da parte degli istanti dei rimedi interni all’organizzazione federale.
Al riguardo è sufficiente osservare che l’articolo 7, comma 2, del regolamento di questa Camera prevede che è possibile proporre istanza di arbitrato contro le “decisioni non soggette ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale”, con l’unica condizione ( nel caso di specie rispettata ) del previo esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione, e che le delibere del Consiglio Federale sono, per l’appunto, atti “definitivi”. E’ invero infondata l’osservazione avanzata dalla difesa della FIP secondo la quale avverso le delibere del detto consesso sarebbe proponibile il ricorso alla Commissione Giudicante Nazionale.
Va in primo luogo osservato che a tale enunciazione non si accompagna la indicazione della norma che consentirebbe un simile ricorso. Ma la lettura delle disposizioni federali che prevedono i compiti della Commissione Giudicante Federale e del Consiglio Federale sgombrano il campo da ogni dubbio.
La CGN, in base all’art. 42 dello Statuto, adotta provvedimenti in materia disciplinare, quale organo di primo grado, per i casi di maggiore gravità e, in materia contenziosa, decide i reclami di primo grado relativi ai campionati nazionali.
La Commissione è inoltre competente “ad esaminare i reclami contro ogni altro provvedimento di Organi federali il cui esame non sia espressamente riservato alla competenza di altro Organo o ne sia esplicitamente eslusa l’impugnabilità”.
L’esame delle attribuzioni del Consiglio Federale porta ad escludere categoricamente che possa sussistere la appena citata competenza residuale della CGN.
Ed invero il Consiglio Federale:
“è l’organo deliberativo della Federazione per tutti i provvedimenti atti ad assicurare ed incrementare il buon andamento della vita e della attività federale per tutte le materie non espressamente riservate alla competenza dell’Assemblea”… “Nomina le cariche federali non elettive”… “Delibera il regolamento organico”… “Delibera provvedimenti di clemenza”…
“Realizza i fini di cui all’art. 1”… “Vigila sull’osservanza dello Statuto e delle norme federali”.
Ammettere la impugnabilità delle decisioni del Consiglio Federale significherebbe riconoscere all’organo competente a decidere sulla impugnazione stessa il ruolo di vertice della Federazione. Il che è certamente insostenibile.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese di difesa ed assistenza delle parti.
Le spese relative alla procedura arbitrale seguono la soccombenza.
P .Q. M.
Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni contraria istanza, difesa ed eccezione respinte, così statuisce:
a) dichiara inammissibile l’intervento della Società Fortitudo Pallacanestro s.r.l.;
b) dichiara la illegittimità della deliberazione del Consiglio Federale della Federazione Italiana
Pallacanestro 30 maggio 2003, nella parte in cui autorizza la Società Fortitudo a corrispon-
dere agli Avvocati Ettore Petrucci e Gianfranco Tobia una somma inferiore di quella liqui-
data con il lodo nei quali i predetti avevano svolto funzioni arbitrali nella controversia tra la Società stessa e l’atleta De Pol Alessandro, rimettendo alla Federazione Italiana Pallacanestro l’adozione dei consequenziali provvedimenti;
c) compensa tra le parti le spese di lite;
d) dispone che tutti i diritti amministrativi versati dalle parti siano incamerati dalla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport;
e) pone a carico della Federazione Italiana Pallacanestro il pagamento degli onorari e delle
spese di arbitrato, liquidati come da separata ordinanza.
Roma,
Il Collegio Arbitrale
Dott. Renato Papa
Prof. Avv. Massimo Zaccheo
Dott. Giovanni Ariolli