LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 250 DEL 25 febbraio 2005 DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE a carico: Romano AMADEI – presidente Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.; Doriano TOSI – tesserato Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.; Antonio MARASCO – già tesserato Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.; Soc. MODENA violazione artt. 6 commi 2 e 3, e 2, commi 3 e 4 C.G.S.; Soc. CHIEVO VERONA violazione art. 9 comma 3 C.G.S.
LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI – STAGIONE SPORTIVA – 2004/2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.lega-calcio.it e sul
COMUNICATO UFFICIALE N. 250 DEL 25 febbraio 2005
DECISIONE DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE
DEFERIMENTI DEL PROCURATORE FEDERALE
a carico:
Romano AMADEI - presidente Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.;
Doriano TOSI – tesserato Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.;
Antonio MARASCO – già tesserato Modena violazione art. 6 commi 1 e 2 C.G.S.;
Soc. MODENA violazione artt. 6 commi 2 e 3, e 2, commi 3 e 4 C.G.S.;
Soc. CHIEVO VERONA violazione art. 9 comma 3 C.G.S.
Il procedimento
Con provvedimento del 9 agosto 2004, il Procuratore Federale ha deferito a questa
Commissione, contestualmente a numerosi altri tesserati e Società, i sigg. Romano Amadei,
Doriano Tosi e Antonio Marasco, rispettivamente presidente, direttore sportivo e tesserato,
all’epoca dei fatti, della Soc. Modena, per la violazione di cui all’art. 6 commi 1 e 2, C.G.S.,
per aver posto in essere atti diretti ad alterare il risultato della gara Chievo-Modena del
2/4/2004 nonché la Società di appartenenza ai sensi degli artt. 6, commi 2 e 3, e 2, commi 3
e 4, C.G.S. per gli addebiti contestati ai propri tesserati e la Soc. Chievo per responsabilità
presunta ai sensi dell’art. 9 comma 3 C.G.S. per l’illecito sportivo commesso a proprio
vantaggio da persone ad essa estranee.
Tali deferimenti costituivano il momento conclusivo di una complessa attività investigativa
che aveva preso le mosse dall’acquisizione da parte dell’Ufficio Indagini di un’ingente
documentazione trasmessa ex art. 1 comma 3 della legge 401/89 dall’A.G. in quanto,
nell’ambito di un procedimento penale promosso dalla Procura della Repubblica di Napoli
(n.43915/02/R) e di altro procedimento promosso dalla Procura della Repubblica di Ancona
(n. 3142/04) erano emerse circostanze suffraganti l’ipotesi della consumazione di illeciti
sportivi maturati nell’ambiente di persone dedite a scommesse sulle gare di calcio.
In particolare, limitatamente ai fatti in causa, l’atto di incolpazione si fondava sul contenuto
delle conversazioni telefoniche, oggetto di intercettazione disposta dall’A.G., che, tra il 23
aprile ed il 3 maggio 2004, in momenti vari, erano intercorse tra i calciatori Marasco e
Cariello (Modena), Gentili, Pastore e Ferrigno (Catanzaro), Ambrosino (Grosseto), Califano
(Chieti), Caccavale (Pescara) e tale Luigi Saracino (detto “Gigino”), titolare di un’agenzia di
scommesse in Torre Annunziata, asseritamente tutti incalliti scommettitori e tutti accomunati
dal pressante interesse ad acquisire la “certezza” del risultato finale della gara Chievo-
Modena del 2 maggio, onde effettuare scommesse tanto “sicure” quanto lucrose.
Da tali conversazioni telefoniche veniva dedotto che, nei giorni antecedenti la gara, tra le due
Società, coinvolte nella lotta per la retrocessione, erano state intavolate delle trattative,
condotte anche ai massimi livelli dirigenziali, per assicurare la vittoria, o quanto meno il
pareggio, al Modena, il cui Presidente, tra l’altro, vantava, quale strumento di
“convincimento”, rilevanti ragioni di credito nei confronti della Società veneta, derivanti
dalle travagliate vicissitudini del consorzio televisivo P.M.T.
Il risultato finale della gara (vittoria del Chievo per 2 a 0) aveva clamorosamente smentito le
aspettative degli scommettitori, che attribuivano il mancato rispetto dell’accordo da parte dei
calciatori del Chievo ad un “intervento” della Reggina, Società particolarmente interessata
alla sconfitta del Modena per rafforzare la sua (pericolante) posizione in classifica.
