CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 24/02/2005 TRA Mens Sana Basket Siena s.r.l. e Nuova Pallacanestro Pavia s.r.l. contro Federazione Italiana Pallacanestro
CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport –Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it
LODO ARBITRALE DEL 24/02/2005 TRA Mens Sana Basket Siena s.r.l. e Nuova Pallacanestro Pavia s.r.l. contro Federazione Italiana Pallacanestro
Il Collegio Arbitrale composto da
Prof. Avv. Luigi Fumagalli Presidente
Prof. Avv. Giulio Napolitano Arbitro
Avv. Ciro Pellegrino Arbitro
riunito in conferenza personale in data 24 febbraio 2005, in Roma, ha deliberato
all’unanimità il seguente
L O D O
nel procedimento di arbitrato promosso da
Mens Sana Basket Siena s.r.l., con sede in Siena, Viale Sclavo n. 8, in persona
del suo legale rappresentante pro tempore, sig. Ferdinando Minucci
e da
Nuova Pallacanestro Pavia s.r.l., con sede in Pavia, Via Franchi n. 7, in persona
del suo legale rappresentante pro tempore, sig. Gian Marco Bianchi
rappresentate e difese dall’avv. Antonino De Silvestri ed elettivamente domiciliate
presso lo studio di questi in Vicenza, Contrà Canove n. 21, giusta delega allegata
alla istanza di arbitrato datata 24 novembre 2004
- ricorrenti -
contro
Federazione Italiana Pallacanestro, con sede in Roma, via Vitorchiano n. 113,
in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, prof. Fausto
Maifredi, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Guido Valori e Paola Vaccaro,
ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Roma, Viale delle
Milizie n. 106, giusta a margine della memoria di costituzione datata 30 novembre
2004
- resistente -
FATTO E SVOLGIMENTO DELL’ARBITRATO
1. Con “Istanza di arbitrato” datata 24 novembre 2004 (la “Istanza di
Arbitrato”) la Mens Sana Basket Siena s.r.l. e la Nuova Pallacanestro Pavia s.r.l.
(le “Società” o le “Ricorrenti”) hanno proposto domanda di arbitrato avverso la
Federazione Italiana Pallacanestro (“FIP” o la “Resistente”) presso la Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport (la “Camera”), dando avvio al procedimento
contemplato dal vigente Regolamento della Camera (il “Regolamento”) e dalla
clausola compromissoria prevista all’art. 45 [Camera di Conciliazione e arbitrato
per lo Sport] dello Statuto approvato dall’assemblea straordinaria della FIP il 18
settembre 2004 (lo “Statuto FIP 2004”), nonché dall’art. 41 dello statuto
previgente, del seguente tenore:
“1. Le controversie che contrappongono la F.I.P. a soggetti affiliati e/o
tesserati, possono essere devolute, con pronuncia definitiva, alla Camera di
Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, istituita presso il C.O.N.I., a
condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione
o, comunque, si tratti di decisioni non soggette ad impugnazione
nell’ambito della giustizia federale, con l’esclusione delle controversie di
natura tecnico-disciplinare che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni
inferiori a 120 (centoventi) giorni e delle controversie in materia di doping.
2. Le controversie di cui al precedente comma sono sottoposte ad un tentativo
obbligatorio di conciliazione presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato
per lo Sport.
3. Qualora non sia stata raggiunta la conciliazione, la controversia può essere
sottoposta ad un procedimento arbitrale presso la Camera di Conciliazione
ed Arbitrato per lo Sport.
4. Il procedimento è disciplinato dal Regolamento di Conciliazione ed
Arbitrato deliberato dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I.
5. Restano escluse dalla competenza della Camera di Conciliazione ed
Arbitrato per lo Sport tutte le controversie tra soggetti affiliati o tesserati
per le quali siano istituiti procedimenti arbitrali nell’ambito della
Federazione”.
2. Con la Istanza di Arbitrato le Ricorrenti, società di basket affiliate alla FIP e
aderenti alle due leghe professionistiche (rispettivamente alla Lega Serie A e alla
LegaDue), illustrano come a loro avviso lo Statuto FIP 2004 sia affetto da “gravi
vizi e violazioni di norme superiori”, ed in particolare
(a) dalla violazione del principio dello “equilibrio di diritti e di doveri tra
i settori professionistici e non professionistici” imposto dall’art. 22 comma 1 dello
Statuto CONI, e ciò sotto diversi profili:
i. l’art. 12 dello Statuto FIP 2004 lo violerebbe perché “conti alla mano,
consente alle società appartenenti al settore professionistico di
esprimere solo 972 voti su un totale di circa 4.800 voti complessivi
attribuiti alle società sportive affiliate alla Federazione”;
ii. l’art. 14 dello Statuto FIP 2004 lo violerebbe perché “consente la
partecipazione in assemblea a soli 19 delegati delle società del settore
professionistico, a fronte di una partecipazione complessiva di oltre
180 delegati designati dalle società sportive affiliate alla FIP”;
iii. l’art. 25 dello Statuto FIP 2004 lo violerebbe perché, prevedendo il
c.d. “voto di lista” e determinando “concentrazioni controllate di voti”
a vantaggio di maggioranze assembleari anche risicate, contribuirebbe
“a determinare l’impossibilità dei 19 delegati del settore
professionistico di incidere in alcun modo sulla votazione dei
consiglieri federali”;
iv. l’art. 31 dello Statuto FIP 2004 lo violerebbe perché “riserva alle
società professionistiche solo tre seggi … su un totale di quattordici
disponibili per le società sportive affiliate”, con una “effettiva
rappresentatività” di circa il 20%, laddove “affinché lo statuto FIP sia
legittimo, tale quota di consiglieri federali … deve salire fino al
50%”;
(b) da “illogicità e contraddittorietà manifeste”, poiché tali norme (oltre a
violare lo Statuto CONI) “si pongono in evidente contraddizione” con altre
“norme fondamentali” dello stesso Statuto FIP 2004 (ed in particolare con l’art. 1
comma 2 e con l’art. 3); e
(c) dalla violazione del principio della “democrazia interna” stabilito
dagli artt. 15 e 16 del d.lgs. n. 242/1999, assumendo perciò “un rilievo anche per
l’ordinamento generale”.
3. Sulla base di tali rilievi le Ricorrenti hanno pertanto chiesto che il
costituendo Collegio Arbitrale:
“- in via preliminare si pronunci con urgenza, anche fuori udienza e
unicamente sulla base delle memorie scritte delle parti, sull’ammissibilità
della presente domanda;
- nel merito, qualora venga affermata l’ammissibilità della presente
domanda, per i motivi di cui in narrativa ai punti C, D ed E, il Collegio
dichiari la incompatibilità e/o contrarietà alla legge e allo Statuto CONI
degli articoli 12, 14, 25 e 31 del nuovo Statuto FIP, pertanto annullando
almeno in parte qua il detto Statuto e la relativa delibera assembleare di
approvazione”.
4. Nella stessa Istanza di Arbitrato le Ricorrenti hanno nominato quale arbitro
il prof. avv. Giulio Napolitano.
5. Con “Memoria di costituzione e nomina di arbitro” datata 30 novembre
2004 (la “Memoria di Costituzione”) la FIP si è costituita nel presente
procedimento arbitrale, opponendosi alle domande delle Ricorrenti e “chiedendo
che l’istanza venga dichiarata inammissibile/improcedibile o che comunque la
Camera dichiari la propria incompetenza per le ragioni esposte.
Subordinatamente si chiede che l’istanza venga rigettata”.
6. A sostegno della propria difesa la FIP fa, in primo luogo, valere motivi
“inammissibilità/improcedibilità/incompetenza” e, in secondo luogo, la ritenuta
infondatezza della domanda nel merito.
L’eccezione preliminare di “inammissibilità/improcedibilità/incompetenza” è
invero svolta sotto due diversi profili.
In una prima prospettiva, infatti, la Resistente ritiene che la domanda (di
annullamento della delibera assembleare di approvazione dello Statuto FIP 2004)
proposta dalle Ricorrenti sia sottratta alla cognizione arbitrale per difetto di
arbitrabilità: a parere della FIP tale domanda può essere infatti ritenuta costituire
un’impugnazione, a norma dell’art. 23 cod. civ., della delibera di una associazione
riconosciuta; poiché essa può essere proposta dal pubblico ministero (che dunque
è legittimato ad intervenire, ex art. 70 cod. proc. civ., nel giudizio da altri
promosso), essa coinvolge diritti non disponibili dalle parti e quindi, non potendo
formare oggetto di transazione, non è deducibile in arbitrato.
In una seconda prospettiva, poi, la domanda è ritenuta improcedibile, in quanto
avente ad oggetto l’impugnazione di un atto (lo Statuto FIP 2004) approvato dal
CONI. A parere della Resistente tale circostanza escluderebbe la possibilità che la
istanza delle Società sia proponibile nell’ambito di un arbitrato presso la Camera:
in quanto organo del CONI alla Camera sarebbe sottratto il potere di giudicare
sulla legittimità e sul merito di un provvedimento adottato da altro organo dello
stesso ente nella cui competenza la Camera non potrebbe ingerirsi; ed inoltre tale
circostanza determinerebbe la necessità che il contraddittorio venisse esteso anche
nei confronti del CONI, laddove alla Camera non sarebbe dato il potere di
decidere sulle controversie di cui è parte il CONI.
Nel merito della controversia, invece, la Resistente afferma la piena legittimità
dello Statuto FIP 2004, il quale, “conformemente alla legge e ai Principi del
CONI”, esprimerebbe “i criteri di democraticità e rappresentatività di tutte le
componenti del movimento cestistico”. Ad avviso della FIP, infatti, non sarebbe
sindacabile in giudizio la scelta di assegnare tre posti al settore professionistico,
mentre sarebbe “del tutto arbitraria” la richiesta di assegnazione del 50% dei
posti fatta dalle Ricorrenti, poiché “il movimento cestistico è composto in
grandissima parte da dilettanti, con la conseguenza che la ‘rappresentatività’ del
settore professionistico non comporta la ‘parità’ numerica tra i due settori”. E da
ciò deriverebbe la non accoglibilità delle doglianze formulate dalle Ricorrenti
anche in relazione al numero di voti totali che possono essere espressi dalle
società professionistiche ed al numero dei delegati partecipanti alle votazioni.