Nei termine di rito, il presidente Amadei, nell’interesse proprio e quale legale rappresentante
del Modena, e il direttore sportivo Tosi hanno depositato una corposa memoria difensiva
nella quale, proclamata l’insussistenza di ogni addebito, si sostiene che il materiale
probatorio addotto a sostegno della tesi accusatoria si riduce ad un coacervo di mere illazioni
e millanterie, generiche e contraddittorie, promananti da una congerie di “scommettitori
incalliti alla deriva” moralmente ed economicamente vittime della passione per il giuoco, del
tutto carenti di riscontri oggettivi e logici.
Nel corso del dibattimento, svoltosi nei giorni 18, 19 e 20 agosto 2004, il Marasco, con un
atteggiamento certamente assunto anche in relazione ad altre contestazioni, negava ogni
responsabilità, sostenendo di non aver mai effettuato scommesse ed affermando, in relazione
al tenore delle telefonate intercettate, di essersi limitato ad “assecondare” le assillanti
richieste dell’amico Ambrosino di notizie “certe” sull’esito delle gare su cui scommettere.
Il presidente Amadei ed il direttore sportivo Tosi respingevano sdegnosamente ogni
insinuazione sulla correttezza del loro operato, sottolineando che la vertenza economica con
il Chievo, da tempo ampiamente pubblicizzata sui mezzi d’informazione e ben lontana dalla
soluzione, non aveva in alcun modo inciso sulla regolarità della gara né, più in generale, sulla
normalità dei rapporti intercorsi tra le due Società.
Assunte le testimonianze dei calciatori Ungari e Montepietra, tesserati per il Modena, il
Procuratore Federale illustrava la tesi accusatoria richiedendo, quale sanzione, tre anni di
inibizione per l’Amadei ed il Tosi, 5 anni di squalifica per il Marasco, la retrocessione per il
Modena e 3 punti di penalizzazione per il Chievo e a tali richieste si associavano i
patrocinatori delle Società Empoli, Perugia e Avellino, partecipanti al dibattimento ex art. 37
comma 7 C.G.S.
Le difese dei deferiti ribadivano l’inconsistenza delle prove addotte a sostegno delle
contestazioni sottolineando, tra l’altro, l’incoerenza e la contraddittorietà del deferimento che
aveva “ignorato” il presidente veronese Campedelli, controparte “necessaria” in un ipotetico
accordo illecito, e concludevano con la richiesta di proscioglimento dei propri assistiti.
Al termine del dibattimento, la Commissione deliberava (C.U. n. 30 del 25 agosto 2004) la
separazione della posizione procedimentale dei deferiti, disponendo la trasmissione dei
relativi atti alla Procura Federale per le consequenziali determinazioni.
A tale determinazione la Commissione era stata indotta dai motivi esposti a pagg. 30-31 del
citato provvedimento che, per completezza espositiva, vengono integralmente trascritti:
“Gli indizi circa una possibile alterazione del risultato della partita Chievo-Modena del
2/5/2004 si radicano in un quadro di trattative, intavolate anche a livello delle rispettive
dirigenze, in esito alle quali il Modena avrebbe dovuto assicurarsi la vittoria contro il
Chievo o, quantomeno, un pareggio.
Lo sviluppo di tali trattative potrebbe essere dedotto dalle numerose telefonate intercorse nel
periodo 25-30 aprile tra Ambrosino, Marasco, Saracino, Califano, Pastore, Gentile e
Cariello, nel corso delle quali si fa anche, e soprattutto, riferimento ad un’azione giudiziaria
promossa nei confronti del Presidente del Chievo, Campedelli, in relazione ad un credito
(due milioni di euro) vantato dal Presidente del Modena Calcio e di cui il Campedelli era
uno dei garanti fideiussori.
In tale contesto si inserisce la denuncia presentata in data 23/4/2004 dal presidente
dell’Ancona Calcio in merito alle notizie raccolte circa l’intervento di altre società
interessate al raggiungimento della salvezza ed è sintomatico che il giorno dopo (24/4) nel
corso di una conversazione telefonica intercettata, il Marasco riferisca all’Ambrosino che la
Reggina “già si è comprata” la partita “contro” gli interessi del Modena (salvo, nei giorni
successivi, manifestare in altre telefonate intercettate il convincimento che il Chievo fosse
disponibile a “concedere” quantomeno il pareggio).
Ed è lo stesso Marasco, come potrebbe dedursi dalla conversazione del 3/5/2004 tra
Ambrosino e Saracino, a maturare addirittura la convinzione che la Reggina fosse
intervenuta a determinare la vittoria del Chievo, accordandosi anche con alcuni calciatori
del Modena (ovviamente all’insaputa del Marasco).
In tale ridda di ipotesi (o di illazioni) emergente dagli atti, appare evidente che una
valutazione di quanto in realtà accaduto e l’individuazione delle consequenziali
responsabilità, presuppone necessariamente l’esaurimento degli accertamenti in corso da
parte dell’organo inquirente, di cui ha riferito nel corso del dibattimento lo stesso
Procuratore Federale.
Soltanto all’esito di tali accertamenti potranno eventualmente assumere significativo rilievo
quelle circostanze che hanno costituito oggetto di contrastanti interpretazioni tra le parti e
segnatamente potrà emergere la reale consistenza probatoria di alcuni episodi verificatisi
sul terreno di giuoco ovvero dell’azione giudiziaria promossa nell’immediatezza della gara.”
Successivamente, l’Ufficio Indagine, con lettera del 3/9/2004 trasmessa alla Procura Federale
e da quest’ultima inviata via fax a questa Commissione in data 7/9/2004, comunicava che
“… fatta salva la possibilità di invio di nuovi atti da parte della magistratura ordinaria (non
ipotizzabile, né preventivabile), non sono in corso accertamenti di qualsivoglia genere
inerenti l’oggetto [gara Chievo Verona-Modena del 2/5/2004]”.
Il presidente della Commissione, con atto datato 9 dicembre 2004 e stante il mancato
ricevimento di notizie circa le presunte indagini in corso sulla soc. Reggina, reiterava alla
Procura Federale la richiesta di informazioni sullo stato di tale indagine.
L’Ufficio della Procura, con atto datato 20 dicembre 2004, informava questa Commissione
che non era in corso alcuna indagine riguardante tale società, confermando le precedenti
comunicazioni.
Veniva quindi convocato il nuovo dibattimento per il giorno 23 febbraio 2005.
Il presidente Amadei, il sig. Tosi e la soc. Modena hanno fatto pervenire in data 21 febbraio
2005 una memoria difensiva nella quale, oltre a richiamare in toto gli atti depositati
precedentemente lo stralcio, hanno chiesto il proscioglimento da ogni addebito, non
essendosi aggiunto alcun elemento probatorio in relazione ai richiesti approfondimenti (sulla
cui base questa Commissione ha disposto lo stralcio).
Erano presenti alla riunione del 23 febbraio il Vice Procuratore Federale, i signori Amadei e
Tosi, assistiti dal proprio legale, il legale del Marasco ed il difensore della soc. Chievo
Verona, nonché il rappresentante della Soc. A.C. Venezia ammessa a partecipare ex art. 37 c.
7 C.G.S., come da separata ordinanza allegata agli atti.
Il Procuratore Federale richiamava i motivi del deferimento e concludeva chiedendo per
Romano Amadei e Doriano Tosi tre anni di inibizione, per la Soc. Modena la retrocessione e
per la Soc. Chievo tre punti di penalizzazione. Relativamente ad Antonio Marasco, la
Procura chiedeva l’applicazione di una sanzione per la cui quantificazione - tenuto conto
della sanzione già inflitta - si rimetteva alla decisione della Commissione.
Inoltre, il rappresentante della Procura Federale si riservava, all’esito della decisione di
questa Commissione, di adottare eventuali provvedimenti nei confronti di tesserati della soc.
Chievo Verona.
La difesa di Amadei, Tosi e della Soc. Modena ha concluso richiamando i motivi illustrati
nelle memorie difensive agli atti, chiedendo il proscioglimento dei propri assistiti.
Il difensore del Marasco ha concluso chiedendo il proscioglimento del proprio assistito.