7. Nella Memoria di Costituzione la FIP ha poi nominato quale arbitro l’avv.
Ciro Pellegrino.
8. In data 3 dicembre 2004 il Presidente della Camera, visti gli atti delle parti e
l’art. 12 del Regolamento, ha nominato il Collegio Arbitrale, nelle persone del
prof. avv. Luigi Fumagalli, del prof. avv. Giulio Napoletano e dell’avv. Ciro
Pellegrino. Il prof. avv. Luigi Fumagalli è stato designato Presidente del Collegio.
9. In data 22 dicembre 2004, presso la sede dell’arbitrato, si è tenuta la prima
udienza del procedimento di fronte al Collegio Arbitrale, nel corso della quale le
parti hanno ampiamente discusso sulla questione preliminare di inammissibilità,
improcedibilità e incompetenza sollevata dalla Resistente. All’esito di tale
discussione il Collegio ha fissato termine per le parti per il deposito di memoria
relativa alla medesima questione preliminare e si è riservato di decidere su di essa
e di eventualmente disporre sulla prosecuzione dell’arbitrato.
10. In data 13 gennaio 2005, nel termine fissato dal Collegio Arbitrale, le
Ricorrenti hanno depositato una “Memoria autorizzata” di pari data, illustrando
come, a loro parere, l’eccezione sollevata dalla FIP sia “infondata” e vada quindi
“respinta con conseguente passaggio alla fase del merito”.
A tal riguardo, premesse alcune osservazioni di carattere generale in ordine alla
“competenza a giudicare” dell’adito Collegio Arbitrale (ed in particolare circa il
favor da riconoscere all’arbitrabilità e l’estensione con cui deve essere interpretata
la nozione di “materia sportiva”) e sul “contesto legislativo-ordinamentale in cui
si colloca attualmente la materia per cui è procedimento” (ed in particolare circa
le previsioni della l. 17 ottobre 2003 n. 280), le Ricorrenti confermano come, a
loro avviso, la controversia da essa dedotta sia idonea ad essere definita in via
arbitrale, alla luce di un’asserita inesistenza di un qualsivoglia ruolo del pubblico
ministero e dell’irrilevanza in subiecta materia dell’intervenuta approvazione da
parte del CONI dello Statuto FIP 2004.
Sotto il primo profilo le Ricorrenti pongono l’accento soprattutto sulle previsioni
dell’art. 3 comma 1 della legge n. 280/2003, per effetto delle quali la materia
dedotta in arbitrato – se non fosse per la clausola compromissoria – sarebbe di
competenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio; con esclusione
dunque di qualunque ruolo per il pubblico ministero (comunque assai limitato,
secondo le Ricorrenti, anche nel quadro dell’art. 23 cod. civ.).
Sotto il secondo profilo, invece, le Ricorrenti sottolineano, in primo luogo, la
esclusiva riferibilità alla Resistente dello Statuto FIP 2004, laddove
l’approvazione da parte del CONI ne costituisce elemento esterno, quale
presupposto intermedio, ancorché necessario, per l’iscrizione nel registro
prefettizio, unico atto cui può essere riconosciuta efficacia costitutiva; con la
conseguenza che il CONI non possa essere considerato come un litisconsorte
necessario.
Le Ricorrenti illustrano quindi come non possa – a loro avviso – essere revocata
in dubbio la competenza a giudicare da parte del Collegio adito laddove
all’emanando lodo si riconoscesse natura oggettivamente amministrativa, poiché
in tal caso l’organo arbitrale si troverebbe ad operare solo quale organo giudiziale
sportivo (interno alla federazione); ma tale competenza non potrebbe essere
esclusa nemmeno laddove alla pronuncia fosse riconosciuta natura arbitrale,
poiché alla Camera sarebbero sottratte solo le controversie in cui un organo del
CONI assuma la veste diretta di parte in causa.
11. Nello stesso 13 gennaio 2005 la FIP ha depositato le “Note autorizzate”
datate 12 dicembre 2005, illustrando ulteriormente ed ampiamente l’eccezione
dalla stessa già proposta nella Memoria di Costituzione.
A tal fine, in primo luogo, la Resistente espone come, a suo avviso, il ricorso delle
Ricorrenti non sia proponibile in arbitrato dinanzi alla Camera per non essere la
controversia oggetto del giudizio compromettibile in arbitri, in quanto vertente su
situazioni giuridiche sottratte alle disponibilità delle parti. Tale conclusione
sarebbe dettata dalla connotazione pubblicistica dell’interesse sotteso alla
controversia avente ad oggetto l’annullamento della delibera di un’associazione
riconosciuta, quale resa evidente del conferimento di un potere di azione al
Pubblico Ministero (non limitato alle sole deliberazioni contrarie all’ordine
pubblico e al buon costume). Allo stesso tempo, secondo la Resistente, il generale
potere di impugnazione, riconosciuto a tutti coloro i quali si ritengono lesi dalla
deliberazione assembleare, e spiegabile proprio con l’interesse non strettamente
privatistico che si intende tutelare, sarebbe in netto contrasto con la invocabilità di
una clausola compromissoria.
La competenza dell’adito Collegio Arbitrale è negata dalla Ricorrente anche sotto
un ulteriore aspetto, ossia poiché la materia del contendere non apparirebbe essere
“materia sportiva”, risolvendosi in un giudizio annullatorio puro, nel quale
l’oggetto del giudizio è l’atto impugnato e non una controversia che contrappone
la FIP ai propri affiliati.
In relazione al secondo profilo di ritenuta improponibilità dell’istanza di arbitrato,
ossia l’intervenuta approvazione dell’atto impugnato da parte del CONI, la
Resistente conferma che a suo avviso essa farebbe venire meno la competenza
della Camera, poiché altrimenti il potere di controllo del CONI finirebbe per
essere vanificato e ciò soprattutto considerando che questo controllo, di
conformità ai principi dell’ordinamento sportivo, ha natura di merito sul
contenuto dello statuto, e non si limita ad un mero imprimatur formale. Invero, a
parere della Resistente, non vi è autonomia tra deliberazione assembleare e
deliberazione del CONI, poiché quest’ultima rappresenterebbe l’atto finale,
idonea a rendere efficace la stessa deliberazione assembleare nell’ordinamento e
verso gli associati, e rispetto al quale la deliberazione assembleare si pone,
all’interno del procedimento, come un atto presupposto. Con la conseguenza
dell’inammissibilità della domanda, poiché essa comporterebbe la necessità di
controllo della delibera del CONI, da ritenere parte necessaria del giudizio, ma
rispetto al quale non sarebbe invocabile la clausola compromissoria, e poiché
quella delibera sarebbe comunque sottratta a giudizio arbitrale attesa la sua natura
pubblicistica.
12. Con ordinanza datata 21 gennaio 2005 il Collegio decideva di mantenere la
riserva sulle questioni preliminari proposte dalle parti, concedeva termine alle
parti per nuove deduzioni e controdeduzioni sulle questioni di merito oggetto
dell’arbitrato e fissava nuova udienza per la prosecuzione della procedura arbitrale
e la discussione della controversia.
13. In data 15 febbraio 2005, nel termine fissato dal Collegio Arbitrale, le
Ricorrenti hanno depositato una nuova “Memoria autorizzata” illustrando la
propria posizione in ordine a “il costante equilibrio di diritti e di doveri tra i
settori professionistici e non professionistici come specificazione applicativa del
principio di democrazia interna”, a “il sistema di contemperamento adottato dalla
Federazione Italiana Giuoco Calcio”, a “il grave squilibrio nella FIP tra settore
professionistico e settore dilettantistico”, a “le ragioni del professionismo e la
necessità di nuovi equilibri”, per formulare quindi le “richieste conclusive”.
14. In via di estrema sintesi, le Ricorrenti sottolineano come il principio di
“democrazia interna” non possa essere interpretato nel senso che esso possa
realizzarsi solo in base al principio “tante teste tanti voti”. Secondo le Ricorrenti,
infatti, la regola del “costante equilibrio tra i settori professionistici e non
professionistici”, quale specifica modalità applicativa del principio della
“democrazia interna” impone di trovare un giusto contemperamento tra due settori
(quello professionistico e quello dilettantistico) “diversi per struttura, apporti,
esigenze e finalità oltre che, per tutela costituzionale e legislativa”: sebbene la
federazione interessata abbia “ampia facoltà di scelta” tra le formule
organizzative adottabili per realizzare quel contemperamento, l’adozione di questo
o quel modello “non può comunque prescindere da una sostanziale equiparazione
di presenza, rappresentativa e potere politico” negli organi federali delle due
componenti. In altre parole, secondo le Ricorrenti l’obiettivo del “costante
equilibrio” “può essere raggiunto solo per il tramite dell’adozione di formule
organizzative che consentano alle società del settore professionistico ed a quelle
del settore dilettantistico di contribuire in modo tendenzialmente paritario alla
formazione della volontà federale e di partecipare ... nella medesima misura al
governo della federazione”. E che tale equilibrio lo Statuto FIP 2004 non realizzi
sarebbe dimostrato, a parere della Ricorrente, oltre che dal paragone con le
corrispondenti regole stabilite nel sistema della Federazione Italiano Giuoco
Calcio, anche da un’analisi puntuale delle disposizioni FIP e degli effetti derivanti
– in punto di rappresentatività – dalla loro applicazione: alla società
professionistiche sarebbe riservato un peso “politico” assai inferiore a quello
attribuito alle società non professionistiche, laddove le prime contribuirebbero,
attraverso il versamento di tasse federali, al 43% dell’introito federale
complessivo, e genererebbero altresì un assai rilevante “contributo economico
indiretto”.
15. Sulla base delle considerazioni svolte nella Memoria autorizzata del 15
febbraio 2005, le Ricorrenti hanno precisato le proprie conclusioni, chiedendo al
Collegio Arbitrale di pronunciare
“- la propria competenza a giudicare il petitum relativo allo Statuto FIP del 18
Settembre 2004 anche a seguito della sopravvenuta approvazione del
medesimo da parte della Giunta del CONI con la delibera n. 498 del 26
ottobre 2004;
- la nullità e comunque l’invalidità, degli articoli 12, 14, 25 e 31 del
medesimo Statuto FIP e della relativa delibera assembleare di approvazione
per contrarietà alle norme di legge e allo Statuto CONI indicate in
esposizione oltre che per contraddittorietà con il proprio articolo 1 comma
2”;
ovvero, in linea gradata, di accertare e dichiarare
“- la contraddittorietà e/o l’incompatibilità delle predette disposizioni
statutarie con le indicate norme e, in particolare, con l’art. 22 comma 1,
Statuto CONI secondo cui ‘Gli Statuti delle Federazioni sportive Nazionali
devono rispettare i principi fondamentali emanati dal Consiglio nazionale e
devono in particolare ispirarsi al costante equilibrio di diritti e di doveri tra i
settori professionistici e non professionistici, nonché tra le diverse categorie
nell’ambito del medesimo settore’”.