Infine, la difesa della Soc. Chievo Verona ha concluso riportandosi integralmente alle
argomentazioni difensive e alle richieste di proscioglimento già formulate all’esito del
precedente dibattimento.
I motivi della decisione
La Commissione deve, in via preliminare, prendere atto che l’interruzione dell’iter
processuale, disposta con il provvedimento datato 25 agosto 2004 in precedenza citato, non
ha consentito l’acquisizione, prospettata in sede dibattimentale dalla Procura Federale, di
ulteriori elementi probatori per una esaustiva disamina dei fatti in causa.
Dalla comunicazione dell’ufficio della Procura Federale, infatti, deve dedursi che con
l’iniziale atto di deferimento si era esaurita ogni attività investigativa “fatta salva la
possibilità dell’invio di nuovi atti da parte della magistratura ordinaria (non ipotizzabile né
preventivabile)”, come puntualmente segnalava il Capo dell’Ufficio Indagini nella nota 3
settembre 2004.
Pertanto la valutazione della tesi accusatoria deve necessariamente vertere, in via
sostanzialmente esclusiva, sul contenuto delle comunicazioni telefoniche, oggetto di
intercettazione disposta dall’A.G., che tra il 23 aprile e il 3 maggio intercorsero tra i
calciatori Marasco e Cariello (Modena), Gentili, Pastore e Ferrigno (Catanzaro), Ambrosino
(Grosseto), Califano (Chieti), Caccavale (Pescara) e Luigi Saracino, tutti interessati ad
acquisire la “certezza” del risultato finale della gara Chievo- Modena del 2 maggio, onde
poter effettuare scommesse “sicure”.
La particolare natura di tale materiale probatorio rende doveroso ribadire, in conformità con
il consolidato orientamento della Corte di Cassazione (tra le altre, Sez. IV, 29 ottobre 2002,
n.1021) che, a giudizio di questa Commissione (cfr. C.U. n. 30 del 25 agosto 2004), il
contenuto di una comunicazione telefonica intercettata può costituire prova di colpevolezza
qualora le circostanze in tal modo acquisite siano precise, ossia non generiche e non
suscettibili di opposte interpretazioni, gravi, ossia consistenti e resistenti ad ogni logica
obiezione, e concordanti, ossia non viziate da insanabili contrasti.
Il grado di attendibilità del contenuto dei colloqui intercettati deve, inoltre, essere correlato
alla peculiarità di quell’ambiente in cui i fatti in causa si svolsero, ossia al mondo degli
scommettitori, tesserati e non, più o meno incalliti e più o meno clandestini, personalmente
partecipi agli eventi agonistici ovvero meri collettori di notizie ritenute utili, tutti accomunati
dall’uso di un linguaggio gergale e criptico (“centro” per pareggio, “periferia” per vittoria
esterna, “movimento” per tentativo di combine, “purgarsi” per concordare il risultato,
“parente” per fonte fiduciaria e così via) e tutti disposti, almeno in apparenza, a valorizzare
qualsiasi informazione acquisita, senza distinguere tra circostanze riferite per cognizione
diretta e circostanze apprese de relato, e senza riflettere sulla collocazione dell’interlocutore
nella catena conoscitiva organizzata per l’effettuazione di scommesse “certe”.
Conformemente a tali criteri valutativi, la Commissione, dalla disamina delle intercettazioni
acquisite agli atti ed esaurientemente analizzate dall’Ufficio Indagini (pag. 74-98 della
Relazione conclusiva), ritiene di formulare le seguenti considerazioni:
1. il personaggio focale nella ricostruzione dei fatti in causa e, quindi, dell’ipotesi
accusatoria, è il calciatore Antonio Marasco, il “parente”, la fonte informativa più attendibile
per tutto il gruppo di scommettitori in quanto direttamente partecipe, quale tesserato con il
Modena, alla gara con il Chievo.
Tre sono le conversazioni telefoniche del Marasco intercettate dagli organi di P.G. che
attengono ai fatti in causa, tutte intrattenute con l’Ambrosino, calciatore del Grosseto: nella
prima di esse (25/4) il Marasco, ad una specifica domanda dell‘interlocutore (“vi state
movendo?”), risponde “penso di si, che si muovono”; nel corso della seconda (28/4)
soggiunge “e qua. Ora si sta muovendo.. si sta cercando di muoversi questo qua il direttore”;
nella terza ed ultima (1/5, giorno antecedente alla gara) tranquillizza il dubbioso Ambrosino
(“mi ha detto che a Chievo strane voci…non è vero niente”) con le parole “io sono fiducioso,
dai!”.