16. Pure in data 15 febbraio 2005, e pertanto nel termine fissato dal Collegio
Arbitrale, la FIP ha depositato una “II Nota autorizzata”, ribadendo le proprie
difese e confermando come, a suo avviso, le norme impugnate dalle Ricorrenti
non presentino sotto alcun profilo il “lamentato vizio”: le tesi delle Ricorrenti
apparterebbero “all’ambito dell’opinione politica” e sarebbero basate su “ipotesi”,
laddove, invece, le previsioni statutarie della FIP realizzerebbero pienamente
l’equilibrio tra i settori. Su tale base, dunque, la Resistente ha insistito “per
l’accoglimento delle conclusioni pregiudiziali e di merito come rassegnate nella
memoria di costituzione”.
17. In data 24 febbraio 2005, in Roma, presso la sede dell’arbitrato, ha avuto
luogo la seconda udienza del procedimento, in occasione della quale le parti
hanno ulteriormente illustrato e ribadito le proprie tesi, replicando alle
argomentazioni avversarie. All’esito della discussione il Collegio Arbitrale si è
riservato ogni decisione sulle domande proposte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A. Sulla proponibilità delle domande, la procedibilità dell’arbitrato e la
competenza del Collegio.
1. Ritiene il Collegio che le domande proposte dalla Ricorrente siano
ammissibili e che l’arbitrato sia procedibile, essendo soddisfatte tutte le
condizioni a tal riguardo previste dal Regolamento.
2. Questo infatti dispone che l’arbitrato da esso disciplinato possa essere
attivato:
(i) “quando sia previsto nello statuto di una Federazione sportiva
nazionale …” (art. 7 comma 1 lett. a) o “vi sia comunque tra le parti … un
accordo arbitrale …” (art. 7 comma 1 lett. b);
(ii) “a condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla
Federazione sportiva nazionale … o comunque si tratti di decisioni non soggette
ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale” (art. 7 comma 2);
(iii) “solo dopo l’esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione di
cui al presente Regolamento” (art. 7 comma 6, prima frase); ed
(iv) “entro 30 giorni dalla data di chiusura delle procedure di
conciliazione” (art. 7 comma 6, seconda frase).
Viceversa si prevede che l’arbitrato non possa essere instaurato
(v) “da soggetti nei cui confronti sia stata irrogata una sanzione
disciplinare inferiore a 120 giorni ovvero una sanzione per violazione delle
norme antidoping” (art. 7 comma 3), oppure
(vi) allorché per la controversia in esso dedotta “siano stati istituiti
procedimenti arbitrali nell’ambito delle Federazioni” (art. 7 comma 4).
3. A tal riguardo il Collegio nota che nessun dubbio sussiste circa la ricorrenza
delle condizioni di ammissibilità sopra indicate, poiché:
(i) l’arbitrato presso la Camera con i meccanismi stabiliti dal
Regolamento è espressamente previsto dalla clausola compromissoria contenuta
nell’art. 45 dello Statuto FIP 2004 (e vincolante per tutti gli affiliati e tesserati,
oltre che, ovviamente, per la FIP stessa);
(ii) le disposizioni contestate (articoli 12, 14, 25 e 31 dello Statuto FIP
2004) e l’atto di loro adozione non sono soggette ad impugnazione nell’ambito
della giustizia federale della Resistente, non essendo dati mezzi di ricorso interni
alla FIP attraverso i quali un soggetto ad essa affiliato e/o tesserato possa far
valere nei confronti della stessa pretese corrispondenti a quelle azionate dalle
Ricorrenti nel presente arbitrato;
(iii) si è infruttuosamente esperito il procedimento di conciliazione,
avviato con istanza depositata il 13 ottobre 2005 (prot. n. 1535) e chiuso con
verbale del 5 novembre 2004;
(iv) l’Istanza di Arbitrato è stata depositata in data 24 novembre 2004
(prot. n. 1805), e perciò nei termini indicati dal Regolamento;
(v) la controversia non riguarda una sanzione inferiore ai 120 giorni di
squalifica ovvero una violazione in materia antidoping;
(vi) non risultano istituiti nell’ambito della FIP procedimenti arbitrali per
la risoluzione della controversia dedotta nel presente arbitrato.
4. La Resistente, invero, ha eccepito l’inammissibilità delle domande della
Ricorrente sotto due diversi profili, ossia in relazione all’arbitrabilità della
controversia per avere questa ad oggetto una delibera di un’associazione (privata)
riconosciuta e in relazione agli effetti prodotti dalla intervenuta approvazione da
parte dei competenti organi del CONI dello Statuto FIP 2004.
5. Tale eccezione, in entrambi i profili in cui è stata svolta, deve invero essere
respinta.
6. In relazione al primo profilo di inammissibilità, infatti, al Collegio non
appare dubbia, alla luce del diritto oggi vigente, l’arbitrabilità (ed in particolare
l’arbitrabilità ai sensi del Regolamento) delle controversie, come quella dedotta
nell’odierno procedimento, aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni di
federazioni sportive.
A tale conclusione induce la particolare disciplina della soluzione delle
controversie sportive introdotta nell’ordinamento italiano con la l. 17 ottobre 2003
n. 280 (recante conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 19 agosto 2003 n.
220: “disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”), la quale ha stabilito
un regime derogatorio rispetto alle regole generalmente (ed altrimenti) applicabili
all’impugnazione di delibere di organi di associazioni riconosciute.
Ed invero l’introduzione, anche in materia di diritti soggettivi e per controversie
diverse da quelle vertenti sui “rapporti patrimoniali tra società, associazioni e
atleti”, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ha sottratto i
giudizi su ricorsi aventi natura impugnatoria di delibere delle federazioni sportive
al regime (anche in punto di legittimazione attiva e di facoltà di intervento)
stabilito in via generale dall’art. 23 cod. civ. Da ciò consegue dunque che, non
essendo più prevista la legittimazione all’impugnazione del pubblico ministero – e
dunque il suo intervento obbligatorio ai sensi dell’art. 70 cod. proc. civ. – non
potrà più ritenersi non compromettibile in arbitri, per difetto di disponibilità del
diritto ad opera delle parti, la controversia avente ad oggetto la validità delle
deliberazioni federali (come invece aveva correttamente concluso altro collegio
arbitrale istituito ai sensi del Regolamento prima dell’adozione della legge n.
280/2003: lodo Ragazzi c. Federazione Italiana Pallacanestro dell’11 luglio
2002).
Tale conclusione si incontra, e risulta perciò rafforzata, sotto altro profilo, con la
generale salvezza delle “clausole compromissorie previste dagli statuti e dai
regolamenti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e delle Federazioni
sportive”, disposta dall’art. 3 comma 1 della legge n. 280/2003, e con il favor per
la risoluzione in “sede sportiva” delle controversie che mettano in gioco regole e
soggetti dell’ordinamento sportivo affermato, senza formulare eccezioni, dalla
stessa legge n. 280 del 2003.
Ma anche ove la controversia dedotta nel presente procedimento non fosse da
ritenere arbitrabile, al Collegio non apparirebbe comunque possibile declinare
l’esercizio del potere decisionale ad esso attribuito dal Regolamento e dalla
concorde volontà delle parti, espressa senza limitazioni (sotto il profilo qui
rilevante) dalla stessa Resistente nelle proprie norme statutarie. Ritiene infatti il
Collegio che anche in tal caso ad esso incomberebbe comunque l’obbligo di
svolgere la funzione decisionale di cui è investito, ancorché in riferimento al solo
ordinamento sportivo, al cui ambito l’efficacia della propria pronuncia (non
sussumibile nell’ordinamento dello Stato per difetto di arbitrabilità) rimarrebbe
confinata. E sotto tale profilo il Collegio conferma come la controversia ad esso
sottoposta sia riferibile alla “materia sportiva”: per quanto avente ad oggetto una
pretesa impugnatoria, essa è insorta tra soggetti (anche) dell’ordinamento sportivo
ed ha ad oggetto regole di una federazione sportiva.
Ne consegue dunque la sussistenza del potere dell’adito Collegio Arbitrale a
pronunciarsi sulle domande ad esso sottoposte.
7. Allo stesso modo il Collegio ritiene che la circostanza che lo Statuto FIP
2004 sia stato oggetto di una valutazione da parte degli uffici del CONI e che in
esito a tale valutazione il CONI abbia rilasciato una dichiarazione di conformità di
tale atto alla vigente legislazione, statale e sportiva, non produca l’inammissibilità
della domanda, né sottragga la controversia alla competenza della Camera.
A tal riguardo rileva il Collegio Arbitrale che le domande proposte dalle
Ricorrenti in nessun modo censurano atti o comportamenti del CONI, il quale
dunque non appare né litisconsorte della Resistente né in alcun modo
“controinteressato”: l’approvazione del CONI non “assorbe” in sé lo statuto
federale (e la deliberazione della federazione interessata che lo aveva adottato),
così da sottrarlo ad ogni censura, “avocata” a sé; ben al contrario i due atti
appaiono nettamente distinti e corrispondenti a diverse condizioni di validità, di
tal modo che l’impugnazione dello statuto federale non coinvolge
necessariamente (ne é precluso da) la approvazione del CONI (così come, ad
esempio, l’abrogato meccanismo di omologa ad opera del tribunale delle
deliberazioni delle assemblee straordinarie delle società che comportassero
modifiche dello statuto sociale non escludeva l’impugnazione delle stesse per
contrarietà alla legge).