Il tenore di tali parole, nel loro significato letterale e nel contesto in cui vennero pronunciate,
è di tutta evidenza: il calciatore modenese, nei giorni immediatamente precedenti la gara,
riferisce di essere a conoscenza che la dirigenza della propria società stava contattando la
società veronese per concordare preventivamente un risultato favorevole (non merita neppure
un cenno il maldestro tentativo del deferito di attribuire alle proprie asserzioni un intento
scherzoso).
Affermazioni gravi, ma di fatto generiche e non circostanziali.
Dalla viva voce del Marasco non è, infatti, possibile individuare i protagonisti degli illeciti
contatti, mancando qualsiasi riferimento nominativo ai vertici societari ovvero ad altri
tesserati; non è possibile, inoltre, dedurre che cosa si sia specificatamente concordato ossia il
pareggio (risultato comunque utile al Chievo) ovvero la vittoria del Modena; non è possibile,
soprattutto, comprendere su quali circostanze si fondasse la certezza del Marasco
sull’avvenuto accordo. Sotto quest’ultimo profilo, particolarmente rilevante ai fini di una
doverosa verifica delle fonti di prova, desta perplessità l’ipotizzare che il Marasco, un
calciatore al quale la società di appartenenza aveva già comunicato l’intenzione di non
rinnovare il contratto già scaduto, come precisato in sede dibattimentale dallo stesso
interessato, potesse essere direttamente informato dell’andamento di illecite trattative,
coinvolgenti i vertici societari e, per loro natura, connotate dalla massima riservatezza.
D’altra parte, dall’esame dei tabulati telefonici operato dalla D.I.A. di Napoli (pag. 94-95
della Relazione Ufficio Indagini) non risulta che nel periodo in esame siano intercorsi
contatti telefonici tra il Marasco e tesserati del Chievo ovvero dirigenti delle due società.
Non può pertanto escludersi a priori che il Marasco abbia riferito all’Ambrosino non già
delle circostanze apprese da una fonte certa, ma soltanto una “voce”, alla quale aveva dato
credito in quanto coerente con gli impellenti interessi di classifica della propria società e,
soprattutto, utilizzabile per una lucrosa scommessa. Nulla di strano, in considerazione della
ridda di sospetti e di illazioni che, purtroppo, da sempre connotano ed inquinano il mondo
del calcio, professionistico e non, sulle quali gli scommettitori hanno sempre confidato per
convertire l’alea del risultato nella certezza di una vincita.
2. La tesi accusatoria si fonda non soltanto sul contenuto dei colloqui telefonici, or ora
analizzati, intercorsi tra il Marasco e l’Ambrosino ma anche su altre conversazioni
telefoniche (ben diciannove), intercettate dagli organi di P.G., in cui vari interlocutori, tutti
appartenenti al citato gruppo di scommettitori, negli stessi giorni immediatamente
antecedenti alla gara, fanno riferimento ad un accordo intervenuto tra il Chievo ed il Modena
per garantire a quest’ultima società un risultato positivo.
Da tali intercettazioni può desumersi, in buona sostanza, non soltanto la rilevanza particolare,
se non esclusiva, che gli scommettitori attribuivano alle notizie ricevute dal Marasco ma
anche che costui, nello stesso lasso di tempo, aveva riferito, soprattutto al Saracino, ulteriori
particolari sugli illeciti contatti tra le due società.
Nel corso della telefonata del 30 aprile, in particolare, il Saracino riferisce all’Ambrosino di
aver appreso dal “parente” che “si sta movendo il grande capo perché quelli là avanzano certi
soldi”, dal che può dedursi, traducendo il linguaggio criptico, che il presidente Amadei, a
detta del Marasco, stava personalmente intervenendo nell’illecita trattativa facendo valere,
quale strumento di pressione, un credito vantato nei confronti dell’altra società.
Nel corso della telefonata, intercorsa tra gli stessi interlocutori in data 3 maggio (il giorno
successivo alla gara), costituente l’ultimo riferimento alla vicenda in esame, il Saracino
riferisce all’Ambrosino la spiegazione che il Marasco aveva dato all’inaspettato risultato “il
direttore è uno scemo e 5-6 di loro si sono presi i soldi della Reggina”.
In conformità ai criteri interpretativi precedentemente esposti, deve ritenersi che la valenza
probatoria attribuibile a tali notizie “de relato”, e ad altre analoghe rintracciabili nel coacervo
di telefonate intercorse tra i vari scommettitori, sia limitata non soltanto dall’impossibilità di
individuarne la modalità di acquisizione, ma anche dall’evidente enfatizzazione che le notizie
stesse subiscono nella loro circolazione nell’ambiente degli scommettitori.
Sotto tale profilo è emblematico, ad esempio, che l’Ambrosino, dopo aver appreso alle ore
22.17 del primo maggio, dal Saracino che “si deve muovere la Reggina”, poche decine di
minuti dopo (h.23.52), senza ulteriori contatti telefonici, riferisca tale circostanza al
Caccavale con le parole “quella della Reggina hanno messo il treno vicino…allora quelli del
Modena hanno raddoppiato… gli hanno dato ancora qualcosa… il presidente ha messo mano
alla sacca”, con l’evidente intento di tranquillizzare con particolari “inediti” l’interlocutore,
al quale erano pervenute notizie ben diverse circa il risultato finale da altri scommettitori
(Ferrigno e Califano) che avevano contattato il Cariello.
E non può escludersi neppure che il contenuto delle telefonate in questione rifletta anche il
desiderio, diffuso tra gli scommettitori, di qualificarsi nel loro ambiente come fonti
attendibili di notizie riservate, etichetta molto utile allorché si è costretti a ricorrere a prestiti
per effettuare delle scommesse, così come ha confidato (h.20.00 del 2 maggio)
all’Ambrosino il Saracino dopo aver appreso della inaspettata sconfitta del Modena “non so
nemmeno come faccio ad apparare questi soldi perché me li sono fatti prestare… sto come
un pazzo”.
3. Nel credito vantato dal presidente Amadei nei confronti del presidente Campedelli la
tesi accusatoria ravvisa un determinante strumento di pressione utilizzato per conseguire
(secondo l’atto di deferimento) ovvero (secondo le conclusioni dibattimentali) per tentare di
conseguire l’illecito accordo, successivamente “tradito” sul campo dai calciatori del Chievo.
La genesi di tale rapporto creditizio è stata compiutamente analizzata dall’Ufficio Indagini
(pag.77-80 della Relazione) che, d’altra parte, già in passato aveva svolto specifici
accertamenti in ordine agli accordi sui diritti televisivi criptati conclusi tra P.M.T. S.r.l. –
Gioco Calcio S.p.A. e le Società Ancona, Brescia, Chievo, Empoli e Perugia (la relativa
relazione è datata 19/11/2002), nel cui contesto la Plus Media Trading S.r.l. aveva
sottoscritto con il Modena un contratto di esclusiva per un importo di € 6,8 milioni a stagione
assistito da una garanzia fideiussoria rilasciata dal presidente Campedelli, nonché dai
presidenti Corioni e Matarrese e dalle Società Brescia e Chievo.
È pacifico in causa che il consorzio P.M.T. non onorò la rata del debito scaduta il 31/10/2003
ed è altrettanto pacifico che al presidente Campedelli, quale fideiussore, venne notificato un
consequenziale ricorso per ingiunzione dell’elevato importo di 2.400.000 €.
Tale circostanza, sulla quale i diretti interessati hanno comunque fornito delucidazioni per
sostenere l’assoluta regolarità dei rapporti societari, presenta un indubbio valore sintomatico
qualora si consideri il lasso temporale (12 giorni) ricorrente tra la notifica dell’atto ingiuntivo
e la gara in questione ma, in mancanza di qualsiasi riscontro obbiettivo, è ben difficile, da un
punto di vista logico, ritenere che il presidente Amadei abbia programmato con rilevante
anticipo (il deposito del ricorso al Tribunale di Brescia è datato 5/4/2004, praticamente un
mese prima della gara) la precostituzione di uno strumento di pressione da utilizzare nei
confronti del presidente Campedelli per indurre costui ad un illecito accordo.