Inoltre, e comunque, appare al Collegio Arbitrale che il controllo svolto dal CONI
sullo Statuto FIP 2004 abbia perseguito, coerentemente alla disposizione che lo
prevede (ossia l’art. 22 comma 5 del vigente Statuto CONI), scopi ben differenti
da quello cui mira il giudizio riservato all’arbitrato presso la Camera ai sensi della
pertinente clausola compromissoria. Il controllo svolto dal CONI, infatti, per
quanto approfondito, è comunque volto a garantire il rispetto del diritto oggettivo
“ai fini sportivi”; mentre il giudizio spettante al Collegio Arbitrale istituito sulla
base dell’accordo compromissorio intervenuto tra le parti appare volto a garantire
il rispetto di posizioni soggettive (di terzi) che l’adozione delle norme federali
possa eventualmente pregiudicare. Ciò appare evidente anche alla luce della
diversa struttura dei due procedimenti. Il controllo presso il Coni non ha carattere
contenzioso: le osservazioni della Giunta sono adottate a seguito di un esame
documentale delle carte federali e danno luogo ad un rapporto meramente
bilaterale con la singola federazione. Il procedimento innanzi al Collegio arbitrale
è invece ispirato alle garanzie proprie della giurisdizione: i diritti e gli interessi di
tutte le parti, comprese le singole componenti dell’organizzazione federale, sono
tutelati nel pieno rispetto del principio del contraddittorio.
8. Le domande proposte dalla Ricorrente sono dunque ammissibili e su di esse
il Collegio ha il potere di giudicare.
B. Sul merito della controversia
1. Con le domande proposte in arbitrato le Società in sostanza impugnano
alcune disposizioni dello Statuto FIP 2004 (relative al diritto di voto delle società,
ai poteri di rappresentanza e di delega, alla elezione delle cariche e alla
composizione del Consiglio Federale) per un’asserita violazione del principio di
“democrazia interna” ed in particolare per non risultare ispirate al “costante
equilibrio di diritti e di doveri” tra le componenti professionistiche e non
professionistiche affiliate alla FIP. Invocata tale violazione, le Ricorrenti
chiedono la dichiarazione di nullità (e comunque di invalidità) delle norme
impugnate, ovvero, in via subordinata, l’accertamento della contraddittorietà e/o
dell’incompatibilità delle stesse norme con i principi che si assumono violati.
2. Ritiene il Collegio che la domanda, formulata in riferimento a specifiche
disposizioni dello Statuto FIP 2004, non possa essere accolta, nemmeno nel suo
svolgimento subordinato, pur con le precisazioni che seguono in ordine alla
necessità che nel complessivo assetto statutario e regolamentare della FIP trovi
comunque attuazione il principio di “democrazia interna” e quello del “costante
equilibrio di diritti e di doveri tra i settori professionistici e non professionistici”.
3. A tal proposito al Collegio Arbitrale appare opportuno sottolineare
l’importanza che il principio di “democrazia interna” ha assunto nel mondo dello
sport organizzato contemporaneo, rispondendo ad un’esigenza così sentita da
essere riconosciuto per legge (da ultimo, dall’art. 16 comma 1 d.lgs. 23 luglio
1999 n. 242). Ed in relazione a ciò al Collegio appare che il menzionato principio
non costituisca mero criterio direttivo di carattere politico e programmatico, ma
che esso abbia assunto effettiva portata precettiva, in corrispondenza del concreto
rilievo per l’ordinamento dello Stato dei modelli di organizzazione federale: il
rispetto di tale principio costituisce un limite all’autonoma riconosciuta (e
costituzionalmente garantita) alla scelta delle concrete modalità di organizzazione
interna di formazioni in cui l’individuo svolge la sua attività ed attraverso cui
imprese esercitano la propria iniziativa economica privata. D’altra parte, laddove
la stessa Costituzione ha dato direttamente rilievo costituzionale a formazioni
organizzate, essa ha espressamente indicato il metodo o la base democratica quale
condizione indefettibile per il riconoscimento a tali formazioni della loro
strumentalità rispetto al perseguimento di obiettivi costituzionalmente garantiti
(art. 39 Cost., in relazione ai sindacati, e art. 49 Cost., in riferimento ai partiti
politici).
La portata precettiva della regola stabilita dall’art. 16 comma 1 del d.lgs. n.
242/1999 richiede dunque attuazioni coerenti con il principio che essa pone. La
stessa necessità che gli statuti (ma più in generale gli ordinamenti) delle
federazioni sportive nazionali debbano “ispirarsi al costante equilibrio di diritti e
di doveri tra i settori professionistici e non professionistici” (art. 22 comma 1
dello Statuto CONI) ne costituisce, come correttamente rilevano le Ricorrenti, una
prima attuazione (salvo richiedere a sua volta ulteriori concretizzazioni).
4. Allo stesso tempo, e allo stesso modo, al Collegio Arbitrale appare
opportuno sottolineare – alla luce di quanto precede – che l’analisi della
compatibilità di un determinato statuto federale con il principio legislativo della
“democrazia interna” (ed il parametro del “costante equilibrio” previsto dallo
Statuto CONI) non possa essere limitato alla valutazione di sue singole
disposizioni, ma, soprattutto in presenza di una disciplina statutaria estremamente
semplificata delle modalità di deliberazione e degli istituti di garanzia, debba
necessariamente coinvolgere l’intero apparato normativo e organizzativo della
federazione, estendendosi anche alle concrete attuazioni sul piano regolamentare
dei precetti statutari: alla realizzazione di quei principi concorrono infatti non solo
le regole sulla elezione e sulla composizione degli organi, ma anche, ad esempio,
il peso che – sul piano dell’iniziativa e della decisione – sia data all’espressione
del voto di un singolo componente, nonché le modalità di concorso delle varie
componenti al finanziamento dell’organizzazione.