Più percorribile è l’ipotesi (ben lontana, comunque, da ogni certezza probatoria) che le
travagliate vicende del consorzio P.M.T. e il ricorso alle vie giudiziarie, ampiamente
pubblicizzati dai mezzi di comunicazione, possano avere generato in taluno il convincimento
che il risultato della gara sarebbe stato condizionato a favore della società creditrice.
E di tali “convincimenti” l’ambiente degli scommettitori, nella vicenda in esame, ha
dimostrato di essere particolarmente recettivo.
4. Nel corso delle investigazioni esperite dall’Ufficio Indagini è emerso un episodio che
potrebbe costituire il riscontro, seppure indiretto, della tesi accusatoria secondo cui la vittoria
sul campo del Chievo era stata considerata dai calciatori modenesi come un vero e proprio
“tradimento” di un accordo illecito preventivamente pattuito.
Dall’esame delle riprese televisive svolto dall’Ufficio Indagine (pag.91-94 della Relazione)
si rileva che al 47° del secondo tempo, ossia nei minuti di recupero, il calciatore del Chievo
Pelissier, propiziatore delle due segnature per la squadra veneta, era stato contrastato, quasi
contemporaneamente, da 3 calciatori del Modena (Marasco, Vignaroli e Ponzo). Caduto al
suolo, veniva colpito alla spalla sinistra con i tacchetti della scarpa del Vignaroli e, in rapida
successione, dal calciatore Ponzo, che gli saliva con un piede sul ventre.
Tale comportamento poteva essere interpretato come una sorta di vendetta in danno di chi
non aveva mantenuto fede all’impegno assunto ad opera di chi in tale impegno aveva
confidato per evitare la retrocessione, ma è facile osservare che di episodi di tal genere,
comunque deprecabili, è ricca la cronaca domenicale allorché l’acceso agonismo, la
stanchezza psicofisica e la delusione per il risultato possono indurre i calciatori, nei momenti
conclusivi della gara, a dimenticare elementari principi di lealtà sportiva per cui, anche
prescindendo dalle dichiarazioni rese dai protagonisti, concordi nel respingere ogni sospetto,
nessun rilievo indiziante può essere attribuito all’episodio in sé considerato.
5. Dalla telefonata intercorsa il 3/5/2004 tra l’Ambrosino e il Saracino, in precedenza
analizzata, affiora il convincimento, manifestato dal Marasco e condiviso dagli interlocutori,
che il risultato finale fosse conseguenza di un “premio a vincere” offerto dalla Reggina, che
aveva indotto 5 o 6 giocatori del Chievo a non mantenere fede all’illecito accordo in
precedenza sancito nell’interesse del Modena.
Si tratta di un’ipotesi logica, ma non suffragata da alcun riscontro obbiettivo. La D.I.A. di
Napoli (pagg. 95, 96 della Relazione) ha infatti analizzato i tabulati del traffico telefonico
intercorso tra tutti i tesserati del Chievo e della Reggina nei giorni antecedenti la gara,
rilevando esclusivamente 6 telefonate tra Simone Perrotta, calciatore del Modena, e Gabriele
Martino, direttore sportivo della Reggina, attendibilmente giustificate dai rapporti personali
intercorrenti tra costoro, risalenti all’epoca in cui il calciatore, ancora tredicenne, fu tesserato
dalla Reggina e affidato alle cure del Martino, a quel tempo responsabile del settore
giovanile, che ne seguì la successiva carriera agonistica.
Nè può escludersi, in via alternativa, di pari valenza logica, che il convincimento manifestato
dal Marasco costituisca soltanto una sorta di giustificazione a posteriori dell’erroneità di una
“notizia” rivelatasi così pesantemente dannosa per il gruppo di scommettitori.
In definitiva, la Commissione ritiene che la tesi accusatoria non sia suffragata da un quadro
indiziario sufficientemente univoco e sia, comunque, carente di riscontri, logici ed obbiettivi,
tali da escludere ogni ipotesi alternativa, per cui si impone il proscioglimento di tutti i
deferiti.
Il dispositivo
Per questi motivi, la Commissione dispone il proscioglimento dei deferiti.
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