In altre parole, al Collegio Arbitrale pare che un determinato assetto federale (che
riservi ad una componente un numero di rappresentanti in seno all’organo
decisionale inferiore rispetto a quello attribuito ad altra componente) possa essere
ritenuto compatibile con il principio della “democrazia” e del “costante
equilibrio” laddove a quella componente (e ai suoi rappresentanti) comunque sia
riservato peso determinante (ad esempio, attraverso un potere riservato di
iniziativa regolamentare, ovvero, attraverso quorum deliberativi di largo
consenso) per le decisioni che riguardano il settore di cui essa è espressione,
ovvero allorché alla stessa componente venga richiesto un contributo finanziario
non squilibrato rispetto al peso riconosciuto al momento decisionale. Ove tali
condizioni non siano concretamente rispettate, invece, lo stesso assetto
complessivo si rivelerebbe incompatibile con il principio della “democrazia” e del
“costante equilibrio”: ciò, oltre a imporre l’adozione di opportune modifiche
statutarie e regolamentari, si riverbererebbe necessariamente sulla validità delle
singole delibere assunte dagli organi federali .
5. La valutazione che precede corrisponde, a parere del Collegio, all’ampia
discrezionalità che alla singola federazione sportiva nazionale deve essere
riconosciuta circa l’adozione del modello organizzativo: fermo restando l’obbligo
di “ispirazione” al principio del “costante equilibrio”, questo può essere realizzato
in forme diverse, le quali tengano conto delle peculiarità delle componenti federali
e delle distinte assunzioni di responsabilità gestionale (ad esempio del sistema di
giustizia) e finanziaria (in termini di contribuzione al bilancio federale).
6. Ne consegue, ad avviso del Collegio, che le norme contenute nello Statuto
FIP 2004 impugnate dalle Ricorrenti (per quanto innegabilmente riservino alla
componente professionistica una posizione di minore rilievo rispetto a quella non
professionistica) non possano essere ritenute invalide per contrasto con i principi
della “democrazia” e del “costante equilibrio” tra le componenti professionistiche
e non professionistiche, nella misura in cui, attraverso peculiari modalità
applicative, la FIP comunque garantisca il rispetto di tali principi, i quali, pertanto,
continueranno ad essere parametro di legittimità della sua attività regolamentare e
gestionale.
C. Sulle spese
1. Ai sensi della tabella prevista dall’art. 25 del Regolamento, considerato, alla
luce dell’art. 23 comma 1 del Regolamento, il tempo resosi necessario
all’espletamento della funzione arbitrale, la complessità della controversia e la
capacità finanziaria delle parti, gli onorari per il Collegio arbitrale vanno stabiliti
in Euro [...] omissis [...] (somma comprensiva di quella già determinata a titolo
d’acconto in data 22 dicembre 2004), oltre ad accessori di legge e di
Regolamento. Tali onorari dovranno essere versati nella misura di un terzo a
ciascuno dei componenti del Collegio Arbitrale.
2. Le spese di arbitrato vanno determinate in Euro [...] omissis [...], per esborsi
del Presidente del Collegio Arbitrale, al quale quindi andranno rimborsate.
3. Attese le particolarità della controversia, appare equo al Collegio Arbitrale,
porre gli onorari del Collegio Arbitrale e le spese di arbitrato a carico di entrambe
le parti (ma con il vincolo della solidarietà ed il diritto di rivalsa ex art. 814 cod.
proc. civ.), nella misura del 50% ciascuna. Ciascuna parte terrà a proprio carico le
spese di assistenza legale sopportate nel presente procedimento.
4. I diritti amministrativi versati dalle parti devono considerarsi
definitivamente incamerati dal CONI.
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale, riunitosi in Roma in conferenza personale il 24 febbraio
2005 ed avendo ivi deliberato all’unanimità,
1. dichiara ammissibili le domande proposte in arbitrato e ritiene la propria
competenza a giudicare su di esse;
2. rigetta le domande promosse da Mens Sana Basket Siena s.r.l. e Nuova
Pallacanestro Pavia s.r.l.;
3. liquida in Euro [...] omissis [...] gli onorari del Collegio Arbitrale (somma
comprensiva di quella già determinata a titolo d’acconto in data 22 dicembre
2004), oltre ad accessori di legge e di Regolamento, ed in Euro [...] omissis
[...] le spese di arbitrato e condanna le parti al pagamento degli onorari del
Collegio Arbitrale e al rimborso al Presidente del Collegio Arbitrale delle
spese di arbitrato nella misura del 50% ciascuna (ma con il vincolo della
solidarietà ed il diritto di rivalsa ex art. 814 cod. proc. civ.);
4. compensa tra le parti le spese di assistenza legale sopportate nel presente
procedimento;
5. dispone che i diritti amministrativi versati dalle parti siano definitivamente
incamerati dal CONI.
F.to Prof. Avv. Luigi Fumagalli
F.to Prof. Avv. Giulio Napolitano
F.to Avv. Ciro Pellegrino